Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16677 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 16677 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 17086-2024 proposto da:
CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA A FAVORE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 71/2024 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 01/02/2024 R.G.N. 214/2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/04/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
Oggetto
R.G.N.17086/2024
COGNOME
Rep.
Ud.10/04/2025
CC
RILEVATO CHE
Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei Dottori Commercialisti impugna la sentenza n. 71/2024 della Corte d’appello di Firenze che ha respinto il gravame promosso dall’Ente avverso la pronuncia del Tribunale della medesima sede che aveva dichiarato l’illegittimità delle trattenute operate sulla pensione di NOME COGNOME a titolo di contributo di solidarietà.
Propone quattro motivi di censura.
Resiste con controricorso NOME COGNOME.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
A seguito di richiesta di decisione depositata dalla Cassa nei confronti della proposta di definizione accelerata del presente giudizio, è stata fissata l’odierna adunanza camerale, nella quale il Collegio ha riservato il termine di 60 giorni per il deposito del presente provvedimento.
CONSIDERATO CHE
Sono proposti quattro motivi di censura, così rubricati, tutti in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.
Violazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 509/1994 in combinato disposto con l’art. 22 del ‘Regolamento di disciplina del regime previdenziale’ della CNPADC e con la Delibera della CNPADC del 27.6.2013; dell’art. 3, comma 12, della legge n. 335/1995; dell’art. 1, comma 763, della legge n. 296/2006; dell’art. 1,
comma 488, della legge n. 147/2013; dell’art. 24, comma 24, del D.L. n. 201/2011, convertito in legge n. 214/2011; degli artt. 3, 23 e 38 Cost.
II) Violazione dell’art. 1 della legge n. 147/2013, dell’art. 3, comma 12, della legge n. 335/1995; dell’art. 1, comma 763, della legge n. 296/2006; dell’art. 2 del d.lgs. n. 509/1994 in combinato disposto con l’art. 22 del ‘Regolamento di disciplina del r egime previdenziale’ della CNPADC e successive delibere. III)Violazione dell’art. 1 della legge n. 147/2013, degli artt. 2946 e 2948 cod. civ.; dell’art. 129 del R.D.L n. 1827/1935 e dell’art. 47 -bis del D.P.R. n. 639/1970.
IV)violazione dell’art. 16 della legge n. 412/1991, dell’art. 1224 cod. civ., dell’art. 2033 cod. civ.
Il primo ed il secondo motivo di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, per l’intima connessione che li lega, tendendo a dimostrare la legittimità del contributo imposto dalla Cassa ricorrente.
Detti motivi risultano manifestamente infondati alla stregua dell’oramai consolidato orientamento di questa Corte che ha offerto esaustiva risposta a tutti gli argomenti addotti a sostegno del ricorso, in controversie del tutto sovrapponibili a quella odierna, anche in rapporto alle previsioni del d.l. n. 201 del 2011, essendosi chiarito che gli enti previdenziali privatizzati (come, nella specie, la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Dottori Commercialisti) non possono adottare, sia pure in funzione dell’obiettivo di assicurare l’equilibrio di bilancio e la stabilità della gestione, atti o provvedimenti che, lungi dall’incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico, impongano una trattenuta (nella specie, un contributo di solidarietà) su un trattamento che sia già
determinato in base ai criteri ad esso applicabili, dovendosi ritenere che tali atti siano incompatibili con il rispetto del principio del pro rata e diano luogo a un prelievo inquadrabile nel genus delle prestazioni patrimoniali ex art. 23 Cost., la cui imposizione è riservata al legislatore.
Cassazione n. 603/2019, ex multis , ha poi rilevato che «appare utile, al fine di confermare l’estraneità del contributo di solidarietà ai criteri di determinazione del trattamento pensionistico e conseguentemente anche al principio del necessario rispetto del pro rata, richiamare, altresì, la recente sentenza della Corte Costituzionale n. 173/2016 che, nel valutare l’analogo prelievo disposto dalla L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 486, ha affermato che si è in presenza di un “prelievo inquadrabile nel genus delle prestazioni patrimoniali imposte per legge, di cui all’art. 23 Cost., avente la finalità di contribuire agli oneri finanziari del sistema previdenziale (sentenza n. 178 del 2000; ordinanza n. 22 del 2003)”; ed è, dunque, la mancata copertura della previsione di legge, richiesta dall’art. 23 Cost., che rende illegittima la previsione della ritenuta per cui è causa; sulla base delle considerazioni che precedono deve concludersi nel senso che esula dai poteri riconosciuti dalla normativa la possibilità, per le Casse, di emanare un contributo di solidarietà in quanto, come si è detto, esso, al di là del suo nome, non può essere ricondotto ad un “criterio di determinazione del trattamento pensionistico, ma costituisce un prelievo che può essere introdotto solo dal legislatore».
Detto orientamento, iniziato con Cass. n. 25212/2009 e proseguito con, ex multis , Cass. n. 31875/2018, n. 32595/2018, n. 423/2019, n. 603/2019, n. 982/2019, n. 16814/2019, n. 28054/2020, n. 6301/2022, n. 6897/2022, n. 18565/2022; n. 18566/2022; n. 18570/2022; n. 29382/2022;
n. 29535/2022; n. 29523/2022; n. 9886/2023, n. 9893/2023, n. 9914/2023, n. 10047/2023, n. 12122/2023, n. 6170/2024, n. 7489/2024, n. 24403/2024, n. 24605/2024, n. 24667/2024 è consolidato e va confermato.
La sentenza impugnata non incorre neppure nei vizi denunciati con la terza doglianza, che prospetta l’applicabilità della prescrizione quinquennale.
Va nuovamente richiamato l’orientamento di legittimità consolidato sul punto.
Come evidenziato fin da Cass. n. 31527/2022, in cui si controverteva di un caso analogo al presente, la prescrizione quinquennale prevista dall’art.2948, n. 4, cod. civ. così come dall’art.129 del R. D. L. n. 1827 del 1935 richiede la liquidità ed esigibilità del credito, che deve essere posto a disposizione dell’assicurato, sicché, ove sia in contestazione l’ammontare del trattamento pensionistico (cioè con o senza applicazione del contributo di solidarietà), il diritto alla riliquidazione degli importi è soggetto alla ordinaria prescrizione decennale di cui all’art. 2946 c.c.
Né vale in contrario richiamare l’art.47 -bis d.P.R. n.639/70, secondo cui ‘si prescrivono in cinque anni i ratei arretrati, ancorché non liquidati e dovuti a seguito di pronunzia giudiziale dichiarativa del relativo diritto, dei trattamenti pensionistici, nonché delle prestazioni della gestione di cui all’art.24 l. n.88/89, o delle relative differenze dovute a seguito di riliquidazioni.’
Questa Corte ha affermato che tale norma riguarda l’ipotesi di riliquidazione della pensione, mentre il caso di specie concerne l’indebita trattenuta derivante dall’applicazione di una misura patrimoniale illegittima, che non condivide con il rateo
pensionistico la disciplina del sistema di calcolo della pensione in sé considerata ( ex plurimis , Cass. n. 4604/2023).
Questo indirizzo si è consolidato ( ex multis, Cass. n. 31641/2022, n. 31642/22, n.449/2023, n.688/2023, Cass. n. 4263/2023, n. 4314/2023, n. 4349/2023, n. 4362/2023, n. 4604/2023, n. 6170/2024) ed è condiviso dal Collegio.
Dato il differente ambito applicativo dell’art.47 -bis d.P.R. n.639/70, non ha ragion d’essere alcuna questione di illegittimità costituzionale per violazione dell’art.3 Cost.
Infondato è anche il quarto mezzo di gravame relativo alla decisione sulla decorrenza degli interessi maturati sulle somme trattenute.
Su punto si richiama ex multis Cass. n. 36560/2022: «Cass. n.31642 del 2022 ha confermato il principio secondo il quale al pensionato, per effetto dell’accoglimento della domanda, competono gli interessi legali dalla data di maturazione del diritto (coincidente con i prelievi effettuati dalla Cassa) fino al momento dell’effettivo pagamento, in base ad un consolidato e condiviso indirizzo di questa Corte che, con riguardo agli accessori, afferma che i crediti previdenziali hanno natura unitaria; gli accessori costituiscono componenti essenziali di un’unica prestazione nel senso che il credito “maggiorato di tali elementi, rappresenta, nel tempo, l’originario credito nel suo reale valore man mano aggiornato” (Cass. n. 12023 del 2003; conf. Cass. n. 18558 del 2014; Cass. n. 2563 del 2016). La Corte ha, peraltro, già esaminato analoghe fattispecie (v. Cass. nn. 16813 e 16814 del 2019) e richiamato, a fondamento della correttezza del decisum dei giudici di merito, anche un più recente arresto delle sezioni unite (Cass., sez. un., n. 6928 del 2018) le quali, occupandosi di prestazioni di natura
previdenziale, per quel che qui rileva, hanno nuovamente ribadito che “(…) Dalla affermata natura previdenziale (del credito) (…) deriva (…) che agli accessori da cumulare non si applica il regime giuridico proprio delle obbligazioni pecuniarie, sicché il pagamento del solo credito originario si configura come adempimento parziale di una prestazione unitaria (…) consegue che gli interessi devono essere calcolati sul capitale rivalutato con scadenza periodica, dal momento dell’inadempimento al soddisfacimento del credito(…)» (cosi Cass. n. 36560/2022; idem n. 35986/2022, n. 36000/2022, n. 36002/2022, n. 687/2023, n. 3687/2023, n. 3990/2023; n. 12122/2023; n. 24255/2024).
Le ulteriori argomentazioni svolte in seno alla memoria depositata dalla Cassa in vista della presente adunanza non pongono elementi di valutazione effettivamente nuovi o non considerati nei precedenti casi in cui questa Corte si è pronunciata, per cui l’orientamento formatosi va confermato.
Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile, ai sensi dell’art. 360 bis, n. 1, cod. proc. civ., con condanna alle spese in favore del controricorrente secondo soccombenza, come liquidate in dispositivo.
Essendo il giudizio definito in conformità alla proposta non accettata, ai sensi dell’art.380 bis, ult. co., cod. proc. civ. deve applicarsi l’art.96, commi 3 e 4, cod. proc. civ., contenendo l’art.380 bis, ult. co., cod. proc. civ. una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata in favore della controparte e di una ulteriore somma di denaro in favore della
Cassa delle Ammende, secondo quanto statuito da questa Corte a Sezioni Unite (Cass. S.U. n. 27195/2023 e n. 27433/2023, Cass. n.27947/2023).
Parte ricorrente va dunque condannata a pagare una somma equitativamente determinata in €2500,00 in favore del resistente e di una ulteriore somma di € 2500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, attesa la declaratoria di inammissibilità del ricorso, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente a rifondere le spese di lite del presente giudizio di cassazione, liquidate in € 5000,00 per compensi, €200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali e accessori di legge; condanna parte ricorrente a pagare al resistente l’ulteriore somma di € 2500,00; condanna parte ricorrente a pagare € 2500,00 in favore della Cassa delle Ammende; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, attesa la declaratoria di inammissibilità del ricorso, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 10 aprile 2025.