Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 29678 Anno 2025
Civile Ord. Sez. U Num. 29678 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 10/11/2025
Sul ricorso iscritto al n. R.G. 12221/2024 proposto da:
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, CONDOMINIO LE NEREIDI INDIRIZZO;
– intimati –
avverso la sentenza n. 152/2024 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 04/01/2024.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/10/2025 dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME, il quale chiede alla Corte di dichiarare inammissibile il ricorso.
FATTI DI CAUSA
Con ricorso al TAR RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME chiedeva la dichiarazione della illegittimità del diniego serbato dalla RAGIONE_SOCIALE sulla istanza di accesso agli atti informale del 02/02/2022 e sulla istanza di accesso agli atti formale del 18/02/2022, entrambe aventi ad oggetto documenti detenuti dalla stessa RAGIONE_SOCIALE inerenti all’amianto presente nel condominio nel quale il COGNOME risiedeva, e l’ostensione dei documenti richiesti.
Si costituiva la RAGIONE_SOCIALE, contestando la richiesta e chiedendo il rigetto del ricorso ritenendolo irricevibile, inammissibile e/o improcedibile e, comunque, infondato, con ogni pronuncia conseguenziale anche per le spese di lite, eventualmente disponendone la compensazione.
Con sentenza del 02/07/2022, n. 284 (R.G. 112/022 Reg. Ricorsi) il TAR di RAGIONE_SOCIALE dichiarava il ricorso inammissibile compensando le spese.
Rilevava il TAR che con altra e precedente sentenza n. 421/2021 aveva già dichiarato inammissibile, in parte qua , il ricorso proposto dall’istante avverso altra richiesta di accesso del medesimo ricorrente e riteneva che il successivo giudizio intrapreso avesse ad oggetto un’inammissibile reiterazione di un’istanza di accesso già presentata, al di fuori delle circostanze in cui ciò è ammesso, ossia solo in presenza di
fatti nuovi sopravvenuti oppure a fronte di una diversa prospettazione della posizione legittimante l’accesso.
Avverso detta sentenza il sig. NOME proponeva ricorso dinanzi al Consiglio di Stato.
Con sentenza n. 884/2023, il Consiglio di Stato, accoglieva l’appello nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, dichiarava improcedibile il ricorso di primo grado.
In particolare, il Consiglio di Stato non condivideva la statuizione di inammissibilità del ricorso di cui alla sentenza del TAR ed evidenziava che una ulteriore domanda di accesso rispetto ad altra già respinta era possibile in presenza di fatti nuovi e sopravvenuti.
Rilevava che, nella specie, non vi era piena corrispondenza tra gli atti di cui alla prima richiesta di accesso e quelli di cui all’istanza successiva e che in ogni caso erano intervenuti fatti nuovi.
Riteneva, tuttavia, improcedibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse avendo l’RAGIONE_SOCIALE dichiarato che parte della documentazione richiesta non era in suo possesso e che altra parte aveva formato oggetto di ostensione nel corso del giudizio dinanzi al TAR.
Seguiva la compensazione delle spese del giudizio di primo e di secondo grado.
Passata in giudicato tale sentenza ex art. 87, comma 3 del cod. proc. amm., in data 06/09/2023, NOME COGNOME proponeva, dinanzi al Consiglio di Stato, ricorso per ottemperanza della citata sentenza n. 884/2023, non avendo la resistente, asseritamente soccombente, rimborsato il contributo unificato.
Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 152/2024 (R.G. n. 7229/2023), dichiarava inammissibile il ricorso.
Preliminarmente evidenziava che l’azione di ottemperanza volta all’esecuzione nei confronti dell’Amministrazione soccombente, anche con riguardo al rimborso del contributo unificato, della statuizione di condanna alla rifusione delle spese di causa in favore della parte
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ricorrente, contenuta nella sentenza amministrativa fatta valere in sede esecutiva, rientra nell’ambito di giurisdizione del giudice amministrativo.
Rilevava che, ai sensi dell’art. 13, comma 6, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, l’onere relativo al pagamento del suddetto contributo è dovuto in ogni caso dalla parte soccombente e, pertanto, l’obbligo del rimborso discende direttamente dalla legge, senza necessità di una specifica statuizione al riguardo nella sentenza di cognizione.
Evidenziava, che nella specie, con sentenza n. 884/2023 del 25 gennaio 2023, il Consiglio di Stato aveva accolto solo in parte, il ricorso in appello proposto da NOME COGNOME, dichiarando lo stesso improcedibile e compensando le spese di giudizio.
Rilevava che, a fronte di tale statuizione, il Consiglio di Stato non aveva espressamente previsto, nel dispositivo della sentenza, l’obbligo in capo alla Amministrazione resistente di rimborsare il contributo unificato e che nemmeno si poteva ritenere ricompresa nella suindicata normativa anche l’ipotesi di reciproca soccombenza.
Tanto precisato aggiungeva che, per l’ipotesi che oggetto della controversia fosse sia la spettanza sia la misura del contributo unificato, in cui rientrava l’accoglimento parziale, la relativa competenza spettava al giudice tributario, ai sensi dell’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, dinanzi al quale il processo sarebbe potuto essere dunque riassunto, secondo le previsioni di cui all’art. 11, comma 2, cod. proc. amm.
Avverso tale decisione NOME COGNOME ha proposto ricorso dinanzi a queste Sezioni Unite ex artt. 92, comma 3 e 110 cod. proc. amm.
Si è costituita la RAGIONE_SOCIALE.
Con provvedimento del 27/03/2025 la Prima Presidente ha formulato proposta di definizione del ricorso ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ. rilevando inammissibilità dello stesso.
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Il ricorrente, opponendosi alla proposta, ha presentato istanza di decisione ex art. 380bis , comma 2, cod. proc. civ.
Il Procuratore generale ha presentato requisitoria scritta chiedendo dichiararsi il ricorso inammissibile.
L’RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria illustrativa, ai sensi dell’art. 380 -bis .1. cod. proc. civ. insistendo per l’inammissibilità del ricorso.
Anche il ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
L’unico motivo di ricorso denuncia diniego di giurisdizione del Consiglio di Stato, e di pronuncia su questioni sulle quali era tenuto a decidere ex artt. 113 cod. proc. amm. e art. 13, comma 6 bis , d.P.R. 30.5.2002, n. 115 e ss. mm., ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 1, e 110 cod. proc. amm., trattandosi nella specie di questione che sarebbe devoluta al giudice amministrativo in sede di ottemperanza.
Sostiene che la giurisdizione del Giudice amministrativo comprende anche la statuizione sul contributo unificato, conseguente da giudicato amministrativo, indipendentemente dal fatto se il Giudice Amministrativo lo riporti nel dispositivo essendo una obbligazione nascente ex lege all’esito del giudizio (Consiglio di Stato, Sezione V, Sentenza n. 4821/2023).
Deduce che vi sarebbe stato, da parte del Consiglio di Stato adìto in sede di ottemperanza, un arretramento là dove il medesimo si è ritenuto erroneamente estraneo all’oggetto del contendere.
Assume che risulta, in modo evidente, la negazione della giurisdizione da parte del Consiglio di Stato il quale, con la sentenza impugnata, ha deciso in evidente contraddizione con altre decisioni da esso stesso assunte sul medesimo argomento.
Il motivo non è fondato.
Premette il Collegio che le decisioni del Consiglio di Stato in sede di giudizio di ottemperanza sono soggette al sindacato delle Sezioni
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Unite sul rispetto dei limiti esterni della giurisdizione solo ove non venga in questione il modo in cui il potere giurisdizionale è stato esercitato dal giudice amministrativo, attenendo questo ai limiti interni di tale giurisdizione, sicché è inammissibile il ricorso per motivi di giurisdizione che censuri la determinazione delle modalità di esecuzione del giudicato, seppure fissate prendendo atto di circostanze sopravvenute potenzialmente suscettibili di escludere la persistenza del debito della P.A. (cfr. in tal senso Cass., Sez. Un., n. 1227 del 17 gennaio 2022; Cass. Sez. Un., n. 27746 del 22 settembre 2022; Cass. Sez. Un., n. 13699 del 30 maggio 2018).
Ne consegue che, ove le censure mosse alla decisione del Consiglio di Stato riguardino l’interpretazione del giudicato, l’accertamento del comportamento tenuto dalla P.A. e la valutazione di conformità di tale comportamento rispetto a quello che essa avrebbe dovuto tenere, gli errori nei quali il giudice amministrativo può eventualmente essere incorso, essendo inerenti al giudizio di ottemperanza, restano interni alla giurisdizione stessa e non sono sindacabili dalla Corte di cassazione.
4. Tanto chiarito in termini generali, si osserva che sulla domanda afferente all’esecuzione del giudicato vi è stata pronuncia da parte del Consiglio di Stato adito ex art. 114 cod. proc. amm. là dove, a fronte di una statuizione di accoglimento solo parziale del ricorso (senza che come evidenziato -potesse ritenersi compresa nell’ambito della previsione di cui all’ art. 13, comma 6, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 a nche l’ipotesi di reciproca soccombenza) e di improcedibilità del ricorso (in luogo della inammissibilità dello stesso), è stato ritenuto che, quanto al rimborso del contributo unificato, non previsto nella statuizione del Giudice amministrativo (che aveva disposto la compensazione delle spese tra le parti), non vi fosse nulla da ottemperare, nel senso preteso dal ricorrente (si vedano i punti 6.2. e 6.3. della sentenza).
La decisione, sul punto, è già risolutiva della questione posta e nella sostanza si è tradotta sostanzialmente in un rigetto della pretesa attorea.
Vi è invero una ulteriore affermazione del giudice dell’ottemperanza lì dove si sostiene che, qualora il ricorso abbia inteso mettere in discussione sia la spettanza sia la misura del contributo unificato, con conseguente incidenza sul diritto al rimborso di tale contributo in caso di accoglimento parziale, allora la relativa cognizione compete al giudice tributario, ai sensi dell’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, con coerente declaratoria della sussistenza del difetto di giurisdizione del giudice adito.
Tuttavia, lo stesso ricorrente, in sede di ricorso per cassazione ha escluso di aver avanzato tale tipo di domanda; quindi, una eventuale pronuncia cassatoria non potrebbe giammai giovargli.
Resta allora ferma la statuizione di cui ai punti 6.2. e 6.3., rapportata alla domanda che il medesimo ricorrente conferma essere effettivamente quella avanzata, secondo la quale non vi era, quanto al preteso contributo unificato, alcunchè da ottemperare essendo assorbenti la statuizione di improcedibilità e la disposta compensazione delle spese.
Sotto tale profilo, infatti, il Consiglio di Stato ha proceduto all’interpretazione del giudicato formatosi con la sentenza resa fra le parti, escludendo che vi fosse in dispositivo una specifica statuizione tesa al rimborso del contributo unificato, in quanto il relativo obbligo sarebbe gravato ex lege ‘in ogni caso’ sulla parte integralmente soccombente .
In questa sede ogni censura diretta a criticare il modo in cui il potere di ottemperanza è stato esercitato dal giudice amministrativo, nella specie in ordine all’interpretazione del giudicato, si infrange contro i limiti interni della giurisdizione.
Né sussiste, come detto, un interesse del ricorrente a far valere il mancato rispetto dei limiti esterni della giurisdizione per essere mancata, a monte, la prospettazione che ha giustificato l’ulteriore statuizione circa la competenza del giudice tributario e cioè una domanda intesa ad accertare la sussistenza dell’obbligo di pagamento del contributo unificato (che, peraltro, avendo natura di tributo, rientra nell’ambito della giurisdizione del giudice tributario come affermato da Cass., Sez. Un., n. 4315 del 20 febbraio 2020; cfr. sulla natura di tributo del contributo unificato anche Cass., Sez. Un., n. 20621 del 17 luglio 2023) .
Il ricorso per cassazione va dunque rigettato dovendo escludersi che la lamentata mancata possibilità di ottenere il rimborso del contributo unificato, derivante da un giudicato amministrativo interpretato, con statuizione autonoma, nei termini di cui ai sopra indicati punti 6.2. e 6.3. del provvedimento impugnato, rappresenti in sé un ostacolo alla piena realizzazione del diritto alla tutela giurisdizionale e contraria al principio di pienezza della tutela di matrice europeista sancito dall’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (CDFUE), che garantisce il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale.
Le spese di lite, stante la peculiarità della fattispecie e le ragioni della decisione (nella sostanza non sovrapponibili a quelle della proposta di definizione anticipata opposta, tanto da divergere, rispetto a questa, la formula decisoria della reiezione del ricorso), possono essere compensate tra le parti senza che trovi applicazione il disposto di cui all’art. 380 -bis , u.c., cod. proc. civ.
Il rigetto del ricorso costituisce presupposto processuale per il raddoppio del contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002 (cfr. Cass. S.U. n. 4315 del 2020).
La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese processuali tra le parti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 21 ottobre 2025.
La Presidente
NOME COGNOME