Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 19939 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 19939 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 19602-2021 proposto da:
AZIENDA RAGIONE_SOCIALE TOSCANA RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore Generale legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME
– intimato –
avverso la sentenza n. 252/2021 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 06/05/2021 R.G.N. 228/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
04/03/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
FATTI DI CAUSA
Oggetto
SANZIONI
DISCIPLINARI
R.G.N. 19602/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 04/03/2025
CC
1. Il dott. NOME COGNOME dirigente medico cardiologo, dipendente della Azienda Sanitaria Toscana Nord Ovest, in data 18.10.2017, pubblicava su facebook un facsimile di fattura relativo ad un conto per una operazione chirurgica negli Stati Uniti, per l’importo di 158.000 dollari, commentando che “La strada imboccata è quella della sanità americana, quella del risparmio da parte dello Stato. Di anno in anno, sempre meno prestazioni gratuite, liste di attesa sempre più lunghe: Nessun interesse verso la prevenzione (che costa molto nel breve termine e anche se fa risparmiare moltissimo nel lungo periodo quel che confà è risparmiare ora). Riforme che accentrano ospedali e servizi, e spesso li posizionano in modo assurdo, più per accontentare qualche boss politico locale che per tutelare la salute dei cittadini. E’ ora di finirla con le Aziende che danno “obiettivi” di risparmio, che vincolano la pratica medica con procedure burocratiche che servono solo a spendere meno, fregandosene della qualità dei servizi (le chiamano “razionalizzazioni” quei farabutti) ……. “.
Per tale dichiarazione veniva elevata contestazione disciplinare, nella quale si contestava la violazione dell’art 8, lett. c) del CCNL 2010, relativo alle “manifestazioni offensive nei confronti del! ‘Azienda e dei componenti della direzione aziendale, degli altri dirigenti, dei dipendenti o di terzi, salvo che non siano espressione della libertà di pensiero, ai sensi dell’art. l della legge 300 del1970” nonché dell’art 13, comma 9, Codice di comportamento dei pubblici dipendenti del2013, secondo cui “il dirigente, nei limiti delle sue possibilità, evita che notizie non rispondenti al vero quanto all’organizzazione, all’attività e ai dipendenti pubblici, possano diffondersi. Favorisce la diffusione della conoscenza di buone prassi e buoni esempi al fine di rafforzare il senso di fiducia nei confronti dell’amministrazione”.
All’esito del procedimento disciplinare veniva comminata la sanzione della multa per € 200,00, sanzione che veniva quindi impugnata davanti al Tribunale di Livorno.
Il Tribunale, richiamando la giurisprudenza di legittimità sui limiti del diritto di critica, respingeva il ricorso, rilevando che la condotta del medico si era risolta in una aggressione generica verso soggetti facilmente individuabili, con parole eccessive e offensive. La sanzione inflitta era altresì proporzionata rispetto alla condotta tenuta, considerato che, secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, le dichiarazioni del Dirigente rilasciate attraverso facebook erano idonee a integrare una fattispecie di diffamazione.
La Corte di Appello di Firenze riformava la sentenza di prime cure ritenendo che le dichiarazioni effettuate dal dott. COGNOME si concretizzassero in una mera disquisizione di politica sanitaria in generale, con riferimento ad un sistema sanitario americano che viene richiamato come estremo termine di paragone, senza che comunque potessero individuarsi riferimenti a circostanze concrete specifiche rilevanti, quali termini di collegamento con il proprio datore di lavoro, nella persona della Regione Toscana, della Asl e della sua direzione aziendale.
Ad avviso della Corte di merito nel suo messaggio il dott. COGNOME avanzava una critica ad un sistema sanitario generale che tendeva a ridurre ·le prestazioni, manifestando la preoccupazione che la tutela della salute pubblica imboccasse la strada del sistema sanitario americano, che veniva preso, si ribadisce, come termine di paragone estremo.
Pertanto, la Corte distrettuale escludeva che nel messaggio facebook vi fossero elementi identificanti il datore di lavoro a cui
quei messaggi sarebbero stati diretti secondo il tenore della contestazione.
Ricorreva per cassazione l’Azienda USL Toscana Nord Ovest con due motivi.
Il dipendente rimaneva intimato.
L’Azienda ricorrente depositava altresì memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c. avuto riguardo all’art. 8, comma 8 lett. c) CCNL 2010 Comparto Sanità, Area Dirigenza Medica del Servizio Sanitario Nazionale in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c..
La Corte distrettuale avrebbe erroneamente interpretato l’art. 8, comma 8 lett. c) del CCNL violando i canoni ermeneutici di cui all’art. 1362 c.c. nella misura in cui la citata norma contrattuale non opera alcun collegamento con la contestuale integrazione di una fattispecie di reato, nel caso in esame di diffamazione, essendo chiara la volontà delle Parti collettive di ammettere la sanzione anche a fronte della sola e presumibile riferibilità delle dichiarazioni offensive rese anche alla solo individualit à oggettiva dell’Ente datoriale.
Inoltre, nel motivo si censura la valutazione compiuta dalla Corte territoriale circa la natura delle dichiarazioni rese, quali ‘mera disquisizione di politica sanitaria in generale, con riferimento ad un sistema americano che viene richiamato come estremo termine di paragone, senza che comunque possano individuarsi riferimenti a circostanze concrete specifiche rilevanti.’ Viene , altresì, sottoposta a critica la valutazione complessiva delle dichiarazioni rese ai fini di dimostrare la loro effettiva offensi vità nei confronti dell’Azienda e della sua dirigenza.
Con il secondo motivo si denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione, errato esercizio del prudente apprezzamento della prova avuto riguardo all’art. 54 d.lgs. n. 165/2001 ed all’art. 13, comma 9 del d.p.r. 16/4/2013 n. 62 in relazi one all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c..
La corte di merito non avrebbe valutato la contestazione contenuta nel provvedimento disciplinare avente ad oggetto l’inadempimento all’obbligo di rispetto del Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, allegato al CCNL del 3/11/2005. Tale inadempimento è da ritenersi fatto decisivo nella misura in cui il COGNOME ha diffuso nelle sue esternazioni notizie non veritiere e quindi con carattere fortemente lesivo della Azienda e dei suoi dirigenti.
I motivi possono essere trattati congiuntamente in quanto sono entrambi finalizzati a censurare la inoffensività delle dichiarazioni rese dal dott. COGNOME ed oggetto del provvedimento disciplinare inflitto nei suoi confronti.
3.1 Le censure sono inammissibili.
Parte ricorrente sottopone a critica la interpretazione della Corte in ordine alla norma del contratto collettivo che commina la sanzione della sospensione ove il medico dia corso a manifestazioni offensive nei confronti dell’Azienda, degli altri dirigenti, dei dipendenti o di terzi, salvo che non siano espressione della libertà di pensiero, ai sensi dell’art. 1 della legge 300 del 1970.
In particolare, si eccepisce che la predetta disposizione sia stata erroneamente collegata dal punto di vista interpretativo alla fattispecie del reato di diffamazione, laddove la norma contrattuale sanziona le manifestazioni offensive a prescindere dalla sussistenza o meno del reato.
Orbene, tale profilo di censura, sotto la forma della violazione dei canoni ermeneutici ai sensi dell’art. 1362 c.c., è finalizzato a richiedere a questa Corte un riesame del merito della causa, come esaminato ed accertato dalla Corte distrettuale.
Ed invero, la Corte territoriale con apprezzamento insindacabile ha ritenuto che il dipendente non abbia diffuso notizie non conformi al vero riferibili al proprio datore di lavoro. Tale accertamento non può costituire oggetto di riesame in sede di legittimità ed è coerente e compatibile con il dettato testuale della norma contrattuale che sanziona esclusivamente le manifestazioni offensive del medico nei confronti della parte datoriale, che, nel caso concreto, il giudice di merito ha escluso. 3.2 Non sussiste neppure il vizio di omesso esame nella misura in cui l’asserito inadempimento all’obbligo di operare nel rispetto del codice di comportamento dei pubblici dipendenti per aver diffuso notizie non veritiere si scontra con l’accertamento di fatto compiuto dal giudice di merito secondo cui il dipendente non ha diffuso notizie non conformi al vero.
Pertanto, il ricorso è integralmente inammissibile essendo finalizzato ad un complessivo riesame di merito da parte del giudice di legittimità.
Nulla sulle spese, essendo il dott. NOME COGNOME rimasto intimato.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione