Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14587 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 14587 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 29349-2019 proposto da:
CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA A FAVORE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, che la rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
COGNOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 721/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 23/05/2019 R.G.N. 1627/2018;
Oggetto
CASSA
COMMERCIALISTI
R.G.N. 29349/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 12/03/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/03/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE
la Corte d’appello di Milano, in riforma della decisione di prime cure, ha condannato la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Dottori Commercialisti al pagamento, in favore del professionista attuale controricorrente, della quota A del trattamento pensionistico, calcolata secondo il metodo retributivo e maturata prima del 2007, in applicazione dell’art.3, co.12 l. n.335/95 nella formulazione originaria, antecedente alla novella dell’art.1, co.763 l. n.296/06 e non incisa dal Regolamento della Cassa 14.7.2004 in violazione del principio del pro rata; ha ritenuto la prescrizione del diritto decennale ed inoltre illegittime le ritenute operate a titolo di contributo di solidarietà sul trattamento pensionistico in godimento;
avverso tale pronuncia la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Dottori Commercialisti ha proposto ricorso per cassazione, deducendo cinque motivi di censura;
CONSIDERATO CHE
con il primo motivo di ricorso la Cassa, richiamando plurime disposizioni di legge (art. 3 comma 12 della legge nr. 335 del 1995, art. 1 commi 17 e 18 della legge nr. 335 del 1995, art. 1 comm a 763 della legge nr. 396 del 2006 come reinterpretato dall’art. 1 comma 488 della legge nr. 147 del 2013), deduce l’erronea applicazione del principio del pro rata a un trattamento pensionistico decorrente da epoca antecedente al 1°/1/2007;
trattasi di censure che la costante e consolidata giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto infondate (si
vedano tra le tantissime, quanto al primo motivo, Cass. n. 24616 del 2018, n. 31454 del 2021, n. 6133 del 2022, n. 25385 del 2023,n. 23577 del 2024, tutte sulla scia di Cass., Sez.Un., n. 17742 del 2015);
la pronuncia impugnata è conforme al principio per cui in materia di prestazioni pensionistiche erogate dagli enti previdenziali privatizzati ai sensi del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, per i trattamenti maturati prima del 1° gennaio 2007 il parametro di riferimento è costituito dal regime originario dell’art. 3, comma 12, della legge 8 agosto 1995, n. 335, e non trovano applicazione le modifiche in peius per gli assicurati, introdotte da atti e provvedimenti adottati dagli enti prima dell’attenuazione del principio del pro rata per effetto della riformulazione disposta dall’art. 1, comma 763, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, come interpretata dall’art. 1, comma 488, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (v. pronunce citate);
il secondo e terzo motivo, con i quali, deducendo violazione di legge, si tende a dimostrare la legittimità del contributo imposto dalla Cassa ricorrente, risulta manifestamente infondato alla stregua dell’oramai consolidato orientamento di questa Corte che ha offerto ampia risposta a tutti gli argomenti addotti a sostegno del ricorso, in controversie del tutto sovrapponibili a quella odierna, anche in rapporto alle previsioni del d.l. n. 201 del 2011, essendosi chiarito che gli enti previdenziali privatizzati (come, nella specie, la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Dottori Commercialisti) non possono adottare, sia pure in funzione dell’obiettivo di assicurare l’equilibrio di bilancio e la stabilità della gestione, atti o provvedimenti che, lungi dall’incidere sui criteri di determinazione del
trattamento pensionistico, impongano una trattenuta (nella specie, un contributo di solidarietà) su un trattamento che sia già determinato in base ai criteri ad esso applicabili, dovendosi ritenere che tali atti siano incompatibili con il rispetto del principio del pro rata e diano luogo a un prelievo inquadrabile nel genus delle prestazioni patrimoniali ex art. 23 Cost., la cui imposizione è riservata al legislatore. trattasi di doglianze che la costante e consolidata giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto affatto infondate (si vedano tra le tantissime, quanto al primo motivo, Cass. nn. 31875 del 2018, 603 del 2019, 35986 e 36096 del 2022 nonché 3088, 9842, 9914 e 12122 del 2023);
detto orientamento, iniziato con Cass. n. 25212/2009 e proseguito con, ex multis, Cass. n. 31875/2018, n. 32595/2018, n. 423/2019, n. 603/2019, n. 982/2019, n. 16814/2019, n. 28054/2020, n. 6301/2022, n. 6897/2022, n. 18565/2022; n. 18566/2022; n. 18570/2022; n. 29382/2022; n. 29535/2022; n. 29523/2022; n. 9886/2023, n. 9893/2023, n. 9914/2023, n. 10047/2023, n. 12122/2023, n. 6170/2024, n. 7489/2024, n. 24403/2024, n. 24605/2024, n. 24667/2024 è consolidato e va confermato;
il quarto motivo con il quale si svolgono deduzioni inerenti alla nullità del ricorso introduttivo del giudizio di merito, è inammissibile perché difetta di specificità non dimostrando se e con quale esito le censure inerenti alla nullità del ricorso di primo grado siano state esaminate dal primo giudice e, quindi, devolute al giudice del gravame;
del pari è da rigettare il quinto motivo, con il quale si deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art.2948 n.4
cod.civ. per avere la Corte negato la prescrizione quinquennale disposta da tale norma;
in applicazione del diritto vivente, espresso, fra le tante, da Cass. n. 31641 del 2022, n. 31642 del 2022, n. 449 del 2023, n. 688 del 2023, n. 4349 del 2023, n. 4362 del 2023, n. 4604 del 2023, n. 6170 del 2024, la Corte di appello ha applicato il regime prescrizionale decennale, trattandosi di fattispecie in cui viene in contestazione l’ammontare del trattamento pensionistico;
come evidenziato fin da Cass. n. 31527/2022, in cui si controverteva di un caso analogo al presente, la prescrizione quinquennale prevista dall’art.2948, n. 4, cod. civ. – così come dall’art. 129 del r. d. l. n. 1827 del 1935 – richiede la liquidità ed esigibilità del credito, che deve essere posto a disposizione dell’assicurato, sicché, ove sia in contestazione l’ammontare del trattamento pensionistico (cioè con o senza applicazione del contributo di solidarietà), il diritto alla riliquidazione degli importi è soggetto alla ordinaria prescrizione decennale di cui all’art. 2946 cod.civ.;
né vale in contrario richiamare l’art. 47-bis D.P.R. n. 639/70, secondo cui “si prescrivono in cinque anni i ratei arretrati, ancorché non liquidati e dovuti a seguito di pronunzia giudiziale dichiarativa del relativo diritto, dei trattamenti pensionistici, nonché delle prestazioni della gestione di cui all’art. 24 L. n.88/89, o delle relative differenze dovute a seguito di riliquidazioni” per avere questa Corte ha affermato che tale norma riguarda l’ipotesi di riliquidazione della pensione, mentre il caso di specie concerne l’indebita trattenuta derivante dall’applicazione di una misura patrimoniale illegittima, che non condivide con il rateo pensionistico la disciplina del sistema di calcolo della
pensione in sé considerata (ex plurimis, Cass. n. 4604/2023; Cass. n. 31641/2022, n. 31642/22, n.449/2023, n.688/2023, Cass. n. 4263/2023, n. 4314/2023, n. 4349/2023, n. 4362/2023, n. 4604/2023, n. 6170/2024);
vale infine ricordare che questa Corte ha peraltro affermato che a non diverse conclusioni dovrebbe pervenirsi anche ove, accedendo all’impostazione di parte ricorrente, volesse ritenersi che non sia in specie controverso l’importo della pensione, atteso che, per principio generale, il diritto al rimborso di ciò che si è indebitamente pagato periodicamente non ha carattere periodico, essendo l’accipiens tenuto a restituire le somme indebitamente percepite in unica soluzione e non a rate, di talché il diritto in questione non può ritenersi soggetto al termine di prescrizione quinquennale di cui all’art. 2948, n. 4, c.c., ma all’ordinario termine decennale di prescrizione, che decorre dalle date dei singoli pagamenti (Cass. n. 3083 del 2023);
nemmeno nella memoria depositata ex art. 378 c.p.c. parte ricorrente ha prospettato argomenti che inducono a rimeditare l’indirizzo univocamente assunto dalla giurisprudenza di questa Corte;
in conclusione, il ricorso è rigettato e la condanna alle spese segue la soccombenza;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario del 15 per cento. Ai sensi dell’art.13,co.1 -quater, d.P.R.n.115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo
unificato, pari a quello per il ricorso ex art.13,co. 1, se dovuto.
Così deciso nella Adunanza camerale del 12 marzo 2025