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Controllo agenzie investigative: quando è illegittimo?

La Corte di Cassazione ha confermato l’illegittimità di un licenziamento basato sulle prove raccolte da un’agenzia investigativa. Il caso riguarda il controllo agenzie investigative sulla prestazione lavorativa di una guardia giurata. La Corte ha stabilito che tale controllo, se volto a verificare l’adempimento della prestazione, viola lo Statuto dei Lavoratori, rendendo le prove inutilizzabili.

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Pubblicato il 13 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Controllo agenzie investigative: la Cassazione traccia i limiti

Il controllo agenzie investigative sui dipendenti è un tema delicato, che bilancia il diritto del datore di lavoro a tutelare il proprio patrimonio e la necessità di proteggere la dignità e la privacy del lavoratore. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: le indagini private non possono mai avere come oggetto il mero adempimento della prestazione lavorativa. Analizziamo insieme questa importante decisione.

Il caso: licenziamento dopo l’indagine privata

Una società di vigilanza privata aveva licenziato una guardia giurata per motivi disciplinari. La decisione era scaturita a seguito di indagini commissionate a un’agenzia investigativa esterna, dalle quali erano emersi comportamenti ritenuti rilevanti ai fini disciplinari. Sia in primo grado che in appello, i giudici avevano dichiarato illegittimo il licenziamento, ritenendo che le prove raccolte fossero inutilizzabili. La società ha quindi presentato ricorso in Cassazione, sostenendo la legittimità del suo operato.

Il corretto uso del controllo agenzie investigative

Il cuore della questione giuridica risiede nell’interpretazione degli articoli 2 e 3 dello Statuto dei Lavoratori (Legge n. 300/1970). La Corte di Cassazione ha chiarito la netta distinzione tra due tipi di controllo:

1. Controllo sull’adempimento della prestazione: riguarda la verifica delle modalità con cui il lavoratore svolge le sue mansioni. Questo tipo di controllo è riservato esclusivamente al datore di lavoro e alla sua struttura gerarchica (es. superiori diretti). Non può essere delegato a soggetti esterni, come le agenzie investigative.
2. Controllo su condotte illecite: riguarda l’accertamento di comportamenti del lavoratore che, pur potendo avere riflessi sul rapporto di lavoro, non costituiscono un’esecuzione della prestazione in sé (es. furti, falso stato di malattia, concorrenza sleale). In questi casi, il ricorso a un’agenzia investigativa è considerato legittimo, in quanto mira a tutelare il patrimonio aziendale da attività illecite.

Nel caso specifico, la stessa azienda non aveva negato che le indagini commissionate riguardassero l’attività lavorativa della guardia giurata. Di conseguenza, il controllo agenzie investigative era stato utilizzato per sorvegliare l’adempimento della prestazione, una finalità vietata dalla legge.

Le motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione, nel respingere il ricorso dell’azienda, ha ribadito la sua consolidata giurisprudenza. Ha sottolineato che l’articolo 3 dello Statuto dei Lavoratori, pur consentendo al datore di lavoro di controllare l’operato dei dipendenti, limita questo potere alla struttura gerarchica interna e conosciuta dai lavoratori.

Il controllo occulto da parte di soggetti terzi, come un’agenzia investigativa, è escluso quando ha per oggetto l’adempimento o l’inadempimento dell’obbligazione contrattuale del lavoratore. L’inadempimento, infatti, è esso stesso riconducibile all’attività lavorativa, la quale è sottratta a questo tipo di vigilanza esterna. Pertanto, le prove raccolte dall’agenzia investigativa, essendo state ottenute in violazione di legge, non potevano essere utilizzate per fondare il licenziamento disciplinare.

Le conclusioni

La decisione della Corte di Cassazione serve da monito per i datori di lavoro. L’utilizzo di agenzie investigative è uno strumento lecito solo se finalizzato a scoprire condotte illecite e non per monitorare la qualità o la diligenza della prestazione lavorativa. Affidarsi a investigatori privati per sorvegliare l’operato quotidiano dei dipendenti non solo è illegittimo, ma rende anche le eventuali prove raccolte completamente inutilizzabili in un giudizio, con il rischio di veder annullato qualsiasi provvedimento disciplinare basato su di esse. È essenziale, quindi, che le aziende utilizzino questi strumenti con cautela e solo per le finalità consentite dalla legge, per non incorrere in violazioni che possono costare care.

Un datore di lavoro può usare un’agenzia investigativa per controllare un dipendente?
Sì, ma solo per accertare condotte illecite del lavoratore che non riguardino direttamente l’adempimento della sua prestazione lavorativa (ad esempio, per sospetti di furto o falsa malattia). Non può usarla per verificare come il dipendente svolge le sue mansioni.

Qual è la differenza tra controllare la prestazione lavorativa e accertare un illecito?
Controllare la prestazione lavorativa significa verificare la diligenza e le modalità con cui un dipendente esegue i suoi compiti. Accertare un illecito significa investigare su un sospetto comportamento illegale del lavoratore (es. frode, danneggiamento, violazione del patto di non concorrenza) che lede il patrimonio o gli interessi dell’azienda.

Le prove raccolte da un’agenzia investigativa in violazione della legge possono essere usate in un processo?
No. Secondo la Corte, se il controllo dell’agenzia investigativa ha riguardato il modo in cui il lavoratore adempiva alla sua prestazione, le prove raccolte sono state ottenute illecitamente e, di conseguenza, non possono essere utilizzate per giustificare un licenziamento o altre sanzioni disciplinari.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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