LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Danno comunitario: sì anche senza contratto scritto

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4943/2024, ha stabilito un principio fondamentale a tutela dei lavoratori precari del settore pubblico. La Corte ha chiarito che il diritto al risarcimento del cosiddetto “danno comunitario” per l’abusiva reiterazione di contratti a termine sussiste anche quando i rapporti di lavoro sono stati instaurati senza un contratto scritto. La mancanza della forma scritta, che di per sé costituisce un’illegittimità, non può annullare la tutela prevista dalla normativa europea contro l’abuso dei contratti a termine, ma anzi ne rafforza la necessità.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Danno Comunitario Garantito Anche Senza Contratto Scritto: La Cassazione Tutela i Precari

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 4943 del 23 febbraio 2024, ha introdotto un principio di cruciale importanza per la tutela dei lavoratori precari nel settore pubblico, affermando che il diritto al risarcimento del danno comunitario sussiste anche in assenza di un contratto di lavoro formalizzato per iscritto. Questa decisione rafforza le garanzie contro l’abuso dei contratti a termine, allineando la giurisprudenza interna ai principi del diritto dell’Unione Europea.

I Fatti del Caso: Lavoro Precario nel Settore Forestale

Il caso riguarda una lavoratrice impiegata per anni come operaia presso i Cantieri Forestali di una Regione. La lavoratrice ha agito in giudizio chiedendo la conversione del suo rapporto di lavoro a tempo indeterminato o, in subordine, il risarcimento del danno per l’illegittima e abusiva successione di contratti a termine. I rapporti di lavoro, di fatto, si erano svolti senza la stipulazione di contratti scritti, come invece previsto per le pubbliche amministrazioni.

La Corte d’Appello aveva rigettato la domanda di risarcimento, sostenendo che la nullità totale del rapporto per mancanza di forma scritta assorbisse ogni altra questione, inclusa quella dell’abuso. Secondo i giudici di secondo grado, l’unica tutela applicabile era quella dell’art. 2126 c.c., che garantisce la retribuzione per il lavoro effettivamente prestato, ma esclude il risarcimento per la precarietà.

Le Motivazioni della Cassazione: Analisi del Danno Comunitario

La Corte di Cassazione ha completamente ribaltato la decisione d’appello, accogliendo il ricorso della lavoratrice sul punto del risarcimento. Il ragionamento della Suprema Corte si fonda su un’interpretazione della normativa che pone al centro la tutela effettiva del lavoratore contro gli abusi, in linea con la Direttiva europea 1999/70/CE.

La Tutela Europea Contro gli Abusi Prevale sulla Nullità Formale

Il punto centrale della sentenza è che la mancanza di un contratto scritto non può diventare uno scudo per la Pubblica Amministrazione per eludere le proprie responsabilità. Anzi, la mancata formalizzazione del contratto costituisce essa stessa una violazione delle norme finalizzate a garantire trasparenza e a prevenire l’abuso dei contratti a termine.

La Corte ha stabilito che la tutela risarcitoria per il danno comunitario non presuppone l’esistenza di un contratto valido, ma sanziona proprio la condotta abusiva della P.A. che reitera rapporti di lavoro a termine. Sarebbe paradossale e contrario a ogni logica giuridica se un’illegittimità aggiuntiva (la mancanza di forma scritta), imputabile principalmente al datore di lavoro pubblico, comportasse una diminuzione della tutela per il lavoratore. Pertanto, la tutela agevolata sul piano probatorio, che esonera il lavoratore dal provare il danno specifico, deve essere applicata.

Il Rigetto della Domanda per l’Indennità di Disponibilità

La Cassazione ha invece rigettato il secondo motivo di ricorso della lavoratrice, relativo alla richiesta di un’indennità per la sua disponibilità a essere chiamata al lavoro durante tutto l’anno. I giudici hanno chiarito che la mera disponibilità a rispondere a una chiamata non costituisce una prestazione lavorativa aggiuntiva e autonoma, ma è una modalità intrinseca del rapporto di lavoro a termine in questione. In assenza di una specifica previsione contrattuale o collettiva, non è dovuto alcun corrispettivo ulteriore per tale disponibilità.

Conclusioni: Un Principio di Diritto Fondamentale

La Corte ha cassato la sentenza d’appello e ha rinviato la causa ad un’altra sezione della stessa Corte, enunciando il seguente principio di diritto: la tutela del lavoratore precario contro l’abusiva reiterazione di contratti a termine, inclusa la presunzione del danno e l’esonero dall’onere probatorio (il cosiddetto danno comunitario), non viene meno se i contratti sono nulli per mancanza di forma scritta. La violazione delle norme sulla forma si aggiunge, e non sostituisce, la violazione delle norme anti-abuso, rafforzando la necessità di una tutela risarcitoria effettiva per il lavoratore.

Un lavoratore pubblico ha diritto al risarcimento per danno comunitario se i suoi contratti a termine non sono scritti?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che la tutela risarcitoria per l’abuso di contratti a termine si applica anche in assenza di un contratto scritto, poiché la mancanza di forma è essa stessa una violazione che non può ridurre le garanzie del lavoratore.

Perché la nullità del contratto per vizio di forma non esclude il risarcimento del danno?
Perché la tutela contro l’abuso dei contratti a termine, prevista dalla normativa europea, è un principio inderogabile. Sarebbe illogico e contrario al principio di effettività della tutela se un datore di lavoro pubblico, commettendo un’ulteriore illegittimità (mancata forma scritta), potesse eludere le conseguenze sanzionatorie previste per la reiterazione abusiva dei contratti.

Al lavoratore spetta un’indennità per la semplice disponibilità a essere chiamato al lavoro?
No. Secondo la sentenza, in assenza di una specifica previsione nel contratto individuale o collettivo, la disponibilità a rispondere alla chiamata del datore di lavoro è considerata una modalità del rapporto di lavoro e non una prestazione aggiuntiva che dà diritto a un compenso separato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati