Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 33346 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 33346 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 986-2023 proposto da:
CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA E ASSISTENZA DEI DOTTORI COMMERCIALISTI, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
NOMECOGNOME NOME nella loro qualità di eredi di NOMECOGNOME tutti elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME che li rappresentano e difendono;
– controricorrenti –
Oggetto
R.G.N. 986/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 26/09/2024
CC
avverso la sentenza n. 2834/2022 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 24/06/2022 R.G.N.1013/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/09/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
R.G. 986/23 Rilevato che
Con sentenza n. 2834 del 24.6.2022, la Corte d’appello di Roma ha respinto il gravame della Cassa commercialisti e ha confermato la pronuncia del Tribunale di Roma, che aveva dichiarato l’illegittimità del prelievo sul trattamento pensionistico di COGNOME NOME a titolo di contributo di solidarietà, per i periodi meglio indicati in ricorso, e, per l’effetto, aveva condannato la Cassa a restituire l’importo di Euro 46.073,03.
La Corte del merito ha aderito all’orientamento di questa Suprema Corte, che disconosce il potere della Cassa commercialisti d’introdurre il contributo di solidarietà e reputa l’imposizione d’un siffatto prelievo prerogativa del legislatore.
La Cassa commercialisti ha impugnato per cassazione la sentenza della Corte d’appello di Roma, articolando il ricorso in quattro motivi, mentre resistono con controricorso COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, tutti eredi di COGNOME NOME.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Per il presente giudizio, all’esito di una proposta di definizione agevolata, ex art. 380 bis primo comma c.p.c., è stata chiesta dalla Cassa la decisione, ai sensi dell’art. 380 bis secondo comma c.p.c.
Il Collegio riserva ordinanza, nel termine di sessanta giorni dall’adozione della presente decisione in camera di consiglio.
Considerato che:
Con il primo motivo, la Cassa ricorrente deduce la violazione degli artt. 1 e 2 del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, dell’art. 3 comma 12 della legge n. 335/95, come modificato dall’art. 1 comma 763 della legge n. 296/06 ed autenticamente interpretato dall’art. 1 comma 488 della legge n. 147/13, dell’art. 24, comma 24, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214, degli artt. 2, 3 e 23 Cost. in combinato disposto con gli artt. 2, 9 e 32 dello Statuto della Cassa commercialisti e con le delibere della Cassa nn. 4/2008, 3/13 e 10/17, emanate in virtù dell’art . 22 del regolamento di disciplina del regime previdenziale, approvato con DM del 14.7.04, nonché dell’art. 115 c.p.c., laddove la sentenza impugnata ha ritenuto illegittimo il contributo di solidarietà applicato sulla pensione di COGNOME NOME, dante causa degli odierni ricorrenti.
Con il secondo motivo, in subordine, la Cassa ricorrente deduce sia il vizio di nullità della sentenza, in relazione all’art. 360 primo comma n. 4 c.p.c., per violazione dell’art. 112 c.p.c., che il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 2 4 comma 24 del DL n. 201/11, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché la Corte d’appello non si era pronunciata in merito alla prospettata legittimità del contributo di solidarietà, previsto dalle delibere nn. 4/2008, 3/13 e 10/17, quantomeno a partire dal 2011, alla luce della normativa indicata in rubrica: infatti, l’art. 24 comma 24 cit., da una parte, non aveva fatto altro che confermare il potere delle Casse previdenziali privatizzate di introdurre provvedimenti come quello del contributo di solidarietà, ma dall’altra, dalla sua entrata in vigore, andava sicuramente considerata come una norma che aveva attribuito
a tali Enti il predetto potere di incidere anche sui trattamenti pensionistici in essere, anche con la previsione di un contributo di solidarietà, quindi, nel pieno rispetto dell’art. 23 Cost.
Con il terzo motivo, in ulteriore subordine, la Cassa ricorrente deduce sia il vizio di nullità della sentenza, in relazione all’art. 360 primo comma n. 4 c.p.c., per violazione dell’art. 112 c.p.c., che il vizio di violazione di legge, in particolare, del l’art. 24 comma 24 lett. b) del DL n. 201/11, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché la Corte d’appello non aveva ritenuto applicabile il contributo di solidarietà dell’1%, neppure per il biennio 2012-2013, come previsto dal citato art. 24 comma 24 lett. b) del DL n. 201/11, nel caso di inerzia degli enti previdenziali nell’adozione di provvedimenti volti ad assicurare la stabilità di bilancio ovvero in caso di parere negativo dei Ministeri vigilanti.
Con il quarto motivo, in ulteriore subordine, la Cassa ricorrente deduce sia il vizio di nullità della sentenza, in relazione all’art. 360 primo comma n. 4 c.p.c., per violazione dell’art. 112 c.p.c., che il vizio di violazione di legge, in particolare, de ll’art. 19 comma 3 della legge n. 21/86, dell’art. 2948 n. 4 c.c., dell’art. 2943 c.c., dell’art. 47 bis del DPR n. 639/47 nonché dell’art. 3 Cost., perché la Corte d’appello non si era pronunciata in ordine alla domanda, formulata in via ulteriormente subordinata dalla Cassa commercialisti, in riferimento alla eccepita prescrizione quinquennale delle somme richieste in restituzione dai ricorrenti, in qualità di eredi del dott. COGNOME NOMECOGNOME I primi tre motivi che possono essere scrutinati congiuntamente, in quanto tendono a propugnare la legittimità del contributo di solidarietà, sono manifestamente infondati, alla stregua dell’oramai consolidato orientamento di questa Corte, che ha
offerto esaustiva risposta a tutti gli argomenti addotti a sostegno del ricorso; anche alla luce delle enunciazioni di principio della sentenza della Corte costituzionale n. 173 del 2016, questa Corte è ferma nell’escludere che la Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei dottori commercialisti possa adottare, sia pure in funzione dell’obiettivo di assicurare l’equilibrio di bilancio e la stabilità della gestione, atti o provvedimenti che operino una trattenuta su un trattamento già determinato e si sostanzino in una prestazione patrimoniale imposta, che solo la legge può introdurre, alla stregua dell’art. 23 Cost. (Cass., sez. lav., 10 dicembre 2018, n. 31875; nello stesso senso, Cass., sez. lav., 14 gennaio 2019, n. 603); a tale orientamento questa Corte ha dato continuità in molteplici occasioni (di recente, fra le molte, Cass., sez. lav., 8 maggio 2023, n. 12122, 14 aprile 2023, n. 10047, 13 aprile 2023, n. 9893, n. 9886 e n. 9842), reputando irrilevante l’autonomia delle Casse privatizzate (Cass., sez. lav., 13 aprile 2023, n. 9914, punto 3 delle Ragioni della decisione) e sprovviste di valenza decisiva le previsioni dell’art. 1, comma 763, della legge n. 296 del 2006 e dell’art. 1, comma 488, della legge n. 147 del 2013, menzionate anche nell’odierno giudizio (ordinanza n. 9914 del 2023, cit., punti 4 e 5 delle Ragioni della decisione).
Neppure ha pregio la doglianza, implicitamente rigettata dalla Corte territoriale, con il quale la Cassa lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 24, comma 24, lettera b) del D.L. n. 201/2011 relativamente all’applicabilità del contributo di solidarietà previsto dalla citata normativa nella misura dell’1% per gli anni 2012 e 2013.
L’art. 24, comma 24, del D.L. n. 201/2011, convert. nella L. n. 214/2011, come modificato dal D.L. n. 216/2011, statuisce: “In considerazione dell’esigenza di assicurare l’equilibrio finanziario delle rispettive gestioni in conformità alle disposizioni di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, gli enti e le forme gestorie di cui ai predetti decreti adottano, nell’esercizio della loro autonomia gestionale, entro e non oltre il 30 settembre 2012, misure volte ad assicurare l’equilibrio tra entrate contributive e spesa per prestazioni pensionistiche secondo bilanci tecnici riferiti ad un arco temporale di cinquanta anni. Le delibere in materia sono sottoposte all’approvazione dei Ministeri vigilanti secondo le disposizioni di cui ai predetti decreti; essi si esprimono in modo definitivo entro trenta giorni dalla ricezione di tali delibere.
Decorso il termine del 30 settembre 2012 senza l’adozione dei previsti provvedimenti, ovvero nel caso di parere negativo dei Ministeri vigilanti, si applicano, con decorrenza dal 1 gennaio 2012:
Le disposizioni di cui al comma 2 del presente articolo sull’applicazione del pro-rata agli iscritti alle relative gestioni; b) Un contributo di solidarietà, per gli anni 2012 e 2013, a carico
dei pensionati nella misura dell’1 per cento”.
La norma de qua introduce, pertanto, un contributo di solidarietà dell’1%, limitatamente agli anni 2012 e 2013, ancorandolo a due presupposti alternativi, specificatamente identificati nella mancata adozione da parte delle Casse, entro il 30 settembre 2012, di misure volte ad assicurare l’equilibrio tra entrate contributive e spesa per prestazioni pensionistiche oppure nell’emissione di parere negativo da parte dei Ministeri
vigilanti sulle delibere eventualmente adottate (entro trenta giorni dalla loro ricezione). Il dato letterale non lascia spazio alla lettura proposta dalla Cassa, che vorrebbe equiparare all’inerzia degli Enti nell’intervenire ex ante sul rapporto entrate/spesa l’ipotesi in cui detti interventi siano stati effettuati ma i relativi provvedimenti siano stati ex post dichiarati illegittimi, poiché, in tal caso, non si può configurare una situazione di “inattività” degli Enti stessi, nei termini richiesti dal legislatore. Del resto, l’inerzia è condizione che la stessa Cassa ha espressamente escluso sin dalle fasi di merito nonché con la proposizione del presente ricorso, avendo resistito, prima, ed agito, poi, proprio sul presupposto di aver adottato -con l’introduzione della riforma strutturale del sistema previdenziale mediante il passaggio al sistema contributivo e con l’imposizione del contributo di solidarietà in via regolamentare -misure necessarie per la salvaguardia dell’equilibrio di bilancio a lungo termine, dirette ad assicurare la sostenibilità finanziaria del regime previdenziale dei propri iscritti (attraverso il Regolamento di disciplina e le delibere attuative)
Il quarto motivo, contraddistinto da due profili di censura, è infondato.
Il profilo sull’omessa pronuncia in merito alla prescrizione quinquennale è da rigettare, in quanto dal complessivo tenore della sentenza d’appello, vi è stato un rigetto implicito della questione.
Il profilo che deduce il vizio di violazione di legge, laddove prospetta l’applicabilità della prescrizione quinquennale, è, altresì, infondato.
Infatti, in base ai principi a più riprese affermati da questa Corte, è assoggettata alla prescrizione decennale l’azione di
restituzione delle trattenute a titolo di contributo di solidarietà, difettando i caratteri della liquidità e dell’esigibilità del credito, cui è correlata l’applicazione dell’invocato termine quinquennale di prescrizione (Cass., sez. lav., 25 ottobre 2022, n. 31527; in senso conforme, anche Cass., sez. lav., 13 febbraio 2023, n. 4362, e 10 febbraio 2023, n. 4263, e Cass., sez. VI L, 14 febbraio 2023, ri. 4604, e 13 febbraio 2023, n. 4349 e n. 4314). Conclusivamente il ricorso va respinto con condanna alle spese secondo soccombenza.
Essendo il giudizio definito in conformità alla proposta non accettata, ai sensi dell’art.380 bis, ult. co., cod. proc. civ. deve applicarsi l’art.96, commi 3 e 4, cod. proc. civ. contenendo l’art.380 bis, ult. co. cod. proc. civ. una valutazione legale ti pica della sussistenza dei presupposti per la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata in favore della controparte e di una ulteriore somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, secondo quanto statuito da questa Corte a sezioni unite (Cass. S.U. n. 27195 e n. 27433/2023, poi Cass. n. 27947/2023).
Parte ricorrente va dunque condannata a pagare una somma equitativamente determinata in € 2.000,00 in favore del resistente e di una ulteriore somma di € 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Sussistono i presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo, rispetto a quello già versato a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente a rifondere le spese di lite del presente giudizio di cassazione, liquidate in € 4.000,00 per
compensi, €200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali e accessori di legge.
Condanna parte ricorrente a pagare al resistente l’ulteriore somma di € 2.000,00, ex art. 96 comma 3 c.p.c.
Condanna parte ricorrente a pagare € 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, ex art. 96 comma 4 c.p.c.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, atteso il rigetto del ricorso, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis cit.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 26.9.24