Correzione errore materiale: quando un nome sbagliato fa la differenza
La precisione negli atti giudiziari è fondamentale per garantire la certezza del diritto. Ma cosa accade se una sentenza contiene un errore, come un nome sbagliato? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione illustra la procedura di correzione errore materiale, un rimedio essenziale per rettificare sviste che non intaccano la sostanza della decisione. Questo articolo analizza il caso, spiegando come e perché un semplice errore di trascrizione può e deve essere corretto.
I fatti del caso: un nome errato in una sentenza della Cassazione
Un cittadino, dopo aver ricevuto una sentenza dalla Corte Suprema di Cassazione, si accorgeva di un’imprecisione non di poco conto: nell’intestazione del provvedimento, il suo nome di battesimo era stato indicato in modo errato. Anziché il suo nome corretto, ne compariva un altro.
L’indagine ha rivelato che l’errore non era stato commesso dalla Cassazione, ma era stato ereditato dalla precedente sentenza della Corte d’Appello, e successivamente riportato nel giudizio di legittimità. Di fronte a questa situazione, il cittadino, tramite il suo legale, ha attivato lo specifico strumento processuale previsto per questi casi: il ricorso per la correzione errore materiale ai sensi dell’art. 391 bis del codice di procedura civile.
La procedura per la correzione errore materiale
L’ordinamento giuridico prevede un rimedio snello ed efficace per correggere quegli errori che non modificano il pensiero del giudice o l’esito della controversia, ma che riguardano aspetti formali dell’atto. Si tratta di errori di calcolo, omissioni o indicazioni palesemente sbagliate, come nel caso di specie, un nome errato.
La procedura, disciplinata dall’art. 391 bis c.p.c. per i provvedimenti della Cassazione, permette alla stessa Corte che ha emesso la decisione di intervenire per emendarla, ripristinando la correttezza formale del documento senza dover avviare un nuovo e complesso giudizio.
Le motivazioni della decisione
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, riconoscendo che l’indicazione di un nome di battesimo errato costituiva un classico esempio di errore materiale. I giudici hanno specificato che tale svista era frutto di ‘mera disattenzione’ e che non vi era alcun dubbio sull’identità della parte processuale. L’errore, essendo chiaramente tracciabile e non avendo inciso sul contenuto logico-giuridico della sentenza, poteva essere sanato attraverso il rimedio della correzione.
La Corte ha quindi disposto che, nell’intestazione della sentenza originale, il nome errato venisse sostituito con quello corretto. Inoltre, ha stabilito che non vi fosse luogo a provvedere sulle spese del procedimento di correzione, richiamando un principio consolidato secondo cui, in questi casi, non si determina una vera e propria soccombenza, e quindi non è giustificata una condanna alle spese.
Conclusioni: l’importanza della precisione e l’efficacia del rimedio
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: l’accuratezza formale degli atti giudiziari è un valore da tutelare. L’esistenza di uno strumento come la correzione errore materiale garantisce che le sviste possano essere risolte rapidamente, assicurando la piena conformità tra la volontà del giudice e il testo scritto del provvedimento. Per il cittadino, ciò significa poter contare su documenti ufficiali corretti e privi di ambiguità. La decisione sulle spese, inoltre, conferma la natura non contenziosa del procedimento, volto unicamente a ripristinare la correttezza di un atto, nell’interesse della giustizia stessa.
Cosa si intende per errore materiale in una sentenza?
Per errore materiale si intende una svista, un errore di calcolo o un’inesatta indicazione (come un nome sbagliato) che non incide sul contenuto logico-giuridico della decisione. È un errore che emerge dal testo stesso del provvedimento e che può essere corretto senza modificare la sostanza del giudizio.
Come si richiede la correzione di un errore in una sentenza della Corte di Cassazione?
Si richiede attraverso un apposito ricorso per correzione di errore materiale, disciplinato dall’articolo 391 bis del codice di procedura civile. Questo strumento permette alla stessa Corte di intervenire per emendare il proprio provvedimento.
Chi paga le spese legali nel procedimento di correzione di un errore materiale?
In base a un orientamento consolidato della giurisprudenza citato nell’ordinanza, nel procedimento di correzione di errore materiale non vi è luogo a provvedere sulle spese. La procedura, infatti, non stabilisce un vincitore o un perdente (soccombente), ma serve solo a ripristinare la correttezza formale dell’atto.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 90 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 90 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 8517-2022 proposto da:
COGNOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
MINISTERO DIFESA, MINISTERO DELL’INTERNO;
– intimati –
per la correzione della sentenza n. 11012/2022 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di ROMA, depositata il 05/04/2022 R.G.N. 16988/2018;
Oggetto
R.G.N. 8517/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 16/11/2023
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
16/11/2023 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
R.G. 8517/22
Rilevato che:
NOME COGNOME ha proposto ricorso per la correzione di errore materiale ex art. 391 bis c.p.c. contro la sentenza n. 11012/22 emessa il 2 febbraio 2022 e pubblicata il 5 aprile 2022, con cui questa Corte ha rigettato il ricorso proposto, nei confronti di NOME COGNOME, dal Ministero della Difesa e dal Ministero dell’Interno, condannando tali Amministrazioni al pagamento delle spese processuali, liquidate in € 4000,00 per compensi, oltre ad € 200,00 per esborsi, al rimborso forfetario al 15% ed accessori come per legge; la Corte tuttavia, nell’intestazione della sentenza (in prima pagina, terz’ultima riga), ha indicato il nominativo di ‘NOME COGNOME e non quello corretto di NOME COGNOME in ciò, seguendo erroneamente l’indicazione della sentenza impugnata emessa dalla Corte di appello di Lecce (n. 83/18). Rileva il Collegio che l’errore costituisce frutto di mera disattenzione, emendabile attraverso il ricorso al rimedio della correzione dell’errore materiale; pertanto, il ricorso va accolto nei termini che seguono, come riportati in dispositivo.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese del presente procedimento (Cass. Sez. un. 9438 del 2002; Cass. n. 10203 del 2009; Cass. n. 21213 del 2013).
P.Q.M.
Dispone che nella sentenza di questa Corte di cassazione n. 11012/2022 nella parte relativa all’intestazione, a pag. 1, terz’ultima riga, sia corretto il nome ‘Cuppone NOME‘ che deve leggersi ed intendersi ‘Cuppone NOME‘.
Dispone l’annotazione a margine dell’originale del provvedimento.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16.11.23.