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Contribuzione società dilettantistica: i limiti

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 6263/2025, affronta il tema della contribuzione per società dilettantistica. Viene respinto il ricorso di un’associazione sportiva sulla qualificazione di alcuni rapporti come subordinati, ma accolto quello dell’ente previdenziale. La Corte chiarisce che l’esenzione fiscale per i compensi sportivi non si applica automaticamente ai contributi se l’attività degli istruttori ha carattere professionale, richiedendo una valutazione nel merito che la Corte d’Appello aveva omesso.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Contribuzione Società Dilettantistica: Quando l’Esenzione Fiscale Non Basta

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un tema cruciale per il mondo dello sport: la contribuzione società dilettantistica. La pronuncia chiarisce i confini tra lavoro subordinato e collaborazione autonoma e, soprattutto, stabilisce che l’esenzione fiscale prevista per i compensi sportivi non si traduce automaticamente in un’esenzione contributiva, specialmente quando l’attività assume carattere professionale. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

Il Caso: Contributi non Versati per i Collaboratori Sportivi

Una società sportiva dilettantistica si è opposta a due avvisi di addebito emessi da un ente previdenziale per il mancato versamento dei contributi relativi a dieci collaboratori impiegati tra il 2012 e il 2015. La Corte d’Appello aveva parzialmente accolto l’opposizione, giungendo a una conclusione differenziata:

* Per cinque collaboratori, ha confermato la natura subordinata del rapporto, ritenendo dovuti i contributi.
* Per quattro istruttori sportivi, ha escluso l’obbligo contributivo, applicando l’esenzione fiscale prevista dall’art. 67 del TUIR per i compensi sportivi dilettantistici.
* Per un solo collaboratore ha riconosciuto la natura genuina del rapporto di collaborazione parasubordinata.

Contro questa decisione, sia la società sportiva (per la parte relativa alla subordinazione) sia l’ente previdenziale (per la parte relativa all’esenzione) hanno proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte e la contribuzione società dilettantistica

La Corte di Cassazione ha adottato una decisione netta, respingendo il ricorso della società e accogliendo quello dell’ente previdenziale. Vediamo i punti salienti.

La questione della subordinazione

Il ricorso principale della società, che contestava la qualificazione come subordinati di cinque collaboratori, è stato dichiarato inammissibile. La Corte ha ritenuto che, al di là del richiamo a norme di legge, il motivo mirava a una rivalutazione dei fatti già accertati dai giudici di merito. Essendoci una “doppia pronuncia conforme” (Tribunale e Corte d’Appello avevano raggiunto la stessa conclusione sui fatti), non era possibile un riesame in sede di legittimità.

L’errore sull’esenzione contributiva

Il punto centrale della sentenza riguarda il ricorso dell’ente previdenziale. La Cassazione ha stabilito che la Corte d’Appello ha commesso un errore nel considerare esenti da contributi i compensi dei quattro istruttori sportivi. L’errore consiste nell’aver applicato in modo automatico l’esenzione fiscale all’ambito previdenziale, senza un passaggio logico fondamentale: la verifica della professionalità dell’attività svolta.

Le Motivazioni della Sentenza

La Suprema Corte ha fondato la sua decisione su due pilastri argomentativi distinti.

Il primo riguarda la valutazione del rapporto di lavoro. La Corte d’Appello aveva correttamente identificato gli indici tipici della subordinazione per cinque lavoratori: orario di lavoro fisso, retribuzione fissa commisurata alle ore, stabile inserimento nell’organizzazione aziendale e sottoposizione alle direttive dei titolari. Queste valutazioni di fatto, confermando la decisione di primo grado, sono insindacabili in Cassazione.

Il secondo, e più innovativo, pilastro riguarda l’interpretazione dell’art. 67, co. 1, lett. m) del D.P.R. 917/86. La norma qualifica come “redditi diversi” i compensi erogati nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche, ma solo se tali attività non sono svolte professionalmente. La Corte di Cassazione ha affermato che la Corte d’Appello ha errato nel qualificare i compensi degli istruttori come “redditi diversi” per il solo fatto di essere percepiti nell’ambito di un’attività sportiva dilettantistica. Ha omesso di accertare se l’attività fosse svolta con carattere di professionalità. Se l’attività è professionale, i redditi che ne derivano non possono essere considerati “diversi” e, di conseguenza, l’esenzione non si applica. L’affiliazione al CONI non è, di per sé, sufficiente a escludere la professionalità della prestazione.

Conclusioni: Implicazioni per le Associazioni Sportive

La sentenza rappresenta un monito importante per tutte le società e associazioni sportive dilettantistiche. L’inquadramento dei collaboratori e la relativa contribuzione società dilettantistica richiedono un’analisi attenta e non superficiale. Non è sufficiente invocare l’esenzione fiscale prevista dal TUIR per ritenersi esonerati dagli obblighi previdenziali. È necessario valutare caso per caso la natura del rapporto, verificando se l’attività, per continuità, modalità di svolgimento e rilevanza del compenso, assuma i caratteri della professionalità. In caso affermativo, i contributi previdenziali sono dovuti. La causa è stata quindi rinviata alla Corte d’Appello per un nuovo esame che tenga conto di questo principio.

Quali elementi indicano un rapporto di lavoro subordinato in una società sportiva?
Secondo la sentenza, gli elementi decisivi sono l’orario di lavoro fisso, una retribuzione fissa e commisurata alle ore prestate, lo stabile inserimento nell’organizzazione aziendale e la sottoposizione alle direttive impartite dai titolari della struttura.

L’esenzione fiscale per i compensi sportivi dilettantistici si applica sempre ai contributi previdenziali?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’esenzione fiscale prevista dall’art. 67, co. 1, lett. m) del D.P.R. n. 917/86 non si estende automaticamente all’obbligo contributivo. È necessario prima verificare se l’attività svolta abbia o meno carattere di professionalità.

Cosa deve valutare un giudice per decidere se i compensi di un istruttore sportivo sono esenti da contributi?
Il giudice deve accertare la natura, professionale o meno, del rapporto di lavoro. Se l’attività è svolta professionalmente, i redditi non possono essere qualificati come “redditi diversi” ai sensi della norma fiscale e, di conseguenza, l’esenzione dall’obbligo contributivo non può essere applicata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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