Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9590 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 9590 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 15441-2024 proposto da:
CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA E ASSISTENZA DEI DOTTORI COMMERCIALISTI, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME che la rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME COGNOME NOME, elettivamente domiciliati presso l’indirizzo PEC dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 15/2024 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 24/01/2024 R.G.N. 130/2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
Oggetto
PREVIDENZA
PROFESSIONISTI
R.G.N. 15441/2024
Ud. 28/02/2025 CC
Rilevato che:
NOME COGNOME e NOME COGNOME con separati ricorsi successivamente riuniti, deducevano di essere titolari di pensione di vecchiaia e lamentando di avere subito la trattenuta del «Contributo di solidarietà» sulle rate di pensione, chiedevano al Tribunale di Genova di dichiarare l’illegittimità delle dette trattenute perché disposte in violazione dell’articolo 3 della legge n. 335 del 1995 – come modificato dalla legge n. 296 del 2006, dal decreto legge n. 98 del 2011 convertita in legge n. 111 del 2011 e interpretato dalla legge n. 147 del 2013 – con particolare riferimento all’art. 22 del regolamento della Cassa Nazionale di previdenza e assistenza dei dottori commercialisti (C.N.P.A.D.C.) approvato con Decreto Ministeriale del 14.7.2004, alla delibera del C.N.P.A.D.C. n. 4 del 2008 per il quinquennio 2009 -2013, successivamente replicata con delibera n. 3 del 27 giugno 2013 per il quinquennio 20142018. La Cassa Nazionale di previdenza e assistenza dei dottori commercialisti (d’ora in poi Cassa) si costituiva e chiedeva il rigetto della domanda. Il Tribunale di Genova, con la sentenza n. 709/2022 depositata il 17.11.2022 ha accolto la domanda, ha dichiarato illegittime le trattenute a titolo di fondo di solidarietà e ha condannato la Cassa alla restituzione.
Avverso detta sentenza proponeva appello la Cassa. NOME COGNOME e NOME COGNOME si costituivano in giudizio chiedendo il rigetto dell’impugnazione. La Corte di appello di Genova con la sentenza n. 15/2024 depositata il 24.1.2024 rigettava il gravame.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la Cassa, con impugnazione articolata su tre strumenti.
Il Giudice delegato depositava proposta di definizione ex art. 380-bis cod.proc.civ.. Parte ricorrente chiedeva la decisione della causa.
Veniva fissata l’udienza del 28.2.2025. La parte ricorrente depositava memoria ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ..
Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio del 28/02/2025.
Considerato che
In via preliminare occorre ricordare che «nel procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati ex art. 380-bis c.p.c. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), il presidente della sezione o il consigliere delegato che ha formulato la proposta di definizione può far parte – ed eventualmente essere nominato relatore -del collegio investito della definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380bis.1 c.p.c., non versando in situazione di incompatibilità agli effetti degli artt. 51, comma 1, n. 4, e 52 c.p.c., atteso che tale proposta non rivela una funzione decisoria e non è suscettibile di assumere valore di pronuncia definitiva, né la decisione in camera di consiglio conseguente alla richiesta del ricorrente si configura quale fase distinta, che si sussegue nel medesimo giudizio di cassazione con carattere di autonomia e con contenuti e finalità di riesame e di controllo sulla proposta stessa» (Cass. s.u. 10/04/2024, n. 9611).
1.1. Ancora in via preliminare occorre rilevare che il controricorso è stato depositato tardivamente, oltre il termine di quaranta giorni previsto dall’art. 370 cod. proc. civ., di qui l’inammissibilità della costituzione.
Con il primo motivo di ricorso la Cassa deduce violazione dell’art. 2, d.lgs. n. 30/06/1994, n. 509 in
combinato disposto con l’art. 22 del Regolamento di disciplina del regime previdenziale della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei dottori commercialisti e con la delibera della medesima Cassa del 27/06/2013; violazione degli artt. 3, comma 12, legge 08/08/1995, n. 335; 1, comma 763, l. 27/12/2006, n. 296; 1, comma 488, l. 27/12/2013, n. 147; 24, comma 24, d.l. n. 201/2011, convertito in legge n. 214/2011; 3, 23 e 38 Cost, tutti in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. In sostanza, la parte ricorrente deduce erroneità della sentenza nella parte in cui ha dichiarato illegittimo il contributo di solidarietà.
2.1. Con il secondo motivo di ricorso la Cassa deduce violazione degli artt. 1, legge 27/12/2013, n. 147; 3, comma 12, legge 08/08/1995, n. 335; 1, comma 763, legge 27/12/2006, n. 296; 2, d.lgs. 30/06/1994, n. 509 in combinato disposto con l’art. 22 del re golamento di disciplina del regime previdenziale della Cassa e successive delibere, tutti in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ..
2.2. I due motivi possono essere esaminati congiuntamente perché mirano entrambi ad affermare l’erroneità della sentenza, alla luce del quadro normativo di rilievo, nella parte in cui ha ritenuto illegittimo il contributo di solidarietà imposto dalle citate disposizioni del regolamento della Cassa, valorizzandosi in tal senso il principio che consente ad atti avente forza di legge di limitare il diritto soggettivo alla pensione, l’autonomia normativa della Cassa, la natura di atto avente forza di legge del regolamento della Cassa, il limite dell’equilibrio finanziario della Cassa e del rispetto del principio di ragionevolezza e del contemperamento degli interessi di tutti gli iscritti alla Cassa anche per la salvaguardia delle nuove generazioni.
2.3. Il primo e il secondo motivo di ricorso sono infondati. Circa l’illegittimità del contributo di solidarietà in questione sussiste un consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte che ha esaminato tutte le disposizioni invocate dalla parte ricorrente. In tal senso si consideri che: «in materia di trattamento previdenziale, gli enti previdenziali privatizzati (nella specie, la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Dottori Commercialisti) non possono adottare, sia pure in funzione dell’obbiettivo di assicurare l’equilibrio di bilancio e la stabilità della gestione, atti o provvedimenti che, lungi dall’incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico, impongano una trattenuta (nella specie, un contributo di solidarietà) su un trattamento che sia già determinato in base ai criteri ad esso applicabili, dovendosi ritenere che tali atti siano incompatibili con il rispetto del principio del pro rata e diano luogo a un prelievo inquadrabile nel genus delle prestazioni patrimoniali ex art. 23 Cost., la cui imposizione è riservata al legislatore» (Cass. 10/12/2018, n. 31875 e, di seguito, fino ai più recenti arresti quali Cass. 20684/2024; Cass. 20694/2024; 20710/2024 che confermano l’orientamento conso lidato quale diritto vivente). A questo orientamento il Collegio intende dare continuità anche richiamando le argomentazioni più ampiamente spese nella motivazione delle decisioni richiamate, che valgono a ricostruire il quadro normativo di rilievo, innanzi richiamato, ed a confermare l’illegittimità del contributo di solidarietà applicato dalla Cassa ricorrente.
Con il terzo motivo di ricorso la Cassa deduce violazione dell’art. 1, l. 27.12.2013, n. 147, degli artt. 2946 e 2948, cod. civ.; violazione dell’art. 129, r.d.l. 04/10/1935, n. 1827 e dell’art. 47 -bis, d.p.r. 30/04/1970, n. 639, tutti in relazione all’ art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. La sentenza
impugnata sarebbe viziata nella parte in cui la Corte d’Appello ha confermato la decisione di primo grado anche con riguardo alla prescrizione applicabile alla fattispecie, ritenendo invocabile quella ordinaria decennale anziché quella quinquennale eccepita dalla Cassa.
3.1. Il terzo motivo di ricorso è infondato. Assume in proposito rilievo il seguente principio di diritto: in materia di previdenza obbligatoria (quale quella gestita dagli enti previdenziali privatizzati ai sensi del d.lgs. n. 509 del 1994) la prescrizione quinquennale prevista dall’art. 2948, n. 4, c.c. – così come dall’art. 129 del R.d.l. n. 1827 del 1935 – richiede la liquidità ed esigibilità del credito, che deve essere posto a disposizione dell’assicurato, sicché, ove sia in contestazione l’ammontare del trattamento pensionistico, il diritto alla riliquidazione degli importi è soggetto alla ordinaria prescrizione decennale di cui all’art. 2946 c.c. (nella specie, la Corte ha affermato che l’azione di restituzione delle trattenute operate sulla pensione dalla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei dottori commercialisti a titolo di contributo di solidarietà è soggetta al termine di prescrizione decennale, non essendo i ratei trattenuti liquidi ed esigibili) (Cass. 25/10/2022, n. 31527).
Il ricorso deve, allora, essere dichiarato inammissibile perché la sentenza impugnata ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa.
Non vi è luogo alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese, stante la tardività del deposito del controricorso.
5.1. Riguardo alle sanzioni previste dall’ultimo comma dell’art. 380 -bis c.p.c., stante l’esito giudiziale del tutto
conforme alla proposta di definizione accelerata, sussistono i presupposti per l’applicazione del quarto comma dell’art. 96 c.p.c. con la condanna del ricorrente alla sanzione da versare alla Cassa delle Ammende, liquidata come in dispositivo. In difetto di valida costituzione del controricorrente e di condanna alle spese non vi è luogo ai provvedimenti di cui all’art. 96, terzo comma, cod. proc. civ..
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della cassa delle ammende, della somma di Euro 2.500,00;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta