Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14553 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 14553 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 8856-2024 proposto da
CASSA NAZIONALE RAGIONE_SOCIALE ED ASSISTENZA A FAVORE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura rilasciata in calce all’istanza di decisione , dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, con domicilio eletto presso il loro studio, in ROMA, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso, in forza di procura conferita in calce al controricorso, da ll’ avvocato NOME COGNOME con domicilio eletto presso il suo indirizzo PEC
-controricorrente – per la cassazione della sentenza n. 336 del 2023 della CORTE D’APPELLO DI BRESCIA, depositata il 16 novembre 2023 (R.G.N. 199/2023).
Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 28 febbraio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
R.G.N. 8856/2024
COGNOME
Rep.
C.C. 28/2/2025
giurisdizione Contributo di solidarietà applicato dalla Cassa Commercialisti. Illegittimità. Prescrizione.
FATTI DI CAUSA
1. -Con sentenza n. 336 del 2023, depositata in cancelleria il 16 novembre 2023, la Corte d’appello di Brescia ha respinto il gravame della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei dottori commercialisti (d’ora innanzi , denominata Cassa commercialisti) e ha confermato la pronuncia del Tribunale della medesima sede, che aveva dichiarato l’illegittimità dell e trattenute effettuate dalla Cassa commercialisti, a titolo di contributo di solidarietà, sulla pensione corrisposta al dottor NOME COGNOME a partire dal primo luglio 2010 e aveva condannato l’ente previdenziale a restituire gl’importi arbitrariamente prelevati, nei limiti della prescrizione decennale.
A fondamento della decisione, la Corte territoriale ha argomentato, richiamando l’indirizzo concorde della giurisprudenza di legittimità, che esula dai poteri delle Casse privatizzate l ‘adozione di un contributo di solidarietà, prestazione patrimoniale imposta, che solo il legislatore può stabilire (art. 23 Cost.).
Al caso di specie, inoltre, non si applica la prescrizione quinquennale eccepita dall’appellante , ma quella ordinaria decennale, trattandosi di ordinaria azione di recupero di somme arbitrariamente trattenute.
-La Cassa commercialisti impugna in sede di legittimità la sentenza d’appello , articolando tre motivi di censura.
-Il dottor NOME COGNOME resiste con controricorso.
-Il Consigliere delegato, ravvisando la manifesta infondatezza del ricorso, ha formulato una sintetica proposta di definizione del giudizio (art. 380bis , primo comma, cod. proc. civ.).
-La parte ricorrente ha chiesto la decisione (art. 380bis , secondo comma, cod. proc. civ.).
-Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio.
-Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.
8. -In prossimità dell’adunanza camerale, la parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
-All’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente denuncia la violazione de ll’ art. 2 del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, in combinato disposto con l’art. 22 del Regolamento di disciplina del regime previdenziale della Cassa e con la Delibera del 27 giugno 2013, dell’art. 3, comma 12, della legge 8 agosto 1995, n. 335, de ll’art. 1, comma 763, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, de ll’art. 1, comma 488, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, dell’art. 24, comma 24, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214, degli artt. 3, 23 e 38 Cost.
Avrebbe errato la Corte territoriale nel reputare illegittime le previsioni adottate dalla Cassa commercialisti, nell’esercizio della sua autonomia normativa e allo scopo precipuo di salvaguardare l’equilibrio finanziario di lungo periodo, rispettando i princìpi di ragionevolezza e di proporzionalità (Corte costituzionale, sentenza n. 173 del 2016).
2. -Con la seconda critica (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente deduce la violazione dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013, dell’art. 3, comma 12, della legge n. 335 del 1995, dell’art. 1, comma 763, della legge n. 296 del 2006, dell’art. 2 del d.lgs. n. 509 del 1994, in combinato disposto con l’art. 22 del Regolamento di disciplina del regime previdenziale della Cassa e con le successive delibere.
La sentenza d’appello meriterebbe censura anche per aver violato l’art. 1, comma 488, della legge n. 147 del 2013, che avrebbe fatto salvi gli atti adottati dalla Cassa al fine di assicurare l’equilibrio finanziario di lungo termine.
3. -Con la terza censura (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente prospetta la violazione dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013 , degli artt. 2946 e 2948 cod. civ., dell’art. 129 del regio decreto-legge 4 ottobre 1935, n. 1827, convertito, con modificazioni, nella legge 6 aprile 1936, n. 1155, dell’art. 47 -bis del decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970, n. 639.
La sentenza d’appello sarebbe erronea anche nella parte in cui ha escluso l’applicabilità della prescrizione quinquennale, riferita a ogni pagamento che si deve effettuare periodicamente. Peraltro, le somme trattenute potrebbero essere agevolmente quantificate dal pensionato e l’applicazione di una prescrizione quinquennale per i ratei di pensione e di una prescrizione decennale per le trattenute sarebbe foriera di irragionevoli disparità di trattamento.
4. -Su tutti i profili controversi è oramai consolidato l’orientamento di questa Corte e tanto la sentenza impugnata quanto la proposta di definizione l’hanno puntualmente recepito.
I l ricorso e la memoria illustrativa depositata dopo l’istanza di decisione non inducono a rimeditare i princìpi di diritto ribaditi a più riprese, anche in séguito alle istanze di decisione formulate dall’odierna ricorrente (di recente, fra tutte, in controversie sovrapponibili a quella odierna, Cass., sez. lav., 26 aprile 2025, n. 10992, n. 10989, n. 10988, n. 10987, n. 10984, n. 10983, n. 10982, n. 10981, n. 10971, n. 10970, n. 10955, n. 10952; negli stessi termini, già Cass., sez. lav., 31 marzo 2025, n. 8489).
L’impugnazione si rivela, pertanto, inammissibile, alla stregua dell’art. 360 -bis , n. 1, cod. proc. civ.
5. -Quanto alla legittimità del contributo di solidarietà, approfondita nel primo e nel secondo motivo di ricorso, tra loro connessi, questa Corte ha puntualizzato in molteplici occasioni che il potere d’imporlo deve trovare il suo univoco fondamento nella legge, alla stregua dell’art. 23 Cost. (Corte costituzionale, sentenza n. 173 del
2016). Si tratta, invero, di un prelievo riconducibile al genus delle prestazioni patrimoniali imposte, che spetta al legislatore fissare nei suoi elementi essenziali (Cass., sez. lav., 10 dicembre 2018, n. 31875), in quanto non si annovera tra i provvedimenti che le Casse, per espressa previsione di legge, possono adottare.
Dalla scelta del legislatore di temperare il sistema del pro rata (legge n. 296 del 2006) non si può evincere alcun fondamento per il potere della Cassa d’imporre un contributo che interferisce con aspetti diversi.
A diverse conclusioni non induce l’art. 1, comma 488, della legge n. 147 del 2013, che fa salvi i soli provvedimenti legittimamente assunti dalla Cassa, allo scopo d’incidere sui criteri di determinazione dei trattamenti previdenziali, rigorosamente intesi.
Peraltro, «la norma in esame pone come condizione di legittimità degli atti che essi siano finalizzati ad assicurare l’equilibrio finanziario a lungo termine, mentre sicuramente tale finalità non rappresenta un connotato del contributo straordinario di solidarietà, proprio perché di carattere provvisorio e limitato nel tempo, così come affermato dalla stessa ricorrente» (sentenza n. 31875 del 2018, cit., punto 7 delle Ragioni della decisione ).
Tali considerazioni, espresse anche dalla pronuncia impugnata, sono avvalorate dalle stesse previsioni dell’art. 24 del d.l. n. 201 del 2011, che la ricorrente richiama a sostegno delle censure.
Anzitutto, è il legislatore che, in quel frangente, ha delimitato i presupposti applicativi del contributo di solidarietà e ne ha stabilito in via imperativa la misura, fornendo una precisa base legale al prelievo in esame.
In secondo luogo, il legislatore, con lo strumento della decretazione d’urgenza, ha mostrato di attribuire rilievo primario alle misure di riequilibrio di lungo periodo, con ciò differenziandole, all’evidenza, dal
contingente contributo imposto dalla Cassa commercialisti in virtù delle delibere qui contestate.
La memoria illustrativa (pagine 1, 2, 3 e 4) a tale riguardo non enuncia argomenti decisivi, che valgano a confutare le considerazioni espresse, limitandosi a sostenere che non sussista alcun divieto esplicito d’introdurre il contributo di solidarietà , senza cimentarsi con il più articolato percorso argomentativo che si è tracciato nei suoi tratti salienti.
6. -Dev’essere ribadita, infine, l’applicabilità della prescrizione decennale, che il terzo motivo contesta.
In coerenza con i princìpi già enunciati dalle Sezioni Unite (Cass., S.U., 8 settembre 2015, n. 17742), questa Corte è costante nell’affermare che la prescrizione quinquennale, invocata dalla Cassa commercia listi, richiede la liquidità e l’ esigibilità del credito. Il credito, dunque, dev’esser posto a disposizione dell’assicurato.
Tali requisiti non sussistono allorché «il pensionato è stato in condizione di riscuotere solo i ratei della pensione nella misura decurtata del contributo di solidarietà, e non anche nel superiore importo spettante senza l’applicazione del medesimo» (Cass., sez. lav., 25 ottobre 2022, n. 31527, punto 15 delle Ragioni della decisione ).
Nel caso di specie, si discute de ll’indebita trattenuta «derivante dall’applicazione di una misura patrimoniale illegittima, che non condivide con il rateo pensionistico la disciplina del sistema di calcolo della pensione in sé considerata» (ordinanza n. 68 del 2025, cit.).
Non è conferente, in senso contrario, il richiamo all’art. 47 -bis del d.P.R. n. 639 del 1970, dettato nell’àmbito delle prestazioni erogate dall’INPS, come la stessa collocazione sistematica della disciplina conferma, e concernente la disciplina dei «trattamenti pensionistici, nonché delle prestazioni della gestione di cui all’articolo 24 della legge 9 marzo 1989, n. 88».
Peraltro, a tutto concedere, «la fattispecie in esame non è classificabile quale ipotesi di riliquidazione di trattamenti pensionistici, ma quale credito consequenziale all’indebita ritenuta derivante dalla applicazione di una misura patrimoniale illegittima, frutto di trattenute operate sui singoli ratei di pensione, ma che non condivide con il rateo pensionistico la disciplina del sistema di calcolo della pensione in sé considerata» (sentenza n. 31527 del 2022, cit., punto 17 delle Ragioni della decisione ).
Sulla scorta di tali rilievi e della differenza che intercorre tra l’indebita trattenuta e la riliquidazione dei trattamenti pensionistici, sono stati esclusi gli adombrati profili d’illegittimità costituzionale (Cass., sez. lav., 6 settembre 2024, n. 24023), che muovono dall’erroneo presupposto dell’omogeneità delle fattispecie poste a raffronto.
Tale orientamento è stato confermato anche nello scrutinio degli argomenti critici sviluppati dalla Cassa commercialisti a sostegno delle istanze di decisione (Cass., sez. lav., 28 agosto 2024, n. 23257) e la memoria illustrativa (pagine 4, 5 e 6) non apporta argomenti che possano indurre a una revisione critica di princìpi oramai saldamente acquisiti.
7. -Il ricorso, dunque, dev’essere dichiarato nel suo complesso inammissibile.
-Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo , con distrazione in favore dell’avvocato NOME COGNOME che ha reso la dichiarazione prevista dall’art. 93 cod. proc. civ. (pagina 16 del controricorso).
-Poiché l ‘ impugnazione è stata definita in senso conforme alla proposta, questa Corte, in virtù dell’art. 380 -bis , terzo comma, cod. proc. civ., deve applicare l’art. 96, terzo e quarto comma, cod. proc. civ., non riscontrandosi ragioni, nel caso concreto, che possano far
propendere per una diversa applicazione della norma (Cass., S.U., 27 dicembre 2023, n. 36069).
In controversie sovrapponibili a quella odierna (da ultimo, la citata ordinanza n. 8489 del 2025, e Cass., sez. lav., 1° marzo 2025, n. 5456, e 1° febbraio 2025, n. 2439), questa Corte ha rilevato che configura «un abuso del processo il fatto di chiedere la decisione della causa senza addurre nuovi argomenti idonei a rimeditare l ‘ orientamento giurisprudenziale sulla scorta del quale è stata formulata la proposta medesima» (Cass., sez. lav., 30 dicembre 2024, n. 34976 e n. 34974, in linea con quanto già affermato, in termini generali, da Cass., S.U., 13 ottobre 2023, n. 28540, e 27 settembre 2023, n. 27433).
La ricorrente , pertanto, dev’essere condannata a pagare a favore del controricorrente la somma equitativamente determinata in Euro 2.500,00 e a pagare alla cassa delle ammende una somma di denaro che, nei limiti di legge, si determina nel medesimo importo di Euro 2.500,00.
10. -La declaratoria d’inammissibilità del ricorso impone di dare atto dei presupposti per il sorgere dell’obbligo della ricorrente di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove sia dovuto (Cass., S.U., 20 febbraio 2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la parte ricorrente a rifondere alla parte controricorrente, con distrazione in favore dell’avvocato NOME COGNOME le spese del presente giudizio, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, in Euro 200,00 esborsi, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% e agli accessori di legge.
Condanna la ricorrente, in applicazione degli artt. 380bis , terzo comma, e 96, terzo comma, cod. proc. civ., al pagamento, a favore del controricorrente, dell’importo di Euro 2.500,00.
Condanna la ricorrente, in applicazione degli artt. 380bis , terzo comma, e 96, quarto comma, cod. proc. civ., al pagamento, in favore della cassa delle ammende, dell’importo di Euro 2.500,00.
Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione