Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 4735 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L   Num. 4735  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso 6887-2019 proposto da:
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE,  in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato  in  ROMA,  INDIRIZZO,  presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato  in  INDIRIZZO,  presso  lo  studio  dell’AVV_NOTAIO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
Oggetto
R.G.N. 6887/2019
COGNOME.
Rep.
Ud. 13/12/2023
CC
avverso  la  sentenza  n.  914/2018  della  CORTE  D’APPELLO  di BOLOGNA, depositata il 25/10/2018 R.G.N. 127/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/12/2023 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
RITENUTO CHE:
La  corte  d’appello  di  Bologna  con  sentenza  del  25.10.18,  in riforma di sentenza del tribunale di Reggio Emilia, ha accertato il diritto del lavoratore in epigrafe alla maggiorazione contributiva amianto ex articolo 13 legge 257 del 1992 e condannato l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE a rivalutare l’anzianità contributiva con applicazione del coefficiente 1,5 per il periodo 1.10.08 -8.3.2000.
In  particolare,  la  corte  territoriale  ha  ritenuto  applicabile  la disciplina  precedente  il  2.10.03  e  accertato,  sulla  base  di c.t.u., l’esposizione ad amianto in misura rilevante.
Avverso tale sentenza ricorre l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE per un motivo, illustrato da memoria, cui resiste il pensionato con controricorso.
Il  Collegio, all’esito della camera di consiglio, si è riservato il termine di giorni sessanta per il deposito del provvedimento.
CONSIDERATO CHE:
In  via  preliminare  deve  rilevarsi  che  il  controricorrente  ha eccepito l’assenza di specialità della procura allega ta al ricorso,  in  quanto  è  stata  indicata  erroneamente  la  corte d’appello interessata (indicata come Reggio Emilia invece che
Bologna).
L’errore è irrilevante, non solo perché è stata indicata correttamente nella procura la sentenza con numero ed anno, ma  perché  l’errore  era  comunque  percepibile  non  esistendo corte  d’appello  di  Reggio Emilia,  ed  essendo  quello  solo  il tribunale che aveva reso la sentenza di primo grado.
Come precisato da Sez. L, Sentenza n. 10539 del 09/05/2007 (Rv. 597484 – 01), il mandato apposto in calce o a margine del ricorso per cassazione è per sua natura mandato speciale, senza che occorra per la sua validità alcuno specifico riferimento al giudizio in corso ed alla sentenza contro la quale l’impugnazione si rivolge, sempre che dal relativo testo sia dato evincere una positiva volontà del conferente di adire il giudice di legittimità, il che si verifica certamente quando la procura al difensore forma materialmente corpo con il ricorso o il controricorso al quale essa inerisce, risultando, in tal caso, irrilevante l’eventuale errore materiale, facilmente riconoscibile, circa gli estremi della sentenza impugnata (Nella specie la S.C. ha ritenuto irrilevante la circostanza che la procura a margine risultasse conferita designando la sentenza con un numero d’ordine diverso da quello effettivo di essa, identificata con la data e con numero esatto nel contenuto del ricorso).
Nel medesimo senso, si è affermato (Sez. 2 – , Ordinanza n. 27302  del  30/11/2020,  Rv.  659726  –  02)  che  il  mandato apposto in calce o a margine del ricorso per cassazione è, per
sua natura, mandato speciale, senza che occorra per la sua validità alcun specifico riferimento al giudizio in corso ed alla sentenza contro la quale l’impugnazione si rivolge, sempre che dal relativo testo sia dato evincere una positiva volontà del conferente di adire il giudice di legittimità, il che si verifica certamente quando la procura al difensore forma materialmente corpo con il ricorso o il controricorso al quale essa inerisce, risultando, in tal caso, irrilevanti gli eventuali errori materiali della procura circa gli estremi della sentenza impugnata e del relativo giudizio di merito.
Il motivo di ricorso deduce  violazione dell’articolo 13 comma 8 legge 257 del 92, nonché 24 e 31 decreto legislativo 277 del 91, 47 del decreto legge 269 del 2003, per non avere la corte territoriale applicato la decadenza.
Il motivo è fondato.
In  proposito,  occorre  premettere  che  dagli  atti  risulta  che  la prima domanda amministrativa è del 2003, il ricorso giudiziario è del 2015.
Ciò posto, va detto (con Sez. 6 – L, Ordinanza n. 19029 del 17/07/2018, Rv. 649869 -01, e Sez. L – , Sentenza n. 12087 del  16/05/2017,  Rv.  644336  –  01)  che,  in  tema  di  benefici previdenziali  in  favore  dei  lavoratori  esposti  all’amianto,  la decadenza  di  cui  all’art.  47  del  d.P.R.  n.  639  del  1970  è applicabile anche  alle domande  giudiziali di rivalutazione contributiva  avanzate  da  soggetti  già  pensionati,  poiché  ciò
che si fa valere in questi casi non è il diritto al ricalcolo della prestazione  pensionistica  erroneamente  liquidata  in  sede  di determinazione amministrativa, bensì il diritto ad un beneficio dotato di una sua specifica individualità ed autonomia, siccome  riconosciuto  dalla  legge  in  presenza  di  condizioni diverse rispetto a quelle previste per la liquidazione di pensioni e supplementi secondo le regole ordinarie.
Non rileva del resto per impedire la decadenza la presentazione di una pluralità di domande amministrative: come precisato da Sez. 6 -L, Ordinanza n. 8926 del 19/04/2011 (Rv. 616914 -01), in tema di decadenza dall’azione giudiziaria per il conseguimento di prestazioni previdenziali ai sensi dell’art. 47 del d.P.R. n. 639 del 1970, la proposizione, in epoca posteriore alla maturazione della decadenza, di una nuova domanda diretta ad ottenere il medesimo beneficio previdenziale (nella specie, la rivalutazione contributiva per esposizione ad amianto) è irrilevante ai fini del riconoscimento della prestazione posto che l’istituto mira a tutelare la certezza delle determinazioni concernenti l’erogazione di spese gravanti sui bilanci, che verrebbe vanificata ove la mera riproposizione della domanda determinasse il venire meno degli effetti decadenziali già verificatisi (Principio affermato ai sensi dell’art. 360 bis, primo comma, cod. proc. civ.; Conf Sez. 6 – L, Ordinanza n. 311 del 12/01/2016, Rv. 638339 -01).
Nel  medesimo  senso,  Sez.  L  –  ,  Ordinanza  n.  21039  del
23/08/2018, Rv. 650139 -01, ha precisato che, in tema di decadenza dall’azione giudiziaria per il conseguimento di prestazioni previdenziali ai sensi dell’art. 47 del d.P.R. n. 639 del 1970, la riproposizione, successivamente alla maturazione della decadenza, di una nuova domanda diretta ad ottenere il medesimo beneficio previdenziale non fa venir meno gli effetti decadenziali già prodotti posto che l’istituto, di natura sostanziale e di ordine pubblico, tutela la certezza dei capitoli di spesa gravanti sul bilancio dello Stato, che verrebbe altrimenti vanificata (Nella specie, la RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE.C. ha cassato senza rinvio la sentenza di merito che, in materia di rivalutazione contributiva per esposizione all’amianto, aveva rigettato l’eccezione di decadenza sul rilievo che era stata presentata una nuova istanza amministrativa).
Dunque,  il  dies  a  quo  è  ancorato  alla  data  di  presentazione dell’originaria domanda  in  sede  amministrativa  risultando irrilevante, a tal fine,  una  eventuale  riproposizione  della domanda o una richiesta dell’assicurato di chiarimenti» (tra le recenti, Cass. n. 17792 del 2020; v. anche Cass. n. 8926 del 2011; in caso simile al presente, anche Cass. 2613  del 2023).
Né può dirsi che nel caso l’eccezione abbia introdotto elementi nuovi in cassazione per la prima volta:  benché l’eccezione sia stata  proposta  per  la  prima  volta  in  cassazione,  essendo peraltro questione rilevabile d’ufficio,  risultano già dagli atti i fatti  e  documenti  alla  base  della  decadenza,  dati  tutti  che risultano dalla stessa sentenza impugnata.
La sentenza impugnata, che non si è attenuta al principio su esteso, va cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa va decisa nel merito, con il rigetto della domanda introduttiva del giudizio.
Le  spese  dei  gradi  di  merito  possono  essere  compensate  in quanto la questione non rea stata dedotta nei gradi precedenti;  le  spese  del  giudizio  di  legittimità  seguono  la soccombenza.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda introduttiva del giudizio.
Spese dei gradi di merito compensate.
Condanna il contro ricorrente al pagamento delle spese di lite, che  si  liquidano  in  euro  3000  per  compensi  professionali  ed euro  200  per  esborsi,  oltre  a  spese  generali  al  15%  ed accessori come per legge.
Così  deciso  oggi  in  Roma,  nella  camera  di  consiglio  del  13