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Contributo di solidarietà: la Cassazione nega poteri

La Corte di Cassazione ha confermato l’illegittimità del contributo di solidarietà imposto da una Cassa previdenziale privatizzata sulle pensioni dei suoi iscritti. Con l’ordinanza n. 24012/2024, la Suprema Corte ha ribadito che un simile prelievo, qualificabile come prestazione patrimoniale imposta, può essere introdotto solo da una legge dello Stato e non rientra nei poteri di autonomia regolamentare degli enti. È stato inoltre confermato che il diritto del pensionato a ottenere la restituzione delle somme trattenute si prescrive in dieci anni e non nel più breve termine quinquennale.

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Pubblicato il 16 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Contributo di Solidarietà sulle Pensioni: I Limiti al Potere delle Casse Privatizzate

La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 24012 del 6 settembre 2024, è tornata a pronunciarsi su una questione di grande rilevanza per i pensionati iscritti alle Casse professionali privatizzate: l’imposizione di un contributo di solidarietà. Consolidando un orientamento ormai granitico, la Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: le Casse non hanno il potere autonomo di introdurre prelievi sulle pensioni già liquidate. Un simile potere spetta esclusivamente al legislatore.

Il Caso: un Prelievo sulla Pensione Contestato

I fatti alla base della decisione riguardano un pensionato, iscritto a una Cassa di previdenza per professionisti, che si è visto applicare una trattenuta sul proprio assegno pensionistico a titolo di ‘contributo di solidarietà’. Ritenendo tale prelievo illegittimo, il pensionato si è rivolto al Tribunale, che gli ha dato ragione, dichiarando l’illegittimità del contributo e condannando la Cassa alla restituzione delle somme indebitamente trattenute.

La Cassa previdenziale ha impugnato la decisione dinanzi alla Corte d’Appello, ma anche in secondo grado le sue ragioni sono state respinte. Non arrendendosi, l’ente ha proposto ricorso per cassazione, basato su tre motivi principali, sostenendo la legittimità del proprio operato in nome dell’autonomia gestionale finalizzata a garantire l’equilibrio di bilancio. Inoltre, la Cassa ha eccepito l’applicazione della prescrizione quinquennale, più breve rispetto a quella decennale, per il diritto alla restituzione.

L’Autonomia delle Casse e il Contributo di Solidarietà

Il cuore della questione giuridica risiede nell’interpretazione dei poteri conferiti alle Casse previdenziali privatizzate dal D.Lgs. 509/1994. Sebbene questi enti godano di autonomia gestionale, organizzativa e contabile, tale autonomia non è assoluta. La Corte di Cassazione ha chiarito che i poteri delle Casse devono essere esercitati nel rispetto di principi inderogabili stabiliti dalla legge, in particolare dalla L. 335/1995 (la cosiddetta ‘Riforma Dini’).

La legge definisce in modo specifico gli strumenti a disposizione delle Casse per assicurare la stabilità finanziaria a lungo termine. Questi strumenti, che costituiscono una sorta di numerus clausus (elenco tassativo), includono la variazione delle aliquote contributive o la modifica dei coefficienti di rendimento, ma sempre nel rispetto del principio del pro rata, che tutela i diritti già maturati dagli iscritti. Il contributo di solidarietà, invece, non agisce sui criteri di calcolo della pensione, ma opera come un prelievo su un trattamento già determinato e liquidato. Per sua natura, esso costituisce una ‘prestazione patrimoniale imposta’, che, ai sensi dell’art. 23 della Costituzione, può essere introdotta solo da una fonte legislativa primaria, ovvero una legge dello Stato.

La Questione della Prescrizione: Decennale e non Quinquennale

Un altro punto cruciale affrontato dalla Corte riguarda il termine di prescrizione per l’azione di restituzione delle somme trattenute. La Cassa sosteneva l’applicazione del termine breve di cinque anni, tipico dei ratei di pensione.

La Cassazione ha respinto anche questa tesi, confermando l’orientamento consolidato delle Sezioni Unite (sent. n. 17742/2015). La prescrizione quinquennale si applica ai crediti liquidi ed esigibili, come i singoli ratei di pensione non pagati. Nel caso del contributo di solidarietà illegittimo, la somma trattenuta non è mai diventata ‘esigibile’ per il pensionato. L’azione legale, infatti, non mira al pagamento di un rateo, ma all’accertamento del diritto a ricevere la pensione in misura piena, senza la decurtazione. Di conseguenza, il diritto alla restituzione delle somme indebitamente prelevate è un credito consequenziale che si prescrive nel termine ordinario di dieci anni (art. 2946 c.c.).

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni della Suprema Corte sono chiare e si pongono in continuità con decine di precedenti. In primo luogo, l’autonomia regolamentare delle Casse privatizzate, seppur ampia, incontra un limite invalicabile nella riserva di legge stabilita dall’art. 23 della Costituzione per le prestazioni patrimoniali imposte. Un contributo di solidarietà è, a tutti gli effetti, una di queste. Non è uno strumento di determinazione del trattamento pensionistico, ma un prelievo esterno su un diritto già acquisito. Di conseguenza, la sua introduzione esula dai poteri delle Casse e spetta unicamente al legislatore.

In secondo luogo, riguardo alla prescrizione, la Corte sottolinea la differenza fondamentale tra la richiesta di pagamento di un rateo di pensione (soggetta a prescrizione quinquennale) e l’azione di accertamento del diritto a una pensione calcolata correttamente, con la conseguente richiesta di rimborso di trattenute illegittime. Quest’ultima azione è soggetta alla prescrizione ordinaria decennale perché il credito del pensionato non era mai stato liquidato nella sua interezza e, quindi, la parte trattenuta non poteva essere considerata ‘pagabile’ ai fini della prescrizione breve.

Conclusioni

L’ordinanza in commento rafforza la tutela dei diritti dei pensionati iscritti alle Casse professionali. Viene riaffermato con forza che l’esigenza di stabilità dei bilanci degli enti previdenziali non può giustificare l’adozione di misure che eccedono i poteri conferiti dalla legge. L’introduzione di un contributo di solidarietà è una prerogativa esclusiva del Parlamento. Per i pensionati, questa decisione conferma non solo il diritto a non subire tali prelievi, ma anche la possibilità di agire per la restituzione delle somme indebitamente trattenute entro il più ampio termine di dieci anni, garantendo una protezione più efficace dei loro diritti quesiti.

Una Cassa di previdenza privatizzata può imporre un contributo di solidarietà sulle pensioni?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’introduzione di un contributo di solidarietà è una prestazione patrimoniale imposta che rientra nella riserva di legge (art. 23 Cost.) e non può essere disposta autonomamente dalle Casse, i cui poteri sono limitati alla modifica dei criteri di calcolo della pensione nel rispetto del principio pro rata.

Qual è il termine di prescrizione per richiedere la restituzione di un contributo di solidarietà illegittimo?
Il termine di prescrizione è quello ordinario decennale (art. 2946 c.c.). La Corte ha chiarito che non si applica la prescrizione breve quinquennale perché l’azione non riguarda singoli ratei non pagati, ma l’accertamento del diritto alla pensione intera e la restituzione di somme mai entrate nella disponibilità del pensionato.

Perché il contributo di solidarietà non rientra nei poteri autonomi delle Casse?
Perché non è uno strumento per determinare l’importo della pensione (come la modifica delle aliquote o dei coefficienti di calcolo), ma un prelievo successivo su un trattamento pensionistico già calcolato e attribuito. Questo lo qualifica come un’imposizione di natura tributaria che solo la legge statale può istituire.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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