SENTENZA CORTE DI APPELLO DI BOLOGNA N. 344 2025 – N. R.G. 00000697 2024 DEPOSITO MINUTA 14 07 2025 PUBBLICAZIONE 15 07 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE D’APPELLO DI BOLOGNA
Sezione Lavoro
composta dai Signori Magistrati:
Dott.ssa NOME COGNOME Presidente
Dott.
NOME COGNOME Consigliere
Dott.
NOME COGNOME Consigliere rel.
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
nella causa di appello iscritta al n. 697/2024 R.g.l., avverso la sentenza del Tribunale di Parma n. 420 del 14.5.2024, non notificata;
avente ad oggetto: contributo di solidarietà, promossa da:
rappresentata e difesa dagli avv. NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME in Parma -appellante;
nei confronti di:
, rappresentato e difeso dagli avv. NOME COGNOME e
NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso il loro studio in Rimini -appellato;
trattenuta in decisione all’udienza collegiale del 19.6.2025, udita la relazione della causa, sentite le parti e viste le conclusioni assunte, come in atti trascritte, esaminati gli atti e i documenti di causa,
Rilevato in fatto e ritenuto in diritto
1. agiva dinanzi al Tribunale di Parma, in funzione di Giudice del lavoro, e sulla premessa di essere iscritto alla CNPADC, di avere conseguito la pensione di vecchiaia (decorrenza dall’1.9.2004) e di subire un’indebita trattenuta sul beneficio a titolo di contributo di solidarietà ex art. 22 del Regolamento di disciplina del regime previdenziale dalla stessa adottato, rassegnava le seguenti conclusioni: ‘ Voglia l’Ill.mo Tribunale di PARMA, Sezione Lavoro, contrariis reiectis, dichiarare l’illegittimità del contributo di solidarietà operato in detrazione sulle rate della pensione liquidate e maturate sulla pensione di vecchiaia del Dott. per i motivi in fatto ed in diritto di cui in narrativa, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO all’art. 22 del regolamento della C.N.P.A.D.C. approvato con Decreto Ministeriale del 14.07.2004; delibera della C.N.P.A.D.C. n. 4 approvata nella riunione del 28 ottobre 2008 dall’Assemblea del delegati della CNPADC; Delibera dell’Assemblea dei Delegati 27.06.2013 approvata dai Ministri Vigilanti il 21.10.2013; deliberazione dell’Assemblea dei Delegati n. 10/17 del 29 novembre 2017 con cui la ha prorogato tale prelievo anche per il quinquennio 2019-2023. Voglia, quindi, l’Ill.mo Tribunale di PARMA, Sezione Lavoro, contrariis reiectis, affermare, così come sancito dalla Suprema Corte di Cassazione, il principio di diritto secondo cui, in applicazione del criterio del pro rata, la
a favore dei è tenuta a corrispondere al ricorrente la pensione senza l’applicazione del contributo di solidarietà. In conseguenza CONDANNARE La
alla restituzione a favore dello stesso delle ritenute operate a tale titolo e dichiarare non più operabile detta detrazione per il contributo di solidarietà per il futuro ‘.
Il Tribunale di Parma, nella resistenza di controparte, identificato l’oggetto del giudizio con la contestazione della ‘ applicazione del contributo di solidarietà previsto dall’art. 22 del Regolamento di disciplina della Cassa, approvato con D.I. del 14.7.2004 per un quinquennio e poi rinnovato in data 28.10.2008, in data 27.6.2013 e in data 29.11.2017 ‘, definiva la controversia sulla base dell’orientamento di legittimità favorevole alla posizione del pensionato (‘ 11. Sul punto, si richiamano, anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c., le argomentazioni svolte in Cass. 17 dicembre 2018, n. 32595, conformi a quanto espresso in numerose altre pronunce di legittimità che costituiscono un orientamento consolidato e univoco sulla questione per cui è causa (cfr. ex multis a es. Cass. 10 dicembre 2018, n. 31875) … 12. Deve quindi essere dichiarata l’illegittimità delle trattenute operate dalla sulla pensione del ricorrente a
titolo di contributo di solidarietà, con conseguente diritto del ricorrente alla restituzione dei relativi importi. 13. Tale conclusione non è confutata dal fatto che l’introduzione di un contributo di solidarietà con una norma di legge primaria (art. 1 co. 486 l. 147/2013) sia stato ritenuto costituzionalmente legittimo dalla Corte costituzionale (Corte cost. n. 173/2016); al contrario, anzi, ciò conferma che una simile decurtazione della pensione può essere introdotta, alle stringenti condizioni chiarite dalla Corte costituzionale, con una norma di legge e non con una previsione regolamentare di una Cassa privatizzata, per di più ripetutamente reiterata ‘).
Il Tribunale riteneva f ondata l’eccezione mossa in via di subordine dalla in merito all’applicabilità alla fattispecie dell’art. 24 co. 24 d.l. 201/2011, affermando che ‘ 18. Questa norma prevede quanto segue:
«In considerazione dell’esigenza di assicurare l’equilibrio finanziario delle rispettive gestioni in conformità alle disposizioni di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, gli enti e le forme gestorie di cui ai predetti decreti adottano, nell’esercizio della loro autonomia gestionale, entro e non oltre il 30 settembre 2012, misure volte ad assicurare l’equilibrio tra entrate contributive e spesa per prestazioni pensionistiche secondo bilanci tecnici riferiti ad un arco temporale di cinquanta anni. Le delibere in materia sono sottoposte all’approvazione dei Ministeri vigilanti secondo le disposizioni di cui ai predetti decreti; essi si esprimono in modo definitivo entro trenta giorni dalla ricezione di tali delibere.
Decorso il termine del 30 settembre 2012 senza l’adozione dei previsti provvedimenti, ovvero nel caso di parere negativo dei Ministeri vigilanti, si applicano, con decorrenza dal 1° gennaio 2012:
a) le disposizioni di cui al comma 2 del presente articolo sull’applicazione del pro-rata agli iscritti alle relative gestioni;
b) un contributo di solidarietà, per gli anni 2012 e 2013, a carico dei pensionati nella misura dell’1 per cento».
19. Contrariamente a quanto sostenuto dalla , questa disposizione non può essere interpretata nel senso che facoltizzi, in via generale e astratta, la previsione di ogni contributo di solidarietà, quale che ne sia la misura e la durata, da parte delle Casse di previdenza privatizzate, anche perché una simile opzione ermeneutica si porrebbe in aperto contrasto con i caratteri di eccezionalità e contingenza che, secondo quanto stabilito dalla Corte costituzionale, devono caratterizzare l’introduzione in via legislativa del contributo di solidarietà.
20. Tuttavia, in virtù della lett. b) della norma citata risulta legittima l’applicazione di un contributo di solidarietà dell’1% negli anni 2012 e 2013; per
quanto qui rileva, dunque, consegue che per le mensilità intercorse tra giugno e dicembre 2013 la dovrà restituire non l’intero importo delle trattenute operate, ma la differenza tra queste ultime e la misura dell’1% ‘.
Il ricorso era allora accolto in tali termini, nei limiti della prescrizione, venendo disattesa la domanda di accertamento della non operabilità della detrazione per il futuro.
Il Tribunale di Parma, precisamente, così statuiva:
‘ 1. condanna la a favore Dottori a restituire le trattenute operate sulla pensione di a titolo di contributo di solidarietà tra il 27.5.2013 e il 31.12.2013 nella misura in cui eccedano la misura dell’1%, oltre interessi dalle singole scadenze al saldo; 2. condanna la a favore dei Dottori a restituire le trattenute operate sulla pensione di a titolo di contributo di solidarietà a decorrere dall’1.1.2014, oltre interessi dalle singole scadenze al saldo; 3. condanna la al pagamento in favore di delle spese di lite, che liquida in € 3.500,00 per compenso professionale, oltre 15% per spese generali, i.v.a., se dovuta, e c.p.a. come per legge, e in € 43 per esborsi, con distrazione a favore degli avvocati antistatari ‘. Par
2. La CNPADC propone appello avverso la sentenza del Tribunale di Parma, chiedendo a questa Corte, in riforma della sentenza impugnata: in via principale, di respingere integralmente le domande proposte con il ricorso introduttivo del giudizio, poiché infondate in fatto ed in diritto; in subordine, di dichiarare prescritta la domanda di restituzione delle somme trattenute a titolo di contributo di solidarietà dalla per il periodo antecedente al 27.5.2018; ancora in subordine, di limitare il computo degli interessi sulle somme che dovessero essere riconosciute come eventualmente da restituire a partire dal 27.5.2023.
La controparte si è costituita in giudizio, resistendo all’impugnazione.
2.1. È definitiva la statuizione del Tribunale secondo cui la restituzione delle somme trattenute debba avvenire, in relazione al periodo compreso tra il 27.5.2013 e il 31.12.2013, nella misura in cui eccedano la misura dell’1%, trattandosi di affermazione non contestata dal pensionato.
3. Con il primo articolato motivo , la censura la sentenza nella parte in cui il Giudice ha ritenuto illegittimo il contributo di solidarietà applicato, per il periodo per cui è causa, in virtù delle delibere della nn. 4/2008, 3/2013 e 10/2017, erratamente sostenendo che non sussistessero i poteri normativi in capo
alla
Il
Giudice, aderendo
acriticamente ad
alcuni
precedenti giurisprudenziali, dopo aver dato atto del potere normativo attribuito dal Legislatore agli Enti previdenziali privatizzati, ha evidenziato che ‘ l’autonomia degli stessi enti, tuttavia, incontra un limite fondamentale, imposto dalla stessa disposizione che la prevede (ossia dal predetto d.Lgs. n. 509 del 1994, art. 2), la quale definisce espressamente i tipi di provvedimento da adottare, identificati, appunto, in base al loro contenuto (“variazione delle aliquote contributive, di riparametrazione dei coefficienti di rendimento o di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico nel rispetto del principio del pro rata in relazione alle anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti”). Esula, tuttavia, dal novero (una sorta di numerus clausus) degli stessi provvedimenti – e risulta incompatibile, peraltro, con il “rispetto del principio del pro rata (…)” qualsiasi provvedimento degli enti previdenziali privatizzati (quale, nella specie, l’art. 22 del Regolamento di disciplina del regime previdenziale), che introduca a prescindere dal “criterio di determinazione del trattamento pensionistico” – la previsione di una trattenuta a titolo di “contributo di solidarietà” sui trattamenti pensionistici già quantificati ed attribuiti. Ed invero sul punto deve evidenziarsi che la imposizione di un “contributo di solidarietà” sui trattamenti pensionistici già in atto non integra, all’evidenza, né una “variazione delle aliquote contributive”, né una “riparametrazione dei coefficienti di rendimento”. Alla stessa conclusione deve pervenirsi, tuttavia, con riferimento ad “ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico”. La previsione relativa intende riferirsi, infatti, a tutti i provvedimenti, che -al pari di quelli specificamente identificati nominativamente (di “variazione delle aliquote contributive”, appunto, e di “riparametrazione dei coefficienti di rendimento”) incidano su “ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico”. Ne esula, quindi, qualsiasi provvedimento, che – lungi dall’incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico da adottarsi nel rispetto o tenuto conto del principio del pro rata, ai sensi delle successive formulazioni dell’art. 3, comma 12, I. n 335/1995 e finalizzato al solo riequilibrio finanziario rispetto ai limiti di stabilità imposti dalla legge -imponga una trattenuta su detto trattamento già determinato, in base ai criteri ad esso applicabili, quale limite esterno della sua misura. (…) esula dai poteri riconosciuti dalla normativa la possibilità per le Casse di emanare un contributo di solidarietà in quanto, come si è detto, esso, al di là del suo nome, non può essere ricondotto ad un “criterio di determinazione del trattamento pensionistico’, ma costituisce un prelievo che può essere introdotto solo dal legislatore ‘.
Così facendo, il Tribunale ha però applicato l’art. 3, comma 12, della l. n. 335/95 nella vecchia formulazione, ‘ mentre le norme regolamentari della
oggetto di causa (ossia le delibere nn. 4/2008, 3/2013 e 10/2017) sono state (pacificamente) emanate nella vigenza dell’art. 3, co. 12, L. n. 335/1995, così come modificato ad opera dell’art. 1, co. 763, L. n. 296/2006 ‘. Nel nuovo testo, la norma prevede che ‘ In esito alle risultanze e in attuazione di quanto disposto dal suddetto articolo 2, comma 2, sono adottati dagli enti medesimi, i provvedimenti necessari per la salvaguardia dell’equilibrio finanziario di lungo termine, avendo presente il principio del pro rata in relazione alle anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti e comunque tenuto conto dei criteri di gradualità e di equità fra generazioni ‘. È stata allora ampliata la gamma degli oggetti di intervento previsti dall’art. 3, comma 12, ‘ non più limitati (come con la versione originaria della Legge Dini) ai provvedimenti di variazione di aliquote contributive, di riparametrazione dei coefficienti di rendimento o di altri criteri di determinazione del trattamento pensionistico. È stata infatti eliminata la suddetta elencazione dei provvedimenti tipici adottabili e introdotta la formula aperta (quindi con passaggio ad un sistema atipico) dei ‘provvedimenti necessari per la salvaguardia dell’equilibrio finanziario di lungo termine’, fermo restando ‘lo scopo di assicurare l’equilibrio di bilancio’ e la ‘stabilità delle gestioni previdenziali … da ricondursi ad un arco temporale non inferiore ai trenta anni’. Dall’altro lato, nell’adozione di tali provvedimenti, a partire dal 1.1.2007, data di entrata in vigore della legge 296, le casse privatizzate nell’esercizio del loro potere regolamentare non sono più tenute al rispetto del principio del pro rata (vecchia formulazione), ma solo a tenere presente tale principio nonché a tenere conto ‘dei criteri di gradualità e di equità fra generazioni’ (nuova formulazione). Il principio del pro rata temporis è stato quindi reso flessibile e posto in bilanciamento con gli importanti criteri di gradualità e di equità tra generazioni ‘.
Non può allora ritenersi che i provvedimenti adottabili dagli Enti previdenziali privatizzati costituiscano un numero chiuso, essendo adottabili tutti gli atti necessari all’esigenza di salvaguardare l’equilibrio di bilancio di lungo termine. Ed è lo stesso art. 3, comma 12, cit. a costituire la fonte legislativa dell’imposizione del contributo di solidarietà per cui è causa, limitandosi la
nell’introdurre il predetto contributo, ad esercitare legittimamente i poteri normativi attribuitile dal Legislatore.
Peraltro, non sussiste nell’ordinamento un principio di intangibilità del trattamento pensionistico in corso di erogazione anche a fronte del necessario rispetto del principio di solidarietà/equità intergenerazionale di cui agli artt. 2 e 3 Cost., così che, in presenza di ragionevoli motivi, in ipotesi ravvisabili nella ‘ salvaguardia degli equilibri di bilancio e di contenimento della spesa previdenziale ‘ è possibile per il Legislatore, attraverso l’attribuzione dei relativi
poteri normativi agli Enti previdenziali privatizzati, i quali unici possono valutare correttamente la necessità di introdurre misure come il contributo di solidarietà, a fronte delle previsioni contenute nei bilanci di lungo periodo sulla tenuta finanziaria dei loro sistemi), modificare in pejus anche i trattamenti previdenziali in essere.
L’appellante censura ancora la sentenza nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto che il contributo di solidarietà non possa essere finalizzato ad assicurare l’equilibrio di bilancio a lungo termine, ivi compresa la parte in cui, per tale motivo, ha ritenuto irrilevante l’art. 1, comma 488, della l. n. 147/2013, norma di interpretazione autentica dell’art. 1, comma 763, ultimo periodo, della l. n. 296/2006, dal momento che tale norma pone come condizione di legittimità degli atti che essi siano finalizzati proprio ad assicurare l’equilibrio di bilancio a lungo termine, tratto caratteristico negato dal Tribunale. Va invece ribadito che il contributo concorre, unitamente all’introduzione del calcolo del metodo contributivo della pensione, a ridurre la spesa previdenziale, poiché la sola introduzione del calcolo contributivo (producendo i suoi effetti solo nei confronti di chi si fosse iscritto alla successivamente all’1.1.2004) non sarebbe stata sufficiente a garantire la stabilità finanziaria di lungo termine.
La sentenza non sarebbe condivisibile nemmeno nella parte in cui il Giudice afferma che la norma di salvezza contenuta nell’art. 1, comma 763, ultimo periodo, della l. n. 296/2006 non potrebbe che riguardare ‘ i provvedimenti che hanno inciso sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico dei professionisti iscritti alla e non già la materia che esula dai poteri delle Casse, quale quella in esame’ (cfr. pag. 7 della sentenza impugnata). Infatti, a voler seguire tale ragionamento, la norma rimarrebbe del tutto priva di senso in quanto non si comprende quale sarebbe la finalità del Legislatore nel voler far salvi provvedimenti che erano già pienamente legittimi. Pertanto, una volta chiarito che il contributo di solidarietà, pur essendo limitato nel tempo, è idoneo a salvaguardare l’equilibrio di bilancio di lungo termine, è evidente che la sua previsione, sin dall’origine con il Regolamento del 2004, rientra nel campo di applicazione dell’art. 1, co. 488 in parola, quindi è legittimo anche a fronte della salvezza prevista da tale norma. Alla luce di quanto esposto, è evidente che l’art. 1, co. 488, L. n. 147/2013, norma di interpretazione autentica e quindi retroattiva, è rilevante ai fini della legittimità – per quanto possa occorrere a fronte del fatto che la norma regolamentare del 2004 non è oggetto del presente giudizio in quanto non si verte sul contributo di solidarietà per il quinquennio 2004-2008 dell’art. 22 Regolamento di disciplina del Regime previdenziale della
del 2004 e quindi, a maggior ragione, delle successive delibere oggetto di causa ‘.
La legittimità del contributo di solidarietà è, inoltre, anche alla luce di quanto affermato dalla Corte Costituzionale proprio con riferimento a tale istituto e sull’applicazione dello stesso anche alle pensioni in corso di erogazione, avendo la Consulta ritenuto che il contributo di solidarietà ‘ è una misura ablativa di ‘solidarietà forte’, finalizzata a ‘realizzare un circuito di solidarietà interno al sistema previdenziale’, inquadrabile nel genus delle prestazioni patrimoniali imposte per legge, ex art. 23 Cost., caratterizzata, però, dalla finalità solidaristica di contribuzione agli oneri finanziari del sistema previdenziale e di sostegno ai più deboli, ‘anche in un’ottica di mutualità intergenerazionale’. La Corte Costituzionale ha poi precisato che il contributo di solidarietà può ritenersi misura consentita ove ‘non ecceda i limiti entro i quali è necessariamente costretta in forza del combinato operare dei canoni di ragionevolezza, affidamento e della tutela previdenziale’ (Corte Cost. n. 173/2016) ‘.
Il contributo di solidarietà non potrebbe però ledere il principio di ragionevolezza, essendo pienamente rispettoso dei parametri costituzionali ex artt. 2, 36 e 38 Cost., alla luce delle condizioni che la Corte Costituzionale ha ritenuto che debbano sussistere a tal fine (‘ In particolare: a) è straordinario; b) è di importo contenuto; c) opera all’interno del sistema previdenziale gestito dalla d) è limitato nel tempo; e) è finalizzato ad assicurare l’equilibrio finanziario di lungo termine e l’equità intergenerazionale; f) è ispirato al criterio di gradualità, in relazione sia all’importo del trattamento pensionistico sia alla minore o maggiore incidenza del calcolo retributivo della pensione, attraverso l’applicazione di una percentuale crescente; g) non incide sulla generalizzata categoria dei pensionati ma solo su quelli beneficiari del regime retributivo più favorevole rispetto a quello contributivo; h) non incide su pensioni o quote di pensione retributiva inferiori ad € 10.629,84 annui; i) non incide sulla proporzionalità tra contributi versati ed ammontare della prestazione ‘).
Le soluzioni alternative al contributo di solidarietà, imposto sulle pensioni più favorevoli calcolate in tutto o in parte con il metodo retributivo, condurrebbero peraltro ad applicare un prelievo sulle prestazioni previdenziali non ancora maturate dei nuovi iscritti, ‘ le quali però già saranno meno favorevoli in quanto calcolate interamente con il sistema contributivo, quindi a tutto danno dei giovani iscritti, in chiara violazione del principio di equità intergenerazionale connesso con quello di solidarietà. Ad analoghi illegittimi ed ingiusti risultati condurrebbe anche l’eventuale previsione di aumento dei contributi per i nuovi iscritti, come alternativa al contributo di solidarietà, considerato che ciò comporterebbe il versamento di contributi più elevati rispetto a quelli versati dai professionisti come il Dott. -che godono di una pensione calcolata
interamente con il sistema retributivo – a fronte della possibilità di avere una pensione calcolata con un criterio unicamente contributivo e, quindi, meno favorevole. Si creerebbe così un vulnus al principio di solidarietà intergenerazionale, che trova una tutela costituzionale agli artt. 2 e 3 Cost. e anche una tutela espressa ormai nella normativa di legge primaria di cui all’art. 3, co. 12, L. n. 335/1995, così come modificata dall’art. 1, co. 763, L. n. 296/2006 ‘.
Né potrebbe ravvisarsi, nella specie, una lesione dell’affidamento del pensionato, atteso che l’istituto in parola trova applicazione unicamente con riferimento alla quota retributiva del trattamento pensionistico dei professionisti; quota il cui calcolo, come è noto, è totalmente svincolato dai contributi versati, negli anni, dal professionista, in quanto basato esclusivamente sui redditi prodotti dal medesimo.
Il contributo, prosegue la non potrebbe essere considerato illegittimo quale ‘ prelievo inquadrabile nel genus delle prestazioni patrimoniali imposte per legge, di cui all’art. 23 Cost. (…) che può essere introdotto solo dal legislatore ‘. Ove anche si ritenesse che il contributo rientri tra le prestazioni patrimoniali di cui all’art. 23 Cost. e che vi sia quindi, in materia, una riserva di legge, essa dovrebbe essere considerata relativa, ovverosia una riserva che richiede che la normativa attuativa e di dettaglio spetti ad una fonte secondaria.
La sentenza impugnata è erronea, secondo l’appellante, anche nella parte in cui il Giudice ha ritenuto il contributo di solidarietà incompatibile con il rispetto del principio del pro rata : ‘ Ed invero, il contributo in esame, in quanto istituto non frazionabile, si appalesa del tutto estraneo al suddetto principio. Difatti, ‘come precisato dalla Suprema Corte, il contributo di solidarietà non ha a che vedere con il principio del pro rata, e pertanto non lo scalfisce’ (…) ‘E non va altresì considerato che, dopo la modifica del 2006, il principio del pro rata va solo tenuto presente’ (…) ‘la misura in scrutinio, modulata sui criteri di ‘equità generazionale’ – gravando il prelievo solo sulla quota di pensione calcolata col sistema retributivo – appare tener conto sia il principio del ‘pro rata’ sia un doveroso criterio ‘graduatore’ del contributo, dal momento che il prelievo solidaristico de quo opera solo limitatamente ad un periodo temporale comunque delimitato per legge ed in misura decisamente contenuta’ (Tribunale di Milano, sez. lav., n. 192/2020). Peraltro, lo stesso Giudice di primo grado, in contraddizione con quanto sopra sostenuto, conferma l”estraneità del contributo di solidarietà … al principio del necessario rispetto del pro rata’ (cfr. pag. 7 della sentenza impugnata) ‘.
Sarebbe infine errata l’affermazione del Tribunale secondo cui ‘ questa disposizione non può essere interpretata nel senso che facoltizzi, in via generale e
astratta, la previsione di ogni contributo di solidarietà, quale che ne sia la misura e la durata, da parte delle Casse di previdenza privatizzate, anche perché una simile opzione ermeneutica si porrebbe in aperto contrasto con i caratteri di eccezionalità e contingenza che, secondo quanto stabilito dalla Corte costituzionale, devono caratterizzare l’introduzione in via legislativa del contributo di solidarietà ‘ e ciò in quanto con l’art. 24, comma 24, del d. l. n. 201/2013, il Legislatore ha confermato espressamente che tra le misure che gli Enti previdenziali privati possono adottare, in virtù del d.lgs. n. 509/1994 e dell’art. 3, comma 12, della l. n. 335/1995, per assicurare la stabilità finanziaria, rientra proprio il contributo di solidarietà. Con tale previsione normativa, ‘ il Legislatore ha, quindi, definitivamente ed inequivocabilmente, chiarito che il contributo di solidarietà rappresenta una misura che gli Enti previdenziali privatizzati, ‘nell’esercizio della loro autonomia gestionale’, possono, ed anzi devono, adottare al fine di assicurare l’esigenza dell’equilibrio finanziario di lungo termine, secondo bilanci tecnici riferiti ad un arco temporale di cinquanta anni (come avvenuto nel caso di specie). Con tale disposizione, il Legislatore ha, dunque, confermato l’attribuzione agli Enti previdenziali privatizzati del relativo potere normativo. Al riguardo, è stato correttamente ritenuto che: ‘Il Legislatore con l’art. 24, co. 24, D.L. n. 201/2011, conv. in L. 214/2011, ha ritenuto, anche con specifico riferimento agli Enti previdenziali privatizzati, che l’introduzione di un contributo di solidarietà, ancorché temporalmente limitato, sia necessitato per la stabilità finanziaria di lungo termine’ (ex multis, Tribunale di Verona, sez. lav., n. 236/2023; Tribunale di Verona, sez. lav., n. 509/2020; Tribunale di Busto Arsizio, sez. lav., n. 125/2020).
In subordine, tale norma, almeno dalla sua entrata in vigore, e quindi dall’anno 2011, non poteva che essere considerata come legittimante l’imposizione del contributo di solidarietà operata dalla nelle misure rispettivamente fissate dalle Delibere nn. 4/2008, 3/2013 e n. 10/2017. Infatti, per il tenore letterale di tale norma e per la tecnica legislativa utilizzata, anche se non si ritenesse di considerarla come confermativa dei poteri già spettanti alle Casse previdenziali privatizzate, va sicuramente considerata come una norma che ha attribuito ex novo a tali Enti il potere di incidere anche sui trattamenti pensionistici in essere, anche con la previsione di un contributo di solidarietà, quindi nel pieno rispetto dell’art. 23 Cost.; altrimenti la norma verrebbe di fatto privata del tutto della propria carica precettiva. Va considerato che tale norma, per il caso in cui il contributo di solidarietà venga introdotto attraverso la propria normativa regolamentare dagli Enti previdenziali privatizzati, al fine di assicurare l’equilibrio di bilancio di lungo periodo, non individua un arco temporale limitato per la vigenza di tale contributo di
solidarietà, che invece, è limitato per gli anni 2012 e 2013 nella misura dell’1% solo per il caso di inerzia degli Enti .
In definitiva, con la suddetta disposizione, il Legislatore ha inteso confermare -ovvero attribuire -agli Enti previdenziali privatizzati il potere normativo di raggiungere la stabilità finanziaria di lungo periodo per il mezzo di qualsiasi provvedimento necessario allo scopo e che tra le misure consentite rientra proprio l’istituto del contributo di solidarietà. Pertanto, a tutto voler concedere, è evidente che l’art. 24, co. 24, D.L. n. 201/2011 abbia quantomeno ampliato, a partire dalla sua entrata in vigore, ovvero dal 2011, il potere normativo degli Enti previdenziali privatizzati di imporre il contributo di solidarietà anche sui trattamenti pensionistici in corso di erogazione, con conseguente legittimità delle delibere in parola della , quantomeno a far data dal 2011; ne conseguirebbe, quindi, l’integrale rigetto della domanda avversaria .
La aggiunge poi che la legittimità del contributo in parola emerge, in realtà, ‘ anche con riferimento alla originaria formulazione dell’art. 3, co. 12, L. n. 335/1995, che deve necessariamente essere interpretato ed applicato in combinato disposto all’art. 2 del D. Lgs. n. 509/1994 (secondo cui: ‘Le associazioni o le fondazioni hanno autonomia gestionale, organizzativa e contabile (…) La gestione economico finanziaria deve assicurare l’equilibrio di -bilancio’). Ed invero, si osserva che l’art. 3, co. 12, della L. n. 335 del 1995, nel testo previgente, prevedeva, “In esito alle risultanze” ed in attuazione di quanto disposto dal citato art. 2, comma 2, la possibilità di adottare “ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico’. È chiara, dunque, la riconduzione dei poteri rideterminativi sopra detti (“ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico”) all’ambito di quanto necessario (v. l’inciso “in esito alle risultanze”, evidentemente da riferire all’introduzione di un arco temporale, all’epoca di 15 anni, di garanzia dell’equilibrio di bilancio, imposto dalla stessa norma) per adeguare i trattamenti pensionistici alle rigorose esigenze di previsione finanziaria. L’istituto in parola non va, dunque, ad impattare sulla previsione dell’art. 3, comma 12 cit., se non per quanto attiene al necessario rispetto degli equilibri gestionali, cui va riferito il richiamo ad essa ‘.
Con il secondo motivo , la censura la sentenza nella parte in cui il Giudice ha ritenuto che il termine della maturazione della prescrizione sia decennale e non quinquennale.
Con il terzo motivo , l’appellante censura la sentenza nella parte in cui il Giudice ha erroneamente ritenuto, senza nulla motivare nello specifico, che la debba restituire le somme trattenute a titolo di contributo di solidarietà ‘ oltre interessi dalle singole scadenze al saldo ‘. Così decidendo, il Giudice ha
violato l’art. 16, comma. 6, della l. n. 412//91 nonché gli artt. 1224 e 2033 c.c., stante l’impossibilità, nella specie, di far decorrere gli interessi dalle singole scadenze. Ed invero, come noto, l’art. 16, comma 6, cit., ‘ prevede che gli interessi decorrano dal momento in cui l’Ente avrebbe dovuto adottare il provvedimento richiesto con domanda dell’interessato. Orbene, alla luce della ratio sottostante a tale previsione, il provvedimento cui essa fa riferimento non può essere di certo considerato quello di liquidazione della pensione, ma, se proprio si volesse seguire alla lettera tale disposto normativo, il provvedimento da prendere in considerazione dovrebbe essere quello di risposta alla richiesta dell’interessato di restituzione del contributo di solidarietà applicato ovvero quello della domanda di restituzione. Tale lettura è avvalorata dalla necessità di leggere l’art. 16, co. 6, L. n. 412/1991 in combinato disposto con gli artt. 1224 c.c. e 2033 c.c. (che, come noto, prevedono che gli interessi siano dovuti dal giorno della mora o della domanda) ‘.
Il dies a quo di decorrenza degli interessi legali va riferito non alle singole scadenze delle trattenute illegittime bensì alla domanda amministrativa.
4. L’appello non merita accoglimento.
Come evidenziato, in ultimo, da Cass., 16.6.2025, n. 16501, di cui si riporta la motivazione ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c., i proposti motivi risultano infondati alla stregua dell’oramai consolidato orientamento di legittimità (si vedano, tra le tantissime, Cass. nn. 31875 del 2018, 603 del 2019 , 35986 e 36096 1 del 2022 nonché 3088, 9842, 9914, 10047 e 12122 del 2023, 6170 del 2024, e Cass. nn. 31527 del 2022, 4362, 4363,4604, 4349 del 2023) che ha offerto esauriente risposta a tutti gli argomenti addotti a sostegno dell appello, in ‘ controversie del tutto sovrapponibili a quella in esame.
Il potere di imporre il contributo di solidarietà deve trovare il suo univoco fondamento nella legge, alla stregua dell’art. 23 Cost. (Corte costituzionale, sentenza n. 173/2016); si tratta di un prelievo riconducibile al genus delle prestazioni patrimoniali imposte, che spetta al legislatore fissare nei suoi elementi
1 Cass., n. 603/2019, ex multis , ha ad es. rilevato che ‘ appare utile, al fine di confermare l’estraneità del contributo di solidarietà ai criteri di determinazione del trattamento pensionistico e conseguentemente anche al principio del necessario rispetto del pro rata, richiamare, altresì, la recente sentenza della Corte Costituzionale n. 173/2016 che, nel valutare l’analogo prelievo disposto dalla L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 486, ha affermato che si è in presenza di un “prelievo inquadrabile nel genus delle prestazioni patrimoniali imposte per legge, di cui all’art. 23 Cost., avente la finalità di contribuire agli oneri finanziari del sistema previdenziale (sentenza n. 178 del 2000; ordinanza n. 22 del 2003)”; ed è, dunque, la mancata copertura della previsione di legge, richiesta dall’art. 23 Cost., che rende illegittima la previsione della ritenuta per cui è causa; sulla base delle considerazioni che precedono deve concludersi nel senso che esula dai poteri riconosciuti dalla normativa la possibilità, per le Casse, di emanare un contributo di solidarietà in quanto, come si è detto, esso, al di là del suo nome, non può essere ricondotto ad un “criterio di determinazione del trattamento pensionistico, ma costituisce un prelievo che può essere introdotto solo dal legislatore ‘.
essenziali (Cass., 10.12.2018, n. 31875), in quanto non si annovera tra i provvedimenti che le Casse, per espressa previsione di legge, possono adottare.
Dalla scelta del legislatore di temperare il sistema del pro-rata (l. n. 296/2006) non si può evincere alcun fondamento per il potere della di imporre un contributo che interferisce con aspetti diversi. Né induce a diverse conclusioni il potere delle Casse -secondo la formulazione dell’art. 3, comma 12, della l. n. 335/1995, vigente dall’anno 2006 -di adottare tutti gli atti necessari a raggiungere l’equilibrio finanziario di lungo termine, in quanto tale finalità non rappresenta un connotato del contributo straordinario di solidarietà, proprio perché di carattere provvisorio e limitato nel tempo.
La norma di interpretazione autentica di cui all’art. 1, comma 488, della l. n. n. 147/13 pone poi come condizione di legittimità degli atti adottati dagli enti previdenziali che essi siano finalizzati ad assicurare l’equilibrio finanziario a lungo termine mentre sicuramente tale finalità non rappresenta un connotato del contributo straordinario di solidarietà in oggetto, proprio perché esso ha carattere provvisorio e limitato nel tempo.
Tali considerazioni sono avvalorate ‘ dalle previsioni dell’art. 24, comma 24, del D.L. n. 201 del 2011. È il legislatore che, in quel frangente, ha delimitato i presupposti applicativi del contributo di solidarietà e ne ha stabilito in via imperativa la misura, fornendo una precisa base legale al prelievo in esame. In secondo luogo, il legislatore, con lo strumento della decretazione d’urgenza, ha mostrato di attribuire rilievo primario alle misure di riequilibrio di lungo periodo, con ciò differenziandole, all’evidenza, dal contingente contributo imposto dalla in virtù delle delibere qui contestate. Il legislatore ha imposto agli enti previdenziali privatizzati di adottare “misure volte ad assicurare l’equilibrio tra entrate contributive e spesa per prestazioni pensionistiche secondo bilanci tecnici riferiti ad un arco temporale di cinquanta anni”. Ove gli enti previdenziali privatizzati, entro il 30 settembre 2012, non adottino i provvedimenti in esame o i Ministeri vigilanti esprimano un parere negativo sulle delibere adottate, a decorrere dal primo gennaio 2012 si applica “un contributo di solidarietà, per gli anni 2012 e 2013, a carico dei pensionati nella misura dell’1 per cento” (art. 24, comma 24, lettera b, del D.L. n. 201 del 2011). La legge indica come prioritaria l’adozione di misure strutturali di riequilibrio, destinate a proiettarsi in un arco temporale più ampio e solo in via di extrema ratio contempla l’applicazione del contributo di solidarietà in una misura predeterminata, peraltro diversa da quella che la ha adottato (Cass., 16.6.2025, n. 16501)’.
4.1. In sede di legittimità (il riferimento è sempre a Cass., n. 16501/2025) è stata poi ribadita anche l’applicabilità della prescrizione decennale.
In coerenza con i princìpi già enunciati dalle Sezioni Unite (Cass., Sez. Un., 8 settembre 2015, n. 17742), questa Corte è costante nell’affermare ‘ che la prescrizione quinquennale, invocata dalla richiede la liquidità ed esigibilità del credito. Il credito, dunque, deve essere posto a disposizione dell’assicurato. Tali requisiti non risultano integrati allorché “il pensionato è stato in condizione di riscuotere solo i ratei della pensione nella misura decurtata del contributo di solidarietà, e non anche nel superiore importo spettante senza l’applicazione del medesimo” (Cass., sez. lav., 25 ottobre 2022, n. 31527, punto 15 delle Ragioni della decisione).
Non è conferente, in senso contrario, il richiamo all’art. 47-bis del D.P.R. n. 639 del 1970, dettato nell’àmbito delle prestazioni erogate dall – come la stessa collocazione sistematica della disciplina conferma – e concernente la disciplina dei “trattamenti pensionistici, nonché delle prestazioni della gestione di cui all’articolo 24 della legge 9 marzo 1989, n. 88”.
Tale orientamento è stato confermato anche nello scrutinio degli argomenti critici sviluppati dalla a sostegno delle istanze di decisione (Cass., sez. lav., 28 agosto 2024, n. 23257) e la memoria illustrativa non apporta argomenti che possano indurre a rimeditare la giurisprudenza oramai consolidata ‘.
4.2. È infine infondato il motivo relativo alla decisione sulla decorrenza degli interessi maturati sulle somme trattenute.
Come affermato da Cass., 31.5.2025, n. 14686, ‘ Su punto si richiama ex multis Cass. n. 36560/2022: “Cass. n. 31642 del 2022 ha confermato il principio secondo il quale al pensionato, per effetto dell’accoglimento della domanda, competono gli interessi legali dalla data di maturazione del diritto (coincidente con i prelievi effettuati dalla ) fino al momento dell’effettivo pagamento, in base ad un consolidato e condiviso indirizzo di questa Corte che, con riguardo agli accessori, afferma che i crediti previdenziali hanno natura unitaria; gli accessori costituiscono componenti essenziali di un’unica prestazione nel senso che il credito “maggiorato di tali elementi, rappresenta, nel tempo, l’originario credito nel suo reale valore man mano aggiornato” (Cass. n. 12023 del 2003; conf. Cass. n. 18558 del 2014; Cass. n. 2563 del 2016). La Corte ha, peraltro, già esaminato analoghe fattispecie (v. Cass. nn. 16813 e 16814 del 2019) e richiamato, a fondamento della correttezza del decisum dei giudici di merito, anche un più recente arresto delle Sezioni Unite (Cass., Sez. Un. , n. 6928 del 2018) le quali, occupandosi di prestazioni di natura previdenziale, per quel che qui rileva, hanno nuovamente ribadito che “(…) Dalla affermata natura previdenziale (del credito) (…) deriva (…) che agli accessori da cumulare non si applica il regime giuridico proprio delle obbligazioni pecuniarie, sicché il pagamento del solo credito originario si configura come adempimento parziale di
una prestazione unitaria (…) consegue che gli interessi devono essere calcolati sul capitale rivalutato con scadenza periodica, dal momento dell’inadempimento al soddisfacimento del credito(…)” (cosi Cass. n. 36560/2022; idem n. 35986/2022, n. 36000/2022, n. 36002/2022, n. 687/2023, n. 3687/2023, n. 3990/2023; n. 12122/2023; n. 24255/2024) ‘.
5. L’appello va, quindi, disatteso.
La regolamentazione delle spese di grado segue la soccombenza, provvedendosi come in dispositivo (valore indeterminabile, come indicato dall’appellante).
Occorre dare atto della sussistenza dei presupposti previsti dal novellato art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115/2002 ai fini del versamento da parte dell’appellante di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.
P.Q.M.
La Corte, ogni diversa e contraria domanda, eccezione e istanza disattesa, assorbita e respinta, definitivamente decidendo, rigetta l’appello e conferma l’impugnata sentenza;
condanna l’appellante al pagamento delle spese di lite del grado, che liquida in € 3.500,00, oltre accessori di legge, da distrarsi in favore dei procuratori dell’appellato;
dà atto della sussistenza dei presupposti previsti dal novellato art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115/2002 ai fini del versamento da parte dell’appellante di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
Così deciso in Bologna il 19.6.2025
Il Consigliere est. Il Presidente dott. NOME COGNOME dott.ssa NOME COGNOME