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Contribuzione figurativa mobilità: la Cassazione

Un lavoratore ha contestato il metodo di calcolo della sua pensione, in particolare per la contribuzione figurativa mobilità. La Corte di Cassazione ha respinto il suo ricorso, stabilendo che il calcolo deve basarsi sulla retribuzione effettiva percepita per l’integrazione salariale, come previsto dalla Legge n. 223/1991, e non su un parametro differente. La decisione consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro, fornendo certezza sulla corretta determinazione dei contributi in periodi di mobilità.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Contribuzione figurativa mobilità: La Cassazione chiarisce il calcolo

La corretta determinazione della contribuzione figurativa mobilità è un elemento cruciale per il calcolo della pensione di molti lavoratori. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ha ribadito con forza i criteri da seguire, respingendo l’interpretazione di un lavoratore e consolidando un principio fondamentale: il calcolo si basa sulla retribuzione reale e non su un dato virtuale. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Un ex lavoratore aveva avviato una causa contro l’Istituto Previdenziale per ottenere la ricostituzione della propria pensione. Secondo il ricorrente, l’ente aveva errato nel calcolare i contributi figurativi relativi al periodo in cui era stato in mobilità. Il Tribunale, in prima istanza, aveva dato ragione al lavoratore.

Tuttavia, la Corte d’Appello, su ricorso dell’Istituto, aveva ribaltato la decisione. I giudici di secondo grado avevano stabilito che la norma applicabile non era quella invocata dal lavoratore (art. 8 della Legge n. 155/1981), bensì quella specifica prevista dalla Legge n. 223/1991. Di conseguenza, il lavoratore ha presentato ricorso in Cassazione per contestare la sentenza d’appello.

La Decisione della Cassazione sulla contribuzione figurativa mobilità

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del lavoratore, confermando in toto la decisione della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno chiarito che, per stabilire il valore della contribuzione figurativa mobilità, non si può fare riferimento a principi generali di equivalenza tra retribuzione imponibile e pensionabile, ma bisogna applicare la normativa specifica.

La norma di riferimento è l’art. 7 della Legge n. 223/1991. Questa disposizione lega il calcolo alla nozione di “retribuzione valevole per il calcolo del trattamento straordinario di integrazione salariale”. In parole semplici, la base di calcolo è la retribuzione che il lavoratore ha percepito (o avrebbe percepito) nel periodo immediatamente precedente alla cessazione del rapporto di lavoro, comprensiva di tutti gli emolumenti continuativi.

Il ricorso incidentale dell’Istituto

L’Istituto previdenziale aveva a sua volta presentato un ricorso incidentale, lamentando la mancata applicazione della decadenza triennale per le somme richieste. Poiché il ricorso principale del lavoratore è stato respinto, la Corte ha dichiarato assorbito quello incidentale, senza entrare nel merito della questione. Tuttavia, ha colto l’occasione per ricordare che, secondo la giurisprudenza consolidata, tale decadenza si applica solo ai ratei maturati nel triennio precedente la domanda giudiziale, senza pregiudicare i ratei futuri, per non violare il nucleo essenziale del diritto alla prestazione tutelato dall’art. 38 della Costituzione.

Le Motivazioni della Corte

La motivazione della Corte si fonda su un orientamento ormai consolidato e costante. I giudici hanno richiamato numerose sentenze precedenti che hanno già affrontato e risolto la questione nello stesso modo. La Corte ha sottolineato che per la contribuzione figurativa mobilità, il legislatore ha previsto una disciplina specifica che prevale su altre norme di carattere generale.

L’errore, secondo la Cassazione, consiste nel voler applicare l’art. 8 della Legge n. 155/1981, che disciplina ipotesi diverse. La normativa corretta (L. n. 223/1991) fa riferimento a un dato reale e concreto – la retribuzione per l’integrazione salariale – e non a un dato virtuale o astratto. Questo criterio garantisce omogeneità e certezza nel calcolo delle prestazioni previdenziali.

Conclusioni

La decisione della Cassazione rafforza un principio chiave in materia previdenziale: la specificità della norma prevale sulla generalità. Per i lavoratori in mobilità, il calcolo della contribuzione figurativa deve ancorarsi alla retribuzione effettiva che funge da parametro per gli ammortizzatori sociali. Questa pronuncia offre un’indicazione chiara e inequivocabile, riducendo l’incertezza e il potenziale contenzioso su una materia così delicata come il calcolo della futura pensione.

Come si calcola la contribuzione figurativa per i periodi di mobilità?
Si calcola sulla base della retribuzione di riferimento per il trattamento straordinario di integrazione salariale, ovvero quella che il lavoratore ha percepito o avrebbe percepito nel periodo immediatamente precedente la fine del rapporto di lavoro.

Perché non si applica la Legge n. 155/1981 per questo calcolo?
Perché la Legge n. 223/1991 è la normativa specifica che disciplina la cassa integrazione e la mobilità. La Corte di Cassazione ha stabilito che questa legge speciale prevale su altre norme di carattere generale che regolano ipotesi diverse.

Qual è il criterio fondamentale seguito dalla Cassazione in questa materia?
Il criterio fondamentale è quello di utilizzare un dato reale e concreto, ovvero la retribuzione effettivamente considerata per l’integrazione salariale, piuttosto che un dato virtuale o basato su principi di equivalenza astratta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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