Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5469 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 5469 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 23219-2023 proposto da:
CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA DEI DOTTORI COMMERCIALISTI, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
BAGGIO TARCISIO;
– intimato – avverso la sentenza n. 206/2023 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 18/05/2023 R.G.N. 999/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Oggetto
R.G.N.23219/2023
COGNOME
Rep.
Ud.14/02/2025
CC
Con sentenza n. 206 del 18.5.2023, la Corte d’appello di Venezia ha respinto il gravame della Cassa commercialisti confermando la pronuncia del Tribunale di Treviso, che aveva dichiarato l’illegittimità del prelievo sul trattamento pensionistico di COGNOME a titolo di contributo di solidarietà, per i periodi meglio indicati in ricorso, e, per l’effetto, aveva condannato la Cassa a restituire quanto illegittimamente prelevato.
La Corte del merito, nel confermare la sentenza di primo grado, ha aderito all’orientamento di questa Suprema Corte, che disconosce il potere della Cassa commercialisti d’introdurre il contributo di solidarietà e reputa l’imposizione d’un siffatto prelievo prerogativa del legislatore.
La Cassa commercialisti ha impugnato per cassazione la sentenza della Corte d’appello di Venezia, articolando il ricorso in quattro motivi, illustrati da memoria, mentre COGNOME NOMECOGNOME non ha spiegato difese scritte.
Per il presente giudizio, all’esito di una proposta di definizione agevolata, ex art. 380-bis primo comma c.p.c., è stata chiesta dalla Cassa la decisione, ai sensi dell’art. 380 -bis secondo comma c.p.c.
Il Collegio riserva ordinanza, nel termine di sessanta giorni dall’adozione della presente decisione in camera di consiglio.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo, la Cassa ricorrente deduce la violazione degli artt. 1 e 2 del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, dell’art. 3 comma 12 della legge n. 335/95, come modificato dall’art. 1 comma 763 della legge n. 296/06 ed autenticamente interp retato dall’art. 1 comma 488 della legge n. 147/13, dell’art. 24, comma 24, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214, degli artt. 2, 3 e 23 Cost. in combinato disposto
con le delibere della Cassa nn. 4/2008, 3/13 e 10/17, anche in relazione al combinato disposto delle delibere della Cassa nn. 3/13 e 10/17, emanate in virtù dell’art. 22 del regolamento di disciplina del regime previdenziale, approvato con DM del 14.7.04, nonché dell’art. 115 c.p.c., laddove la sentenza impugnata ha ritenuto illegittimo il contributo di solidarietà applicato sulla pensione della parte ricorrente.
Con il secondo motivo, in subordine, la Cassa ricorrente deduce la violazione dell’art. 434 c.p.c. e dell’art. 24 , comma 24, lett. b) del d.l. n. 201/11, ove la sentenza non ha ritenuto applicabile il contributo di solidarietà ivi previsto, per il biennio 2012-2013. Con il terzo motivo, in subordine, la Cassa ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 19 comma 3 della legge n. 21/86, dell’art. 2948 n. 4 c.c., dell’art. 47 bis d.P.R. n. 639/47, nonché degli artt. 3 e 38 Cost., perché la Corte d’appello, nella sentenza impugnata, aveva ritenuto applicabile il termine di prescrizione decennale.
Con il quarto motivo, sempre in subordine, la Cassa ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. dell’art. 16 comma 6 della legge n. 412/91, nonché degli artt. 1224 e 2033 c.c., perché erroneamente la Corte d’appello aveva fatto decorrere gli interessi dalla scadenza dei singoli ratei di pensione.
Il primo e secondo motivo, che possono essere oggetto di un esame congiunto, perché connessi, sono inammissibili, ex art. 360-bis c.p.c., alla stregua dell’oramai consolidato orientamento di questa Corte, che ha offerto esaustiva risposta a tutti gli argomenti addotti a sostegno del ricorso.
Infatti, anche alla luce delle enunciazioni di principio della sentenza della Corte costituzionale n. 173 del 2016, questa Corte è ferma nell’escludere che la Cassa nazionale di
previdenza ed assistenza a favore dei dottori commercialisti possa adottare, sia pure in funzione dell’obiettivo di assicurare l’equilibrio di bilancio e la stabilità della gestione, atti o provvedimenti che operino una trattenuta su un trattamento già determinato e si sostanzino in una prestazione patrimoniale imposta, che solo la legge può introdurre, alla stregua dell’art. 23 Cost. (Cass., sez. lav., 10 dicembre 2018, n. 31875; nello stesso senso, Cass., sez. lav., 14 gennaio 2019, n. 603); a tale orientamento questa Corte ha dato continuità in molteplici occasioni (di recente, fra le molte, Cass., sez. lav., 8 maggio 2023, n. 12122, 14 aprile 2023, n. 10047, 13 aprile 2023, n. 9893, n. 9886 e n. 9842), reputando irrilevante l’autonomia delle Casse privatizzate (Cass., sez. lav., 13 aprile 2023, n. 9914, punto 3 delle Ragioni della decisione) e sprovviste di valenza decisiva le previsioni dell’art. 1, comma 763, della legge n. 296 del 2006 e dell’art. 1, comma 488, della legge n. 147 del 2013, menzionate anche nell’odierno giudizio (ordinanza n. 9914 del 2023, cit., punti 4 e 5 delle Ragioni della decisione). Il terzo motivo che deduce il vizio di violazione di legge, laddove la Corte d’appello prospetta l’applicabilità della prescrizione quinquennale, è, altresì, inammissibile, ex art. 360-bis c.p.c. Infatti, in base ai principi a più riprese affermati da questa Corte, è assoggettata alla prescrizione decennale l’azione di restituzione delle trattenute a titolo di contributo di solidarietà, difettando i caratteri della liquidità e dell’esigibilità del credito, cui è correlata l’applicazione dell’invocato termine quinquennale di prescrizione (Cass., sez. lav., 25 ottobre 2022, n. 31527; in senso conforme, anche Cass., sez. lav., 13 febbraio 2023, n. 4362, e 10 febbraio 2023, n. 4263, e Cass., sez. VI L, 14 febbraio 2023, n. 4604, e 13 febbraio 2023, n. 4349 e n. 4314).
Il quarto motivo che censura la condanna al pagamento degli interessi sulle somme via via trattenute è inammissibile, ex art. 360 bis c.p.c., come già statuito in numerose pronunce di questa Corte: in particolare, in un recente arresto, le Sezioni Unite (Cass., Sez. Un., n. 6928 del 2018) si sono occupate di prestazioni di natura previdenziale e, per quel che qui rileva, hanno nuovamente ribadito che “(…) Dalla affermata natura previdenziale (del credito) (…) deriva (…) che agli accessori da cumulare non si applica il regime giuridico proprio delle obbligazioni pecuniarie, sicchè il pagamento del solo credito originario si configura come adempimento parziale di una prestazione unitaria (…) consegue che gli interessi devono essere calcolati sul capitale rivalutato con scadenza periodica, dal momento dell’inadempimento al soddisfacimento del credito(…)” (cfr. Cass. n. 36560/22, 24651/24).
Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile, mentre non si provvede sulle spese, atteso che COGNOME NOME è rimasto intimato.
Essendo il giudizio definito in conformità alla proposta non accettata, ai sensi dell’art.380 bis, ult. co., cod. proc. civ. deve applicarsi l’art.96, commi 3 e 4, cod. proc. civ. contenendo l’art.380 bis, ult. co. cod. proc. civ. una valutazione legale ti pica della sussistenza dei presupposti per la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata in favore della controparte e di una ulteriore somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, secondo quanto statuito da questa Corte a Sezioni Unite (Cass. Sez.Un. n. 27195 e n. 27433/2023, poi Cass. n. 27947/2023).
Poiché tuttavia, la parte intimata non ha spiegato difese scritte, parte ricorrente va condannata a pagare la sola somma di € 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Sussistono i presupposti per il versamento da parte della Cassa ricorrente dell’ulteriore importo, rispetto a quello già versato a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna parte ricorrente a pagare € 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, ex art. 96 comma 4 c.p.c.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, atteso il rigetto del ricorso, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis cit.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14.2.2025.