Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 2392 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 2392 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso 20300-2019 proposto da:
NOME in proprio e nella qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso RAGIONE_SOCIALE CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
AZIENDA RAGIONE_SOCIALE NAPOLI INDIRIZZO CENTRO, in persona del Commissario Straordinario pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
contro
ricorrente –
nonchè contro
Oggetto
R.G.N. 20300/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 16/10/2024
CC
E.N.P.A.B. – ENTE NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA A RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso RAGIONE_SOCIALE CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonchè contro
ORDINE NAZIONALE DEI BIOLOGI;
– intimato – avverso la sentenza n. 6859/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 16/04/2019 R.G.N. 3701/2011; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/10/2024 dal Consigliere Dott. COGNOME
RITENUTO CHE
Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte d’appello di Napoli ha confermato la sentenza di prime cure che aveva rigettato la domanda svolta dall’attuale ricorrente per il riconoscimento dell’obbligo del la ASL di corrispondere, per tutte le prestazioni ricevute dalla RAGIONE_SOCIALE, il contributo ENPAB del 2% per la quota della società facente capo al biologo iscritto all’ENPAB, con condanna della detta ASL al pagamento della somma corrispondente a quanto dovuto al biologo per il mancato versamento del contributo integrativo maturato sulle prestazioni relative al periodo gennaio 1996-dicembre 2001.
Avverso la sentenza ricorre COGNOME NOME in proprio e nella qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE già Laboratorio di RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, con ricorso affidato ad un articolato motivo; resistono, con controricorso, ENPAB ed ASL Napoli 1 Centro; l’Ordine dei biologi è rimasto intimato.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è fondato, come già affermato da questa Corte con le sentenze nn. 2236, 2850 del 2020 e 41024 del 2021, che hanno esaminato fattispecie del tutto analoghe alla presente.
E’ la disciplina, inderogabile, dell’obbligazione contributiva relativa al rapporto assicurativo obbligatorio che regola la concreta fattispecie dedotta in causa senza che assuma rilevanza il dato che la pretesa fatta valere sia ancorata anche agli obblighi derivanti dalla convenzione intercorsa tra le parti.
Sostanzialmente si addebita alla sentenza impugnata una errata interpretazione del quadro normativo al cui interno si colloca la fattispecie che attiene alla individuazione del soggetto effettivamente gravato dell’obbligo di versare all’Ente di Previdenza per i biologi il contributo integrativo previsto dal D.Lgs. n. 103 del 1996, art. 8 e dall’art. 4 del Regolamento ENPAB.
In continuità, fra le altre, con Cass. n.2236/2020, la cui motivazione si intende qui richiamata in tutti gli snodi argomentativi ai quali si rinvia, la riscossione da parte del professionista del contributo integrativo, pari al due per cento del fatturato da porre a carico dell’utenza mediante evidenza in fattura, deriva direttamente dalla legge e tale disposizione è chiaramente rivolta a chiunque si trovi nella situazione descritta e la disposizione regolamentare, contenente la ulteriore disciplina del sistema di riscossione del contributo, laddove l’attività professionale sia resa in forma associata o societaria, realizza una legittima applicazione del potere regolamentare previsto dal citato d.lgs. n. 103 del 1996, art. 6.
Ipotizzare, come postula la tesi seguita dalla sentenza impugnata, che la regola generale della riscossione del contributo integrativo a carico dell’utenza non si debba applicare
laddove la prestazione del biologo sia resa quale socio di società accreditata presso l’Azienda sanitaria, non risponde né al dato testuale normativo e neanche ad una logica di equa distribuzione degli obblighi contributivi tra gli iscritti all’Ente di previdenza che è, invece, punto essenziale della solidarietà categoriale.
Senza alcuna giustificazione, infatti, il biologo socio o associato si troverebbe gravato di oneri contributivi maggiori rispetto ai colleghi non associati pur fruendo delle medesime prestazioni previdenziali.
Al contrario di quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, l’autonomia soggettiva della società professionale o dell’associazione non incide sul rapporto previdenziale intercorrente tra l’iscritto e l’Ente ed il vincolo associativo (o societario) riverbera solo sulle concrete modalità di calcolo dell’importo contributivo dovuto, come fatto palese dal disposto dell’art. 8 Reg. ENPAB, ratione temporis applicabile, che dispone che l’ammontare complessivo annuo delle maggiorazioni obbligatorie dovute all’Ente dal singolo iscritto è calcolato su una percentuale dei corrispettivi lordi conseguiti dalla associazione o società corrispondente alla quota di partecipazione agli utili spettante all’iscritto stesso.
La regolamentazione contributiva appena descritta non soffre, dunque, di alcuna lacuna, per cui non vi è spazio per interpretazioni analogiche o solo estensive che attingano al disposto della L. n. 243 del 2004, art. 1, comma 39.
Tali disposizioni, peraltro, non condividono la ratio di quelle sopra applicate: come affermato dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità (Cass. n. 10959 del 2018; Cass. n. 11257 del 2016; Cass. n. 11591 del 2016) esse sono relative alle società professionali mediche od odontoiatriche e quelle di
capitali ed attribuiscono a ciascun medico la quota parte della contribuzione di spettanza individuale, prevedendo che “le medesime società indicano i nominativi dei medici e degli odontoiatri che hanno partecipato alle attività di produzione del fatturato, attribuendo loro la percentuale contributiva di spettanza individuale: si è ritenuta la portata specifica della disposizione nel senso che la stessa impone una lettura appropriata e tecnica della parola fatturato, giacché essa non avrebbe significato ove la base di calcolo fosse già costituita dalle fatture emesse dai professionisti a fronte dei compensi ricevuti dalla società.
L’intento teleologico della norma in esame conferma che la L. n. 243 del 2004 è intervenuta a colmare una lacuna normativa (l’assoggettamento a contribuzione delle attività dei medici specialisti esterni operanti in strutture societarie), attraverso la previsione del prelievo contributivo sul fatturato annuo delle società, in qualsiasi forma costituite, prodotto dalle prestazioni specialistiche rese dai medici e odontoiatri nei confronti del Servizio pubblico; si è voluto così evitare che, attraverso lo schermo della struttura societaria, l’attività di lavoro del medico in regime di libera professione fosse sottratta alla contribuzione previdenziale.
In definitiva, il ricorso va accolto, la sentenza va cassata e rinviata per nuovo esame della fattispecie facendo applicazione del disposto dell’art. 8 del d.lgs. n. 103 del 1996 e dell’art. 4 del Regolamento ENPAB sopra citato.
Al giudice del rinvio, designato in dispositivo, è demandata anche la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla stessa Corte d’appello, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 16 ottobre