Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 2615 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 2615 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 33400/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME , che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME, che la rappresenta e difende;
– controricorrente- avverso SENTENZA di TRIBUNALE ROMA n. 7665/2018 depositata il 12/04/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/04/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 2399/2017 il Giudice di Pace di Roma condannava RAGIONE_SOCIALE al pagamento di € . 176,75
(oltre interessi legali a decorrere dal deposito della sentenza) in favore dell’avvocato NOME COGNOME, a titolo di rimborso dell’imposta di registro dell’ordinanza di assegnazione emessa dal Tribunale ordinario di Roma a definizione di una procedura di pignoramento presso terzi; al pagamento delle spese e del compenso del giudizio liquidati in complessivi € . 380,00 (di cui € . 80,00 per spese), oltre IVA e CPA, a favore dell’avvocato NOME COGNOME, dichiaratosi antistatario.
1.1. L’avvocato COGNOME impugnava la pronuncia innanzi al Tribunale di Roma, limitatamente alla parte in cui il Giudice di Pace aveva rigettato la domanda diretta ad ottenere la condanna della controparte al pagamento della somma di € . 45,00, pari all’importo del contributo unificato (€ . 37,00) e delle anticipazioni forfettarie (€ . 8,00), ex artt. 9 e 30 D.P.R. n. 115/2002, in forza del principio di cui all’art. 95 cod. proc. civ., che pone a carico del debitore esecutato le spese sostenute dal creditore procedente.
Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 7665/2018 qui impugnata, rigettava il gravame condannando NOME COGNOME al pagamento delle spese di giudizio e a sostegno della sua decisione, osservava:
che l’appello era inammissibile in quanto la sentenza era stata pronunciata dal Giudice di Pace ai sensi dell’art. 113, comma 2, cod. proc. civ., né i motivi erano riconducibili ad alcuna delle ipotesi di cui all’art . 339, comma 3, cod. proc. civ. Non alla violazione di norme costituzionali o comunitarie ovvero dei principi regolatori della materia, per vero neppure dedotte dall’appellante. Non alla violazione delle norme sul procedimento, espressione riferita esclusivamente ad errori commessi dal giudice nella conduzione del giudizio: l’inclusione del contributo unificato e delle anticipazioni forfettarie nella liquidazione delle spese giudiziali operata dal giudice di prime cure si risolverebbe,
invece, in un errore di giudizio attinente alla sostanza stessa della materia del contendere;
che l’appello era, altresì, inammissibile per carenza di interesse ad agire in quanto il contributo unificato e le anticipazioni forfettarie costituiscono obbligazioni ex lege di importo predeterminato gravanti sulla parte tenuta al pagamento delle spese giudiziali, sicché il beneficiario del relativo provvedimento di liquidazione può azionare quest’ultimo quale titolo esecutivo anche per la ripetizione delle somme da lui documentate o documentabili come in concreto sborsate per adempiere quelle obbligazioni ex lege (Cass. n. 23830 del 20.11.2015).
Avverso detta decisione ricorre per cassazione COGNOME RAGIONE_SOCIALE, affidandolo a due motivi, illustrandolo con memoria depositata in prossimità della adunanza.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 95 e 339, comma 3, cod. proc. civ. ( ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ.): sarebbe illegittima l’interpretazione della normativa in materia di appellabilità delle sentenze emesse secondo equità dal Giudice di Pace, nonché in materia di spese processuali, in quanto l’art. 95 cod. proc. c iv., avente ad oggetto la liquidazione di spese processuali, costituisce una violazione di una norma processuale e, pertanto, una «violazione delle norme sul procedimento» ai sensi dell’ art. 339, comma 3, cod. proc. civ., con conseguente appellabilità sul punto. La parte che anticipa la spesa per il contributo unificato ai fini dell’iscrizione a ruolo della causa ha diritto di ripeterne l’importo dalla parte risultante soccombente nel giudizio , in quanto obbligazione ex lege gravante sulla parte soccombente per effetto della condanna alle spese (Cass. n. 2691 del 10.02.2016; Cass.
n. 2015/18828); principio che troverebbe applicazione anche nel processo amministrativo e nei giudizi innanzi alle Commissioni Tributarie.
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 100 cod. proc. civ.: sarebbe errata la decisione del Tribunale nella parte in cui nega l’interesse ad agire dell’odierno ricorrente. Questa valutazione è smentita dalla giurisprudenza di legittimità (secondo la quale il soggetto che ha provveduto all’adempimento dell’obbligazione tributaria è tenuto a far valere il suo diritto al rimborso proponendo specifica domanda giudiziale, così da provocare il contraddittorio: tra le altre, Cass. 20.05.1994, n. 4992) e da quella amministrativa (secondo la quale il ricorso avente ad oggetto il contributo unificato versato dalla parte vittoriosa andrebbe richiesto mediante azione giudiziaria devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario.
3 Il primo motivo è inammissibile e il secondo motivo è infondato. Come costantemente affermato da questa Corte, qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle ” rationes decidendi ” rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (cfr. tra le varie, Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 11493 del 11/05/2018; Cass. 2108/2012).
Nel caso in esame, come si è visto, il Tribunale ha utilizzato due autonome rationes decidendi a sostegno dell’inammissibilità dell’appello.
La censura svolta col secondo motivo di ricorso per cassazione contro la seconda ratio decidendi (fondata sulla mancanza di interesse ad agire) -da esaminare con precedenza – è infondata.
Sul tema del pagamento del contributo unificato e delle anticipazioni forfettarie, questa Corte ha già avuto modo di chiarire che in tema di spese processuali, qualora il provvedimento giudiziale rechi la condanna alle spese e, nell’ambito di essa, non contenga alcun riferimento alla somma pagata dalla parte vittoriosa a titolo di contributo unificato, la decisione di condanna deve intendersi estesa implicitamente anche alla restituzione di tale somma, in quanto il contributo unificato, previsto dall’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, costituisce un’obbligazione “ex lege” di importo predeterminato, che grava sulla parte soccombente per effetto della stessa condanna alle spese, la cui statuizione può conseguentemente essere azionata, quale titolo esecutivo, per ottenere la ripetizione di quanto versato in adempimento di quell’obbligazione (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 18529 del 10/07/2019, Rv. 654658 -01; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 23830 del 20/11/2015, Rv. 637782 -01; con riferimento al giudizio amministrativo: Cass. Sez. 3, Sentenza n. 38943 del 07/12/2021, Rv. 663433 – 01).
Stesse considerazioni valgono per il rimborso cd. forfettario delle spese generali (tra le tante, Sez. 1 – , Ordinanza n. 13693 del 30/05/2018).
La sentenza impugnata non merita dunque censura.
L’infondatezza della doglianza contro la suindicata autonoma ratio decidendi comporta, in base al citato principio (v. Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 11493/2018 cit.; Cass. 2108/2012 cit.) , l’inammissibilità del primo motivo di ricorso.
4. In definitiva, il Collegio rigetta il ricorso, liquida le spese secondo soccombenza come da dispositivo.
Va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis , del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore del controricorrente, che liquida in € . 600 ,00 per compensi, oltre ad € . 200,00 per esborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis , del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Roma, 13 aprile 2023.