Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14480 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 14480 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 31436-2019 proposto da:
COGNOME NOME, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE IN CONCORDATO PIENO LIQUIDATORIO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 201/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 10/05/2019 R.G.N. 688/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/03/2024 dal AVV_NOTAIO.
Fatti di causa
Rep.
Ud. 26/03/2024
CC
La Corte d’appello di Bologna, con la sentenza in atti, in accoglimento dell’appello principale proposto da RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE in concordato liquidatorio, in riforma della sentenza del tribunale di Parma, ha respinto la pretesa azionata da RAGIONE_SOCIALE con il ricorso depositato in data 21 dicembre 2012 e dichiarato assorbito l’appello incidentale.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE con un motivo di ricorso al quale ha resistito RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE in concordato liquidatorio con controricorso. Le parti hanno depositato memorie. Il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell’art. 380bis1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
Motivi della decisione
1.- Con l’unico motivo di ricorso si deduce la nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c. n. 3 per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, commi 7 e 8 della legge 223/1991 e art. 5 l. legge 164/1975 per avere, l’impugnata sentenza, ritenuto non generici i criteri di scelta dei lavoratori da porre in CIGS a zero ore, sulla base di un argomentazione che lo stesso giudice ha considerato opinabile nonché basata solo ed esclusivamente su valutazione compiuta ex post, in palese violazione con la regola secondo cui la coerenza e corrispondenza dei criteri relativi alla scelta dei soggetti colpiti dal provvedimento di sospensione deve sussistere in astratto e consentire una valutazione e verifica ex ante.
1.1. Le censure sollevate col ricorso si appuntano anzitutto e principalmente sulla mancanza della specificità dei criteri di scelta dei lavoratori da porre in Cigs dovendo essi essere tali da individuare ex ante con precisione i lavoratori da sospendere; o comunque idonei ad operare la selezione del personale e nel contempo a consentire la verifica della corrispondenza della scelta effettuata ai criteri predeterminati.
1.2. Le stesse censure sono infondate e presentano anche profili di inammissibilità.
La Corte di appello ha premesso, correttamente, in conformità alla giurisprudenza di legittimità, che la rotazione in CIG debba avvenire fra soggetti fungibili e non possa effettuarsi tra lavoratori che non siano tali.
Essa ha sostenuto sostanzialmente, sulla base di un puntuale e motivato accertamento di fatto, che la collocazione in cassa integrazione a zero ore della ricorrente fosse avvenuta sulla base di criteri congrui, a carattere generale, in considerazione della infungibilità di alcune posizioni professionali e del loro collegamento con le esigenze tecniche, produttive ed organizzative poste alla base della procedura, con i costi e con la riorganizzazione aziendale che ne sarebbe conseguita.
Si è trattato quindi di una selezione operata sulla base di una valutazione complessa e combinata di criteri diversi, conformemente alle prescrizioni di legge ed ai criteri formulati dalla giurisprudenza di questa Corte (v. Cassazione n. 2878/2007, la quale ai fini della rotazione pone il criterio ancora più stringente delle mansioni identiche.)
1.3. Pertanto, i criteri adottati ai fini della sospensione in Cig a zero ore, dalla datrice di lavoro, non possono dirsi né generici, né illegittimi e neppure non verificabili ex ante; o lesivi delle prerogative delle organizzazioni sindacali di essere poste in condizioni di contrattare i criteri di scelta dei lavoratori da sospendere e di assicurare ai dipendenti la previa individuazione di tali criteri e la possibilità di verificare il corretto esercizio del potere da parte del datore di lavoro.
La verifica puntuale, motivata e conforme alla giurisprudenza, effettuata dalla Corte di appello, sulla scorta delle prove in atti, non porta a questo risultato, ma al suo contrario; sia sul piano della legittimità formale dell’identificazione di criteri specifici, sia sul piano
sostanziale della loro coerente applicazione; essendo stato accertato che la ricorrente non svolgesse mansioni infungibili in via principale e fosse altresì eccedentaria sul piano tecnico organizzativo e dei risultati attesi dalla procedura collettiva; e che la sua posizione fosse stata pure identificata ex ante, col consenso sindacale, come una di quelle che non potessero rientrare nella rotazione.
1.4. Per il resto le ulteriori censure sollevate con il ricorso sono tutte volte a contestare i fatti di causa; sia laddove rilevano l’omessa valutazione di prove documentali (doc. n.14) , sia laddove contestano la infungibilità delle mansioni principali svolte dalla lavoratrice opponendo la sua totale fungibilità alla opposta valutazione della Corte di merito; sia quando richiamano le testimonianze assunte in giudizio o contestano che la posizione della lavoratrice fosse eccedentaria, o che le parti firmatarie dell’accordo fossero a conoscenza del fatto che la lavoratrice rientrasse fra le risorse a cui negare la rotazione; ed in definitiva contestano l’idoneità dei requisiti prescelti di consentire ex ante una gestione corretta e conforme correttezza e buona fede della scelta dei lavoratori da sospendere a zero.
1.5. Tutto ciò mira ad obliterare proprio la diversa valutazione operata dalla Corte di merito sulla scorta dell’istruttoria ed a superare i limiti del giudizio di legittimità in materia di accertamenti di fatto ex art 360 c.p.c.
Questa Corte di legittimità, sostituendosi al giudice di appello, infatti, non può ritenere fungibili le mansioni dichiarate infungibili dal giudice di merito e nemmeno ritenere generici i criteri di individuazione dei lavoratori dichiarati sufficientemente specifici dalla Corte di appello; e quindi ripetere le valutazioni delle circostanze di fatto, o riesaminare il materiale probatorio, il contenuto degli accordi negoziali e degli atti della procedura già valutati in maniera motivata dalla Corte d’appello.
1.6. Ma altresì dimentica la difesa della ricorrente che la gestione della procedura e della scelta dei lavoratori da sospendere a zero ore è risultata effettuata, in base alla stessa sentenza impugnata, con l’accordo dei sindacati, i quali erano ben consapevoli (appunto ex ante) delle figure professionali che, in base ai criteri indicati, erano comprese nella procedura di sospensione.
1.7.- La Corte d’appello ha operato una valutazione logica, oggettiva e sistematica dei fatti e quindi della lettera di avvio della procedura in connessione con il contenuto delle pregresse intese e dei successivi accordi con le organizzazioni sindacali le quali, secondo la valutazione effettuata dalla Corte, non hanno in alcun modo visto compromessa la loro prerogativa di valutare in astratto ed ex ante la gravissima situazione oggettiva in cui versava l’odierna appellante e l’idoneità degli interventi proposti dall’azienda concordati dalle organizzazioni sindacali.
1.8. In particolare, assume rilievo fondamentale l’accordo sindacale del 25 novembre 2011 richiamato dalla Corte d’appello a pagina 5 della sentenza. Nello stesso accordo aziendale si prevede che la messa in cassa integrazione a zero ore senza rotazione avveniva in particolare per “mansioni sottoposte alla riorganizzazione per le quali non è al momento possibile un loro impiego, anche solo a rotazione su altre mansioni data la loro specificità lavorativa e la condizione organizzativa esistente anche in ragione delle sinergie già attese a seguito della fusione delle due aziende”. In sede di esame congiunto con il sindacato e di accordo aziendale fu esplicitamente convenuto che si era in presenza di risorse non più utilizzabili in applicazione concordata del criterio delle esigenze tecniche organizzative e produttive. Inoltre, è stato chiarito che, con riferimento alla clausola 3B di cui sopra, per lo stabilimento Respighi al quale era addetta la ricorrente, la unità da porre in CIG a zero ore sarebbe stata
una e che si trattasse sostanzialmente proprio della ricorrente; mentre la sua mancata indicazione fu richiesta dal sindacato (che, come sempre accade, in questi casi preferisce che non siano indicati nomi ma soltanto le mansioni).
2.- Sulla scorta delle premesse, il ricorso va quindi respinto e le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c. Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in euro 4.000,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfettarie, oltre accessori dovuti per legge. Ai sensi dell’art. 1 3 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Sezione Lavoro