Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 25522 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 25522 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 18708-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore Generale e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente – avverso la sentenza n. 335/2021 RAGIONE_SOCIALE CORTE D’APPELLO di RAGIONE_SOCIALE, depositata il 04/05/2021 R.G.N. 905/2019;
udita la relazione RAGIONE_SOCIALE causa svolta nella camera di consiglio del 03/06/2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con ricorso al Tribunale di Trapani la signora NOME COGNOME chiedeva che fosse accertata la nullità e/o illegittimità
Oggetto
DANNO
COMUNITARIO
R.NUMERO_DOCUMENTO.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 03/06/2025
CC
dei termini apposti ai numerosi contratti di lavoro in quanto stipulati per fronteggiare una stabile esigenza di manodopera, con conseguente conversione in rapporto a tempo indeterminato e condanna dell’ASP di Trapani al risarcimento del danno per essere stata utilizzata illecitamente per far fronte ad un bisogno durevole, rinunciando a eventuali chances lavorative.
Il Tribunale riteneva la sussistenza di un abuso nel ricorso al contratto a termine per avere la lavoratrice subito l’illegittima protrazione del rapporto a tempo determinato oltre il limite massimo di 36mesi di durata. Inoltre, il giudice di primo grado condannava la RAGIONE_SOCIALE Trapani al pagamento di un’indennità in misura pari a 4 mensilità RAGIONE_SOCIALE retribuzione globale di fatto a titolo risarcitorio, ritenendo irrilevante la avvenuta assunzione a tempo indeterminato RAGIONE_SOCIALE ricorrente alla data del 1/11/2017.
La Corte di Appello di COGNOME in riforma RAGIONE_SOCIALE sentenza del Tribunale rigettava la domanda RAGIONE_SOCIALE ricorrente.
Ad avviso RAGIONE_SOCIALE Corte distrettuale i contratti del 2011 e del 2012 erano stati entrambi sottoscritti per la copertura n.q. di supplente del profilo professionale di C.P.S. Infermiere cat. D., precedentemente ricoperto da lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto; il contratto dal 03/02/2014 al 02/08/2014 era stato stipulato secondo la disciplina speciale prevista per il settore RAGIONE_SOCIALE sanità pubblica e del relativo personale sanitario dall’art. 10, comma 4 ter, del D.Lgs. n. 368/2001, così come inserito dall’art. 4, comma 5, del d.l. n. 158/2012 convertito con modificazioni in Legge n. 189/2012, volta a garantire la costante erogazione dei servizi sanitari e il rispetto dei livelli essenziali di assistenza, norma ripresa dall’art. 29 del D.Lgs. n. 81/2015 tuttora vigente; il contratto avente decorrenza dal 03/08/2014 al 02/04/2016 stipulato, come
detto, per i primi 20 mesi anche per concretizzare un accordo transattivo era stato successivamente prorogato fino al 31/10/2017, sempre nel rispetto RAGIONE_SOCIALE disciplina speciale operativa per il settore RAGIONE_SOCIALE sanità di cui all’art. 10, comma 4 ter, D.Lgs. n. 368/2001 e ai sensi e per gli effetti del D.Lgs. n. 125/2013, del D.Lgs. n. 81/2015 e RAGIONE_SOCIALE Circolare RAGIONE_SOCIALE Funzione Pubblica n. 5/2013 i quali avevano consentito la proroga RAGIONE_SOCIALE validità delle graduatorie dei concorsi precedentemente espletati dalle P.A., al fine di consentire a queste ultime di attingervi per la stipulazione di contratti a tempo determinato necessari a fronteggiare le necessità organizzative e produttive delle stesse amministrazioni impedite nelle more nell’indizione di nuovi concorsi per contratti a tempo indeterminato.
Conseguentemente, ad avviso RAGIONE_SOCIALE Corte di Appello, non sussisteva alcuna illegittima reiterazione di contratti a tempo determinato e, conseguentemente, nessun danno da asserito abusivo ricorso alla predetta forma contrattuale.
Inoltre, la Corte respingeva la domanda risarcitoria del c.d. danno da abusiva reiterazione dei contratti a termine in considerazione RAGIONE_SOCIALE intervenuta stabilizzazione, quale misura ampiamente satisfattiva per i casi di illegittimo ricorso al lavoro flessibile per diversi settori del pubblico impiego nei quali specifiche disposizioni legislative hanno consentito la stipulazione di contratti a tempo determinato, prorogandone la durata per diversi anni, per poi prevedere la stabilizzazione del personale medesimo con l’inserimento graduale tra i ruoli dell’amministrazione datrice di lavoro. In tutti questi casi, una volta conseguita l’assunzione a tempo indeterminato secondo previsioni normative che hanno previsto o lo scorrimento o la proroga RAGIONE_SOCIALE validità di precedenti graduatorie per concorsi a
tempo indeterminato approvate dopo il 30 settembre a cui attingere per l’assunzione a tempo indeterminato o l’indizione di procedure di ricognizione di soggetti idonei all’assunzione in quanto in possesso di appositi requisiti professionali, nessuno spazio rimane per ulteriori richieste risarcitorie, salva la prova specifica del danno ulteriore (Cass. N. 16336/2017).
Infine, la Corte non riteneva condivisibile l’affermazione del Tribunale secondo cui tale assunzione non potesse essere qualificata quale stabilizzazione certa ed obbligatoria come richiesto dalla Corte di giustizia UE ai fini dell’esclusione del diritto al risarcimento del danno, atteso che la stessa è avvenuta a tempo indeterminato prima RAGIONE_SOCIALE proposizione RAGIONE_SOCIALE richiesta risarcitoria in via giudiziaria ed in virtù di disposizioni normative che hanno imposto la copertura di carenze di organico attraverso lo scorrimento delle vecchie graduatorie, prima di procedere ad eventuali avvisi di ricognizione di lavoratori da stabilizzare e/o a nuove procedure concorsuali.
Proponeva ricorso per cassazione la signora COGNOME con due motivi cui resisteva l’RAGIONE_SOCIALE di Trapani con controricorso.
La ricorrente depositava altresì memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo ci si duole RAGIONE_SOCIALE violazione e falsa applicazione di norme di diritto per l’erronea applicazione dell’art. 36 D.Lgs. n. 165/2001e del D.Lgs. n. 368/2001 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.
La Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere infondata la domanda risarcitoria per l’abusiva reiterazione del rapporto a tempo determinato per più di 36 mesi; l’art. 5, comma 4 bis, del D.Lgs n. 368/2001 ratione temporis applicabile nel prevedere la conversione a tempo indeterminato nel caso di superamento RAGIONE_SOCIALE soglia di 36 mesi di rapporti a tempo
determinato avrebbe imposto il riconoscimento nell’ambito del rapporto di impiego pubblico del risarcimento del danno ai sensi dell’art. 36 D.Lgs. n. 165/2001.
A suffragio RAGIONE_SOCIALE censura la ricorrente richiama la pronuncia RAGIONE_SOCIALE Corte Costituzionale, secondo cui il divieto di conversione del rapporto a termine in rapporto a tempo indeterminato nel pubblico impiego nel caso di reiterazione illegittima di rapporti a tempo determinato per più di 36 mesi non comporta un vuoto di tutela per il lavoratore, nella misura in cui è riconosciuto il risarcimento del danno ai sensi dell’art. 36, comma 5, D.Lgs. n. 165/2001, con esonero dall’onere probatorio, nella misura e nei limiti di cui all’art. 32, comma 5, RAGIONE_SOCIALE legge n. 183/2010 (cfr. Corte Cost. 248/2018). Pertanto, il superamento RAGIONE_SOCIALE soglia di 36 mesi non può che condurre al riconoscimento del risarcimento del danno.
Con il secondo motivo ci si duole RAGIONE_SOCIALE violazione e falsa applicazione dell’articolo 36 D.Lgs. n. 368/2001 e RAGIONE_SOCIALE clausola 5 dell’accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CEE.
La Corte di merito avrebbe errato nell’escludere il risarcimento del danno per avvenuta stabilizzazione RAGIONE_SOCIALE ricorrente, considerato che la signora COGNOME non è stata assunta con contratto a tempo indeterminato con una procedura ex D.Lgs. n. 75/2017 che ha previsto la stabilizzazione del personale precario quale misura idonea a sanzionare debitamente l’abuso nella reiterazione dei contratti a termine, ma in virtù dello scorrimento RAGIONE_SOCIALE graduatoria, quale vincitrice di concorso pubblico. Conseguentemente, resterebbero intatte tutte le ragioni per cui l’assunzione non avvenuta per stabilizzazione, ma per altro titolo, non sarebbe idonea a sanzionare debitamente l’abuso trovando, dunque, applicazione il risarcimento del danno previsto dall’articolo 36, comma 5 del
decreto legislativo n. 165 del 2001 con esonero dell’onere probatorio, nella misura e nei limiti di cui alla legge 4 novembre 2010 n. 183, articolo 32 comma 5 e, quindi, nella misura pari ad un’indennità onnicomprensiva tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.
Il primo motivo è fondato.
Al riguardo, va dato seguito al consolidato indirizzo di questa Corte inaugurato dalle Sezioni Unite (Cass. Sez. U, Sentenza n. 5072 del 15/03/2016) secondo cui in materia di pubblico impiego privatizzato, nell’ipotesi di abusiva reiterazione di contratti a termine, la misura risarcitoria prevista dall’art. 36, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001, va interpretata in conformità al canone di effettività RAGIONE_SOCIALE tutela affermato dalla Corte di Giustizia UE (ordinanza 12 dicembre 2013, in C-50/13), sicché, mentre va escluso – siccome incongruo – il ricorso ai criteri previsti per il licenziamento illegittimo, può farsi riferimento alla fattispecie omogenea di cui all’art. 32, comma 5, RAGIONE_SOCIALE l. n. 183 del 2010, quale danno presunto, con valenza sanzionatoria e qualificabile come “danno comunitario”, determinato tra un minimo ed un massimo, salva la prova del maggior pregiudizio sofferto, senza che ne derivi una posizione di favore del lavoratore privato rispetto al dipendente pubblico, atteso che, per il primo, l’indennità forfetizzata limita il danno risarcibile, per il secondo, invece, agevola l’onere probatorio del danno subito.
Ciò premesso è circostanza pacifica che la ricorrente ha intrattenuto rapporti di lavoro a tempo determinato con l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE durata complessiva di circa 58 mesi.
Anche scomputando i contratti a termine intercorsi nel 2011 e nel 2012 per sostituzioni il termine massimo di 36 mesi risulta ampiamente superato.
Ciò posto, l’asserita necessità di dare attuazione al verbale di conciliazione contenente l’accordo transattivo tra le parti raggiunto in sede giudiziale (giudizio intrapreso dalla Sig.ra COGNOME contro l’RAGIONE_SOCIALE al fine di ottenere il riconoscimento del diritto ad essere assunta per tre anni in quanto risultata idonea nella graduatoria del concorso bandito nel 2003) non rende legittima la reiterazione di molteplici contratti a tempo determinato per un periodo superiore a 36 mesi.
Inoltre, la legittimità RAGIONE_SOCIALE reiterazione dei contratti a termine non può trovare alcuna giustificazione nelle circolari n. 84514 del 21.11.2012 e n. 86857 del 30.11.2012 dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE atteso che le stesse si limitano ad imporre il divieto di procedere alla copertura dei posti vacanti fino alla definizione del processo di riorganizzazione RAGIONE_SOCIALE rete ospedaliera, senza alcuna deroga alle disposizioni di legge di cui ai D.lgs. n. 368/01 e n.165/2001.
Pertanto, la reiterazione dei contratti a termine, la quale ha dato vita ad un rapporto di lavoro di durata superiore al limite massimo di 36 mesi, è illegittima e va risarcita, ai sensi dell’art. 36 del D.lgs. 165/2001.
4. Anche il secondo motivo è fondato.
In tema di pubblico impiego privatizzato, nell’ipotesi di illegittima reiterazione di contratti a termine, la successiva immissione in ruolo del lavoratore costituisce misura sanzionatoria idonea a reintegrare le conseguenze pregiudizievoli dell’illecito a condizione che essa avvenga nei ruoli dell’ente che ha commesso l’abuso e che si ponga con esso in rapporto di diretta derivazione causale, non essendo sufficiente che l’assunzione sia stata semplicemente agevolata dalla successione dei contratti a termine, ma occorrendo che sia stata da essa determinata, costituendo l’esito di misure
specificamente volte a superare il precariato, che offrano già “ex ante” una ragionevole certezza di stabilizzazione, sia pure attraverso blande procedure selettive; ne consegue che – anche alla luce di Corte giust. U.E. 19 marzo 2020, C-103/18 e C429/18 – non possiede tali caratteristiche una procedura concorsuale, ancorché interamente riservata ai dipendenti già assunti a termine, atteso che in caso di concorsi riservati l’abuso opera come mero antecedente remoto dell’assunzione e il fatto di averlo subito offre al dipendente precario una semplice “chance” di assunzione, come tale priva di valenza riparatoria. (Cass. n. 14815 del 27/05/2021).
Orbene, la ricorrente non è stata stabilizzata, ma è stata assunta per effetto dello scorrimento RAGIONE_SOCIALE graduatoria formata all’esito di un concorso pubblico tenutosi nel 2002, per cui tale fattispecie non rientra nella c.d. ‘stabilizzazione certa e obbliga toria’ cui ricollegare l’effetto riparatorio del danno cagionatole dall’abusiva reiterazione dei contratti a termine.
In conclusione, il ricorso va accolto e decidendo nel merito si accoglie la domanda di danno comunitario come quantificato dal Tribunale in misura pari a 4 mensilità RAGIONE_SOCIALE retribuzione globale di fatto da ultimo percepita oltre accessori, non risultando alcuna censura sul predetto quantum come determinato in primo grado.
L’accoglimento integrale del ricorso impone la liquidazione delle spese giudiziali dei gradi di merito che per il giudizio di primo grado vanno quantificate in € 3.000,00 per compensi professionali oltre accessori di legge e per il giudizio di appello i n € 3.500,00 per compensi professionali oltre accessori.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
La Corte il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito accoglie la domanda di danno comunitario come quantificato dal Tribunale in misura pari a 4 mensilità RAGIONE_SOCIALE retribuzione globale di fatto da ultimo percepita oltre accessori. Condanna la parte resistente al pagamento delle spese dei due gradi di merito che per il giudizio di primo grado vanno quantificate in € 3.000,00 per compensi professionali oltre accessori di legge e per il giudizio di appello in € 3.500,00 per compensi professionali oltre accessori.
Condanna il controricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in € 4.000,00 per compensi professionali oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALE IV Sezione Civile RAGIONE_SOCIALE Corte Suprema di cassazione, il 3 giugno 2025.
Il Presidente NOME COGNOME