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Danno da emotrasfusione: indennizzo e risarcimento

La Corte d’Appello, decidendo su un caso di danno da emotrasfusione risalente al 1975, ha stabilito un importante principio sulla cumulabilità tra indennizzo e risarcimento. La Corte ha riconosciuto la responsabilità del Ministero per omessa vigilanza e ha liquidato un risarcimento per l’invalidità temporanea subita dalla vittima per oltre 20 anni. Ha però chiarito che l’indennizzo previsto dalla L. 210/92, essendo destinato al solo danno permanente, non può essere detratto dal risarcimento per il danno temporaneo, evitando così un’indebita riduzione del ristoro per la sofferenza patita durante la malattia.

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Pubblicato il 24 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

Danno da Emotrasfusione: Indennizzo e Risarcimento non sempre cumulabili

Una recente sentenza della Corte d’Appello ha affrontato il complesso tema del danno da emotrasfusione, chiarendo i confini tra l’indennizzo statale e il risarcimento del danno. La decisione si è concentrata sulla distinzione tra danno permanente e invalidità temporanea, stabilendo che l’indennizzo previsto dalla Legge 210/1992 copre il primo ma non può essere detratto dal risarcimento liquidato per il secondo. Un principio fondamentale per garantire un ristoro completo alle vittime di sangue infetto.

I Fatti di Causa: una Lunga Battaglia per il Risarcimento

Il caso riguarda una paziente che ha contratto il virus dell’HCV a seguito di una trasfusione di plasma avvenuta nel lontano 1975. La scoperta della malattia e della sua origine è avvenuta solo decenni dopo, con l’acquisizione della cartella clinica nel 2007. La sua richiesta di risarcimento era stata inizialmente respinta per prescrizione.

Tuttavia, la Corte di Cassazione, in un precedente grado di giudizio, ha ribaltato la decisione, stabilendo che il termine di prescrizione decorreva dal 2007, anno in cui la vittima ha avuto piena consapevolezza del nesso causale. La Cassazione ha valorizzato una precedente sentenza che aveva riconosciuto alla stessa paziente l’indennizzo previsto dalla L. 210/92, considerando tale decisione come un ‘giudicato esterno’ sul nesso di causa e sulla decorrenza della prescrizione. Il caso è stato quindi rinviato alla Corte d’Appello per la valutazione della colpa e la quantificazione del danno.

La Responsabilità del Ministero nel Danno da Emotrasfusione

La Corte d’Appello ha confermato la responsabilità del Ministero della Salute. Basandosi su un orientamento giurisprudenziale consolidato, i giudici hanno ribadito che sul Ministero grava un obbligo di vigilanza, direzione e controllo sull’intera filiera del sangue e dei suoi derivati.

Nel 1975, sebbene non esistessero test specifici per l’HCV, erano già disponibili i cosiddetti ‘test surrogati’ (come la misurazione delle transaminasi) che avrebbero permesso di individuare e scartare donatori a rischio di epatite virale. L’omissione di tali controlli è stata considerata una condotta colposa, fondando la responsabilità dell’amministrazione per i danni conseguenti.

Danno Permanente vs. Invalidità Temporanea: la Decisione della Corte

Il cuore della sentenza risiede nella distinzione tra due diverse voci di danno:

Il Danno Biologico Permanente

Dopo anni di malattia, la paziente è guarita grazie a una terapia farmacologica innovativa. Tuttavia, le è residuata una fibrosi epatica, quantificata dal consulente tecnico d’ufficio (CTU) in un danno biologico permanente del 3%. La Corte ha ritenuto che questo danno fosse interamente coperto dall’indennizzo già percepito e da percepire ai sensi della Legge 210/1992, applicando il principio della compensatio lucri cum damno.

L’Invalidità Temporanea Parziale

Diversa è stata la valutazione per il lungo periodo di malattia, dal 2001 (manifestazione dei sintomi) al 2023 (guarigione). Per questi 22 anni, la Corte ha riconosciuto un’invalidità temporanea, caratterizzata da sofferenza fisica e psichica, astenia e stati depressivi. I giudici hanno quantificato questo danno in misura del 20%, liquidando un risarcimento complessivo di oltre 228.000 euro.

L’Applicazione della Compensatio Lucri cum Damno nel Danno da Emotrasfusione

Il punto giuridicamente più rilevante è la decisione della Corte di non detrarre l’indennizzo dal risarcimento per il danno temporaneo. Richiamando una recente pronuncia della Corte di Cassazione (n. 4415/2024), i giudici hanno spiegato che l’indennizzo e il risarcimento per invalidità temporanea hanno presupposti di fatto diversi.

– L’indennizzo (ex L. 210/92) ha una funzione assistenziale e ristora la menomazione permanente dell’integrità psico-fisica.
– Il risarcimento per invalidità temporanea ha invece la funzione di compensare il pregiudizio subito durante il decorso della malattia, prima della stabilizzazione dei postumi.

Poiché le due attribuzioni patrimoniali coprono pregiudizi differenti, la loro eterogeneità impedisce l’applicazione della compensatio lucri cum damno, evitando così un ingiustificato arricchimento per il danneggiante e garantendo alla vittima un ristoro integrale per le sofferenze patite.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su un’attenta applicazione dei principi stabiliti dalla Corte di Cassazione. La decisione riconosce la colpa del Ministero per non aver adottato le cautele necessarie a prevenire il contagio, anche in un’epoca in cui i test specifici non erano disponibili. La distinzione cruciale tra danno permanente e invalidità temporanea ha permesso di applicare in modo selettivo la compensatio lucri cum damno. La Corte ha ritenuto che, mentre il danno permanente poteva essere assorbito dall’indennizzo già erogato, il lungo periodo di sofferenza legato alla malattia attiva costituiva un pregiudizio autonomo, da risarcire integralmente senza detrazioni, in quanto non coperto dalla finalità dell’indennizzo stesso. Questa interpretazione garantisce un equilibrio tra le esigenze solidaristiche dell’indennizzo e il diritto della vittima a un pieno risarcimento del danno subito.

Le conclusioni

La sentenza rappresenta un importante punto di riferimento per tutti i casi di danno da emotrasfusione. Essa consolida il principio secondo cui la vittima ha diritto a un risarcimento specifico per il periodo di malattia attiva, indipendentemente dall’indennizzo ricevuto per i postumi permanenti. Questa decisione rafforza la tutela delle persone danneggiate da sangue infetto, assicurando che la sofferenza e le limitazioni subite nel corso degli anni vengano adeguatamente compensate, senza che il beneficio assistenziale previsto dalla legge finisca per ridurre il risarcimento dovuto dal responsabile del danno.

L’indennizzo ricevuto per un’infezione da trasfusione si detrae sempre dal risarcimento del danno?
No. La sentenza chiarisce che l’indennizzo previsto dalla Legge 210/1992, che copre il danno biologico permanente, non può essere detratto dal risarcimento liquidato per l’invalidità temporanea, poiché le due voci ristorano pregiudizi di natura diversa.

Da quando decorre la prescrizione per il risarcimento del danno da emotrasfusione?
Secondo la decisione, basata su un precedente della Cassazione, la prescrizione decorre non dal momento del contagio, ma da quando la vittima acquisisce la piena consapevolezza della malattia, della sua riconducibilità causale alla trasfusione e dell’esistenza di una condotta colposa del responsabile. In questo caso, il termine è stato fissato al 2007, anno di acquisizione della cartella clinica.

Perché il Ministero è stato ritenuto responsabile per una trasfusione avvenuta nel 1975?
Il Ministero è stato ritenuto responsabile per la violazione del suo obbligo di vigilanza e controllo sulla raccolta e distribuzione del sangue. La Corte ha stabilito che, pur in assenza di test specifici per il virus, l’omessa adozione di test ‘surrogati’ disponibili all’epoca per identificare donatori a rischio costituiva una condotta negligente e colposa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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