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Contributo di solidarietà: quando è illegittimo?

Un professionista in pensione ha contestato la legittimità del contributo di solidarietà trattenuto dalla sua cassa di previdenza. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito, dichiarando illegittimo il prelievo. Secondo la Corte, le casse di previdenza privatizzate non hanno l’autonomia di imporre prestazioni patrimoniali, una prerogativa riservata esclusivamente alla legge. Di conseguenza, la cassa è stata condannata a restituire le somme trattenute, con interessi, e la Corte ha ribadito che il termine di prescrizione per tale azione è di dieci anni.

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Pubblicato il 4 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Contributo di Solidarietà: La Cassazione ne Dichiara l’Illegittimità per le Casse Private

Recentemente, la Corte di Cassazione ha emesso un’ordinanza di grande rilevanza per tutti i professionisti iscritti a casse di previdenza privatizzate, affrontando la questione del contributo di solidarietà. Con una decisione che consolida un orientamento ormai granitico, la Suprema Corte ha stabilito che le casse previdenziali non possono imporre autonomamente prelievi sulle pensioni già maturate, riaffermando un principio fondamentale del nostro ordinamento giuridico.

I Fatti del Caso

Un dottore commercialista in pensione si era rivolto al Tribunale lamentando di aver subito una trattenuta sulla propria pensione a titolo di contributo di solidarietà, imposto dalla Cassa di previdenza di categoria. Il professionista sosteneva che tale prelievo fosse illegittimo perché violava diverse norme di legge, in quanto introdotto tramite delibere interne della Cassa e non da una legge dello Stato.

Dopo un primo grado di giudizio conclusosi con una pronuncia viziata, la Corte d’Appello di Venezia aveva dato piena ragione al pensionato. I giudici di secondo grado avevano dichiarato la nullità della sentenza del Tribunale e, decidendo nel merito, avevano accertato l’illegittimità del contributo, condannando la Cassa alla restituzione delle somme indebitamente trattenute.

Contro questa decisione, la Cassa di previdenza ha proposto ricorso per cassazione, articolando quattro motivi di impugnazione.

I Motivi del Ricorso e la Decisione della Cassazione

Il Limite all’Autonomia delle Casse Private

Il motivo principale del ricorso della Cassa si basava sulla presunta autonomia normativa che le consentirebbe di adottare misure, come il contributo di solidarietà, per garantire l’equilibrio finanziario e la sostenibilità a lungo termine della gestione. La Cassa sosteneva che le proprie delibere avessero forza di legge.

La Corte di Cassazione ha respinto categoricamente questa tesi, ribadendo un principio ormai consolidato: le casse di previdenza privatizzate non possono imporre prestazioni patrimoniali. Un prelievo su una pensione già determinata rientra in questa categoria, la cui istituzione è coperta da una riserva di legge assoluta, sancita dall’articolo 23 della Costituzione. Solo il legislatore statale, quindi, può imporre un sacrificio economico ai cittadini. Qualsiasi atto delle casse che imponga una trattenuta di questo tipo è incompatibile con tale principio e, pertanto, illegittimo.

La Prescrizione del Diritto alla Restituzione

Un altro punto chiave della controversia riguardava il termine di prescrizione per richiedere la restituzione delle somme. La Cassa sosteneva l’applicazione del termine breve di cinque anni, tipico dei ratei di pensione. Anche su questo punto, la Corte ha dato torto alla ricorrente, confermando l’orientamento delle Sezioni Unite. L’azione di restituzione di somme indebitamente trattenute è soggetta alla prescrizione ordinaria di dieci anni. Questo perché il diritto alla restituzione non riguarda i singoli ratei, ma l’accertamento dell’illegittimità del prelievo a monte, un diritto che diventa esigibile solo con la pronuncia del giudice.

La Decorrenza degli Interessi

Infine, la Cassa contestava la decorrenza degli interessi, che la Corte d’Appello aveva fissato dal momento di ogni singolo prelievo. La Suprema Corte ha confermato anche questa statuizione. I crediti previdenziali hanno natura unitaria e gli accessori, come interessi e rivalutazione, sono componenti essenziali della prestazione. Di conseguenza, gli interessi sono dovuti dalla data di maturazione del diritto, ovvero dal momento in cui è avvenuta la trattenuta illegittima, fino al saldo effettivo.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione di inammissibilità del ricorso basandosi su un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato e considerato “diritto vivente”. L’argomentazione centrale risiede nella distinzione tra la potestà normativa delle casse di previdenza, che riguarda i criteri di determinazione del trattamento pensionistico, e l’imposizione di prelievi su trattamenti già liquidati. Questi ultimi, qualificati come prestazioni patrimoniali, possono essere introdotti solo da una fonte legislativa primaria, in ossequio all’art. 23 della Costituzione. L’esigenza di assicurare l’equilibrio di bilancio, pur essendo un obiettivo legittimo, non può giustificare una deroga a questo principio fondamentale, che tutela l’affidamento del pensionato e la certezza del diritto.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un’importante conferma a tutela dei diritti dei pensionati iscritti alle casse professionali. La decisione chiarisce in modo definitivo che l’autonomia gestionale e normativa di questi enti non può spingersi fino a imporre sacrifici economici sui trattamenti già in essere. La Corte stabilisce un confine invalicabile: la salvaguardia dei bilanci deve avvenire attraverso strumenti conformi alla Costituzione, senza ledere diritti acquisiti. Per i professionisti, questa pronuncia rafforza la possibilità di agire in giudizio per ottenere la restituzione di eventuali contributi di solidarietà illegittimamente pagati, potendo contare su un termine di prescrizione decennale e sul diritto a interessi e rivalutazione dal giorno del prelievo.

Una Cassa di previdenza privata può imporre autonomamente un contributo di solidarietà sulle pensioni?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che un tale prelievo è una “prestazione patrimoniale”, la cui istituzione è riservata esclusivamente alla legge dello Stato, secondo l’articolo 23 della Costituzione. Le casse private non hanno questo potere.

Qual è il termine di prescrizione per chiedere la restituzione del contributo di solidarietà illegittimamente trattenuto?
Il termine di prescrizione per l’azione di restituzione è quello ordinario di dieci anni. Non si applica il termine breve di cinque anni perché il diritto non riguarda i singoli ratei di pensione, ma sorge dall’accertamento giudiziale dell’illegittimità del prelievo.

Da quando decorrono gli interessi sulle somme che la Cassa deve restituire?
Gli interessi legali sulle somme trattenute illegittimamente decorrono dal momento di ogni singolo prelievo fino alla data dell’effettivo pagamento. Questo perché gli accessori sono considerati parte integrante della prestazione previdenziale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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