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Controlli difensivi: legittimo il licenziamento

La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento di un dipendente che falsificava gli orari di lavoro. La sentenza ribadisce che i ‘controlli difensivi’ tramite agenzie investigative sono ammessi quando esiste un fondato sospetto di condotte illecite del lavoratore, specialmente se l’attività viene svolta fuori dai locali aziendali. La Corte ha ritenuto che il datore di lavoro avesse sufficienti indizi, come la minore performance del dipendente, per giustificare l’avvio delle indagini che hanno poi portato al licenziamento per giusta causa.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Controlli difensivi: legittimo il licenziamento per giusta causa

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato il delicato tema dei controlli difensivi messi in atto dal datore di lavoro per accertare condotte illecite dei propri dipendenti. La pronuncia conferma la legittimità del licenziamento per giusta causa di un lavoratore, le cui gravi inadempienze erano state scoperte tramite un’agenzia investigativa. Questo caso offre spunti fondamentali per comprendere i limiti e le condizioni entro cui un’azienda può monitorare l’attività dei suoi collaboratori, specialmente quando questi operano al di fuori dei locali aziendali.

I Fatti del Caso: Licenziamento per Falsa Attestazione

Il caso riguarda un dipendente con mansioni di ‘letturista’, licenziato per giusta causa da un’importante società. L’azienda, a seguito di indagini svolte da un’agenzia investigativa, aveva contestato al lavoratore una serie di gravi addebiti. In particolare, era emerso che il dipendente, in più occasioni:

* Dichiarava, tramite il dispositivo aziendale, l’inizio e la fine dell’attività lavorativa in orari non corrispondenti alla realtà, rimanendo a casa o rientrando in anticipo.
* Durante l’orario di lavoro, si recava in luoghi estranei alle sue mansioni.
* Rimaneva inoperoso per lunghi periodi all’interno del veicolo aziendale.
* Non indossava gli abiti da lavoro e i dispositivi di protezione individuale forniti.

Il lavoratore aveva impugnato il licenziamento, sostenendo l’illegittimità dei controlli effettuati, la genericità delle contestazioni e la tardività dell’azione disciplinare. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano però respinto le sue doglianze, confermando la validità del recesso.

I Limiti dei Controlli Difensivi del Datore di Lavoro

Il cuore della questione, portata all’attenzione della Cassazione, era stabilire se le indagini private costituissero una violazione dello Statuto dei Lavoratori, che vieta i controlli a distanza sull’attività lavorativa. La Corte ha rigettato questa tesi, richiamando il suo consolidato orientamento sui cosiddetti controlli difensivi.

La giurisprudenza distingue nettamente tra:

1. Controlli sul mero adempimento della prestazione lavorativa: Questi sono vietati se effettuati a distanza e con modalità invasive, poiché ledono la dignità del lavoratore.
2. Controlli difensivi: Questi sono ammessi e hanno lo scopo di accertare condotte illecite del lavoratore che non si esauriscono nel semplice ‘non lavorare’, ma che configurano veri e propri illeciti lesivi del patrimonio, dell’immagine o del segreto aziendale. Includono attività fraudolente, furti, concorrenza sleale, ecc.

Nel caso specifico, l’attività dell’agenzia investigativa non era finalizzata a misurare la produttività del letturista, ma a verificare il sospetto che egli stesse compiendo atti illeciti, come la falsa attestazione della propria presenza in servizio e l’uso improprio di beni aziendali. Questi comportamenti, secondo la Corte, esulano dalla mera esecuzione della prestazione e rientrano a pieno titolo nell’ambito dei controlli difensivi legittimi.

Le Motivazioni della Corte

La Cassazione ha ritenuto infondati tutti i motivi di ricorso del lavoratore. Anzitutto, ha sottolineato che l’avvio delle indagini non era stato arbitrario, ma giustificato da un ‘fondato sospetto’. L’azienda, infatti, aveva notato un rendimento del dipendente inferiore rispetto a quello dei colleghi, elemento che ha costituito la base oggettiva per disporre un controllo più approfondito. Questo sospetto, ha chiarito la Corte, deve basarsi su indizi concreti e non su un mero convincimento soggettivo del datore di lavoro.

Inoltre, è stato ribadito che la motivazione del licenziamento può essere formulata per relationem, ossia richiamando integralmente il contenuto della precedente lettera di contestazione disciplinare. Poiché il lavoratore era già a piena conoscenza dei dettagliatissimi addebiti (giorni, orari, luoghi) e aveva avuto modo di difendersi, non vi è stata alcuna lesione del suo diritto di difesa. Infine, la Corte ha respinto anche l’eccezione sulla tardività della contestazione, evidenziando come il tempo trascorso fosse necessario per accertare con completezza i fatti.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Datori di Lavoro e Dipendenti

Questa ordinanza consolida un principio di fondamentale importanza nel diritto del lavoro: il datore di lavoro ha il diritto di proteggere il proprio patrimonio e di accertare condotte fraudolente, anche ricorrendo a investigatori privati, a condizione che ciò avvenga nel rispetto di precise condizioni. Il controllo non deve mai riguardare l’adempimento della prestazione in sé, ma deve essere ‘mirato’ e attivato ex post, ovvero a seguito di un fondato sospetto di un illecito. La sentenza chiarisce che una performance lavorativa significativamente inferiore alla media può costituire un valido indizio per avviare tali verifiche. Per i lavoratori, la decisione rappresenta un monito sulla gravità di condotte come la falsa attestazione degli orari, considerate lesive del vincolo fiduciario e idonee a giustificare il licenziamento per giusta causa.

Quando è legittimo per un datore di lavoro utilizzare un’agenzia investigativa per controllare un dipendente?
È legittimo quando il controllo non è finalizzato a verificare il mero adempimento della prestazione lavorativa, ma a accertare comportamenti illeciti che possono ledere il patrimonio o l’immagine aziendale. Tale controllo, definito ‘difensivo’, deve essere attivato a seguito di un fondato sospetto basato su indizi concreti, come una performance significativamente inferiore rispetto ai colleghi.

Il licenziamento è valido se la lettera di recesso si limita a richiamare la precedente contestazione disciplinare?
Sì, la motivazione del licenziamento è considerata valida anche se formulata ‘per relationem’, ovvero richiamando integralmente il contenuto della lettera di contestazione disciplinare. Questo è ammissibile a condizione che la contestazione originaria fosse sufficientemente specifica e dettagliata e che il lavoratore fosse già a conoscenza del suo contenuto, avendo avuto la possibilità di difendersi.

Un datore di lavoro può usare la bassa performance di un dipendente come base per avviare controlli più specifici?
Sì, la Corte ha stabilito che le ‘incongruenze riscontrate nel rendimento specifico del dipendente’ possono offrire una ‘base giustificativa oggettiva’ per avviare successive iniziative di verifica, come l’impiego di un’agenzia investigativa, al fine di accertare l’eventuale presenza di condotte illecite.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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