Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 17837 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 17837 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 16860-2023 proposto da:
CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA A FAVORE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 109/2023 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 16/02/2023 R.G.N. 1305/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/04/2025 dalla Consigliera Dott. NOME COGNOME.
Oggetto
Previdenza
Professionisti
Cassa
Commercialisti
Contributo di solidarietà
R.G.N.16860/2023
Cron. Rep. Ud.22/04/2025 CC
RILEVATO CHE:
La Corte d’Appello di Milano, con la sentenza indicata in epigrafe, ha confermato la decisione di primo grado che aveva dichiarato l’illegittimità del prelievo operato dalla CASSA NAZIONALE RAGIONE_SOCIALE DOTTORI COMMERCIALISTI (in prosieguo: la CASSA), a titolo di contributo di solidarietà, sul trattamento pensionistico corrisposto a ll’odierno controricorrente, e condannato la CASSA a restituire, per detto titolo, le somme trattenute «a far data dal 18.01.2012».
Avverso tale pronuncia la CASSA ha proposto ricorso per cassazione, deducendo quattro motivi di censura, cui ha resistito NOME COGNOME
A seguito di proposta di definizione accelerata del giudizio, la parte ricorrente ha chiesto la decisione e la Corte ha fissato l’odierna adunanza camerale.
La CASSA ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di ricorso, la CASSA ha denunciato la violazione – ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. dell’art. 2 del d.lgs. n. 509 del 1994 – in combinato disposto con l’art. 22 del Regolamento di disciplina del regime previdenziale e con la delibera della CASSA del 27 giugno 2013 – dell’art 3, comma 12, della legge n. 335 del 1995, dell’art. 1, comma 763, della legge n. 296 del 2006, dell’art. 1, comma 488, della legge n. 147 del 2013, dell’art. 24, comma 24, del d.l. n. 201 del 2011 convertito con modificazioni dalla legge n. 214 del 2011, degli artt. 3, 23 e 38 Cost., per avere la sentenza impugnata ritenuto illegittimo il contributo di solidarietà applicato sulla pensione del controricorrente.
Con il secondo mezzo, la parte ricorrente ha denunciato la violazione -ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013, dell’art 3, comma 12, della legge n. 335 del 1995, dell’art. 1, comma 763, della legge n. 296 del 2006, dell’art. 2 del d.lgs. n. 509 del 1994, in combinato disposto con l’art. 22 del Regolamento di disciplina del regime previdenziale e con la delibera del 27.6.2013, tornando a censurare la ritenuta illegittimità del contributo di solidarietà.
Con il terzo motivo -ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.è dedotta la violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 434 c.p.c. Parte ricorrente imputa alla Corte di appello di non aver esaminato la censura mossa alla decisione di primo grado in punto di condanna a cessare le trattenute ‘ future’ sui ratei di pensione.
Il quarto motivo addebita, invece, alla sentenza impugnata -ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.- la violazione dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013, degli articoli 2946 e 2948 c.c., dell’art. 129 r.d.l. n. 1827 del 1935 e dell’art. 47 bis del d.P.R. n. 639 del 1970, per avere ritenuto applicabile il termine di prescrizione decennale in luogo di quello quinquennale.
I motivi primo, secondo e quarto si prestano ad una trattazione congiunta. Essi pongono una serie di questioni che la costante e consolidata giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto infondate (si vedano, tra le tantissime, con riferimento al primo ed al secondo motivo, Cass. nn. 31875 del 2018, 603 del 2019, 35986 e 36096 del 2022 nonché 3088, 9842, 9914, 10047 e 12122 del 2023, 6170 del 2024; in relazione al quarto, Cass. nn. 31527 del 2022, 4362, 4363,4604, 4349 del 2023).
Quanto alla legittimità del contributo di solidarietà, questa Corte ha ribadito a più riprese che il potere di imporlo deve trovare il suo univoco fondamento nella legge, alla stregua dell’art. 23 Cost. (Corte costituzionale, sentenza n. 173 del 2016); si tratta di un prelievo riconducibile al genus delle prestazioni patrimoniali imposte, che spetta al legislatore fissare nei suoi elementi essenziali (Cass. nr. 31875 del 2018), in quanto non si annovera tra i provvedimenti che le Casse, per espressa previsione di legge, possono adottare. Dalla scelta del legislatore di temperare il sistema del pro-rata (legge 296 del 2006) non si può evincere alcun fondamento per il potere della Cassa di imporre un contributo che interferisce con aspetti diversi. Né induce a diverse conclusioni il potere delle Casse secondo la formulazione dell’art. 3, comma 12, della legge nr. n. 335 del 1995 vigente dall’anno 2006 – di adottare tutti gli atti necessari a raggiungere l’equilibrio finanziario di lungo termine, in quanto tale finalità non rappresenta un connotato del contributo straordinario di solidarietà, proprio perché di carattere provvisorio e limitato nel tempo, così come affermato dalla stessa parte ricorrente (sentenza n. 31875 del 2018, cit., punto 7 delle Ragioni della decisione).
I motivi di ricorso non adducono alcuna rilevante e specifica confutazione rispetto alla statuizione centrale e più volte ribadita da questa Corte secondo cui la norma di interpretazione autentica di cui all’art.1, co.488, della legge n.147 del 2013, pone come condizione di legittimità degli atti adottati dagli enti previdenziali che essi siano finalizzati ad assicurare l’equilibrio finanziario a lungo termine mentre sicuramente tale finalità non rappresenta un connotato del contributo straordinario di solidarietà in oggetto, proprio perché esso ha carattere provvisorio e limitato nel tempo.
Tali considerazioni sono avvalorate dalle previsioni dell’art. 24, comma 24, del d.l. n. 201 del 2011. È il legislatore che, in quel frangente, ha delimitato i presupposti applicativi del contributo di solidarietà e ne ha stabilito in via imperativa la misura, fornendo una precisa base legale al prelievo in esame. In secondo luogo, il legislatore, con lo strumento della decretazione d’urgenza, ha mostrato di attribuire rilievo primario alle misure di riequilibrio di lungo periodo, con ciò differenziandole, all’evidenza, dal contingente contributo imposto dalla Cassa in virtù delle delibere qui contestate. Il legislatore ha imposto agli enti previdenziali privatizzati di adottare «misure volte ad assicurare l’equilibrio tra entrate contributive e spesa per prestazioni pensionistiche secondo bilanci tecnici riferiti ad un arco temporale di cinquanta anni». Ove gli enti previdenziali privatizzati, entro il 30 settembre 2012, non adottino i provvedimenti in esame o i Ministeri vigilanti esprimano un parere negativo sulle delibere adottate, a decorrere dal primo gennaio 2012 si applica «un contributo di solidarietà, per gli anni 2012 e 2013, a carico dei pensionati nella misura dell’1 per cento» (art. 24, comma 24, lettera b, del D.L. n. 201 del 2011). La legge indica come prioritaria l’adozione di misure strutturali di riequilibrio, destinate a proiettarsi in un arco temporale più ampio e solo in via di extrema ratio contempla l’applicazione del contributo di solidarietà in una misura predeterminata, peraltro diversa da quella che la Cassa commercialisti ha adottato.
4.1. Deve essere ribadita, anche, l’applicabilità della prescrizione decennale. In coerenza con i princìpi già enunciati dalle Sezioni Unite (Cass., Sez.Un., n. 17742 del 2015), questa Corte è costante nell’affermare che la prescrizione quinquennale, invocata dalla Cassa commercialisti, richiede la
liquidità ed esigibilità del credito. Il credito, dunque, deve essere posto a disposizione dell’assicurato. Tali requisiti non risultano integrati allorché «il pensionato è stato in condizione di riscuotere solo i ratei della pensione nella misura decurtata del contributo di solidarietà, e non anche nel superiore importo spettante senza l’applicazione del medesimo» (Cass. n. 31527 del 2022, punto 15 delle Ragioni della decisione). Non è conferente, in senso contrario, il richiamo all’art. 47bis del d.P.R. n. 639 del 1970, dettato nell’àmbito delle prestazioni erogate dall’INPS – come la stessa collocazione sistematica della disciplina conferma -e concernente la disciplina dei «trattamenti pensionistici, nonché delle prestazioni della gestione di cui all’articolo 24 della legge 9 marzo 1989, n. 88».
Tale orientamento è stato confermato anche nello scrutinio degli argomenti critici sviluppati dalla Cassa a sostegno delle istanze di decisione (Cass. n. 23257 del 2024) e la memoria illustrativa non apporta argomenti che possano indurre a rimeditare la giurisprudenza oramai consolidata.
Resta da valutare il terzo motivo che, ugualmente, si arresta ad un rilievo di inammissibilità.
Anche in parte qua , condivide il Collegio le argomentazioni espresse nella proposta di definizione accelerata di genericità delle censure. Il ricorso per cassazione, infatti, non riproduce il tenore della pronuncia di primo grado e non consente dunque di apprezzare i termini esatti in cui è stato impartito l’ordine di cessazione delle trattenute «a far data dal 18.01.2012» (così testualmente riportato, nella pronuncia impugnata, il tenore del l’ordine imposto dal Tribunale: v. pag.2, primo periodo dei ‘Motivi in fatto ed in diritto’ della sentenza impugnata). Pertanto, in difetto di diverse e più estese deduzioni, deve ritenersi che il comando sia stato reso in funzione «rafforzativa
della declaratoria d’illegittimità della delibera che ha dato luogo alle trattenute non dovute» (v. in motivazione, Cass. n. 3088 del 2023) e circoscritto ai presupposti fattuali riscontrati nella pronuncia che lo contiene.
Il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile ex art. 360-bis, n. 1, c.p.c.,
Non vi è luogo a provvedere sulle spese, in ragione della tardività del controricorso (la notifica del ricorso è del 3 agosto 2023; il deposito del controricorso del l’11 ottobre 2023) ; per le stesse ragioni non deve essere riconosciuta la ulteriore somma di cui all’articolo 96, comma 3, c.p.c., come richiamato dall’art. 380 bis c.p.c.
Poiché il presente giudizio è definito in conformità alla proposta, deve applicarsi, invece, l’art. 96, co. 4, c.p.c., non ravvisando il Collegio ragioni per discostarsi nella specie dalla suddetta previsione legale (cfr. Cass., Sez. Un., n. 36069 del 2023).
Parte ricorrente va dunque condannata a pagare una somma di Euro 2.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Va infine dichiarata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la parte ricorrente a versare la somma di Euro 2.500,00 alla Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , D.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale del 22 aprile 2025.
LA PRESIDENTE NOME COGNOME