Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14051 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 14051 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29012/2022 r.g., proposto da
COGNOME NOME , elett. dom.ta in INDIRIZZO, presso AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO.
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , elett. dom.to in INDIRIZZO, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO.
contro
ricorrente
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 2356/2022 pubblicata in data 27/05/2022, n.r.g. 1830/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 06/03/2024 dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
1.- COGNOME NOME aveva lavorato formalmente alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE, che aveva ottenuto in appalto da RAGIONE_SOCIALE alcuni servizi, ai quali ella era stata addetta.
In data 29/07/2016 era stata licenziata da RAGIONE_SOCIALE, ma con sentenza n. 10074 del 19/12/2018 il Tribunale di Roma aveva accertato la
OGGETTO:
interposizione illecita di manodopera – sentenza di accoglimento -obbligo retributivo successivo -atto di costituzione in mora credendi -necessità -esclusione
non genuinità del predetto appalto, aveva dunque dichiarato inefficace il licenziamento perché intimato da un non datore di lavoro, aveva dichiarato la COGNOME alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE, aveva condannato quest’ultima al ripristino del rapporto di lavoro e al pagamento delle retribuzioni dovute dal licenziamento intimato dall’interposta fino al ripristino del rapporto, poi avvenuto in data 16/05/2019.
COGNOME chiedeva ed otteneva decreto ingiuntivo contro RAGIONE_SOCIALE per il pagamento della somma di euro 4.229,07 a titolo di retribuzioni successive alla sentenza n. 10074/2018 e fino al 16/05/2019.
2.L’opposizione proposta da RAGIONE_SOCIALE era rigettata dal Tribunale.
3.Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’Appello accoglieva il gravame della società e quindi, in riforma della sentenza di primo grado, accoglieva l’opposizione e revocava il decreto ingiuntivo.
Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale affermava:
come affermato da Cass. sez. un. n. 2990/2018, a seguito della declaratoria giudiziale di illiceità dell’appalto a carico del datore di lavoro effettivo sorge un obbligo retributivo, decorrente dalla costituzione in mora;
identico principio di diritto è stato affermato da C. Cost. n. 29/2019;
ne consegue che quello che precede la declaratoria giudiziale di illiceità dell’appalto è un obbligo risarcitorio, sicché l’eventuale precedente messa in mora da parte del lavoratore -nella specie la lettera raccomandata del 22/09/2016 -attiene solo al risarcimento del danno e non può attenere ad un credito retributivo, che in quel momento non è ancora sorto (sorgerà solo a seguito della sentenza che dichiara illecito l’appalto);
dunque in relazione al credito retributivo per il periodo successivo alla sentenza di accertamento dell’illiceità dell’appalto occorre un nuovo atto di costituzione in mora, nella specie mancato.
4.- Avverso tale sentenza COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un motivo.
5.- RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
6.- Entrambe le parti hanno depositato memoria.
7.- Il Collegio si è riservata la motivazione nei termini di legge.
CONSIDERATO CHE
Con unico motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 1217 c.c. per avere la Corte territoriale ritenuto necessario un nuovo atto di costituzione in mora, sulla base di un presupposto fattuale e giuridico riferito alla mora debendi piuttosto che alla mora credendi .
Il motivo è fondato.
In primo luogo la costituzione in mora del creditore della prestazione lavorativa (nella specie interponente) consiste nell’intimazione di ricevere tale prestazione (e non nella richiesta di adempimento, tipica invece della mora debendi ). Tale atto ben può intervenire anche prima del giudizio con cui si chieda l’accertamento dell’illecita interposizione di manodopera.
Qualora nel ricorso introduttivo del giudizio il lavoratore chieda non solo il predetto accertamento, ma pure la condanna dell’effettivo datore di lavoro al ripristino del rapporto di lavoro e alla sua riammissione in servizio, in quell’atto è naturalmente sussistente anche una costituzione in mora del convenuto (creditore della prestazione lavorativa), che -per il meccanismo descritto da questa Corte a sezioni unite nella nota sentenza n. 2990/2018 -è idonea a far decorrere l’obbligo retributivo a carico del convenuto medesimo, sia pure dalla sentenza che accerti quell’interposizione illecita. Ne consegue che nessun ulteriore atto di costituzione in mora sarà necessario (in termini già Cass. ord. n. 22041/2023).
In senso contrario non si pone altra pronunzia di questa Corte (Cass. n. 5788/2023): in quel caso si trattava di pretesa relativa al periodo anteriore alla sentenza, quindi di natura risarcitoria, e la lavoratrice non aveva compiuto alcuna costituzione in mora, se non dopo la sentenza che aveva accertato l’illegittimità della cessione d’azienda , dunque irrilevante ai fini risarcitori per il periodo pregresso.
La decisione della Corte territoriale va pertanto cassata con rinvio per la decisione di merito conforme al principio di diritto sopra espresso, nonché per la regolazione delle spese anche del presente giudizio di legittimità.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, per la decisione, nonché