Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 24177 Anno 2024
Civile Sent. Sez. L Num. 24177 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 09/09/2024
SENTENZA
sul ricorso 27055-2022 proposto da:
NOME COGNOME, domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell ‘ avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall ‘ avvocato NOME COGNOME, con diritto di ricevere le comunicazioni all ‘ indirizzo pec dei Registri di Giustizia;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, con diritto di ricevere le
Oggetto
Dirigente
medico turnista
– debito orario
R.NUMERO_DOCUMENTO.N. NUMERO_DOCUMENTO
UP 02/07/2024
comunicazioni agli indirizzi pec dei Registri di Giustizia;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1793/2022 della CORTE D ‘ APPELLO di NAPOLI, depositata il 17/06/2022 R.G.N. 1453/2021; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 02/07/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore AVV_NOTAIO, che ha concluso per l ‘ accoglimento del ricorso;
udito l ‘ avvocato NOME COGNOME; udito l ‘ avvocato NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte d ‘ appello di Napoli, con la sentenza oggetto di ricorso, rigettando l ‘ appello di NOME COGNOME, dirigente medico di 1° livello in servizio presso l ‘ RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, ha confermato la decisione di primo grado con la quale il Tribunale, dichiarata l ‘ illegittimità (nel periodo 1.1.2013 -28.1.2018) del sistema di calcolo – per sei ore anziché sei ore e venti minuti – adottato dalla RAGIONE_SOCIALE per determinare il debito orario giornaliero assolto per ferie, malattia, festività, permessi ed altre assenze similari, aveva però respinto la pretesa economica relativa alle differenze retributive determinate dalla maggior prestazione di 20 minuti resa per ogni giorno di assenza.
La Corte territoriale ha ritenuto corretta la valutazione compiuta dal Giudice di prime cure là dove ha evidenziato che la durata della giornata lavorativa di cui tenere conto in caso di assenza deve essere determinata in un numero di ore corrispondente a quello medio risultante dalla divisione dell ‘ orario contrattuale settimanale, pari a 38
ore, per il numero di giorni sui quali si articola la prestazione, pari a 6 con la conseguenza che tale durata è di 6 ore e 20 minuti, mentre la RAGIONE_SOCIALE ha calcolato il numero di ore assolte in caso di ferie e permessi in 6 ore.
Tuttavia ha affermato che la suddetta differenza non aveva comportato la maturazione di differenze retributive per non avere il dirigente medico provato di aver effettivamente svolto un orario giornaliero di 6 ore e 20 minuti al fine di coprire un totale di 38 ore settimanali e che ciò impediva di poter considerare che il predetto avesse lavorato nei giorni di presenza più del dovuto (avendo, tutt ‘ al più, goduto di un numero di ore di riposo inferiori ove queste fossero state calcolate a ore e non a giorni).
Contro tale pronuncia propone ricorso per cassazione sulla base di unico motivo il dirigente medico, cui resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE.
Il Procuratore generale ha presentato requisitoria scritta concludendo per l ‘ accoglimento del ricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie e quindi, udita la requisitoria anche orale del Pubblico Ministero, hanno proceduto a discussione orale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l ‘unico articolato motivo, preceduto da ‘richiesta preliminare’ (così definita a p. 18 del ricorso per cassazione) di declaratoria dell ‘ intervenuto giudicato sull ‘ illegittimità del sistema di calcolo adottato dall ‘ RAGIONE_SOCIALE, si denuncia violazione dell ‘ art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ., in riferimento all ‘ art. 14 del c.c.n.l. della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del 3.11.2005, agli artt. 21, 23 e 24 del c.c.n.l. della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del 5.12.1996 ed all ‘ art. 14 del c.c.n.l. della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del 10.02.2004,
nonché in relazione all ‘ art. 36 della Cost.
Si lamenta violazione dell ‘ art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ., in relazione all ‘ art. 2697 cod. civ., nonché omessa pronuncia sulle prove documentali presentate e, ancora, contraddittorietà, illogicità e carenza di motivazione della sentenza della Corte territoriale; ci si duole infine della violazione dell ‘ art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ., in relazione al principio di non contestazione.
In sintesi, il ricorrente sostiene che la Corte d ‘ appello avrebbe adottato un ‘ opzione interpretativa errata, che si traduceva in una implicita abrogazione dell ‘ art. 14, comma 2, del c.c.n.l. 3.11.2005 della RAGIONE_SOCIALE.
Questo perché l ‘ indicazione dell ‘ orario assolto di diritto (per ferie, festività, permessi, ecc.) in misura di 6 ore e non di ore 6 e 20 minuti «non è fatto solo formale», in quanto «la distorta e illegittima composizione del debito assolto nell ‘ ambito del monte ore contrattualmente dovuto determina un indebito aumento della prestazione lavorativa (i 20 minuti tagliati nei giorni di assenza vengono caricati sui turni di lavoro effettivo per giungere sempre alle 38 ore settimanali)» (p. 26 ricorso per cassazione) e, di conseguenza, la costrizione a un «lavoro supplementare non dovuto» (p. 3 punto 5 ricorso per cassazione), donde la spettanza delle differenze retributive di cui in ricorso; differenze retributive richieste a titolo di «prestazione lavorativa eccedente rispetto a quella che avrebbe reso qualora non si fosse assentato» (p. 42, secondo cpv. del ricorso per cassazione).
Il ricorrente sostiene, altresì, la contraddittorietà della motivazione, anche in relazione alle norme del c.c.n.l. in menzione, alle risultanze documentali e al contegno
processuale delle parti, non avendo la RAGIONE_SOCIALE contestato il quantum della pretesa né il conteggio delle ore di lavoro a credito per l ‘ erroneo calcolo del c.d. debito orario contrattuale giornaliero in oggetto connesso alle assenze per malattia, ferie, festività, permessi ecc.
Il motivo non è fondato.
2.1 La questione controversa riguarda i criteri di calcolo del debito orario giornaliero dei medici turnisti il cui orario di lavoro è articolato su sei giorni per 38 ore settimanali contrattuali. Nell ‘ ipotesi di assenza del medico per ferie, malattie, festività, permessi, ecc., l ‘ RAGIONE_SOCIALE calcola il debito orario assolto di diritto in 6 ore, anziché in 6,20 ore: risultato che, invece, si otterrebbe frazionando le 38 ore di debito orario settimanale per i sei giorni lavorativi. Ne consegue che il dirigente medico, per assolvere al debito orario settimanale, deve fare non già le ordinarie 38 ore contrattuali, ma un quid pluris parametrato al numero di assenze di servizio (i.e., 20 minuti in più per ogni legittima assenza registrata nel corso della settimana) che, in quanto orario indebitamente computato, andrebbe (a suo dire) retribuito a parte.
2.2 Secondo il medico, la regola dell ‘ orario giornaliero di ore 6,20 vale sia per l ‘ orario assolto effettivamente sia per il servizio figurativo, legato alle assenze legittime, perché altrimenti si crea «un indebito aumento della prestazione lavorativa» (p. 22 ricorso per cassazione), mentre la RAGIONE_SOCIALE obietta che la ‘flessibilità’ oraria comporta l’ inutilità di un approccio che mira a determinare la durata media della giornata lavorativa, aspetto che non influisce sulla dinamica salariale del dirigente medico, il quale comunque ha fruito per intero delle sue giornate di assenza.
2.3 Il tema del contendere sta, allora, nel vedere (da un lato) se il calcolo del debito orario è stato condotto correttamente dall ‘ Azienda, nel rapporto tra ore assolte di diritto per assenze e ore assolte per turni di lavoro, e (dall ‘ altro) se quel criterio di calcolo, seppure erroneo, si sia in concreto tradotto in «un indebito aumento della prestazione lavorativa», da retribuire in termini di differenze retributive (così al 3° cpv. di p. 26 del ricorso per cassazione).
2.4 Sull ‘ illegittimità del criterio di calcolo adottato dall ‘ RAGIONE_SOCIALE nel periodo di causa c ‘ è ormai, come rileva finanche il P.G. nella sua requisitoria, il giudicato interno, di cui dà atto la sentenza impugnata. Lo stesso medico riferisce, peraltro, che «dopo diffide e ricorsi» la RAGIONE_SOCIALE avrebbe modificato il proprio orientamento «e, a decorrere da marzo 2019, ha quantificato correttamente la durata dei giorni di assenza». Il dato è confermato anche dall ‘art. 24 (‘Orario di lavoro dei dirigenti’) del c.c.n.l. 19.12.2019 , Area RAGIONE_SOCIALE, il quale dispone, al comma 7, che « Ai sensi di quanto disposto dalle disposizioni legislative vigenti, l ‘ orario di lavoro è articolato su cinque o sei giorni, con orario convenzionale rispettivamente di sette ore e trentasei minuti e di sei ore e venti minuti ».
2.5 Una previsione contrattuale (quest ‘ ultima) che innova decisamente rispetto al precedente dettato del c.c.n.l. del 3.11.2005, applicabile ratione temporis , il quale si limita a stabilire (art. 14, comma 2) che l ‘ orario di lavoro dei dirigenti medici è confermato in 38 ore settimanali.
2.6 L ‘ indicazione in 38 ore dell ‘ orario contrattuale settimanale, contenuta nella disciplina applicabile, senza specificazione dell ‘ orario convenzionale giornaliero, ha
indotto il giudice d ‘ appello a negare le rivendicate differenze retributive, alla stregua del disposto di cui all ‘ art. 24 d.lgs. n. 165/2001 secondo il quale la retribuzione remunera tutte le funzioni e i compiti attribuiti al dirigente, escludendo la fondatezza della pretesa di un compenso ‘aggiuntivo’ fondata sulla parametrazione oraria della retribuzione.
2.7 Un approdo che può essere condiviso, pur con le precisazioni di cui si dirà.
Nel caso di specie, si rileva che l ‘ art. 17, comma 2, c.c.n.l. del 5.12.1996 per l ‘ area della dirigenza medica e veterinaria – parte normativa quadriennio 1994-97 e parte economica biennio 199495 – determina l’ orario dei dirigenti medici in 38 ore settimanali, ma l ‘ art. 65, comma 3, secondo periodo, dispone che « la retribuzione di risultato compensa anche l ‘ eventuale superamento dell ‘ orario di lavoro di cui agli artt. 17 e 18 per il raggiungimento dell ‘ obiettivo assegnato ».
Se corrisposto il trattamento accessorio costituito dalla retribuzione di risultato (art. 63 c.c.n.l. cit.) non è possibile, quindi, la distinzione tra il superamento dell ‘ orario di lavoro preordinato al raggiungimento dei risultati assegnati e quello imposto da esigenze del servizio ordinario, poiché la complessiva prestazione del dirigente deve essere svolta al fine di conseguire gli obiettivi propri e immancabili dell ‘ incarico affidatogli. Già in epoca risalente le Sezioni Unite di questa Corte (v. Cass., Sez. Un., 17 aprile 2009, n. 9146) avevano affermato tale regola generale, negando fosse possibile la distinzione tra il superamento dell ‘ orario di lavoro preordinato al raggiungimento dei risultati assegnati e quello imposto da esigenze del servizio ordinario.
3.1 In più recenti arresti (Cass. 22 marzo 2017, n.
7348; Cass. 28 marzo 2017, n. 7921; Cass. 26 aprile 2017, n. 10322; Cass. 2 luglio 2018, n. 17260; Cass. 11 luglio 2018, n. 18271; Cass. 8 novembre 2019, n. 28942), relativi ai contratti collettivi del 5.12.1996 e 8.6.2000, la Suprema Corte ha ribadito che l ‘ eccedentarietà oraria non è mai suscettibile di autonoma remunerazione.
Ai principi affermati nelle decisioni di questa Corte innanzi richiamate è stata data continuità con successive pronunce (Cass. 5 agosto 2020, n. 16711; Cass. 7 agosto 2020, n. 16855; Cass. 4 gennaio 2023, n. 173), integralmente condivise dal Collegio, che hanno tenuto conto delle ulteriori disposizioni contenute nel c.c.n.l. del 31.11.2005, le quali non hanno innovato rispetto alla disciplina dettata dai contratti collettivi del 1996 e del 2000 (v. Cass. n. 28787/2017, Cass. n. 8958/2012).
3.2 Questo indirizzo giurisprudenziale è del tutto rispettoso del complessivo impianto della contrattazione collettiva in materia.
Infatti, l ‘ art. 60 del c.c.n.l. del 3.11.2005 dispone che: « nelle parti non modificate o integrate o disapplicate dal presente contratto, restano confermate tutte le norme dei sotto elencati contratti ivi comprese in particolare le disposizioni riguardanti l ‘ orario di lavoro e l ‘ orario notturno nonché l ‘ art. 62, comma 1 del c.c.n.l. » (tra i contratti elencati vi sono il c.c.n.l. del 5 dicembre 1996, quadriennio 1994-1997 per la parte normativa e primo biennio 1994 1995 per la parte economica, il c.c.n.l. del 5 dicembre 1996, relativo al II biennio economico 1996-1997, il c.c.n.l. 8 giugno 2000, quadriennio 1998 – 2001 per la parte normativa e I e II biennio parte economica).
L ‘ art. 14 del medesimo c.c.n.l. del 2005, dopo avere
ribadito, al comma 1, che: « i dirigenti assicurano la propria presenza in servizio ed il proprio tempo di lavoro, articolando, con le procedure individuate dall ‘ art. 6, comma 1 lett. B), in modo flessibile l ‘ impegno di servizio per correlarlo alle esigenze della struttura cui sono preposti ed all ‘ espletamento dell ‘ incarico affidato, in relazione agli obiettivi e programmi da realizzare », ha precisato che: ( i ) « i volumi prestazionali richiesti all ‘ equipe ed i relativi tempi di attesa massimi per la fruizione delle prestazioni stesse vengono definiti con le procedure dell ‘ art. 65, comma 6 del c.c.n.l. 5 dicembre 1996 nell ‘ assegnazione degli obiettivi annuali ai dirigenti di ciascuna unità operativa, stabilendo la previsione oraria per la realizzazione di detti programmi »; ( ii ) « l ‘ impegno di servizio necessario per il raggiungimento degli obiettivi prestazionali eccedenti l ‘ orario dovuto di cui al comma 2 è negoziato con le procedure e per gli effetti dell ‘ art. 65, comma 6 citato. In tale ambito vengono individuati anche gli strumenti orientati a ridurre le liste di attesa », prevedendo, al secondo comma, che: « L ‘ orario di lavoro dei dirigenti di cui al comma 1 è confermato in 38 ore settimanali, al fine di assicurare il mantenimento del livello di efficienza raggiunto dai servizi sanitari e per favorire lo svolgimento delle attività gestionali e/o professionali, correlate all ‘ incarico affidato e conseguente agli obiettivi di budget negoziati a livello aziendale, nonché quelle di didattica, ricerca ed aggiornamento », ed al sesto comma che: « Ove per il raggiungimento degli obiettivi prestazionali eccedenti quelli negoziati ai sensi dei commi 1 e 5, sia necessario un impegno aggiuntivo, l ‘ azienda, sulla base delle linee di indirizzo regionali di cui all ‘ art. 9, comma 1, lettera g) ed ove ne ricorrano i requisiti e le condizioni, può
concordare con l ‘ equipe interessata l ‘ applicazione dell ‘ istituto previsto dall ‘ art. 55, comma 2 del c.c.n.l. 8 giugno 2000 in base al regolamento adottato con le procedure dell ‘ art. 4, comma 2, lett. G) ».
3.3 L ‘ interpretazione della contrattazione collettiva offre, dunque, una ricostruzione complessiva del sistema retributivo scelto per compensare l ‘ attività dei dirigenti medici, anche non apicali (v. Cass. 4 giugno 2012, n. 8958; Cass. 16 ottobre 2015, n. 21010), che depone in senso univoco per la non configurabilità del lavoro eccedentario da parte di tutti i dirigenti medici, in ragione della sussistenza di un regime orario flessibile delle loro prestazioni e di un sistema di retribuzione incentivante basato sulla valorizzazione degli obiettivi perseguiti, anziché sul computo del tempo impiegato per lo svolgimento delle prestazioni lavorative.
Soprattutto dal citato art. 14 del c.c.n.l. del 2005, che si occupa proprio dell ‘ organizzazione dei turni di lavoro, si evince che questa disposizione non ha alcun legame con il diritto alla retribuzione del medico, la quale è stabilita, invece, su base mensile e in misura omnicomprensiva di tutte le prestazioni dal medesimo rese, conformemente al disposto dell ‘ art. 24, comma 3, del d.lgs. n. 165 del 2001, per il quale « Il trattamento economico determinato ai sensi dei commi 1 e 2 remunera tutte le funzioni ed i compiti attribuiti ai dirigenti in base a quanto previsto dal presente decreto, nonché qualsiasi incarico ad essi conferito in ragione del loro ufficio o comunque conferito dall ‘ amministrazione presso cui prestano servizio o su designazione della stessa (…) ».
Tale retribuzione non è computata, allora, ad ore e il suo
ammontare nulla ha a che vedere con il tempo effettivo dedicato al lavoro, tanto che copre pure il periodo legittimamente non destinato all ‘ esecuzione della prestazione in senso stretto.
Pertanto, se il dipendente ha fornito una prestazione almeno pari a quella prevista nel contratto, egli non può ottenere, a titolo retributivo, un importo maggiore di quello spettante contrattualmente.
In particolare, una simile richiesta non può essere ricollegata al superamento del limite, sopra indicato, di 38 ore che, in realtà, rappresenta non un massimo, ma un minimo prestazionale.
3.4 Orbene, da tali premesse di carattere generale e dalla formulazione della domanda come diretta a ottenere esclusivamente la corresponsione di differenze retributive collegate a «un indebito aumento della prestazione lavorativa» discende, come logica conseguenza, l ‘ irrilevanza delle difese formulate dalle parti al fine di valutare se fosse stata fornita o meno la prova dell ‘ entità delle prestazioni lavorative espletate in esubero, per effetto dell ‘ erroneo calcolo delle giornate di assenza, rispetto al limite orario di 38 ore settimanali.
3.5 Nella specie il dirigente medico, che non è revocato in dubbio abbia assolto a pieno al debito orario contrattuale, sostiene di essere stato costretto, per attingere alla soglia delle 38 ore settimanali, a protrarre i tempi della sua prestazione di lavoro a causa dell ‘ erroneo conteggio del debito orario giornaliero per le assenze.
Quindi il problema non è il superamento delle 38 ore ma il numero di ore in più svolte per raggiungere tale soglia, al fine di godere di riposi, ferie etc.
Ed allora la stessa prospettazione della domanda come intesa ad ottenere l ‘ esatto adempimento è infondata sol che si consideri che, come è pacifico, per le 38 ore contrattualmente previste, la controprestazione è regolarmente avvenuta.
Il problema potrebbe allora spostarsi dall ‘ ambito del rapporto prestazione/controprestazione a quello, diverso, del mancato riposo nei periodi che hanno erroneamente concorso al raggiungimento della suddetta soglia oraria: in altre parole, per periodi che non erano necessari alla prestazione del medico – intesa come insieme di debito orario e di risultati – che dunque poteva riposare e non lo ha fatto, perché la ASL gli ha imposto erroneamente il lavoro al fine di raggiungere la soglia oraria minima di cui al c.c.n.l.
3.6 Tuttavia, la domanda proposta è quella di esatto adempimento e tale domanda non può condurre a ottenere nulla più che l ‘ esatto adempimento della prestazione dovuta, ossia il pagamento della retribuzione mensile stabilita dalla contrattazione collettiva e, nella specie, pacificamente corrisposta.
Nella prospettazione del dirigente medico non si rinviene, invece, l ‘allegazione di altre circostanze di fatto come, ad es., la mancata concessione di riposi giornalieri, settimanali o compensativi e/o l ‘ insorgenza di situazioni di stress e usura psico-fisica legate a tempi prolungati della prestazione – che, in ipotesi, avrebbero potuto consentire al giudice del merito, nell ‘ esercizio dei poteri di qualificazione della domanda a lui attribuiti, l ‘ apprezzamento in ordine a diverse forme di tutela.
L ‘ ordinamento non è in sé privo di rimedi di efficacia
dissuasiva, pur nella varia modulazione dei relativi regimi.
3.7 Neppure vengono in rilievo una superfluità delle ore svolte in più rispetto al raggiungimento dei risultati propri del medico o una questione di superamento dei limiti di tollerabilità oraria del lavoro, per la quale, in termini generali, non sono esclusi la responsabilità datoriale e gli effetti dissuasivi ad essa riconnessi, rispetto ai comportamenti illeciti in tal senso, sia in relazione al superamento di specifici limiti (Cass. n. 173/2023, cit.; Cass. 16855/2020, cit.; Cass. 10 maggio 2019, n. 12538, con riferimento agli straordinari; in riferimento ai riposi: Cass. 14 luglio 2015, n. 14710; Cass. 20 agosto 2004, n. 16398, con danno ritenuto in re ipsa per la corrispondente violazione), sia allorquando le prestazioni richieste o accettate dovessero risultare esorbitanti, per la misura del lavoro e l ‘ inadeguatezza dei mezzi predisposti, rispetto alla normalità e dovessero illegittimamente sacrificare l ‘ integrità psico-fisica o la personalità morale del dipendente, in violazione dell ‘ art. 2087 cod. civ., quale espressione, ora, dei corrispondenti diritti costituzionalmente garantiti alla salute (art. 32) ed alla dignità del lavoro (artt. 2 e 35).
Queste ipotesi, tuttavia, in alcun modo si identificano con l ‘ azione qui dispiegata e finalizzata solo al pagamento delle ‘differenze retributive’ per le asserite prestazioni rese in esubero rispetto all ‘ orario contrattuale (circostanza smentita dall ‘ avvenuto pagamento delle prestazioni corrispondenti alle 38 ore settimanali), né (tali ipotesi) potrebbero in ogni caso dirsi integrate dal mero svolgimento di un numero più elevato di ore di lavoro (v. Cass. n. 7921/2017, cit.).
4. Tanto basta per la reiezione del ricorso in
applicazione del seguente principio di diritto: «Il dirigente medico che eserciti un ‘ azione di esatto adempimento non può ottenere nulla più della retribuzione mensile a lui spettante, la quale è stabilita, su base mensile e non oraria, in misura omnicomprensiva di tutte le prestazioni dal medesimo rese, senza che il suo ammontare abbia nulla a che vedere con il tempo effettivo dedicato al lavoro. In particolare, egli non ha diritto ad essere compensato per il lavoro eccedente rispetto all ‘ orario indicato dalla contrattazione collettiva, pure se esso sia dipeso dall ‘ erroneo criterio di calcolo adottato dall ‘ RAGIONE_SOCIALE per determinare il debito orario minimo assolto; in tale evenienza, potrà eventualmente far valere la responsabilità datoriale a titolo risarcitorio, ove abbia patito un pregiudizio concreto alla salute, alla personalità morale o al riposo, che dovrà specificamente allegare e provare, anche attraverso presunzioni semplici».
Per la novità e peculiarità della questione, oggetto, peraltro, di giudizi con alterni esiti dinanzi ai giudici del merito, si stima equo compensare interamente le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa interamente fra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Corte