Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 24258 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 24258 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 10/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso 12708-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMAINDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME;
– intimato – avverso la sentenza n. 4/2022 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 18/01/2022 R.G.N. 211/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/07/2024 dal AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
Oggetto
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 11/07/2024
CC
1.L’impugnata sentenza ha accolto il gravame della RAGIONE_SOCIALE, limitatamente alla sola decorrenza della prescrizione, confermando per il resto la pronuncia del Tribunale di Bergamo che, su ricorso di COGNOME NOME, aveva accertato l’illegittimità del contributo di solidarietà applicato sul suo trattamento pensionistico in base alle delibere adottate dall’ente in data 28/10/2008 e 27/6/2013, di rinnovo del contributo introdotto dall’art. 22 del Regolamento approvato con D.L. 14/7/2004, ed aveva condannato la RAGIONE_SOCIALE a restituire le somme a tal titolo trattenute nel limite della prescrizione quinquennale da dicembre 2014 ad aprile 2020 nonché , fermo restando l’obbligo contributivo imposto dall’art. 24 comma 24 D.L. 201/2011 conv. in Legge 214/2011 nella misura dell’1% per gli anni 2012 e 2013, da ottobre 2010 a giugno 2011, vigendo, all’epoca , la prescrizione decennale.
2.- Il professionista intimato non si costituisce in giudizio.
3.- Formulata una sintetica proposta di definizione accelerata del giudizio sui principi espressi dai precedenti di questa Corte sulla illegittimità della trattenuta e durata decennale del termine di prescrizione, l’ente RAGIONE_SOCIALE presenta istanza di decisione ai sensi del secondo comma dell’art. 380 -bis cod. proc. civ.
CONSIDERATO CHE
1.- Il ricorrente si affida a tre motivi di ricorso, inerenti, il primo, alla violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 co.1 n. 3 cod. proc. civ., delle disposizioni di cui agli artt. 1 e 2 D.Lgs. 509/1994, 3 comma 12 L. n. 335/95 come modificato dall’art. 1 comma 763 L. n.296/06 ed autenticamente interpretato dall’art. 1 comma 488 L. n.147/2013 -dell’art. 24 comma 24 d.l. 201/2011 conv. in L.214/2011, degli artt. 2, 3, 23 Cost., anche in relazione al combinato disposto agli artt. 2, 9 e 32 dello
Statuto della RAGIONE_SOCIALE, nonché delle delibere n.4/2008, 3/2013, 10/2017 emanate in virtù dell’art. 22 del Regolamento di disciplina RAGIONE_SOCIALE della RAGIONE_SOCIALE, laddove l’impugnata sentenza ha dichiarato illegittimo il contributo di solidarietà applicato sulla pensione erogata al professionista, senza considerare che non è irrilevante la circostanza che il contribuente sia entrato in pensione dopo la riforma del 2007 essendo in vigore già da cinque anni la norma regolamentare che aveva introdotto il contributo di solidarietà (non vertendosi in un prelievo imposto su un trattamento pensionistico in corso) e che la normativa introdotta dall’art. 1 comma 763 L.296/06 aveva svincolato dal numerus clausus e dall’obbligo di rispetto del prorata (come previsto dall’originario art. 3 comma 12 L. 335/95) le variazioni del trattamento pensionistico non vigendone l’intangibilità, stante la norma di interpretazione autentica entrata in vigore nel 2013 circa la validità ed efficacia dei provvedimenti emanati prima del 2007; rileva il ricorrente che i provvedimenti impositivi sono consentiti con norma regolamentare stante l’autonomia negoziale in virtù della quale la RAGIONE_SOCIALE può derogare al quantum del trattamento pensionistico ed il carattere straordinario del contributo di solidarietà in grado di realizzare l’obiettivo di equilibrio di bilancio per evitare il fallimento del sistema RAGIONE_SOCIALE privatizzato nel rispetto del principio di ragionevolezza per la sua limitata incidenza nel tempo ed in percentuale gradata in ragione degli importi pensionistici più elevati; peraltro la legittimità del contributo di solidarietà, che esula dal sistema del pro rata e garantisce finalità di gradualità ed equità intergenerazionale, sarebbe confermata dalla previsione del prelievo obbligatorio nella misura dell’1% previsto ex art. 24 comma 24 del d.l. 201/11 e dalla pronuncia della Corte Costituzionale n. 173/2016 rispetto
alla riserva relativa di legge. In subordine, come secondo motivo di ricorso, lamenta la mancata adozione del contributo di solidarietà che le Casse, proprio ai sensi del citato art. 24 comma 24, devono adottare per assicurare l’equilibrio di bilancio, leg ittimandone l’imposizione quantomeno dal 2011, anno della sua entrata in vigore. Quale terzo motivo di ricorso la RAGIONE_SOCIALE lamenta la violazione dell’art. 19 comma 3 L.21/1986 ed art. 2948 n.4 cod. civ. nella parte in cui l ‘ impugnata sentenza ha respinto l’ec cezione di prescrizione quinquennale delle somme trattenute per il periodo gennaio 2010-giugno 2011, ossia nel periodo antecedente alla modifica legislativa dell’art. 47-bis DPR 639/70 introdotta con art. 38 D.L. 6/7/2011 conv. in legge 111/2011 modificativa del termine di durata decennale della prescrizione dei ratei arretrati dei trattamenti pensionistici. Nelle memorie illustrative reitera le medesime difese.
2. I motivi sono infondati. Tutte le questioni sollevate in ricorso hanno trovato soluzione in precedenti pronunce di questa Corte, alle quali si intende dare piena continuità; già nell’imminenza della entrata in vigore della norma di interpretazione autentica di cui all’art. 1 co .488 della L. 147/2013 le Sezioni Unite (sent. 17742/15), investite della questione di massima di particolare importanza su fattispecie analoga in materia di fissazione di un massimale pensionabile introdotto dal Comitato dei delegati della RAGIONE_SOCIALE, avevano affermato l’operatività attenuata del principio del pro rata a seguito della modifica dell’art. 3 co . 12 L.335/95 ad opera dell’art. 1 co . 763 L.296/06, distinguendo tra vecchia e nuova formulazione, e l’irrilevanza di quest’ultima per coloro che avevano maturato il diritto a pensione in epoca antecedente alla riforma del 2006, fornendo anche precise argomentazioni sul tema della non applicazione della prescrizione quinquennale ex art. 2948 n.4
cod. civ. non versando in un caso di credito pagabile, ossia messo a disposizione del creditore che deve essere posto in condizione di poterlo riscuotere, e non bastando la mera idoneità del credito ad essere determinato nel suo ammontare; in particolare, al punto n.18 della citata sentenza si distingue tra professionisti destinatari di trattamenti pensionistici maturati prima della riforma, ai quali si applica in modo rigoroso il principio del pro rata seguendo la formulazione originaria dell’art. 3 comma 12 della L. n.335/1995, e pensionati in epoca successiva al 2007 (vi rientra il caso in esame decorrendo la pensione da luglio 2009) per i quali non è più rispettato in modo assoluto il principio del pro rata dovendosi tener conto dei criteri di gradualità ed equità fra generazioni, secondo il contenuto chiarificatore dell’art. 1 co . 488 della L. 147/2013 e secondo i canoni legittimanti l’intervento interpretativo del legislatore desumibili dalla Costituzione e dalla Convenzione EDU. In sostanza, resta fermo il principio della riserva di legge nella adozione di atti e provvedimenti emanati dall’organo deliberativo dell’ente RAGIONE_SOCIALE privatizzato i quali, sebbene non siano più vincolati dal tipo di atti previsti dall’originario art. 3 co. 12 e dalla stretta osservanza del criterio del pro rata, non possono derogare a norme primarie.
3.1 – A ciò si aggiunga che pienamente aderente è il caso esaminato nella sentenza Cass. del 10/12/2018 n.31875 sulla illegittimità del contributo di solidarietà adottato dalla RAGIONE_SOCIALE, sia pure in funzione dell’obbiettivo di assicurare l’equilibrio di bilancio e la stabilità di gestione, mediante atti o provvedimenti che, lungi dall’incidere sui criteri determinativi del trattamento pensionistico, impongano una trattenuta su di esso, ritenendo che siano atti incompatibili con il rispetto del principio del “pro rata” e diano luogo a un prelievo inquadrabile nel “genus” delle
prestazioni patrimoniali ex art. 23 Cost., la cui imposizione è riservata al legislatore. La pronuncia, citata nella proposta di definizione accelerata, ha affrontato il tema della privatizzazione degli enti professionali previdenziali , dell’autonomia gestionale delle casse e della non incompatibilità del potere regolamentare con il sistema delle fonti precisando che il D.Lgs. 509/94 non ha attribuito agli emanandi regolamenti delle Casse il carattere di regolamenti di delegificazione di cui alla L.400/88, per cui non è loro consentito di sostituire, in materie non coperte da riserva assoluta di legge, preesistenti disposizioni legislative statali o di derogare a fonti di livello primario; ivi si richiama anche il tema dell’equilibrio di bilancio delle gestioni previdenziali in un termine non inferiore a quindici anni, del rispetto del principio del pro rata e dei tipi di provvedimento adottabili (variazione di aliquote contributive prima e riparametrazione dei coefficienti di rendimento) dopo le modifiche introdotte dalla Legge Finanziaria del 2007 con la precisazione che esula dal novero dei provvedimenti (cd. numerus clausus) e risulta incompatibile con il rispetto del principio del pro rata qualsiasi provvedimento degli enti previdenziali privatizzati, com e quello dell’art. 22 del Regolamento RAGIONE_SOCIALE, che « introduca -a prescindere dal ‘criterio di determinazione del trattamento pensionistico’ – la previsione di una trattenuta a titolo di ‘contributo di solidarietà’ sui trattamenti pensioni già quantificati ed attribuiti », ossia ne « esula qualsiasi provvedimento che lungi dall’incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico da adottarsi nel rispetto o tenuto conto del principio del pro rata, ai sensi delle successive formulazioni dell’art. 3 comma 12, L.n.335/1995 e finalizzato al solo riequilibrio finanziario rispetto ai limiti di stabilità imposti dalla legge- imponga una trattenuta su detto trattamento già determinato, in base ai criteri ad esso
applicabili, quale limite esterno della sua misura »; la medesima pronuncia ha affrontato il tema della interpretazione autentica fornita dall’art. 1 co. 488 della L. 147/2013, nel senso della legittimità degli atti adottati prima della entrata in vigore della L.296/2006 a condizione che siano finalizzati ad assicurare l’equilibrio finanziario di lungo termine « mentre sicuramente tale finalità non rappresenta un connotato del contributo straordinario di solidarietà, proprio perché di carattere provvisorio e limitato nel tempo », ed anche il tema della non incidenza della sentenza della Corte Costituzionale n.173 del 2016 « sulle conclusioni qui assunte » trattandosi comunque di un prelievo che può essere introdotto solo dal legislatore.
3.2- Ancora, altri precedenti di questa Corte hanno affermato: la mancata copertura della previsione di legge, richiesta dall’art. 23 Cost., che « rende illegittima la previsione della ritenuta per cui è causa » (Cass. 12122/2023), l’estraneità del contributo di solidarietà ai criteri determinativi del trattamento pensionistico e conseguentemente anche al principio del necessario rispetto del pro rata (Cass. sent. n.603/2019), la carenza di base legale ad impedire la legittimità del contributo di solidarietà introdotto per norma regolamentare ed il limite alla autonomia negoziale rappresentato dalla riserva di legge delineata d all’art. 23 Cost. precisando che « l’autonomia non è legibus soluta » (Cass. n. 9914/2023), ed il significato dello jus superveniens di cui all’art. 1 co.763 L.296/2006 che non indica la legittimità di atti o provvedimenti riduttivi delle prestazioni già erogate « sol perché già adottati » ma ne garantisce la « perdurante efficacia anche alla luce delle modificazioni intervenute, sempre che gli stessi siano stati assunti nel rispetto della legge » (Cass. n. 19711/17).
3.3Ulteriori considerazioni in tema di ragionevolezza, proporzionalità e sostenibilità del contributo non possono prescindere dall ‘ inderogabile riserva di legge di matrice costituzionale e dalla finalità di equilibrio di bilancio a lungo termine che deve essere assicurata per un termine di 15 anni previsti ex art. 3 co. 12 L.335/95 ampliato ai 30 anni previsti dall’art. 1 co. 736 L.296/06, fino ai 50 anni previsti dall’art. 24 D.L. 201/2011; ma il contributo applicato dalla RAGIONE_SOCIALE, prorogato per due periodi quinquennali consecutivi, si configura come una prestazione autonoma, non già come correttivo del trattamento pensionistico. Si precisa che il richiamo espresso nei motivi di ricorso a quest’ultima disposizione normativa per sostenere la legittimità del contributo imposto almeno nel limite dell’1% su due annualità (2012 e 2013) non è pertinente al fine di giustificarne ragionevolezza e sostenibilità poiché trattasi di due istituti diversi per natura, funzione, soggetti emittenti (il contributo minimo di c ui all’art. 24 comma 24 lett. B, del D.L. 201/2011 ha fonte legislativa, carattere eccezionale e di limitata attuazione biennale, non è adeguato a fasce di reddito ma è applicato in percentuale fissa sul reddito percepito, e presuppone una condizione di in erzia dell’ente RAGIONE_SOCIALE privato e non già l’attivazione procedimentale di una regolamentazione rivelatasi giudizialmente illegittima).
4.- Anche il terzo motivo di ricorso è infondato. Si osserva preliminarmente che, intimata la controparte in assenza di qualsiasi difesa incidentale sulla diversa durata decennale, deve ritenersi passata in giudicato l’affermazione sul termine quinquennale e sulla regolarità dell’applicazione del contributo straordinario ex art. 24 co.24 D.L. 201/2011. Con riguardo, invece, al lamentato rigetto della eccepita prescrizione quinquennale per il periodo antecedente al giugno 2011 ed
entro il limite della decennalità antecedente al compimento del primo atto interruttivo (indicato in sentenza alla data del 24/12/2019), e quindi per il periodo gennaio 2010 -giugno 2011, la doglianza non merita accoglimento in ragione del consolidato orientamento (per tutte, si veda Cass. n.31527/22), secondo il quale la prescrizione quinquennale prevista dall’art. 2948, n. 4, c.c. così come dall’art. 129 del R.D.L. n.1827/1935 – richiede la liquidità ed esigibilità del credito, che deve essere posto a disposizione dell’assicurato, sicché, ove sia contestato l’ammontare del trattamento pensionistico (cioè con o senza applicazione del contributo di solidarietà), il diritto alla riliquidazione degli importi è soggetto all ‘ ordinaria prescrizione di cui all’art. 2946 cod.civ. Si richiami anche la pronuncia Cass. n.41320/2021 sulla mancanza dei criteri di liquidità ed esigibilità del credito, che deve essere posto a disposizione dell’assicurato, laddove la differenza di importo pensionistico, decurtata e non riscossa, ne esclude il carattere di importo ‘pagabile’. L’ indirizzo consolidato (Cass. n.449/23, n.688/23) è condiviso dal Collegio.
La soluzione cui si perviene è in linea con la proposta di definizione accelerata, in continuità con il consolidato orientamento giurisprudenziale, riassuntivamente espresso nella recente pronuncia ivi menzionata (Cass. n. 6170/2024), non essendovi spazio per una sua rimeditazione.
Le spese di giudizio vanno dichiarate non ripetibili in assenza di costituzione in giudizio dell’intimato. Essendo il giudizio definito in conformità alla proposta non accettata, si applica il solo ultimo comma del l’art.96 c.p.c. , contenendo l’art.380 bis, ult. co. c.p.c. una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata, con funzione prettamente
sanzionatoria (si rammenti sul punto quanto statuito da questa Corte con pronunce di S.U. n. 27195, 27433, 36069 del 2023, e Cass. 27947/23), a favore della collettività, espressiva di maggior rilievo dato dalla novella codicistica alla finalità deterrente rispetto al compimento di atti processuali meramente defatigatori, valorizzando la funzione deflattiva della definizione accelerata per disincentivare inutili lungaggini processuali in presenza di consolidati orientamenti ed in mancanza di innovative argomentazioni. La ricorrente va dunque condannata a pagare una somma equitativamente determinata in €2 .000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Sussistono, infine, i presupposti per il versamento del doppio del contributo unificato, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e dichiara non ripetibili le spese di giudizio.
Condanna il ricorrente, ai sensi del terzo comma dell’art. 380 -bis c.p.c., al pagamento, in favore della cassa delle ammende, della somma di Euro 2.000,00.
Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
Così deciso in Roma, l’ 11 luglio 2024.