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Contributo di solidarietà illegittimo: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 10982/2025, ha stabilito che un contributo di solidarietà imposto da una cassa di previdenza privata ai propri pensionati è illegittimo se non previsto da una specifica norma di legge. La Corte ha rigettato il ricorso della Cassa, confermando le sentenze di merito che ne avevano dichiarato l’illegittimità e condannato l’ente alla restituzione delle somme trattenute. È stato inoltre confermato che il termine di prescrizione per richiedere tale restituzione è decennale, e non quinquennale.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Contributo di Solidarietà sulle Pensioni: Legittimo solo se previsto dalla Legge

La Corte di Cassazione è intervenuta nuovamente su un tema di grande rilevanza per i pensionati iscritti a casse di previdenza private: la legittimità del contributo di solidarietà. Con una recente ordinanza, i giudici hanno ribadito un principio fondamentale: nessun prelievo può essere imposto senza un’esplicita base normativa. Questa pronuncia chiarisce i limiti del potere delle casse previdenziali e rafforza le tutele per i pensionati, definendo anche importanti aspetti sulla prescrizione del diritto alla restituzione.

I Fatti del Caso

Un professionista pensionato si è visto applicare sulla propria pensione un prelievo a titolo di contributo di solidarietà da parte della sua Cassa di previdenza di categoria. Ritenendo tale trattenuta illegittima, ha adito le vie legali per ottenerne la cessazione e la restituzione di quanto indebitamente versato a partire dal 2009.
Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno dato ragione al pensionato, dichiarando illegittimo il prelievo e condannando la Cassa alla restituzione delle somme. La Cassa previdenziale, non condividendo le decisioni dei giudici di merito, ha proposto ricorso per Cassazione, basandolo su tre motivi principali: la presunta legittimità del contributo in virtù della propria autonomia gestionale, un errore processuale della Corte d’Appello e l’errata applicazione del termine di prescrizione decennale anziché quinquennale.

Illegittimità del contributo di solidarietà senza base legale

Il primo e centrale motivo di ricorso della Cassa si fondava sull’idea che il potere di adottare misure per garantire l’equilibrio finanziario a lungo termine includesse anche la facoltà di imporre un contributo di solidarietà tramite proprie delibere interne.
La Cassazione ha respinto con fermezza questa tesi, richiamando un principio cardine del nostro ordinamento sancito dall’art. 23 della Costituzione: nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge. Il contributo di solidarietà rientra pienamente in questa categoria, essendo un prelievo patrimoniale obbligatorio. Di conseguenza, le delibere di un ente privato, seppur vigilato dallo Stato, non costituiscono una fonte legale idonea a giustificare tale imposizione. Il potere di assicurare la stabilità dei conti non può tradursi in un potere impositivo autonomo, che spetta unicamente al legislatore.

La questione della prescrizione

Un altro punto cruciale della controversia riguardava il termine di prescrizione applicabile al diritto del pensionato di ottenere la restituzione delle somme. La Cassa sosteneva l’applicazione della prescrizione breve di cinque anni, tipica dei ratei pensionistici.
La Corte Suprema ha invece confermato la correttezza della decisione della Corte d’Appello, che aveva applicato il termine ordinario di dieci anni.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si basano su una giurisprudenza consolidata. Il termine di prescrizione quinquennale si applica ai crediti che sono liquidi ed esigibili, ovvero quando l’importo è determinato e il creditore può richiederne il pagamento. Nel caso in esame, il pensionato non è mai stato in condizione di riscuotere i ratei della pensione nel loro importo intero, ma solo nella misura decurtata dal contributo di solidarietà. Il suo diritto alla restituzione sorge solo con l’accertamento giudiziale dell’illegittimità del prelievo. Pertanto, non trattandosi di un semplice ritardo nel pagamento di ratei pensionistici già dovuti, si applica il termine di prescrizione ordinario decennale.

Le conclusioni

La decisione della Cassazione rafforza la tutela dei pensionati nei confronti delle casse previdenziali private, riaffermando il principio di legalità in materia di prestazioni patrimoniali imposte. Viene chiarito in modo inequivocabile che l’autonomia gestionale degli enti previdenziali non si estende fino a consentire l’introduzione di prelievi atipici e non previsti dalla legge. Inoltre, la conferma della prescrizione decennale per le azioni di restituzione offre ai pensionati un arco temporale più ampio per far valere i propri diritti, garantendo una maggiore certezza giuridica. La sentenza rappresenta un importante monito per le casse di previdenza a operare nel rigoroso rispetto delle fonti normative primarie.

Una cassa previdenziale privata può imporre un contributo di solidarietà sulla base di una propria delibera?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che un contributo di solidarietà è una prestazione patrimoniale imposta e, come tale, può essere introdotto solo da una specifica norma di legge, in rispetto dell’art. 23 della Costituzione. Le delibere interne della Cassa non sono una fonte sufficiente.

Qual è il termine di prescrizione per richiedere la restituzione di un contributo di solidarietà illegittimamente trattenuto?
Il termine di prescrizione applicabile è quello ordinario di dieci anni. Questo perché il diritto alla restituzione sorge dall’accertamento dell’illegittimità del prelievo e non riguarda ratei di pensione già liquidi ed esigibili.

Perché la Corte ha ritenuto applicabile la prescrizione decennale e non quella quinquennale?
La Corte ha specificato che la prescrizione quinquennale si applica ai crediti pensionistici liquidi ed esigibili. Nel caso del contributo illegittimo, il pensionato non ha mai avuto la disponibilità delle somme trattenute, potendo riscuotere solo l’importo decurtato. Il suo diritto a riottenere tali somme non è quindi un semplice rateo non pagato, ma un diritto alla restituzione che si prescrive nel termine ordinario di dieci anni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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