Correzione errore materiale: quando la forma segue la sostanza
La correzione errore materiale è un istituto fondamentale del nostro ordinamento processuale, uno strumento che garantisce la coerenza e l’esattezza formale delle decisioni giudiziarie. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ci offre un esempio lampante di come, anche ai massimi livelli della giurisdizione, una semplice svista possa verificarsi e, soprattutto, di come possa essere rettificata per assicurare che la decisione finale rispecchi la volontà del giudice. Analizziamo il caso.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine da una controversia tra un cittadino e un ente locale. Il cittadino aveva ottenuto una vittoria piena sia in primo che in secondo grado. L’appello presentato dal Comune era stato, infatti, giudicato inammissibile. La Corte di Cassazione, investita della questione, aveva accolto le ragioni del cittadino, cassando la sentenza d’appello e confermando, di fatto, la sua vittoria. Nel dispositivo della sua ordinanza, la Corte aveva correttamente condannato il Comune al pagamento delle spese dei primi due gradi di giudizio. Tuttavia, per una svista, al momento di decidere sulle spese del giudizio di Cassazione, aveva commesso un errore.
L’Errore e la Richiesta di Correzione
Nel disporre il pagamento delle spese del giudizio di legittimità, la Corte aveva erroneamente scritto “condanna il ricorrente” anziché “condanna il controricorrente”. In pratica, aveva ordinato al cittadino vincitore (il ricorrente) di pagare le spese legali all’ente locale perdente (il controricorrente).
Questo tipo di sbaglio è definito “errore materiale”: un lapsus calami, una svista nella redazione che non incide sulla sostanza della decisione ma ne contraddice palesemente la logica. Il cittadino, tramite il suo legale, ha quindi presentato un’istanza ai sensi dell’art. 391 bis del codice di procedura civile, chiedendo la correzione errore materiale di quella parte del dispositivo.
Le Motivazioni della Corte sulla Correzione Errore Materiale
La Corte di Cassazione ha riconosciuto senza esitazione la fondatezza della richiesta. Nelle motivazioni del nuovo provvedimento, i giudici hanno spiegato che l’errore era evidente e frutto di una mera svista. L’accoglimento del ricorso del cittadino e la condanna del Comune alle spese per i gradi di merito rendevano del tutto incoerente la condanna dello stesso cittadino alle spese del giudizio di legittimità.
Il principio generale, infatti, è quello della soccombenza: chi perde la causa, paga le spese. L’inversione dei termini “ricorrente” e “controricorrente” era un errore che minava la coerenza interna del provvedimento. La Corte ha quindi affermato che i dati processuali offrivano “piena contezza dell’errore e del carattere materiale dell’errore”, giustificando pienamente la correzione richiesta.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
Con la nuova ordinanza, la Corte ha ordinato la sostituzione della parola “ricorrente” con “controricorrente” nel dispositivo della precedente decisione. Questa vicenda dimostra l’efficacia del procedimento di correzione errore materiale come garanzia per i cittadini. Esso assicura che un semplice refuso non possa stravolgere l’esito di un giudizio. La decisione conferma che la giustizia non è solo una questione di sostanza, ma anche di forma, e che esistono strumenti agili per rimediare a quelle imperfezioni formali che potrebbero generare conseguenze ingiuste e paradossali, ripristinando la corretta esecuzione di quanto è stato deciso nel merito.
Cosa si intende per correzione di errore materiale in una sentenza?
È una procedura che permette di rettificare errori palesi di scrittura o di calcolo in un provvedimento giudiziario, senza alterarne il contenuto decisionale. Nel caso specifico, si è trattato di sostituire una parola (“ricorrente”) con un’altra (“controricorrente”) per rendere il dispositivo coerente con il resto della decisione.
Chi è tenuto al pagamento delle spese legali alla fine di un processo?
Generalmente, la parte che perde la causa (soccombente) è condannata a rimborsare le spese legali sostenute dalla parte vincitrice. L’errore corretto dalla Corte consisteva proprio nell’aver addebitato le spese alla parte che aveva vinto il ricorso.
È possibile modificare una decisione della Corte di Cassazione una volta emessa?
Sì, ma solo attraverso la procedura di correzione di errore materiale o di calcolo, che non riapre il merito della controversia. Non è possibile chiedere alla Corte di riconsiderare la sua decisione sui punti di diritto già giudicati, ma solo di emendare sviste formali come quella avvenuta in questo caso.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1576 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1576 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14151/2023 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COMUNE
DELLA
SPEZIA
-intimato- avverso ORDINANZA di CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE ROMA n. 16778/2023 depositata il 13/06/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Premesso che:
1.NOME COGNOME ricorre, ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c., per la correzione dell’errore materiale presente nel dispositivo della ordinanza emessa da questa Corte il 13 giugno 2023 con numero 16778 nella parte, successiva a quella in cui si legge ‘PQM La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso, assorbiti il terzo e il quarto, cassa senza rinvio la sentenza impugnata ex art. 382 c.p.c., dichiara inammissibile l’appello del Comune di LA Spezia avverso la sentenza del giudice di pace di La Spezia n. 502 del 2016; condanna il Comune RAGIONE_SOCIALE Spezia al pagamento in favore del ricorrente delle spese del giudizio di merito nell’importo di euro 173 per il primo grado e di euro 332 per il secondo grado, oltre al rimborso forfettario al 15% IVA e CPA come per legge’, nella quale si legge ‘condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 600 più 100 per esborsi, oltre al rimborso forfettario al 15% IVA e CPA come per legge’.
Viene chiesto che il termine ‘ricorrente’ sia sostituito con il temine ‘controricorrente’ in modo tale che la parte sopra riportata dell’ordinanza n.16778 del 2019 divenga: ‘… condanna il controricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 600 più 100 per esborsi, oltre al rimborso forfettario al 15% IVA e CPA come per legge’.
2. Il ricorso è fondato.
2.1. Nella parte motiva e nel dispositivo della ordinanza si dà espressamente atto dell’accoglimento del ricorso proposto da NOME COGNOME e della conseguente cassazione senza rinvio della sentenza del Tribunale di La Spezia con cui era stato per errore ritenuto ammissibile l’appello -in realtà tardivo -del Comune di La Spezia avvero la prima decisione interamente favorevole all’odierno ricorrente. In coerenza con le argomentazioni alla base della cassazione la Corte ha condannato il Comune alle spese del primo e
del secondo grado. I dati che precedono offrono piena contezza dell’errore e del carattere materiale dell’errore del quale si chiede la correzione, frutto di mera svista nella redazione del dispositivo in relazione all’indicazione del ‘ricorrente’ invece che del ‘controricorrente’ ossia del Comune quale soggetto che deve essere condannato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità;
P.Q.M.
la Corte ordina la correzione dell’errore materiale del dispositivo dell’ordinanza di questa Corte n.16778 del 2023 mediante sostituzione nel nono rigo del dispositivo stesso della parola ‘ricorrente’ con la parola ‘controricorrente.
Roma, così deciso nella camera di consiglio dell’11 gennaio 2024,