Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 13445 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 13445 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 5524-2021 proposto da:
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Centrale dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME COGNOME, NOME, NOME PREDEN;
– ricorrente –
contro
NOME;
– intimato – avverso la sentenza n. 782/2020 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 30/11/2020 R.G.N. 807/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/03/2024 dal AVV_NOTAIO.
Oggetto
R.G.N. 5524/2021
COGNOME.
Rep.
Ud. 26/03/2024
CC
R.G. 5524/21
Rilevato che:
Con sentenza del 30.11.2020 n. 782, l a Corte d’appello di Lecce respingeva il gravame proposto dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del tribunale di Brindisi che aveva accolto la domanda di NOME volta a chiedere il ricalcolo della pensione, previa inclusione nella base retributiva pensionabile annua dei contributi figurativi relativi agli emolumenti extramensili ricadenti nel periodo in cui aveva fruito dell’indennità di disoccupazione.
La Corte d’appello ha confermato la sentenza di primo grado, di accoglimento nel merito delle ragioni del pensionato, precisando come non fosse maturata nessuna decadenza a carico del NOME, in quanto si trattava di domanda di riliquidazione di un trattamento pensionistico già in corso di erogazione, e già riconosciuto prima dell’entrata in vigore dell’art. 38 comma 1 lett. d) del DL n. 98/11, convertito con modificazioni nella legge n. 111/11 che aveva novellato l’art. 47 del DPR n. 639/70 e il cui termine di decadenza triennale poteva trovare applicazione solo per le prestazioni pensionistiche riconosciute successivamente alla sua entrata in vigore, cioè, dal 6 luglio 2011.
Avverso la sentenza della Corte d’appello, l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE ricorre per cassazione, sulla base di un motivo, mentre NOME COGNOME non ha spiegato difese scritte.
Il collegio riserva ordinanza, nel termine di sessanta giorni dall’adozione della decisione in camera di consiglio.
Considerato che:
Con il motivo di ricorso, l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, la violazione de ll’art. 47 del DPR n. 639/70, come novellato dall’art. 38 comma 1, lett. d, numero 1, del DL
n. 98/11 convertito con modificazioni nella legge n. 111/11 e dell’art. 252 disp. att. c. c., in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché erroneamente, la Corte d’appello aveva ritenuto che nel caso di specie, poiché la pensione aveva una decorrenza anteriore al 6 luglio 2011 -data di entrata in vigore dell’art. 38 comma 1, lett. d, numero 1, del DL n. 98/11 convertito con modificazioni nella legge n. 111/11 -non trovava applicazione il termine di decadenza triennale, introdotto tramite l’integrazione dell’art. 47 del DPR n. 639/70, da parte del menzionato art. 38 comma 1, lett. d, numero 1, del DL n. 98/11, cit., quando invece, l’introduzione del termine di decadenza a mezzo del DL n. 98/11 cit., doveva incidere anche sulle pensioni aventi d ecorrenza anteriore all’entrata in vigore del predetto decreto legge, in quanto l’applicazione della disposizione innovativa ai rapporti di durata in essere al momento della previsione legislativa trovava una regola generale nell’art. 252 disp. att. c.c., in ragione del quale, qualora il fatto individuato come termine iniziale (che nella specie, era costituito dal riconoscimento parziale della pensione) si sia verificato precedentemente all’entrata in vigore della norma introduttiva della decadenza, il termine inizia a decorrere dalla data di entrata in vigore della disposizione innovativa.
Il motivo è fondato, nei termini che seguono.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, alla fattispecie di ricalcolo del trattamento pensionistico, già riconosciuto alla data di entrata in vigore dell’art. 38 cit., va applicato il termine decadenziale previsto da tale disposizione a decorrere dalla data di entrata in vigore della medesima disposizione (Cass. n. 123 del 2022; Cass. n. 17430 del 2021; Cass. n. 28416 del 2020; Cass. nn. 3580 del 2019 e 29754 del 2019; 16661 del 2018; Cass. n. 7756 del 2016), con ciò ribadendo i principi e le ragioni enunciati dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 15352 del 2015 (in tema di emotrasfusioni, in relazione ai termini introdotti dalla L. n. 238 del 1997, art. 1, comma 9, per la domanda volta al conseguimento dell’indennizzo da vaccinazioni o di epatiti post trasfusionali e pensioni da HIV).
Il termine di decadenza, introdotto dal D.L. n. 98 del 2011, art. 38, comma 1, lett. d), n. 1), convertito in L. n. 111 del 2011, con riguardo “alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito”, decorrente “dal riconoscimento parziale della prestazione ovvero dal pagamento della sorte”, trova applicazione anche con riguardo a prestazioni già liquidate, ma solo a decorrere dall’entrata in vigore della citata disposizione. La questione, di diritto transitorio, ha riguardato l’incidenza su una situazione ancora pendente della legge sopravvenuta, che ha introdotto ex novo un termine di decadenza.
Si è escluso che la nuova previsione di un termine di decadenza possa avere effetto retroattivo, facendo decorrere il termine prima dell’entrata in vigore della legge che l’abbia istituito, e si è affermato, conformemente ai principi generali dell’ordinamento in materia di termini, che, ove una modifica normativa introduca un termine di decadenza prima non previsto, la nuova disciplina si applichi anche alle situazioni soggettive già in essere, ma la decorrenza del termine viene fissata con riferimento all’entrata in vigore della modifica legislativa.
Si è precisato che tale soluzione realizza il bilanciamento tra il fine sollecitatorio perseguito dal legislatore con l’introduzione del termine decadenziale, ed il fine di tutelare l’interesse del privato, onerato della decadenza, a non vedersi addebitare un comportamento inerte allo stesso non imputabile (Cass. n. 13355 del 2014):
Inoltre, la decadenza è evitata dalla proposizione dell’azione giudiziaria, stante il tenore letterale della norma ed essendo questo l’atto il cui compimento va effettuato nel termine e dunque – secondo i principi generali in materia di decadenza – il solo atto che possa impedire la decadenza;
Il D.L. n. 98 del 2011, art. 38 ha modificato la disciplina del 1970, sia aggiungendo all’art. 47 il comma 2 per cui le
decadenza si applica alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito, sia aggiungendo dopo l’art. 47 un art. 47 bis, a norma del quale “si prescrivono in cinque anni i ratei arretrati, ancorchè non liquidati e dovuti a seguito di pronuncia giudiziale dichiarativa del relativo diritto, dei trattamenti pensionistici, nonchè delle prestazioni della gestione di cui alla L. 9 marzo 1988, n. 88, art. 24, o delle relative differenze dovute a seguito di riliquidazioni”.
L’intento del legislatore, anche in tema di ricalcoli pensionistici, è dunque quello di continuare a incidere unicamente sui ratei pregressi e tale interpretazione trova conferma anche dai lavori preparatori e dalla relazione che accompagna l’art. 38, dove si afferma che a differenza del diritto al trattamento pensionistico di per sè imprescrittibile, il diritto ai singoli reati è considerato soggetto a prescrizione in quanto considerato dalla giurisprudenza di contenuto esclusivamente patrimoniale, periodicamente risorgente e limitatamente disponibile; l’applicazione della decadenza della domanda di riliquidazione ai soli ratei pregressi oltre il triennio e non all’intera pretesa del privato attua del resto un giusto equilibrio tra il diritto alla pensione e l’obiettivo decorso del tempo assicurato dalla decadenza mobile, che comunque sanziona il pensionato in modo significativo con la perdita dell’integrazione dei ratei ultratriennali rispetto alla domanda giudiziale. Per converso alcun bilanciamento tra gli opposti interessi sarebbe assicurato dall’accoglimento della tesi opposta, che produrrebbe una pensione decurtata per sempre in modo contra legem , con effetto completamente ablativo del diritto alle differenze (a fronte di una situazione di ignoranza del pensionato all’esatto importo della prestazione, che potrebbe protrarsi per anni) e con incidenza normale rilevante su una situazione soggettiva costituzionalmente protetta; può dunque affermarsi che, in riferimento alla richiesta di adeguamento o ricalcolo di prestazioni pensionistiche parzialmente già riconosciute, la decadenza riguardi, in considerazione della natura della
prestazione, solo le differenze sui ratei maturati precedenti il triennio dalla domanda giudiziale.
Il ricorso va, dunque, accolto nei termini indicati, la sentenza va cassata e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Lecce in diversa composizione affinchè esamini la fattispecie alla luce dei principi sopra esposti e regoli anche le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Lecce in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 26.3.24.