Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 6423 Anno 2024
Civile Sent. Sez. L Num. 6423 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/03/2024
SENTENZA
sul ricorso 1373/2022 proposto da:
RAGIONE_RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE con socio unico soggetta all’attività di direzione e coordinamento di RAGIONE_RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati COGNOME NOME, NOME COGNOME, che la rappresentano e difendono;
-ricorrente –
contro
IRAGIONE_RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE – RAGIONE_RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE –RAGIONE_SOCIALE di
RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
-controricorrente –
e sul RICORSO SUCCESSIVO SENZA N.R.G. proposto da
RAGIONE_RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE – RAGIONE_RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura RAGIONE_RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente successivo –
contro
RAGIONE_RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE con socio unico soggetta all’attività di direzione e coordinamento di RAGIONE_RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati COGNOME NOME, NOME COGNOME, che la rappresentano e difendono;
– controricorrente al ricorso successivo –
avverso la sentenza n. 2796/2021 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 14/07/2021 R.G.N. 308/2018;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/11/2023 dal AVV_NOTAIO COGNOME;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO che ha concluso per il rigetto del ricorso principale, accoglimento dell’incidentale; uditi gli Avvocati COGNOME NOME e NOME COGNOME; udito l’Avvocato NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza depositata il 14.7.2021, la Corte d’appello di Roma, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, ha condannato RAGIONE_RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE a pagare all’RAGIONE_SOCIALE i contributi sulle mensilità aggiuntive erogabili ai sensi della norma transitoria in calce al CCL 24.7.2001 e non corrisposte, per come riportate nei tre avvisi di addebito oggetto di opposizione, e ha confermato nel resto l’impugnata sentenza.
La Corte, in particolare, ha rigettato l’appello principale dell’RAGIONE_RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE nella parte in cui aveva censurato la pronuncia di prime cure per avere ritenuto non assoggettabili a contribuzione le somme corrisposte ai lavoratori aderenti al piano di esodo incentivato al fine di evitare eventuali controversie concernenti il ricalcolo dell’indennità di anzianità maturata al 31.5.1982 e al TFR con il computo del compenso per il lavoro straordinario; indi, nel confermare la pronuncia di prime cure nella parte in cui aveva reputato assoggettabili a contribuzione le somme corrisposte a titolo di mensilità aggiuntive, rigettando per l’effetto l’appello incidentale della società, ha ritenuto che la contribuzione fosse dovuta anche sugli importi che, sempre per tale titolo, non erano stati erogati, accogliendo in parte qua l’appello principale dell’RAGIONE_RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e compensando le spese.
Avverso tale pronuncia RAGIONE_RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, società incorporante RAGIONE_RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, ha proposto ricorso per cassazione, deducendo quattro motivi di censura, successivamente
illustrati con memoria. L’RAGIONE_RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso e ha proposto ricorso successivo, deducendo due motivi di doglianza, cui la società ha a sua volta resistito con controricorso.
A seguito di infruttuosa trattazione camerale, la causa è stata rimessa all’udienza pubblica con ordinanza del 9.3.2023. Il Pubblico ministero ha depositato conclusioni scritte.
RAGIONI RAGIONE_RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE DECISIONE
Con il primo motivo del ricorso principale, la ricorrente denuncia violazione degli artt. 1362 ss. c.c., 12, l. n. 153/1969, e 6, comma 4, d.lgs. n. 314/1997, per avere la Corte di merito ritenuto che le somme corrisposte a titolo di mensilità aggiuntive ai lavoratori aderenti al piano di esodo anticipato dovessero essere assoggettate a contribuzione, nonostante che la lettera dei contratti collettivi aziendali istitutivi delle mensilità aggiuntive deponesse chiaramente nel senso di considerarle un incentiv o all’esodo.
Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione di norme collettive e dell’art. 2697 c.c. per avere la Corte territoriale comunque ritenuto, diversamente dal primo giudice, che dovessero essere assoggettate a contribuzione anche le mensilità aggiuntive non erogate.
Con il terzo motivo, la ricorrente si duole di omesso esame circa un fatto decisivo per avere la Corte di merito ritenuto che le mensilità aggiuntive non corrisposte dovessero comunque considerarsi dovute.
Con il quarto motivo, la ricorrente deduce violazione degli artt. 1362 ss. e 2697 c.c., 12, l. n. 153/1969, e 6, comma 4, d.lgs. n. 314/1997, per avere la Corte territoriale ritenuto che fossero assoggettabili a contribuzione le somme corrisposte o non corrisposte a titolo di mensilità aggiuntive ai lavoratori aderenti al piano di esodo incentivato ex art. 4, l. n. 92/2012, ancorché dovesse ritenersi pacifico che
costoro, non avendo maturato il diritto al pensionamento, non potessero aver conseguito alcun diritto ad aver corrisposte le mensilità aggiuntive.
Con il primo motivo del ricorso successivo, l’RAGIONE_RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere la Corte di merito omesso ogni pronuncia circa l’assoggettabilità a contribuzione delle somme di cui alla clausola 4 dell’accordo di esodo.
Con il secondo motivo, dedotto in subordine, l’RAGIONE_RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE si duole di violazione dell’art. 12, l. n. 153/1969 (per come sostituito dall’art. 6, comma 4, d.lgs. n. 314/1997), per avere la Corte territoriale ritenuto che dette somme non fossero assoggettabili a contribuzione.
I motivi del ricorso principale possono essere esaminati congiuntamente, in considerazione dell’intima connessione delle censure, e sono inammissibili.
Va premesso che costituisce orientamento consolidato di questa Corte il principio secondo cui, ai fini dell’individuazione della retribuzione imponibile ai fini contributivi, l’autonomia reciprocamente esistente tra il rapporto di lavoro e il rapporto cont ributivo fa sì che l’obbligo di contribuzione possa sussistere indipendentemente dal fatto che le obbligazioni retributive nei confronti del lavoratore siano state in tutto o in parte soddisfatte oppure che quest’ultimo abbia rinunciato ai suoi diritti, di talché, sebbene in astratto le somme corrisposte in esecuzione di una transazione debbano considerarsi estranee rispetto all’obbligo di contribuzione, dipendendo da questo contratto e non dal (diverso) contratto di lavoro, a diverse conclusioni può pervenirsi allorché si provi che nell’accordo transattivo sussistono comunque poste di sicura natura retributiva e collegate intrinsecamente al sottostante rapporto di lavoro (cfr., tra le tante, Cass. n. 27933 del 2017): l’art. 12, l. n. 153/1969, nel testo modificato dall’art. 6, comma
4, d.lgs. n. 314/1997, individua infatti la retribuzione imponibile ai fini previdenziali ricomprendendo nella relativa nozione, sostanzialmente, tutte le erogazioni provenienti dal datore di lavoro che trovano la loro giustificazione nel rapporto di lavoro, con la sola esclusione delle somme erogate per uno dei titoli tassativamente indicati nel capoverso del medesimo art. 12, e segnatamente -per quanto qui rileva -quelle corrisposte a titolo di trattamento di fine rapporto, quelle corrisposte in occasione della cessazione del rapporto di lavoro al fine di incentivare l’esodo dei lavoratori nonché quelle la cui erogazione trae origine dalla predetta cessazione, fatta salva l’imponibilità dell’indennità sostitutiva del preavviso.
Ciò posto, deve rilevarsi che i giudici territoriali hanno ritenuto che le mensilità aggiuntive avessero, in base alla disciplina contrattuale di riferimento, una funzione sostitutiva dell’indennità di preavviso, reputando conseguentemente dovuti i contributi sia in relazione a quelle concretamente erogate che a quelle non erogate; e tale giudizio, condotto in specie conformemente ai principi regolatori della materia, involge valutazioni che costituiscono l’esito di un tipico accertamento di merito non sindacabile in questa sede di legittimità, essendo frutto dell’esegesi di plurime fonti negoziali di natura aziendale.
Fermo è, invero, l’orientamento di questa Corte in base al quale l’interpretazione degli atti privati, governata da criteri giuridici cogenti e tendente alla ricostruzione del loro significato in conformità alla comune volontà dei contraenti, costituisce un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, censurabile, in questa sede di legittimità, solo per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale (e, in questo caso, con imprescindibile specificazione dei canoni e delle norme ermeneutiche che in concreto sarebbero state violate e con indicazione puntuale del modo e dei passaggi
motivazionali in cui il giudice di merito se ne sarebbe discostato), oppure in presenza di una motivazione talmente lacunosa da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla decisione in sé (cfr., tra le più recenti Cass. nn. 10745 del 2022 e 7978 e 36337 del 2023, anche nelle rispettive motivazioni); e altrettanto costante è l’insegnamento secondo cui l’interpretazione data dal giudice di merito, per sottrarsi al sindacato di legittimità, non deve essere l’unica possibile, o la migliore in astratto, ma solo una delle possibili e plausibili interpretazioni, di talché alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice non è consentita alcuna censura in sede di legittimità per il solo fatto che sia stata privilegiata l’altra (cfr., in tal senso Cass. nn. 23132 del 2015, 9461 e 15612 del 2021 e 7978 del 2023, già cit.).
In altri termini, il sindacato di questa Corte di legittimità non può investire il risultato interpretativo in sé ed è, quindi, inammissibile ogni critica alla ricostruzione operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati (cfr ., ex aliis , Cass. S.U. n. 2061 del 2021); con l’ulteriore precisazione che quando, come nella specie, è applicabile il nuovo testo dell’art. 360, comma 1°, n. 5 c.p.c., l’omesso esame della questione relativa all’interpretazione del contratto neppure è riconducibile a detto vizio, in quanto l’interpretazione di una clausola negoziale non costituisce ‘fatto’ decisivo per il giudizio, poiché, in tale nozione, rientrano gli elementi fattuali e non quelli meramente interpretativi (così Cass. n. 5795 del 2017).
I rilievi di cui al ricorso principale non soddisfano le rigorose indicazioni qui tracciate. Essi, a ben vedere, si limitano ad offrire una diversa lettura delle fonti di riferimento esaminate dai giudici territoriali che, per quanto innanzi, resta del tutto irrilevante in questa sede.
Deve aggiungersi, in ultimo, che non appaiono in contrario decisivi i precedenti di legittimità invocati nel ricorso per cassazione a sostegno delle censure, vale a dire Cass. nn. 97 del 1986, 1222 del 1994 e 2213 del 1995.
Vero è, infatti, che questa Corte di legittimità, in epoca oramai risalente, si è occupata, sia pure ad altri fini, dell’interpretazione di alcune clausole contrattuali e della natura delle mensilità aggiuntive di cui anche qui si controverte, confermando con le pronunce citate sentenze di merito che avevano ritenuto che l’istituto delle mensilità aggiuntive costituisse un incentivo all’esodo. Tuttavia, le controversie sottoposte al vaglio del giudice di legittimità hanno un oggetto delimitato dalle ragioni che sorreggono la statuizione impugnata, in relazione alla causa petendi prospettata nei giudizi di merito e ai motivi di ricorso, e a tale oggetto è radicalmente estranea la verifica della fondatezza della domanda ogni qualvolta essa dipenda da un accertamento di fatto, qual è, come anzidetto, la volontà negoziale espressa in un contratto o accordo di carattere aziendale (cfr. Cass. n. 11807 del 2003); e ciò costituisce un insopprimibile limite logico alla pur condivisibile esigenza (evidenziata, tra le altre, da Cass. nn. 8297 del 2007 e 25139 del 2010) che nell’interpretazione dei contratti collettivi aziendali propri di imprese di rilievo nazionale si pervenga a soluzioni ermeneutiche uniformi, stante la loro riferibilità ad una serie indeterminata di destinatari e il loro carattere sostanzialmente normativo, che li rende inassimilabili a qualsivoglia contratto o accordo diverso da un contratto collettivo nazionale di lavoro: tanto è vero che letture diverse delle medesime clausole contrattuali sono state parimenti ratificate da questa Corte, in ragione della decisiva rilevanza, in ciascun giudizio in sede di legittimità, solo dell’adeguatezza e della congruità delle valutazioni interpretative svolte nelle singole decisioni
di merito; e in particolare, diversamente dai precedenti indicati dalla parte ricorrente, Cass. nn. 6396 del 1995 e 11128 del 1996 hanno ritenuto plausibile l’imputazione delle mensilità aggiuntive corrisposte dall’allora RAGIONE_RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE. all’indennità sostitutiva del preavviso.
Ad un rilievo di inammissibilità -e per analoghe ragioni – si arresta anche il ricorso successivo dell’RAGIONE_RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, da reputarsi incidentale (Cass. n. 36057 del 2021) e i cui motivi vanno del pari congiuntamente esaminati.
Premesso sul punto che i giudici territoriali, all’esito dell’interpretazione del contenuto dell’accordo di risoluzione incentivata, hanno ritenuto che le somme erogate al fine di evitare eventuali controversie concernenti il ricalcolo dell’indennità di an zianità maturata al 31.5.1982 e al TFR con il computo del compenso per il lavoro straordinario avessero natura genuinamente transattiva, correttamente escludendole dall’imponibile contributivo, ai sensi e per gli effetti dell’art. 12, l. n. 153/1969, più v olte cit., è sufficiente rilevare che, anche in parte qua , si è in presenza dell’esegesi di un atto negoziale, in relazione al quale il controllo di questa Corte è segnato, come si è già detto, da limiti rigorosi, risultando imprescindibile la specificazione, in concreto, dei canoni violati e del punto, e del modo, in cui il giudice di merito si sia discostato dagli stessi; e dal momento che, nella specie, i rilievi dell’ente previdenziale si risolvono nella mera contrapposizione tra l’interpretazione preferita e quella accolta nella decisione impugnata, essi incontrano gli stessi ostacoli evidenziati in relazione allo scrutinio del ricorso principale.
Conclusivamente, entrambi i ricorsi, principale e incidentale, vanno dichiarati inammissibili, con le spese che si compensano per la reciproca soccombenza.
Tenuto conto della declaratoria d’inammissibilità di entrambi i ricorsi, vanno dichiarati sussistenti i presupposti processuali per il versamento, da parte di entrambi i ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibili i ricorsi. Compensa le spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte di entrambi i ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14.11.2023.