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Contributo di solidarietà: illegittimo senza legge

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una Cassa di previdenza professionale, confermando l’illegittimità del contributo di solidarietà imposto ai propri pensionati. Secondo la Corte, un tale prelievo, qualificabile come prestazione patrimoniale, può essere introdotto solo da una legge dello Stato e non da un regolamento interno dell’ente, anche se finalizzato a garantirne l’equilibrio finanziario. Viene inoltre confermata la prescrizione decennale per la richiesta di rimborso delle somme indebitamente trattenute.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Contributo di solidarietà sulle pensioni: la Cassazione ribadisce l’illegittimità senza una legge

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale in materia previdenziale: l’introduzione di un contributo di solidarietà a carico dei pensionati è materia coperta da riserva di legge e non può essere disposta autonomamente dalle Casse di previdenza private. Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale a tutela dei diritti acquisiti dei pensionati, chiarendo i limiti del potere regolamentare degli enti previdenziali.

I fatti del caso

Un professionista in pensione si era rivolto al Tribunale per contestare la legittimità delle trattenute operate dalla sua Cassa di previdenza a titolo di “contributo di solidarietà”. Tale prelievo era stato introdotto dall’ente tramite proprie delibere interne, con l’obiettivo di garantire la stabilità finanziaria a lungo termine. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano dato ragione al pensionato, dichiarando l’illegittimità del contributo e condannando la Cassa alla restituzione delle somme trattenute, nel limite della prescrizione decennale. La Cassa di previdenza, non rassegnata, ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo la legittimità del proprio operato in virtù della sua autonomia gestionale e della necessità di assicurare l’equilibrio dei conti.

La decisione della Corte di Cassazione e il contributo di solidarietà

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, bollandolo come manifestamente infondato e ponendo fine alla controversia. La decisione si basa su argomenti solidi e riprende principi già espressi in precedenti pronunce, creando un vero e proprio baluardo a difesa dei pensionati.

Illegittimità del prelievo e riserva di legge

Il punto cardine della decisione è l’articolo 23 della Costituzione, che stabilisce il principio della “riserva di legge” per le prestazioni patrimoniali. Un contributo di solidarietà è, a tutti gli effetti, una prestazione patrimoniale imposta. Di conseguenza, solo una legge approvata dal Parlamento può introdurlo. Le Casse professionali, pur essendo enti privati con autonomia gestionale, non hanno il potere di imporre prelievi forzosi sui trattamenti pensionistici già liquidati e in pagamento, poiché ciò esula dalle loro competenze regolamentari.

I limiti dell’autonomia delle Casse previdenziali

La Corte ha chiarito che l’autonomia normativa concessa agli enti previdenziali privatizzati (D.Lgs. 509/94) serve per assicurare l’equilibrio di bilancio a lungo termine, ma attraverso specifici strumenti. Questi enti possono modificare i criteri di calcolo delle pensioni future, come le aliquote contributive o i coefficienti di rendimento, nel rispetto del principio del pro rata. Tuttavia, non possono imporre una trattenuta su una prestazione già determinata e in corso di erogazione. Un simile atto non incide sui criteri di calcolo, ma si configura come un prelievo esterno e successivo, non consentito dalla legge.

La prescrizione decennale per i rimborsi

Un altro punto cruciale affrontato dalla Corte riguarda i termini di prescrizione per la richiesta di rimborso delle somme trattenute. La Cassa sosteneva l’applicazione della prescrizione breve di cinque anni, tipica dei ratei di pensione. La Cassazione ha respinto questa tesi, confermando la prescrizione ordinaria decennale (art. 2946 c.c.). La motivazione è chiara: l’azione del pensionato non riguarda la liquidazione di ratei di pensione non pagati, ma la restituzione di somme indebitamente prelevate (indebito oggettivo). Si tratta quindi di un diritto di credito alla restituzione, che soggiace al termine più lungo.

Le motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione ribadendo che l’autonomia degli enti previdenziali non è “legibus soluta” (sciolta dalle leggi). Sebbene la normativa abbia attenuato la rigidità del principio del pro rata per consentire agli enti di garantire la propria sostenibilità, ciò non conferisce loro il potere di derogare a norme primarie e, soprattutto, a principi costituzionali come la riserva di legge. L’esigenza di equilibrio finanziario, pur fondamentale, deve essere perseguita con gli strumenti consentiti dall’ordinamento, senza invadere la sfera di competenza esclusiva del legislatore. Imporre una trattenuta su pensioni già maturate equivale a introdurre una prestazione patrimoniale che richiede necessariamente una base legale, assente nel caso di specie. L’inammissibilità del ricorso è stata quindi una conseguenza diretta del contrasto tra l’operato della Cassa e i principi consolidati della giurisprudenza di legittimità.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un’importante conferma per tutti i pensionati iscritti a Casse professionali. Essa stabilisce con chiarezza che i diritti pensionistici acquisiti non possono essere intaccati da delibere interne degli enti previdenziali, anche se motivate da lodevoli intenti di stabilità finanziaria. Qualsiasi prelievo assimilabile a un contributo di solidarietà deve avere una sua fonte in una legge dello Stato. Inoltre, viene consolidato il diritto dei pensionati a richiedere il rimborso delle somme illegittimamente trattenute entro il termine di dieci anni, garantendo una tutela più ampia dei loro diritti.

Una Cassa di previdenza privata può imporre un contributo di solidarietà sulle pensioni tramite un proprio regolamento?
No. Secondo la Corte di Cassazione, un contributo di solidarietà è una prestazione patrimoniale che, in base all’art. 23 della Costituzione, può essere introdotta solo da una legge dello Stato, non da un atto regolamentare di un ente privato, anche se dotato di autonomia gestionale.

Qual è il termine di prescrizione per chiedere il rimborso di un contributo di solidarietà illegittimo?
Il termine di prescrizione è quello ordinario decennale (art. 2946 c.c.). La richiesta non riguarda ratei di pensione, per i quali vale il termine di cinque anni, ma la restituzione di somme indebitamente trattenute dall’ente previdenziale.

L’esigenza di garantire la stabilità finanziaria di una Cassa giustifica l’imposizione di un contributo di solidarietà?
No. Pur essendo un obiettivo primario, la stabilità finanziaria deve essere perseguita con gli strumenti previsti dalla legge (es. modifica delle aliquote o dei coefficienti di calcolo per il futuro), senza violare la riserva di legge e i diritti pensionistici già maturati e liquidati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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