Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 24633 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 24633 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 3818/2021 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE MASSIMO, in proprio e quale legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE, rappresentati e difesi, anche disgiuntamente, giusta procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliati presso il loro studio, in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente-
CONTRO
AUTORITÀ DI RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura speciale in calce al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME i quali dichiarano di voler ricevere le notifiche e le comunicazioni relative al presente procedimento agli indirizzi di posta elettronica certificata indicati, elettivamente domiciliati presso lo studio del primo in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli n. 3146/2020, depositata il 16/9/2020.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 9/7/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
NOME COGNOME, in proprio e nella qualità di amministratore unico della società RAGIONE_SOCIALE, citava in giudizio dinanzi al Tribunale di Napoli l’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale (d’ora in poi Autorità Portuale), deducendo che quest’ultima, con la sua condotta, aveva leso il diritto dei progettisti alla fedele esecuzione del progetto approvato dal committente, nell’ambito di un appalto integrato.
Gli attori chiedevano, tra l’altro, la condanna dell’ente convenuto al risarcimento dei danni subiti.
Si costituiva l’Autorità Portuale chiedendo il rigetto della domanda.
Interveniva in giudizio, con comparsa del 7/7/2014, la RAGIONE_SOCIALE quale capogruppo dell’ATI cui era stata aggiudicata d’esecuzione dell’opera.
La RAGIONE_SOCIALE veniva successivamente ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria.
A seguito della riassunzione, l’interventrice veniva estromessa dal giudizio con ordinanza dell’11/12/2017.
Il Tribunale di Napoli dichiarava la carenza di legittimazione attiva della PCAINT in relazione alle domande di tutela del diritto morale d’autore, respingendo le ulteriori domande degli attori.
Avverso tale sentenza proponevano appello gli attori, con atto di citazione telematico notificato il 15/10/2019.
La causa veniva iscritta a ruolo il 21/10/2019, con deposito del fascicolo cartaceo contenente copia, su supporto analogico, dell’atto di appello notificato telematicamente ai procuratori dell’Autorità Portuale costituiti nel giudizio di primo grado, nonché alla RAGIONE_SOCIALE in amministrazione straordinaria, in proprio e in qualità di impresa mandataria dell’RAGIONE_SOCIALE costituita con le imprese RAGIONE_SOCIALE
Gli opponenti depositavano anche copia della relata di notifica dell’atto d’appello, con attestazione di conformità dell’allegata procura alle liti, copia del relativo messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati e delle ricevute di accettazione e di avvenuta consegna, con attestazione di conformità delle suddette copie ai corrispondenti documenti informatici, oltre a copia attestata conforme della sentenza appellata e fascicolo di parte di primo grado.
Si costituiva in giudizio l’Autorità Portuale chiedendo dichiararsi l’inammissibilità, l’improcedibilità o, in ogni caso, il rigetto dell’appello.
All’udienza ex art. 350 c.p.c. del 25/2/202, la Corte sottoponeva alle parti la questione della possibile declaratoria di improcedibilità dell’appello, per mancata prova della notifica dell’appello e della tempestività della costituzione in giudizio.
La Corte d’appello di Napoli, con sentenza n. 3146/2020, pubblicata il 16/9/2020, dichiarava l’improcedibilità dell’appello.
Rilevava che l’appellante doveva costituirsi in giudizio entro il termine di dieci giorni dalla notificazione all’appellato della citazione introduttiva del processo d’appello, depositando, tra l’altro, l’originale di tale citazione con la prova della sua notificazione all’appellato.
Il mancato rispetto del termine comportava l’improcedibilità dell’appello.
La nullità della costituzione dell’appellante poteva essere sanata per effetto del deposito da parte dell’appellante, al più tardi entro l’udienza di cui all’art. 350 c.p.c., dell’originale della citazione con la prova della sua notificazione all’appellato, oppure per effetto del deposito da parte dell’appellato al più tardi entro l’udienza di cui all’art. 350 c.p.c., della copia notificatagli di tale citazione dalla quale risultava la data in cui era stata notificata.
Nella specie, però, il difensore degli appellanti, costituitosi in data 21/10/2019, aveva depositato, fino all’udienza di cui all’art. 350 c.p.c. (tenutasi il 25/2/2020), solo nel fascicolo cartaceo le copie su supporto cartaceo delle sole ricevute di accettazione e di avvenuta consegna del messaggio informatico che implicitamente assumeva di aver inviato alle controparti; non vi era stata alcuna richiesta di rimessione in termini all’udienza ex art. 350 c.p.c., avendo gli appellanti proceduto al deposito telematico dell’originale notificato solo mediante la nota datata 5/6/2020.
L’appellata si era costituita in giudizio senza formulare alcuna contestazione in ordine alla notificazione dell’appello o alla costituzione dell’appellante; tuttavia, la mancata produzione di documenti attestanti la notifica dell’appello, che doveva essere rilevata d’ufficio, era indispensabile ai fini della prova della tempestività della costituzione in giudizio dell’appellante.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME in proprio e nella qualità di legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE, depositando anche memoria scritta.
Ha resistito con controricorso l’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale, già Autorità Portuale di Salerno.
La Procura Generale, nella persona del dott. NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte, chiedendo l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di impugnazione i ricorrenti deducono la «violazione dell’art. 23, comm 1 e 2, d.lgs. n. 82/2005 e falsa applicazione dell’art. 9, comma 1-bis e 1-ter, legge n. 53/1994, in relazione all’art. 16bis , comma 9ter , decreto-legge 179/2012, convertito con legge n. 221/2012, alla luce dei principi costituzionali e sovranazionali del diritto al giusto processo ed alla ragionevole durata dello stesso in rapporto ai criteri di adeguatezza e proporzionalità delle forme del procedimento, con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.».
Per i ricorrenti, la Corte di Napoli ha dato atto della circostanza che la copia analogica dell’atto d’appello e della relazione di notificazione sono state dichiarate «conformi all’originale in formato numerico dal sottoscritto difensore dell’appellante».
Il potere del difensore di autenticare la copia analogica dell’atto processuale «nativo digitale» e della relazione di notifica telematica, conferendo alle medesime piena efficacia probatoria ex art. 9, comma 1bis , legge n. 53 del 1994, «non è tuttavia circoscritto ad una generica impossibilità di effettuare il deposito telematico, o di fornire per tale via la prova dell’avvenuta notificazione (co. 1ter ) ma concerne soltanto una impossibilità giuridica di deposito». Il difensore, per esercitare il suo potere di certificazione sostitutiva, non deve richiedere alcuna previa autorizzazione, a differenza delle ipotesi in cui si verifichi il malfunzionamento delle reti di trasmissione o del sistema di archiviazione dei dati, per i quali è necessaria la richiesta di rimessione in termini.
L’impossibilità cui fa riferimento la norma è quella relativa ad alcuni processi, al momento destinati a svolgersi ancora in ambiente analogico.
Tale disposizione si riferisce a quei giudizi nei quali «è possibile il ‘doppio canale’ (iscrizione a ruolo e costituzione in forma telematica o digitale)».
Se dunque risulta impossibile il deposito telematico dell’originale digitale, si consente l’uso di copie analogiche certificate conforme all’originale.
Con il secondo motivo di impugnazione si deduce la «violazione e falsa applicazione di legge, in relazione agli articoli 9, comma 1bis e 1ter , legge n. 53/1994 e 347, 348 e 350, c.p.c., con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.».
Tra l’altro, per i ricorrenti, la Corte di cassazione ha affermato la procedibilità dell’appello, anche in difetto di deposito dell’originale telematico alla prima udienza di trattazione, «per effetto della mancata contestazione da parte dell’appellato» (si cita Cass., Sez. U, n. 16598 del 2016).
È stato dunque valorizzato il mancato disconoscimento della conformità della copia analogica rispetto all’originale telematico da parte dell’appellato (si cita (Cass., Sez. U, n. 22438 del 2018).
I motivi, che vanno trattati congiuntamente per strette ragioni di connessione, sono fondati.
3.1. Deve, anzitutto, rilevarsi che gli appellanti, pacificamente, in base agli atti di causa, hanno provveduto a spedire l’atto di appello nei confronti della Autorità Portuale, presso i procuratori costituiti in prime cure, a mezzo PEC in data 15/10/2019, alle ore 16,55 (messaggi ricevuti alle ore 16,55).
Pertanto, ai sensi dell’art. 347 c.p.c., «la costituzione in appello avviene secondo le forme e i termini per i procedimenti davanti al
tribunale», con l’espresso rinvio all’art. 165 c.p.c., per il quale «l’attore, entro 10 giorni dalla notificazione della citazione al convenuto, deve costituirsi in giudizio a mezzo del procuratore depositando in cancelleria la nota di iscrizione a ruolo e il proprio fascicolo contenente l’originale della citazione, procura e documenti offerti in comunicazione».
L’art. 348 c.p.c., poi, sancisce che «l’appello è dichiarato improcedibile, anche d’ufficio, se l’appellante non si costituisce in termini».
L’improcedibilità dell’appello si verifica, dunque, quando difettano determinate attività delle parti successive alla proposizione dell’appello ed espressamente richieste dalla legge.
Si tratta dell’omissione di atti di impulso necessari, richiesti alla parte appellante perché il giudizio abbia corso. Le ipotesi di improcedibilità sono tassative, e quindi insuscettibili di ampliamento analogico.
3.2. Tali disposizioni devono, però, fare i conti con il processo telematico.
In particolare, l’art. 16bis del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, (Ulteriori misure urgenti per la crescita del paese), convertito in legge 17 dicembre 2012, n. 221, ha introdotto l’obbligatorietà del deposito telematico degli atti processuali, sia pure in misura graduale.
Pertanto, nella prima stesura della norma, in vigore dal 1° gennaio 2013 al 24 giugno 2014, l’art. 16bis , comma 1, del decretolegge n. 179 del 2012 prevedeva che «alvo quanto previsto dal comma 5, a decorrere dal 30 giugno 2014 nei procedimenti civili innanzi al tribunale, il deposito degli atti processuali e dei documenti da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite ha luogo esclusivamente con modalità telematiche».
L’innovazione rilevante si è avuta a decorrere dal 19 agosto 2014, con l’introduzione nell’art. 16bis del decreto-legge n. 179 del 2012, del comma 9ter , per il quale «a decorrere dal 30 giugno 2015 nei procedimenti civili innanzi alla Corte di appello, il deposito degli atti processuali e dei documenti da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e ricezione dei documenti informatici».
Successivamente, a decorrere dal 21 agosto 2015, si è previsto, nel comma 1bis , dell’art. 16bis , del decreto-legge n. 179 del 2012 che «nell’ambito dei procedimenti civili e a decorrere dal 30 giugno 2015, innanzi alle corti d’appello è sempre ammesso il deposito telematico di ogni atto diverso da quelli previsti dal comma 1 e dei documenti che si offrano in comunicazione, da parte del difensore o del dipendente di cui si avvale la pubblica amministrazione per stare in giudizio personalmente, con le modalità previste dalla normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e ricezione dei documenti informatici. In tal caso il deposito si perfeziona esclusivamente con tali modalità».
3.3. Ciò implica che alla data di notifica dell’appello del 15/10/ 2019 era consentito all’appellante di procedere alla notifica dell’appello, sia in modalità cartacea, sia in modalità telematica.
Inizialmente, infatti, il processo telematico si applicava esclusivamente al deposito degli atti processuali delle parti «precedentemente costituite», e quindi solo per il periodo successivo alla costituzione in giudizio, mentre, successivamente, come indicato, il processo telematico concerneva anche gli atti relativi alla costituzione in giudizio.
Pertanto, gli appellanti hanno effettuato la notifica telematica dell’atto di appello, provvedendo tempestivamente al deposito della copia cartacea dello stesso, unitamente alle copie analogiche delle ricevute di spedizione e di ricezione dell’appello telematico.
L’iscrizione a ruolo è stata compiuta, quindi, solo con modalità cartacea, come del resto afferma la Corte d’appello («La causa è stata iscritta a ruolo in data 21/10/2019, con deposito del fascicolo cartaceo contenente copia su supporto analogico dell’atto di appello notificato telematicamente ai procuratori dell’Autorità Portuale costituiti nel giudizio di primo grado, nonché alla RAGIONE_SOCIALE , copia della relata di notifica con attestazione di conformità dell’allegata procura alle liti, copia del relativo messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati e delle ricevute di accettazione e di avvenuta consegna, attestazione di conformità delle suddette copie ai corrispondenti documenti informatici, copia attestata conforme della sentenza appellata e fascicolo di parte del primo grado di giudizio con i relativi documenti»).
Altro elemento dirimente della fattispecie processuale è rappresentato dalla avvenuta costituzione telematica della Autorità Portuale, che non ha sollevato contestazioni processuali (cfr. pag. 9 della sentenza della Corte di appello «vero è che l’appellata si è poi costituita in giudizio e non ha formulato nessuna contestazione in ordine alla notificazione dell’appello o alla costituzione dell’appellante»).
Ciò che rileva è, in particolare – per quello che si specificherà in seguito – che la Autorità Portuale, nel costituirsi in giudizio, non ha disconosciuto in alcun modo la conformità dell’appello ricevuto a quello depositato in cancelleria ai fini della costituzione in giudizio dell’appellante.
Deve tenersi conto, tuttavia, per la decisione della presente controversia, del nuovo orientamento di questa Corte in ordine alla
questione della improcedibilità dell’appello, che si sgancia da posizioni meramente formalistiche, per approdare alla tutela effettiva dei diritti vantati dalle parti in giudizio, convogliando il processo verso la decisione di merito.
5.1. In primo luogo, deve farsi menzione, comunque, della pronuncia di questa Corte a Sezioni Unite (Cass., Sez. U, 5/8/2016, n. 16598) – citata sia dalla Corte di appello che dagli appellanti, ora ricorrenti in cassazione – in base alla quale la tempestiva costituzione dell’appellante con la copia dell’atto di citazione (cd. velina) in luogo dell’originale non determina l’improcedibilità del gravame ai sensi dell’art. 348, comma 1, c.p.c., ma integra una nullità per inosservanza delle forme indicate dall’art. 165 c.p.c., sanabile, anche su rilievo del giudice, entro l’udienza di comparizione di cui all’art. 350, comma 2, c.p.c. mediante deposito dell’originale da parte dell’appellante, ovvero a seguito di costituzione dell’appellato che non contesti la conformità della copia all’originale (e sempreché dagli atti risulti il momento della notifica ai fini del rispetto del termine ex art. 347 c.p.c.), salva la possibilità per l’appellante di chiedere la remissione in termini ex art. 153 c.p.c. (o 184-bis c.p.c., ratione temporis applicabile) per la regolarizzazione della costituzione nulla, dovendosi ritenere, in mancanza, consolidato il vizio ed improcedibile l’appello.
Risulta pacifico, dunque, che la costituzione dell’appellante nel termine di dieci giorni dalla notifica dell’atto d’appello (con una velina) non determina di per sé l’improcedibilità dell’appello, che si verifica solo in caso di mancata costituzione tempestiva.
Dopo una costituzione tempestiva – come accaduto nella specie, in cui, a seguito della notifica dell’appello in data 15/10/2019, la costituzione in giudizio è avvenuta il 21/10/2019, quindi nel pieno rispetto del termine di dieci giorni -, nel caso di inosservanza delle forme, «l’appellante può compiere, di sua iniziativa, le attività che
servano ad integrarle successivamente (ad esempio mediante attività di deposito ulteriore) e fino all’udienza di cui al secondo comma dell’art. 350 c.p.c.» (Cass. Sez. U, n. 16598 del 2016).
Si è anche chiarito che l’art. 350 c.p.c. «non vieta, proprio perché trattasi di attività funzionale al controllo della regolarità della costituzione da effettuarsi in udienza, che il giudice, nel rilevare il difetto inerente la costituzione, possa invitare hic et hinde l’appellante, se è in grado di farlo, alla regolarizzazione immediata e che l’appellante possa procedervi nell’udienza stessa», pur dovendosi escludere «un potere del giudice di concedere un termine», con conseguente «impossibilità anche di un ordine di rinnovazione, perché esso si risolverebbe nella concessione di un termine» (Cass. Sez. U, n. 16598 del 2016).
Quanto al deposito dell’originale della citazione, «l’art. 156 c.p.c. intende riferirsi all’atto che l’appellante ha consegnato all’ufficiale giudiziario per la notificazione, sul quale costui ha scritto, ai sensi dell’art. 148 c.p.c., la relazione di notificazione e che gli ha restituito», con la precisazione che l’ufficiale giudiziario nell’originale della citazione, ove ha steso la relazione di notificazione, può menzionare: 1) il perfezionamento del procedimento notificatorio anche nei confronti del destinatario; 2) il riferimento ad altri atti nel caso in cui il perfezionamento non risulti (art. 140 c.p.c.).
Pertanto, sia nel primo caso (costituzione con originale documento del perfezionamento), sia nel secondo (costituzione con originale non documentante il perfezionamento), il requisito formale della costituzione con l’originale della citazione risulta osservato.
Risulta importante l’affermazione di questa Corte per cui «qualora l’appellato si sia costituito senza nulla osservare sulla conformità della copia all’originale notificatogli la irregolarità discendente dal deposito di una copia piuttosto che dell’originale risulta sanata».
I concetti e le argomentazioni riportati nella citata sentenza di questa Corte a Sezioni Unite, n. 16598 del 2016, sono stati precisati ed adattati al processo telematico.
6.1. Deve muoversi dalla sentenza di questa Corte, a Sezioni Unite, in relazione all’art. 369 c.p.c. (prima dell’introduzione del processo telematico in Cassazione), per cui il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notifica, di copia analogica del ricorso per cassazione predisposto in originale telematico e notificato a mezzo PEC, senza attestazione di conformità del difensore ex art. 9, commi 1-bis e 1-ter, della l. n. 53 del 1994 o con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non ne comporta l’improcedibilità ove il controricorrente (anche tardivamente costituitosi) depositi copia analogica del ricorso ritualmente autenticata ovvero non abbia disconosciuto la conformità della copia informale all’originale notificatogli ex art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 82 del 2005. Viceversa, ove il destinatario della notificazione a mezzo PEC del ricorso nativo digitale rimanga solo intimato (così come nel caso in cui non tutti i destinatari della notifica depositino controricorso) ovvero disconosca la conformità all’originale della copia analogica non autenticata del ricorso tempestivamente depositata, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità sarà onere del ricorrente depositare l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica sino all’udienza di discussione o all’adunanza in camera di consiglio (Cass., Sez. U, 24/9/2018, n. 22438).
È stato valorizzato il diritto fondamentale di azione (e, quindi, anche di impugnazione) e difesa in giudizio ex art. 24 della Costituzione, che «guarda come obiettivo al principio dell’effettività della tutela giurisdizionale, alla cui realizzazione coopera, in quanto principio ‘mezzo’, il giusto processo dalla durata ragionevole (art. 111 costituzione), in una dimensione complessiva di garanzie che rap-
presentano patrimonio comune di tradizioni giuridiche condivise a livello sovranazionale (art. 47 della carta di Nizza, art. 19 del trattato sull’Unione Europea, art. 6 CEDU)».
Ciò, ovviamente, tenendo conto anche di ulteriori principi, che si intrecciano tra loro, e che sostengono altrettanti valori interni al sistema, come «l’ordinato svolgersi del giudizio di legittimità, con la possibilità di avviare sollecitamente le verifiche di rito; il controllo sulla tempestività dell’impugnazione e sul conseguente formarsi del giudicato».
Si è ritenuto, quindi, che «insistere nella sanzione di improcedibilità, nonostante che l’adempimento della controparte abbia consentito l’attivazione della sequenza procedimentale senza ritardi apprezzabili e che il documento sia esibito ‘dalla stessa parte interessata a far constare la violazione processuale’ condurrebbe ad un vulnus di quei parametri normativi che impongono di valutare in termini di ragionevolezza e proporzionalità gli impedimenti al pieno dispiegarsi della tutela giurisdizionale».
Particolare rilievo, merita, dunque, il mancato disconoscimen -to, da parte del controricorrente destinatario della notificazione, della conformità di detta copia l’originale telematico, in applicazione dello art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 82 del 2005» (Cass. Sez. U., n. 22438 del 2018).
6.2. Analoghi principi sono stati poi ribaditi nella successiva sentenza di questa Corte, sempre a Sezioni Unite (Cass., Sez. U., 25/3/2019, n. 8312) per la quale il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notificazione, di copia analogica della decisione impugnata predisposta in originale telematico e notificata a mezzo PEC priva di attestazione di conformità del difensore ex art. 9, commi 1-bis e 1-ter, della l. n. 53 del 1994, oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non determina l’improcedibi-
lità del ricorso per cassazione laddove il controricorrente (o uno dei controricorrenti), nel costituirsi (anche tardivamente), depositi a sua volta copia analogica della decisione ritualmente autenticata, ovvero non disconosca ex art. 23, comma 2, d.lgs. n. 82 del 2005, la conformità della copia informale all’originale notificatogli; nell’ipotesi in cui, invece, la controparte (o una delle controparti) sia rimasta soltanto intimata, ovvero abbia effettuato il suddetto disconoscimento, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità il ricorrente ha l’onere di depositare l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica, entro l’udienza di discussione o l’adunanza in camera di consiglio.
Tali principi sono stati poi traslati all’ipotesi di improcedibilità di cui all’art. 348 c.p.c.
In particolare, si è ritenuto che, in caso di notificazione dell’appello a mezzo PEC e di costituzione della parte appellante in modalità analogica, l’omesso deposito degli originali o duplicati telematici dell’atto d’impugnazione e della relativa notificazione non determina l’improcedibilità dell’appello, atteso che il destinatario della notifica telematica, venuto in possesso dell’originale dell’atto, è in grado di effettuare direttamente la verifica di conformità, dovendosi privilegiare il principio di “strumentalità delle forme” processuali senza vuoti formalismi, alla luce del rilievo attribuito dagli artt. 6 CEDU, 47 della Carta UE e 111 Cost. all’effettività dei mezzi di azione e difesa in giudizio, configurati come diretti al raggiungimento di una decisione di merito (nella specie, la S.C. ha affermato l’insussistenza dei presupposti la declaratoria di improcedibilità dell’appello avendo l’appellante, all’atto della sua costituzione in modalità analogica, depositato le copie analogiche dell’atto di appello con le relate di notifica unitamente all’attestazione della conformità di tali copie agli originali informatici, e la parte appellata espressamente dato atto, nella sua
comparsa di costituzione, che l’atto di citazione in appello era stato notificato al suo difensore) (Cass., sez. 3, 12/3/2024, n. 6583).
Ancora più chiaramente, si è affermato che la tempestiva costituzione dell’appellante, con il deposito di copia cartacea dell’atto di appello notificato a mezzo PEC, anziché mediante deposito telematico dell’originale, non determina l’improcedibilità del gravame ai sensi dell’art. 348, comma 1, c.p.c., ma integra una nullità per vizio di forma, come tale sanabile con il raggiungimento dello scopo dell’atto (nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza impugnata, che aveva erroneamente dichiarato improcedibile il gravame, nonostante la controparte nulla avesse eccepito a fronte della tempestiva costituzione dell’appellante, mediante deposito cartaceo dell’atto notificato telematicamente, della relata e delle ricevute di consegna via PEC) (Cass., sez. 6-1, 15/11/2022, n. 33601).
Si è chiarito, infatti, che l’interpretazione delle norme processuali «deve preferibilmente indirizzarsi in direzione della più ampia espansione del diritto di difesa quale espressione di principi sovranazionali dell’effettività della tutela giurisdizionale e del diritto ad un equo processo».
Pertanto, l’improcedibilità doveva essere esclusa in quanto attiene solo al caso di costituzione fuori termine e non all’ipotesi di inosservanza delle forme della costituzione ed anche perché, trattandosi di vizio di forma, «la nullità che ne consegue risulta sanata dall’avvenuta costituzione dell’appell senza che questo eccepisca nulla riguardo al vizio formale inficiante la costituzione dell’appella» (Cass., n. 33601 del 2022; in termini anche Cass., sez. L, 31/5/2023, n. 15311, seppure in ipotesi di trattazione cartolare; Cass., sez. 2, 30/3/2023, n. 8951; Cass., sez. 2, 21/6/2023, n. 17711).
Pertanto, nella specie va evidenziato che la Autorità Portuale si era costituita in giudizio, senza disconoscere in alcun modo la conformità dell’atto di citazione in appello depositato ai fini della costituzione ex art. 347 c.p.c., con quello ad essa notificato.
Inoltre, correttamente l’appellante ha depositato la copia, su supporto analogico, conforme all’originale dell’atto di appello e delle ricevute di spedizione e di accettazione dello stesso (cfr. anche pagina 6 della sentenza d’appello «il difensore degli appellanti, costituitosi ‘fisicamente’ nella Cancelleria di questa Corte il 21/12/ 2019 si è limitato a depositare le copie su supporto ‘cartaceo’ dell’atto di appello notificato telematicamente ai procuratori dell’appellata costituiti nel giudizio di primo grado, la copia della relazione di notifica con attestazione di conformità dell’allegata procura alle liti, le copie su supporto cartaceo delle ricevute di accettazione e di avvenuta consegna dei messaggi inviati 15/10/2019 dall’indirizzo di posta elettronica dell’Avv. NOME COGNOME a quella dei difensori dell’appellata, estratti dal REGINDE, l’attestazione di conformità delle suddette copie corrispondenti documenti informatici»).
Va anche evidenziato che ai sensi dell’art. 9 comma 1bis , della legge n. 53 del 1994, in vigore dal 19/8/2014 al 25/11/2024, «qualora non si possa procedere al deposito con modalità telematiche dell’atto notificato a norma dell’art. 3bis , l’Avvocato estrae copia su supporto analogico del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna e ne attesta la conformità ai documenti informatici da cui sono tratte ai sensi dell’art. 23, comma 1, del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82».
Al comma 1ter dell’art. 9 citato si prevede che «in tutti i casi in cui l’avvocato debba fornire prova della notificazione e non sia possibile fornirla con modalità telematiche, procede ai sensi del comma 1bis ».
L’art. 23, comma 1, del d.lgs. n. 82 del 2005, nella versione vigente a decorrere dal 27/1/2018, sancisce che «le copie su supporto analogico di documento informatico, anche sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale da cui sono tratte se la loro conformità all’originale in tutte le sue componenti è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato».
Al comma 2 dell’art. 23 si chiarisce che «le copie e gli estratti su supporto analogico del documento informatico, conformi alle vigenti regole tecniche, hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale se la loro conformità non è espressamente disconosciuta. Resta fermo, ove previsto l’obbligo di conservazione dell’originale informatico».
Pertanto, l’attestazione di conformità della copia all’originale informatico (costituito dalla relata di notifica dell’atto d’appello e dai messaggi telematici di spedizione e di accettazione del gravame), da parte del difensore dei ricorrenti, ne fa derivare la stessa efficacia probatoria dell’originale.
La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, che provvederà anche alla determinazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9 luglio 2025 Il Presidente
NOME COGNOME