Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 542 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 542 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso 17661-2022 proposto da:
CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA DEI DOTTORI COMMERCIALISTI, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– ricorrente principale –
contro
COGNOME NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
ricorrente incidentale nonché contro
CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA DEI DOTTORI COMMERCIALISTI;
Oggetto
R.G.N. 17661/2022
COGNOME
Rep.
Ud.31/10/2024
CC
– ricorrente principale – controricorrente incidentale –
E SUL RICORSO SUCCESSIVO SENZA N.R.G. proposto da:
COGNOME NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente successivo –
contro
CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA DEI DOTTORI COMMERCIALISTI, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– controricorrente al ricorso successivo –
avverso la sentenza n. 2/2022 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 17/01/2022 R.G.N. 186/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 31/10/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1.L’impugnata sentenza ha accolto parzialmente il gravame della Cassa previdenziale dei dottori commercialisti, limitatamente alla sola decorrenza della prescrizione, avverso la pronuncia del Tribunale di Bergamo che, su ricorso di NOME COGNOME pensionato dal giugno 2001, aveva accertato l’illegittimità del contributo di solidarietà applicato sul suo trattamento pensionistico in virtù di delibere adottate dall’ente privatizzato n.4/08 e n.3/13, di rinnovo del contributo introdotto dall’art. 22 d el Regolamento del medesimo ente, approvato con D.L. 14/7/2004, confermando la condanna alla restituzione delle somme a tale titolo trattenute nel limite
della prescrizione quinquennale da agosto 2015 a ottobre 2019 e, fermo restando l’obbligo contributivo imposto dall’art. 24 comma 24 D.L. 201/2011 conv. in Legge 214/2011 nella misura dell’1% per gli anni 2012 e 2013, anche per il periodo da agosto 2010 a giugno 2011, vigendo, all’epoca, la prescrizione decennale.
2.- La Cassa propone ricorso articolato su quattro motivi, a cui il professionista intimato, che pure ha interposto autonomo gravame avverso la medesima sentenza, reagisce con controricorso; anche la Cassa replica al ricorso incidentale con proprio controricorso.
La causa viene trattata all’udienza camerale del 31 ottobre 2024.
CONSIDERATO CHE
1.- Il ricorrente, nel primo motivo, lamenta la violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 co.1 n. 3 cod. proc. civ., delle disposizioni di cui agli artt. 1 e 2 D.Lgs. 509/1994, art. 3 comma 12 L. n. 335/95, anche come modificato dall’art. 1 c omma 763 L. n.296/06 ed autenticamente interpretato dall’art. 1 comma 488 L. n.147/2013, dell’art. 24 comma 24 d.l. 201/2011 conv. in L.214/2011, degli artt. 2, 3, 23 Cost., anche in relazione e combinato disposto agli artt. 2, 9 e 32 dello Statuto della Cassa Commercialisti, nonché delle delibere n. 4/2008, 3/2013, 10/2017 emanate in virtù dell’art. 22 del Regolamento di disciplina previdenziale della Cassa approvato con D.M. 14/7/2004, nonché dell’art. 115 c.p.c. laddove l’impugnata sentenza ha dichiarato illegittimo il contributo di solidarietà applicato sulla pensione erogata al professionista, senza considerare che non è irrilevante la circostanza che la normativa introdotta dall’1/1/2007 (art. 1 comma 763 della L.296/06)
aveva svincolato dal numerus clausus e dall’obbligo di rispetto del prorata (come previsto dall’originario art. 3 comma 12 L. 335/95) le variazioni del trattamento pensionistico non vigendone l’intangibilità, stante anche la norma di interpretazione autentica entrata in vigore nel 2013 circa la validità ed efficacia dei provvedimenti emanati prima del 2007; sostiene l’ente ricorrente che i provvedimenti impositivi sono consentiti con norma regolamentare considerata l’autonomia negoziale in virtù della quale la Cassa può derogare al quantum del trattamento pensionistico e tenuto conto del carattere straordinario del contributo di solidarietà in grado di realizzare l’obiettivo di equilibrio di bilancio per evitare il fallimento del sistema previdenziale privatizzato nel rispetto del principio di ragionevolezza per la sua limitata incidenza nel tempo ed in percentuale gradata in ragione degli importi pensionistici più elevati; peraltro la legittimità del contributo di solidarietà, che esula dal sistema del pro rata e garantisce finalità di gradualità ed equità intergenerazionale, sarebbe confermata dalla previsione del prelievo obbligatorio nella misura dell’1% previsto ex art. 24, comma 24 del d.l. 201/11 e dalla pronuncia della Corte Costituzionale n. 173/2016 rispetto alla riserva relativa di legge. In subordine, come secondo motivo di ricorso, deduce la violazione art. 24, co.24 d.l. 201/2011 per la mancata adozione del contributo di solidarietà che le Casse, proprio ai sensi della citata norma, devono adottare per assicurare l’equilibrio di bilancio, legittimandone l’imposizione quantomeno dal 2011, anno della sua entrata in vigore. Quale terzo motivo di ricorso la Cassa lamenta la violazione dell’art. 19 , comma 3 L.21/1986, dell’art. 2948 , n.4 cod. civ. e dell’art. 3 , co.9 L.335/95 nella parte in cui la sentenza impugnata ha respinto l’eccezione di prescrizione quinquennale delle somme trattenute
per il periodo agosto 2010-giugno 2011, ossia nel periodo antecedente alla modifica legislativa dell’art. 47 -bis d.P.R. 639/70 introdotta con art. 38 d.l. 6/7/2011 conv. in legge 111/2011 modificativa del termine di durata decennale della prescrizione dei ratei arretrati dei trattamenti pensionistici. Nel quarto motivo, deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 co.1 n.4 c.p.c. e degli artt. 16 co.6 L.n.412/91 nonché degli artt. 1224 e 2033 c.c. in relazione all ‘art. 360 , co.1 n.3 c.p.c., non essendosi pronunciata la sentenza sulla eccezione inerente alla decorrenza degli interessi sulle somme che eventualmente fossero riconosciute al richiedente in restituzione, ed in particolare sulla decorrenza, richiesta nei motivi di appello, dal giorno della domanda (notifica del ricorso in primo grado del 20/8/2020) e non già dalla data delle singole scadenze oggetto di trattenute, dovendosi qualificare l’azione spiegata come ripetizione d’ indebito, ed essendosi limitato il dispositivo della impugnata sentenza a disporre la condanna alla restituzione del contributo di solidarietà ‘maggiorato da interessi legali’ senza specificarne la decorrenza. Nelle memorie illustrative reitera le medesime difese specificando che sul motivo inerente alla violazione dell’art. 24 , comma 24 è intervenuto il giudicato inerente al prelievo contributivo per le annualità 2012 e 2013.
Nel proprio autonomo ricorso, tempestivamente spiegato dal professionista pensionato con notifica alla controparte il 12/7/2022 (entro il termine semestrale dalla pubblicazione della impugnata sentenza del 17/1/2022), e prima del controricorso al ricorso principale della Cassa, la parte privata deduce come unico motivo la violazione dell’art. 129 r.d.l. n.1827/1935 e dell’art. 2948 c.c. per essere stata applicata in sentenza la prescrizione quinquennale e non quella decennale sul proprio
credito avente ad oggetto le rate di pensione non riscosse, trattandosi di somme non pagabili, ovvero messe a disposizione del creditore, il quale deve essere posto nella condizione di poter riscuotere il suddetto credito.
Sull’autonomo ricorso del contribuente, qualificato come ricorso incidentale, la Cassa interpone il proprio controricorso assumendone l’inammissibilità per difetto di specificità e completezza dell’atto.
2. I motivi del ricorso principale della Cassa previdenziale sono infondati. Tutte le questioni sollevate dal ricorrente hanno trovato soluzione in precedenti pronunce di questa Corte, alle quali si intende dare piena continuità; già nell’imminenza della entrata in vigore della norma di interpretazione autentica di cui all’art. 1 comma 488 della L. 147/2013 le Sezioni Unite (sent.17742/15), investite della questione di massima di particolare importanza su fattispecie analoga in materia di fissazione di un massimale pensionabile introdotto dal Comitato dei delegati della Cassa Ragionieri e Periti Commerciali, avevano affermato l’operatività attenuata del principio del pro rata a seguito della modifica dell’art. 3 comma 12 L.335/95 ad opera dell’art. 1 comma 7 63 della L.296/06, distinguendo tra vecchia e nuova formulazione, e l’irrilevanza di quest’ultima per i pensionati che avevano maturato il diritto in epoca antecedente alla riforma del 2006 (come è nel caso in esame essendo il Geneletti in pensione dal 2001), fornendo anche precise argomentazioni sul tema della non applicazione della prescrizione quinquennale ex art. 2948 n.4 cod. civ., non versando in un caso di credito pagabile, ossia messo a disposizione del creditore, il quale deve essere posto in condizione di poterlo riscuotere, e non bastando la mera
idoneità del credito ad essere determinato nel suo ammontare; in particolare, al punto n.18 della citata sentenza si distingue tra professionisti destinatari di trattamenti pensionistici maturati prima della riforma, ai quali si applica in modo rigoroso il principio del pro rata seguendo la formulazione originaria dell’art. 3 comma 12 della L. n.335/1995, e pensionati in epoca successiva al 2007 per i quali non è più rispettato in modo assoluto il principio del pro rata dovendosi tener conto dei criteri di gradualità ed equità fra generazioni, secondo il contenuto chiarificatore dell’art. 1 , comma 488 della L. 147/2013 e secondo i canoni legittimanti l’intervento interpretativo del legislatore desumibili dalla Costituzione e dalla Convenzione EDU. In sostanza, resta fermo il principio della riserva di legge nella adozione di atti e provvedimenti emanati dall’organo deliberativo dell’ente previdenziale privatizzato i quali, sebbene non siano più vincolati dal tipo di atti previsti dall’originario art. 3 comma 12 e dalla stretta osservanza del criterio del pro rata, non possono derogare a norme primarie.
3.1 – A ciò si aggiunga che pienamente aderente alla vicenda in esame è il caso esaminato nella sentenza Cass. del 10/12/2018 n.31875 sulla illegittimità del contributo di solidarietà adottato dalla CNPADC, sia pure in funzione dell’obbiettivo di assicurar e l’equilibrio di bilancio e la stabilità di gestione, mediante atti o provvedimenti che, lungi dall’incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico, impongano una trattenuta su di esso, ritenendo che siano atti incompatibili con il rispetto del principio del “pro rata” e diano luogo a un prelievo inquadrabile nel “genus” delle prestazioni patrimoniali ex art. 23 Cost., la cui imposizione è riservata al legislatore. La pronuncia ha affrontato il tema della privatizzazione degli enti professionali di previdenza ed assistenza, dell’autonomia gestionale delle
casse e della non incompatibilità del potere regolamentare con il sistema delle fonti precisando che il d.lgs. 509/94 non ha attribuito agli emanandi regolamenti delle Casse la configurazione di regolamenti di delegificazione di cui alla L.400/88, per cui non è loro consentito di sostituire, in materie non coperte da riserva assoluta di legge, preesistenti disposizioni legislative statali o di derogare a disposizioni collocate a livello primario; è stato ivi richiamato anche il tema dell’equilibrio di bilan cio delle gestioni previdenziali in un termine non inferiore a quindici anni, del rispetto del principio del pro rata e dei tipi di provvedimento adottabili (variazione di aliquote contributive prima e riparametrazione dei coefficienti di rendimento) dopo le modifiche introdotte dalla Legge Finanziaria del 2007 con la precisazione che esula dal novero dei provvedimenti (cd. numerus clausus) e risulta incompatibile con il rispetto del principio del pro rata qualsiasi provvedimento degli enti previdenziali pr ivatizzati, come quello dell’art. 22 del Regolamento Cassa commercialisti, che « introduca -a prescindere dal ‘criterio di determinazione del trattamento pensionistico’ -la previsione di una trattenuta a titolo di ‘contributo di solidarietà’ sui trattamenti pensioni già quantificati ed attribuiti », ossia ne « esula qualsiasi provvedimento che -lungi dall’incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico da adottarsi nel rispetto o tenuto conto del principio del pro rata, ai sensi delle succ essive formulazioni dell’art. 3 comma 12, L.n.335/1995 e finalizzato al solo riequilibrio finanziario rispetto ai limiti di stabilità imposti dalla legge- imponga una trattenuta su detto trattamento già determinato, in base ai criteri ad esso applicabili, quale limite esterno della sua misura »; la medesima pronuncia ha affrontato il tema della interpretazione autentica
fornita dall’art. 1 , co. 488 della L. 147/2013, nel senso della legittimità degli atti adottati prima della entrata in vigore della L.296/2006 a condizione che siano finalizzati ad assicurare l’equilibrio finanziario di lungo termine « mentre sicuramente tale finalità non rappresenta un connotato del contributo straordinario di solidarietà, proprio perché di carattere provvisorio e limitato nel tempo », ed anche il tema della non incidenza della sentenza della Corte Costituzionale n.173 del 2016 « sulle conclusioni qui assunte » trattandosi comunque di un prelievo che può essere introdotto solo dal legislatore.
3.2- Ancora, altri precedenti di questa Corte hanno affermato: la mancata copertura della previsione di legge, richiesta dall’art. 23 Cost., che « rende illegittima la previsione della ritenuta per cui è causa » (Cass. ord. 12122/2023), l’estraneità del contributo di solidarietà ai criteri di determinazione del trattamento pensionistico e conseguentemente anche al principio del necessario rispetto del pro rata (Cass. sent. n.603/2019), la carenza di base legale ad impedire la legittimità del contributo di solidarietà introdotto per norma regolamentare ed il limite alla autonomia negoziale rappresentato dalla riserva di legge delineata dall’art. 23 Cost. con l’affermazione che « l’autonomia non è legibus soluta » (Cass. ord. n.9914/2023), ed anche il significato dello jus superveniens di cui all’art. 1 co.763 della L.296/2006 che non sta ad indicare che atti o provvedimenti riduttivi delle prestazioni già erogate siano legittimi « sol perché già adottati » ma che sia garantita la « perdurante efficacia anche alla luce delle modificazioni intervenute, sempre che gli stessi siano stati assunti nel rispetto della legge » (Cass. ord. n. 19711/2017).
3.3Ulteriori considerazioni in tema di ragionevolezza, proporzionalità e sostenibilità del contributo non possono prescindere dalla inderogabile riserva di legge di matrice costituzionale e dalla finalità di equilibrio di bilancio a lungo termine che, per disposizioni normative succedutesi nel tempo, deve essere assicurata per un termine lungo, ampliato dai 15 anni previsti ex art. 3, comma 12 L.335/95 ai 30 anni previsti dall’art. 1 , co. 736 della L.296/06, fino ai 50 anni previsti dall’art. 24 d.l. 201/2011; ma il contributo applicato dalla Cassa è stato prorogato per due periodi quinquennali consecutivi, e si configura come una prestazione autonoma, non già come correttivo del trattamento pensionistico. Si precisa che il richiamo espresso nei motivi di ricorso a quest’ultima disposizione normativa per sostenere la legittimità del contributo imposto almeno nel limite dell’1% su due annualità (2012 e 2013) non è pertinente al fine di giustificarne ragionevolezza e sostenibilità poiché trattasi di due istituti diversi per natura, funzione, soggetti emittenti (il contributo minimo di cui all’art. 24 comma 24 lett. B, del d.l. 201/2011 ha fonte legislativa, carattere eccezionale e di limitata attuazione biennale, non è adeguato a fasce di reddito ma è applicato in percentuale fissa sul reddito percepito, e presuppone una condizione di inerzia dell’ente previdenziale privato e no n già l’attivazione procedimentale di una regolamentazione rivelatasi giudizialmente illegittima). È appena il caso di evidenziare che non si è formato alcun giudicato sulla asserita legittimità della trattenuta per il biennio coperto dalla disposizione in esame poiché il contributo di solidarietà imposto dalla Cassa è diverso, per quanto innanzi enunciato, da quello previsto dall’art. 24 , che non risulta essere stato deliberato dall’organo competente né automaticamente applicato, né il primo comprende od assorbe
il secondo, sicché il prelievo effettuato in quel periodo limitato di tempo non è qualificabile come contributo dell’1%.
4.- Il terzo motivo del ricorso principale merita di essere trattato congiuntamente con il motivo centrale del ricorso incidentale: il primo mira ad estendere la prescrizione anche alla parte iniziale del periodo infradecennale antecedente alla entrata in vigore della novella del 2011 (da agosto 2010 a giugno 2011), che la sentenza impugnata ha inteso invece preservare. Per contro, lo speculare motivo del controricorrente (già ricorrente incidentale) mira ad estendere l’efficacia della pretesa restitutoria a tutto l’arco di tempo antecedente alla domanda giudiziale (del 6/8/2020) non coperto dalla prescrizione decennale, incluso quindi anche il periodo intercorrente dal luglio 2011 al luglio 2015 dichiarato prescritto.
4.1 – La sentenza impugnata ha quindi ritenuto applicabile il termine prescrizionale breve, e per un breve periodo ha ritenuto di conservare l’applicazione della prescrizione decennale. Questa Corte, tuttavia, ha già affermato, in un caso analogo in cui si discuteva di somme trattenute sui ratei di pensione in base al contributo di solidarietà applicato dalla CNPADC (Cass.31527/22), che la prescrizione quinquennale prevista dall’art.2948, n. 4, c.c. -così come dall’art.129 del r. d. l. n. 1827 del 1935 – richiede la liquidità ed esigibilità del credito, che deve essere posto a disposizione dell’assicurato, sicché, ove sia in contestazione l’ammontare del trattamento pensionistico (cioè con o senza applicazione del contributo di solidarietà), il diritto alla riliquidazione degli importi è soggetto all ‘ ordinaria prescrizione decennale di cui all’art. 2946 cod.civ. Si richiama anche la pronuncia Cass. n.41320/2021 sulla mancanza dei criteri di liquidità ed esigibilità del credito, che deve essere posto
a disposizione dell’assicurato, laddove la differenza di importo pensionistico, decurtata e non riscossa, ne esclude il carattere di importo ‘pagabile’. Trattasi di un indirizzo consolidato (cfr. Cass. n.449/23, e n.688/23) e condiviso dal collegio.
4.2- Né vale in contrario richiamare l’art.47 -bis d.P.R. n.639/70, secondo cui « Si prescrivono in cinque anni i ratei arretrati, ancorché non liquidati e dovuti a seguito di pronunzia giudiziale dichiarativa del relativo diritto, dei trattamenti pensionistici, nonché delle prestazioni della gestione di cui all’art.24 l. n.88/89, o delle relative differenze dovute a seguito di riliquidazioni ». Questa Corte ha affermato che tale norma riguarda l’ipotesi di riliquidazione della pensione, mentre il caso di spec ie concerne l’indebita trattenuta derivante dall’applicazione di una misura patrimoniale illegittima, che non condivide con il rateo pensionistico la disciplina del sistema di calcolo della pensione in sé considerata (Cass. 4604/23). Invero, la fattispecie in esame non rientra nelle ipotesi di riliquidazione di trattamenti pensionistici i cui ratei arretrati ancorché non liquidati e dovuti a seguito di pronuncia giudiziale dichiarativa del relativo diritto-si prescrivono in cinque anni, bensì in un « credit o consequenziale all’indebita ritenuta derivante dall’applicazione di una misura patrimoniale illegittima, frutto di ritenute operate sui singoli ratei di pensione, ma non condivide con il rateo pensionistico la disciplina del sistema di calcolo della pensione in sé considerata » (così in sent. n.31527/2022, per poi concludere che « La Cassa ha esercitato unilateralmente un potere di prelievo che si è sovrapposto al diritto del pensionato, ma non si è confuso con l’obbligazione pensionistica a cui pretendeva di applicarsi. Il termine di prescrizione dell’azione di recupero delle somme indebitamente trattenute non può che essere quello ordinario
decennale »). Non si pone, inoltre, un problema di eventuale disparità di trattamento fra pensionati INPS e pensionati di Casse professionali privatizzate, ma di trattenute operate in virtù di un diverso titolo contributivo.
La prescrizione è dunque decennale sicchè il motivo di ricorso principale è infondato, mentre il motivo incidentale è fondato.
5. In ordine al quarto motivo di ricorso, si osserva in primo luogo che non si verte in un’ipotesi di omessa pronuncia, poiché l’impugnata sentenza ha ritenuto la sussistenza dell’inadempimento della Cassa nell’aver applicato, sull’importo della pensione a suo tempo liquidata, una trattenuta a titolo di contributo di solidarietà, ponendo in pagamento una somma inferiore al dovuto. Ha dunque ipotizzato un inadempimento dell’obbligazione principale e non un illecito ex art. 1224 c.c..; ha quindi implicitamente respinto la tesi della decorrenza degli interessi dalla domanda giudiziale laddove in primo grado il tribunale aveva indicato la decorrenza degli interessi dalle singole scadenze dei ratei pagati in misura ridotta (per via dell’applicato contributo di solidarietà) e fino al saldo. Invero, gli interessi legali, come previsto dall’art. 429 comma terzo, c.p.c., competono dalla maturazione del diritto, decorrenti dal giorno in cui la prestazione (rateo) non è stata interamente erogata e non già dal momento della domanda (amministrativa o giudiziale) con la quale si invochi l’unitario trattamento della prestazione alla cui erogazione il pensionato ha già conseguito la titolarità. La pronuncia oggetto di impugnazione, in ordine alla decorrenza degli interessi, è conforme al diritto, in linea con quanto già affermato in altra pronuncia di questa Corte (ord. 12122/2023), secondo la quale « al pensionato, infatti, per effetto dell’accoglimento della domanda, competono gli interessi
legali dalla data di maturazione del diritto (coincidente con i prelievi effettuati dalla Cassa) fino al momento dell’effettivo pagamento, in base ad un consolidato e condiviso indirizzo di questa Corte (da ultimo confermato da Cass. 13642 del 2022) che, con riguardo agli accessori, afferma che i crediti previdenziali hanno natura unitaria; gli accessori costituiscono componenti essenziali di un’unica prestazione nel senso che il credito maggiorato di tali elementi, rappresenta, nel tempo, l’originario credito nel suo reale valore man mano aggiornato (Cass. n. 12023 del 2003; conf. Cass. n. 18558 del 2014; Cass. n. 2563 del 2016) » ivi richiamando fattispecie analoghe già esaminate e l’arresto delle Sezioni Unite di questa Corte (Cass., Sez. Un. n. 6928 del 2018) con il quale, occupandosi di prestazioni di natura previdenziale si è nuovamente ribadito che dalla affermata natura previdenziale (del credito) deriva che agli accessori non si applica il regime giuridico proprio delle obbligazioni pecuniarie, sicché il pagamento del solo credito originario si configura come adempimento parziale di una prestazione unitaria, e ne consegue che « gli interessi devono essere calcolati sul capitale rivalutato con scadenza periodica, dal momento dell’inadempimento al soddisfacimento del credito » (nello stesso senso, Cass. 35113/2022 e 4362/2023).
5.1 – La tematica affrontata si risolve in una quaestio juris per la cui soluzione non si richiedono ulteriori nuovi accertamenti di fatto, poiché è dalla stessa motivazione della sentenza che implicitamente si ricava la soluzione adottata dal giudice di merito nel senso suindicato. Si conviene con quanto affermato dalle S.U. con sent. n. 2731/2017 secondo la quale la mancanza di motivazione su questione di diritto e non di fatto deve ritenersi irrilevante, ai fini della cassazione della sentenza, qualora il giudice del merito sia comunque pervenuto ad
un’esatta soluzione del problema giuridico sottoposto al suo esame. In tal caso, la Corte di cassazione, in ragione della funzione nomofilattica ad essa affidata dall’ordinamento, nonché dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, di cui all’art. 111, comma 2, Cost., ha il potere, in una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 384 c.p.c., di correggere la motivazione anche a fronte di un “error in procedendo”, quale la motivazione omessa, mediante l’enunciazione delle ragioni che giustificano in diritto la decisione assunta, anche quando si tratti dell’implicito rigetto della domanda perché erroneamente ritenuta assorbita, sempre che si tratti di questione che non richieda ulteriori accertamenti in fatto. Nel caso in esame, la statuizione resa in dispositivo sulla condanna a restituire il contributo di solidarietà ‘maggiorato da interessi legali’ si intende, quindi, come condanna a restituire il contributo maggiorato di interessi maturati dal pagamento dei ratei liquidati con le trattenute.
6. In conclusione, la soluzione cui si perviene (illegittimità del contributo di solidarietà, prescrizione decennale con diritto alla restituzione del contributo di solidarietà dal mese di agosto 2010 fino ad ottobre 2019, decorrenza degli interessi dalla scadenza dei ratei e non dalla domanda) si pone in continuità con il consolidato orientamento giurisprudenziale, riassuntivamente concentrato in altre recenti pronunce (fra le tante, v. Cass. n. 6170/2024), in cui si condensano tutti gli argomenti innanzi svolti e le soluzioni negative alle quali anche in questa sede si perviene, non essendovi spazio per una sua rimeditazione. Al rigetto del ricorso principale segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese secondo soccombenza, liquidate come da dispositivo in ragione del valore di lite.
Sussistono, infine, i presupposti per il versamento del doppio del contributo unificato, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso incidentale, rigetta il ricorso principale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto. Condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 5.000,00 oltre accessori, ed euro 200,00 per esborsi, con distrazione a favore del procuratore antistatario. Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione