Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23728 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23728 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 22/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 17355-2024 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA DEI DOTTORI COMMERCIALISTI, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 10/2024 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 23/02/2024 R.G.N. 503/2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/04/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
Cassa commercialisti
PDA
R.G.N.17355/2024
COGNOME
Rep.
Ud.10/04/2025
CC
RILEVATO CHE
1.La C orte d’appello di Torino ha confermato la sentenza di primo grado di accoglimento del ricorso proposto da COGNOME COGNOME volto ad accertare la illegittimità delle trattenute operate sul proprio trattamento pensionistico dalla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei Dottori Commercialisti (CNPADC) a titolo di contributo di solidarietà, reiterate per plurimi quinquenni consecutivi ai sensi dell’art. 22 del Regolamento della Cassa professionale, conseguendo la condanna alla restituzione delle somme trattenute a tale titolo, nei limiti della prescrizione decennale, oltre interessi legali.
2.- La CNPADC propone ricorso per cassazione affidandosi a due motivi, cui la parte privata resiste con controricorso.
3.- A seguito di formulazione da parte del consigliere delegato di una sintetica proposta di definizione accelerata del giudizio argomentata sul consolidato orientamento espresso da questa Corte, la ricorrente presenta istanza di decisione ai sensi del secondo comma dell’art. 380 -bis cod. proc. civ. riportandosi a quanto eccepito in sede di ricorso per cassazione.
La causa è stata trattata e decisa all’adunanza camerale del 10 aprile 2025.
CONSIDERATO CHE
1.- Con il primo motivo il ricorrente deduce ai sensi dell’art. 360 comma 1 n.3 c.p.c. la violazione o falsa applicazione, dell’ art. 3 comma 12 L.335/95 come mod. da art. 1 comma 763 L.296/06, ed autenticamente interpretato da ll’ art. 1 co.488 L.147/13, per avere la sentenza impugnata ritenuto illegittimo il contributo di solidarietà applicato sulla pensione, affermando di fatto un
inesistente principio di permanente intangibilità del trattamento pensionistico, presente e futuro, senza considerare la legittimità del contributo incidente sulle quote di pensione liquidate con il sistema retributivo e fatti salvi gli atti deliberativi adottati in periodo antecedente al 2007 ancorché contenenti modifiche sfavorevoli per i beneficiari di rapporti di durata, a salvaguardia dell’equilibrio finanziario di lungo termine e seguendo criteri di gradualità e fini di equità intergenerazionale. Il ricorrente invoca in subordine una questione di legittimità costituzionale, per contrarietà agli artt. 3 e 38 Cost., dell’art. 3 comma 12 L.335/1995, ove interpretato nel senso della intangibilità, anche per motivi di solidarietà, del trattamento di pensione, in considerazione del fatto che il sistema pensionistico della Cassa, privato del sostegno economico dello Stato, incontrerebbe, nell’esercizio della sua autonomia, dei limiti identici a quelli previsti dal sistema pubblico, in violazione del principio sancito dall’art. 3 Cost. (che vieta parità di trattamento per situazioni diverse).
Con il secondo motivo di ricorso deduce, in relazione all’art. 360 co.1 n.3 c.p.c., la violazione dell’art. 2948 n.4 c.c. nella parte in cui la sentenza ha erroneamente respinto l’eccezione di prescrizione quinquennale sostenendone la durata decennale su d ue argomentazioni non convincenti, ossia l’inapplicabilità dell’art. 2948 c.c. per la natura non negoziale dei trattamenti pensionistici (laddove la norma si riferisce anche a crediti aventi fonte legale) e per la non necessità di individuare nella liquidità ed esigibilità del credito il presupposto applicativo della prescrizione breve.
Nel controricorso, la parte privata eccepisce infondatezza per contrarietà con principi giurisprudenziali espressi in sede di legittimità.
Entrambi i motivi di ricorso sono manifestamente infondati, alla luce del consolidato orientamento di questa Corte pronunciatasi su tutte le questioni sollevate dal ricorrente, ed al quale si intende dare piena continuità.
3.1 Occorre in primo luogo precisare che l’impugnata sentenza non ha affermato un principio di intangibilità del trattamento pensionistico, bensì ha censurato l’illegittimità del contributo di solidarietà imposto dalla Cassa in forza della disposizione d ell’art. 22 del Regolamento dell’ente previdenziale privato e sue successive proroghe del 2008-2013-2017, richiamando il consolidato indirizzo giurisprudenziale che, tenuto conto anche della modifica dell’art. 3 co. 12 della Legge 335/1995 ad opera della legge 296/2006, ha superato il numerus clausus dei provvedimenti modificativi del trattamento pensionistico ed ha attenuato il principio del pro rata . Invero, già nell’imminenza della entrata in vigore della norma di interpretazione autentica di cui all’art. 1 co.488 della L. 147/2013 le Sezioni Unite (sent. 17742/15), investite della questione di massima di particolare importanza su fattispecie analoga in materia di fissazione di un massimale pensionabile introdotto dal Comitato dei delegati della Cassa Ragionieri e Periti Commerciali, avevano affermato l’operatività attenuata del principio del pro rata a seguito della modifica all’art. 3 co. 12 L.335/95 ad opera dell’art. 1 co .763 della L.296/06, distinguendo tra vecchia e nuova formulazione, e l’irrilevanza di quest’ultima per i pensionati che avevano maturato il diritto in epoca antecedente alla riforma del 2006, fornendo anche precise argomentazioni sul tema della non
applicazione della prescrizione quinquennale ex art. 2948 n.4 c.c. non versando in un caso di credito pagabile, ossia messo a disposizione del creditore che deve essere posto in condizione di poterlo riscuotere, non bastando la mera idoneità del credito ad essere determinato nel suo ammontare. Resta fermo, poi, per entrambi i casi -professionisti in pensione prima o dopo il 2007, il principio della riserva di legge nell’adozione di atti e provvedimenti emanati dall’organo deliberativo dell’ente previdenziale privatizzato i quali, sebbene non siano più vincolati dal tipo adottabile secondo la previgente disciplina dell’art. 3 co. 12 e dalla stretta osservanza del criterio del pro rata , non possono comunque derogare a norme primarie.
3.2 – A ciò si aggiunga che aderente alla vicenda in esame è il caso esaminato nella sentenza Cass. del 10/12/2018 n.31875 quasi integralmente richiamata nella impugnata sentenza, sulla illegittimità del contributo di solidarietà adottato dalla CNPADC, sia pure in funzione dell’obbiettivo di assicurare l’equilibrio di bilancio e la stabilità di gestione, mediante atti o provvedimenti che, lungi dall’incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico, impongano una trattenuta su un trattamento già determinato in base ai criteri ad esso applicabili, ritenendo che siano atti incompatibili con il rispetto del principio del “pro rata” e diano luogo a un prelievo inquadrabile nel “genus” delle prestazioni patrimoniali ex art. 23 Cost., la cui imposizione è riservata al legislatore. Ivi è stato affrontato il tema della privatizzazione degli enti professionali di previdenza ed assistenza, l’autonomia gestionale delle casse e la non incompatibilità del potere regolamentare con il sistema delle fonti, precisando che il D.Lgs. 509/94 non ha attribuito agli emanandi regolamenti delle Casse la configurazione di
regolamenti di delegificazione di cui alla L.400/88 per cui non è loro consentito di sostituire, in materie non coperte da riserva assoluta di legge, preesistenti disposizioni legislative statali o di derogare a disposizioni collocate a livello primario; è stato anche affrontato il tema dell’equilibrio di bilancio delle gestioni previdenziali in un termine non inferiore a quindici anni, del rispetto del principio del pro rata e dei tipi di provvedimento adottabili (originariamente limitati -c.d. numerus clausus – alla variazione di aliquote contributive e riparametrazione dei coefficienti di rendimento) dopo le modifiche introdotte dalla Legge 296/2006 con la precisazione che esula dal novero dei provvedimenti e risulta incompatibile con il rispetto del principio del pro rata qualsiasi provvedimento degli enti previdenziali privatizzati, come quello dell’art. 22 del Regolamento CNPADC, che « introduca a prescindere dal ‘criterio di determinazione del trattamento pensionistico’ – la previsione di una trattenuta a ti tolo di ‘contributo di solidarietà’ sui trattamenti pensioni stici già quantificati ed attribuiti », ossia ne « esula qualsiasi provvedimento che -lungi dall’incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico da adottarsi nel rispetto o tenuto conto del principio del pro rata, ai sensi delle successive formulazioni dell’art. 3 comma 12, L.n.335/199 5 e finalizzato al solo riequilibrio finanziario rispetto ai limiti di stabilità imposti dalla legge- imponga una trattenuta su detto trattamento già determinato, in base ai criteri ad esso applicabili, quale limite esterno della sua misura »; la medesima pronuncia ha anche affrontato il tema dell’interpretazione autentica fornita dall’art. 1 co. 488 della L. 147/2013 nel senso della legittimità degli atti adottati prima della entrata in vigore della L.296/2006 a condizione che siano finalizzati ad assicurare l’equilibrio finanziario di lungo termine « mentre sicuramente
tale finalità non rappresenta un connotato dl contributo straordinario di solidarietà, proprio perché di carattere provvisorio e limitato nel tempo », ed infine anche il tema della non incidenza della sentenza di Corte Costituzionale n.173/2016 « sulle conclusioni qui assunte » trattandosi comunque di un prelievo che può essere introdotto solo dal legislatore.
3.3- Non si pone, dunque, un problema di intangibilità del trattamento pensionistico collegato alla anzianità contributiva del professionista iscritto, bensì una questione diversa, afferente alla adottabilità o meno, da parte delle Casse previdenziali privatizzate, di un contributo imposto per fonte non legale bensì regolamentare, ove consentito nei limiti di una riserva relativa di legge prevista dall’art. 23 Cost. Orbene, anche per questi aspetti vi sono precedenti pronunce di questa Corte: sulla mancata copertura della previsione di legge, che « rende illegittima la previsione della ritenuta per cui è causa », si veda chiaramente quanto argomentato in Cass. ord. 12122/2023; sulla estraneità del contributo di solidarietà ai criteri di determinazione del trattamento pensionistico e di conseguenza anche al principio del necessario rispetto del pro rata, si veda pure Cass. sent. n.603/2019; sulla carenza di base legale ad impedire la legittimità del contributo di solidarietà introdotto per norma regolamentare e sul limite alla autonomia negoziale rappresentata dalla riserva di legge delineata dall’art. 23 Cost. in base all’affermazione che « l’autonomia non è legibus soluta » si veda anche Cass. ord. n.9914/2023; e sul significato dello jus superveniens di cui all’art. 1 co.763 della L.296/2006 che non sta ad indicare che atti o provvedimenti riduttivi delle prestazioni già erogate siano legittimi « sol perché già adottati » ma che sia garantita la « perdurante efficacia anche alla luce
delle modificazioni intervenute, sempre che gli stessi siano stati assunti nel rispetto della legge », si veda Cass. ord. 19711/2017.
3.4 – Ulteriori considerazioni sollevate dal ricorrente in tema di proporzionalità e sostenibilità del contributo in percentuali graduate con gli scaglioni di quota di pensione lorda annua calcolata con il metodo retributivo, non possono prescindere anch’esse dall’inderogabile riserva di legge di matrice costituzionale e dalla finalità di equilibrio di bilancio a lungo termine che, per disposizioni normative succedutesi nel tempo, deve essere assicurata per un termine lungo ampliato dai 15 anni previsti ex art. 3 comma 12 L.335/95, ai 30 anni previsti dall’art. 1 comma 736 della L.296/06, fino ai 50 anni previsti dall’art. 24 D.L. 201/2011; ma il contributo applicato dalla Cassa è stato prorogato per due-tre periodi quinquennali consecutivi e si configura come una prestazione autonoma, non già come correttivo del trattamento pensionistico.
Una riflessione ulteriore viene richiesta su una possibile questione di legittimità costituzionale nel senso indicato in ricorso: premesso che, per quanto innanzi argomentato, non si verte in tema di intangibilità o meno del trattamento pensionistico, quale ipotesi condizionante della prospettata questione di costituzionalità, non si ravvisa alcuna disparità di trattamento rispetto al trattamento pensionistico a carico di INPS poiché già in sentenza Corte Cost. n. 173/2016 non si riteneva alcun contrasto con gli artt. 3 e 38 Cost. per il caso di eventuale decurtazione, per fonte legislativa, del trattamento pensionistico in forza di disciplina attuativa di un contributo di solidarietà, ed anzi, la norma sottoposta al vaglio di legittimità costituzionale e ra l’art. 1 comma 486 L.147/13 applicativo di un contributo straordinario e temporaneo, non già quella primaria
dell’art. 3 comma 12 L.335/95; va anche evidenziato che la prospettata illegittimità costituzionale di quest’ultima (e dell’art. 1 commi 17 e 18 sugli incrementi percentuali delle retribuzioni pensionabili per i lavoratori iscritti ad INPS) sarebbe astrattamente invocabile se a parità di condizioni di partenza fosse riservato un trattamento pensionistico (ed una sua eventuale decurtazione) differente fra settore pubblico e privato, ed invece nel caso in esame si prospetta proprio una diversità di condizioni di partenza, per diversa disciplina e fonte attuativa del contributo straordinario prevista dalla citata norma della L.147/2013 (legislativa, nell’un caso, regolamentare nell’altro) pur in presenza di un contributo avente in radice la medesima finalità di stabilità di bilancio a lungo termine e di equità intergenerazionale. La citata sentenza della Corte Costituzionale aveva anche affermato che « 10. -Si è dunque, nella specie, in presenza di un prelievo inquadrabile nel genus delle prestazioni patrimoniali imposte per legge, di cui all’art. 23 Cost., avente la finalità di contribuire agli oneri finanziari del sistema previdenziale (sentenza n. 178 del 2000; ordinanza n. 22 del 2003). 11. -Resta allora da verificare se il contributo di solidarietà sulle pensioni più alte, come disciplinato dal censurato comma 486, risponda a criteri di ragionevolezza e proporzionalità, tenendo conto dell’esigenza di bilanciare la garanzia del legittimo affidamento nella sicurezza giuridica con altri valori costituzionalmente rilevanti ». E si tratta di principi informatori e canoni di orientamento teleologico affatto posti in dubbio; resta, di fondo, la contestata ammissibilità di una fonte impositiva del contributo in esame su base normativa secondaria e non già per fonte legislativa primaria. La sentenza n.173/2016 della Corte Costituzionale aveva anche distinto la natura contributiva del prelievo imposto da un connotato di
‘tributo’, e la sua astratta configurabilità con gradualità e proporzionalità sulle pensioni più elevate, in virtù del principio di ragionevolezza, aggiungendo però che, trattandosi di misura eccezionale, il contributo ‘ non può essere ripetitivo e tradursi in un meccanismo di alimentazione del sistema di previdenza ‘. Ed allora, ove ne sia prevista la fonte legale (e ciò non vale, per quanto innanzi detto, per il caso in esame dei pensionati di casse previdenziali privatizzate) il prelievo imposto per legge dimostrerebbe, per contro, la non intangibilità del trattamento pensionistico: ne discende la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 3 comma 12, ed 1 comma 12, 17, e 18 L.335/1995 che il ricorrente ha inteso sottop orre in esame ‘ se interpretati nel senso di intangibilità, anche per ragioni di solidarietà, del trattamento di pensione determinato con il sistema retributivo ‘.
5.- Anche il secondo motivo di ricorso è infondato. Questa Corte (Cass.31527/22), in un caso analogo al presente, dove si discuteva di somme trattenute sui ratei di pensione in base al contributo di solidarietà applicato dalla CNPADC, ha affermato che la prescrizione quinquennale prevista dall’art.2948, n. 4, c.c. così come dall’art.129 del R.D.L. n. 1827 del 1935 – richiede la liquidità ed esigibilità del credito, che deve essere posto a disposizione dell’assicurato, sicché, ove sia in contestazione l’ammontare del trattamento pensionistico (con o senza applicazione del contributo di solidarietà), il diritto alla riliquidazione degli importi è soggetto alla ordinaria prescrizione decennale di cui all’art. 2946 c.c. Si richiama anche la pronuncia Cass. n.41320/2021 sulla mancanza dei criteri di liquidità ed esigibilità del credito, che deve essere posto a disposizione dell’assicurato, laddove la differenza di importo pensionistico
decurtata e non riscossa ne esclude il carattere di importo ‘pagabile’. Trattasi di un indirizzo consolidato (v. Cass.449/23, Cass.688/23) e condiviso dal collegio. Diversamente, si prescrivono in cinque anni i ratei arretrati -ancorché non liquidati e dovuti a seguito di pronuncia giudiziale dichiarativa del relativo dirittodei trattamenti pensionistici, ma la fattispecie in esame non rientra nelle ipotesi di riliquidazione di trattamenti pensionistici, bensì costituisce un « credito consequenziale all’indebita ritenuta derivante dall’applicazione di una misura patrimoniale illegittima, frutto di ritenute operate sui singoli ratei di pensione, ma non condivide con il rateo pensionistico la disciplina del sistema di calcolo della pensione in sé considerata » (così in sent. n.31527/2022, per poi concludere che « La Cassa ha esercitato unilateralmente un potere di prelievo che si è sovrapposto al diritto del pensionato, ma non si è confuso con l’obbligazione pensionistica a cui pretendeva di applicarsi. Il termi ne di prescrizione dell’azione di recupero delle somme indebitamente trattenute non può che essere quello ordinario decennale »).
La soluzione cui si perviene è in linea con la proposta di definizione accelerata orientata verso la manifesta infondatezza dei motivi di ricorso, stante la continuità con il consolidato orientamento giurisprudenziale, riassuntivamente concentrato anche in altre recenti pronunce (Cass. ord. n. 6170/2024 e n.30742/2024), in cui si condensano tutti gli argomenti innanzi svolti e le soluzioni negative cui anche in questa sede si perviene.
In conclusione, il ricorso è inammissibile; le argomentazioni difensive non hanno superato le statuizioni della impugnata
sentenza che ha deciso le questioni in modo conforme alla giurisprudenza della Corte.
Alla soccombenza fa seguito la condanna del ricorrente al pagamento delle spese, competenze e onorari, liquidate in ragione del valore di causa, con distrazione al procuratore del controricorrente dichiaratosi antistatario.
8.1 – Essendo il giudizio definito in conformità alla proposta non accettata, si applicano gli ultimi due commi del l’art.96 c.p.c. , contenendo l’art.380 bis, ult. co. c.p.c. una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata in favore della controparte e di un ‘ ulteriore somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, secondo quanto statuito da questa Corte (S.U. n. 27195, 27433, 36069 del 2023, e Cass. 27947/23), l’una c ome ulteriore aggravamento della condanna alle spese, l’altra con funzione prettamente sanzionatoria a favore della collettività, entrambe espressive di maggior rilievo dato dalla novella codicistica alla finalità deterrente rispetto al compimento di atti processuali meramente defatigatori, valorizzando la funzione deflattiva della proposta definitoria per disincentivare, in presenza di orientamenti consolidati ed in mancanza di innovative argomentazioni, inutili lungaggini processuali. La ricorrente va dunque condannata a pagare, ai sensi dell’art. 96, terzo e quarto comma c.p.c., una somma equitativamente determinata in €2 .500,00 in favore della resistente (pari alla metà della principale condanna alle spese), ed un’eguale somma in favore della Cassa delle Ammende.
8.2 Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del DPR n.115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali
per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 13 comma 1 -bis del citato D.P.R., se dovuto.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite che si liquidano in Euro 5.000,00 oltre accessori di rito, con attribuzione al difensore antistatario.
Condanna altresì il ricorrente al pagamento della ulteriore somma di euro 2.500,00 in favore della controparte, ed al pagamento, in favore della cassa delle ammende, della somma di Euro 2.500,00.
Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione