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Danno comunitario: tutela anche senza contratto scritto

Una lavoratrice precaria, impiegata per anni da una pubblica amministrazione regionale tramite rapporti a termine non formalizzati per iscritto, ha richiesto il risarcimento per l’abusiva reiterazione dei contratti. La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, ha stabilito un principio cruciale: la tutela risarcitoria per il cosiddetto “danno comunitario” spetta al lavoratore anche in assenza di un contratto scritto. La nullità del contratto per vizio di forma, imputabile all’amministrazione, non può vanificare la protezione prevista dalla normativa europea contro l’abuso del lavoro precario. La Corte ha quindi cassato la decisione d’appello che negava il risarcimento, affermando che la mancanza di forma scritta costituisce un’illegittimità aggiuntiva che non esclude, ma anzi rafforza, la necessità di tutela.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Danno Comunitario: La Cassazione Conferma la Tutela Anche Senza Contratto Scritto

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito un principio fondamentale a protezione dei lavoratori precari nella Pubblica Amministrazione. Anche in assenza di un contratto di lavoro formalizzato per iscritto, il lavoratore ha diritto al risarcimento del cosiddetto danno comunitario se subisce un’abusiva reiterazione di rapporti a termine. Questa decisione chiarisce che l’illegittimità commessa dal datore di lavoro pubblico, omettendo la forma scritta, non può diventare uno scudo per negare al dipendente le tutele previste dalla normativa europea.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda una lavoratrice impiegata per anni presso un’amministrazione regionale siciliana come operaia forestale. I suoi rapporti di lavoro, pur essendo continuativi nel tempo, non erano mai stati formalizzati attraverso contratti scritti. La lavoratrice ha quindi agito in giudizio chiedendo, in via principale, la conversione del rapporto in uno a tempo indeterminato e, in subordine, il risarcimento del danno per l’illegittimo e reiterato utilizzo di contratti a termine, in violazione della Direttiva europea 1999/70/CE.

La Corte d’Appello aveva respinto la domanda di risarcimento. Secondo i giudici di secondo grado, la mancanza della forma scritta del contratto, richiesta ad substantiam per i contratti con la Pubblica Amministrazione, determinava una nullità radicale. Tale nullità “assorbiva” ogni altra questione, trasformando il rapporto in uno “di mero fatto” e precludendo l’applicazione delle sanzioni specifiche previste per l’abuso dei contratti a termine, come appunto il danno comunitario.

La Questione del Danno Comunitario e la Forma del Contratto

Il cuore della controversia risiede nel rapporto tra due diverse forme di illegittimità:

1. L’abuso di contratti a termine: La successione di contratti a tempo determinato per coprire esigenze stabili è vietata dalla normativa europea (Direttiva 1999/70/CE) e nazionale, in quanto crea precarietà ingiustificata.
2. La mancanza di forma scritta: I contratti stipulati con la Pubblica Amministrazione devono, per legge, avere forma scritta, pena la nullità.

La Corte d’Appello aveva ritenuto che la seconda illegittimità, essendo più radicale, impedisse di considerare la prima. In sostanza, non potendosi parlare di “contratti” validi, non si poteva neanche parlare di un “abuso” nella loro reiterazione. Questo ragionamento, però, è stato completamente ribaltato dalla Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione: La Tutela Prevale

La Suprema Corte ha accolto il ricorso della lavoratrice, affermando un principio di grande importanza. L’obbligo della forma scritta nei contratti a termine è una norma posta a tutela del lavoratore e a garanzia della trasparenza, funzionale a prevenire gli abusi. L’inosservanza di questa regola da parte del datore di lavoro pubblico non può, paradossalmente, ritorcersi contro il lavoratore, privandolo di un’altra fondamentale tutela: quella contro la precarietà ingiustificata.

le motivazioni

I giudici hanno chiarito che la tutela contro l’abuso dei contratti a termine, che sfocia nel riconoscimento del danno comunitario, ha l’obiettivo di sanzionare la P.A. e risarcire il lavoratore. Permettere all’amministrazione di evitare questa sanzione proprio perché ha commesso un’ulteriore violazione (la mancata stipulazione per iscritto) sarebbe contrario a ogni logica e al principio di effettività del diritto dell’Unione Europea. La mancanza di un contratto scritto, lungi dall’escludere l’abuso, ne è una manifestazione e una prova. Di conseguenza, il lavoratore ha pieno diritto alla tutela risarcitoria agevolata, che non richiede una prova specifica del danno subito, ma lo presume in via forfettaria.

le conclusioni

La sentenza rappresenta una vittoria significativa per i lavoratori precari del settore pubblico. La Cassazione ha riaffermato che le garanzie previste dal diritto europeo non possono essere vanificate da vizi formali imputabili esclusivamente alla parte datoriale. La nullità del contratto per mancanza di forma scritta non esclude, ma anzi, si aggiunge alla violazione delle norme sull’utilizzo dei contratti a termine, confermando il diritto del lavoratore a ottenere il risarcimento del danno comunitario. La causa è stata quindi rinviata alla Corte d’Appello, che dovrà attenersi a questo principio per quantificare il risarcimento dovuto alla lavoratrice.

Un lavoratore ha diritto al risarcimento per abuso di contratti a termine se non esiste un contratto scritto con la Pubblica Amministrazione?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che la tutela risarcitoria per l’abuso di contratti a termine (il cosiddetto “danno comunitario”) si applica anche quando i rapporti di lavoro non sono stati formalizzati con un contratto scritto, poiché la mancanza di forma è un’illegittimità imputabile al datore di lavoro che non può privare il lavoratore delle sue tutele.

La nullità del contratto per mancanza di forma scritta impedisce di riconoscere il “danno comunitario”?
No. Secondo la sentenza, la nullità formale del contratto non assorbe né prevale sulla violazione delle norme europee contro l’abuso dei contratti a termine. Anzi, la mancata stipulazione per iscritto è essa stessa una violazione che contribuisce a realizzare l’abuso, rafforzando la necessità di tutela risarcitoria per il lavoratore.

La sola disponibilità alla chiamata da parte di un lavoratore stagionale dà diritto a un’indennità aggiuntiva?
No. La Corte ha rigettato questa specifica richiesta, chiarendo che la disponibilità a essere chiamati a lavorare durante l’anno, secondo le esigenze del datore di lavoro, rappresenta una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro e non una prestazione aggiuntiva che giustifichi una retribuzione separata, se non prevista dal contratto collettivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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