Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 10982 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 10982 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 26/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16456/2023 R.G. proposto da :
CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA E ASSISTENZA DEI DOTTORI COMMERCIALISTI, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME, elettivamente domiciliato in NAPOLI INDIRIZZO DOMICILIO DIGITALE, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende -controricorrente- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 2699/2023 depositata il 30/06/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d’Appello di Napoli confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede, che aveva dichiarato l’illegittimità del prelievo a titolo di contributo di solidarietà operato dalla CASSA RAGIONE_SOCIALE DOTTORI COMMERCIALISTI (in prosieguo: la CASSA) sulla pensione corrisposta a NOME COGNOME e condannato la Cassa a restituire quanto trattenuto sui ratei pensionistici, a decorrere dal gennaio 2009 e fino alla instaurazione del giudizio.
Avverso tale pronuncia la CASSA ha proposto ricorso per cassazione, articolato in tre motivi di censura. COGNOME ha resistito con controricorso.
3.A seguito di proposta di definizione accelerata del giudizio, la parte ricorrente ha chiesto la decisione e la Corte ha fissato l’odierna adunanza camerale. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo di ricorso, la CASSA ha dedotto la violazione o falsa applicazione – ai sensi dell’art. 360, comma 1, nr. 3 c.p.c. – degli artt. 1 e 2 del D.Lgs. nr. 509 del 1994, dell’art 3, comma 12, della legge nr. 335 del 1995 ── come modificato dall’art. 1, comma 763, della legge nr. 296 del 2006 ed autenticamente interpretato dall’art. 1, comma 488, della legge nr. 147 del 2013── dell’art. 24, comma 24, del D.L. nr. 201 del 2011 convertito con modificazioni nella legge nr. 214 del 2011, degli artt. 2,3 e 23 Cost., anche in relazione al combinato disposto delle delibere della CASSA nr. 4 del 2008, nr. 3 del 2013 e nr. 10 del 2017── emanate anche in virtù dell’art. 22 del Regolamento di disciplina del regime previdenziale approvato con D.M. 14 luglio 2004── nonché dell’art. 115 c.p.c., per avere la sentenza impugnata ritenuto illegittimo il contributo di solidarietà applicato sulla pensione del controricorrente.
2.Con il secondo mezzo, proposto in via gradata, la parte ricorrente ha denunciato la violazione o falsa applicazione – ai sensi dell’art. 360, comma 1, nr. 3 c.p.c. -degli articoli 416 e 418 c.p.c., degli articoli 1241 e 1243 c.c., dell’art. 24, comma 24, lett. b) del D.L. nr. 201 del 2011, per avere la decisione impugnata dichiarato la inammissibilità della domanda
subordinata formulata dalla CASSA ── relativa all’applicazione del contributo di solidarietà per il solo biennio 2012/2013 ai sensi del d.l. n. 201/2011, art. 24 ── affermando che tale domanda avrebbe dovuto essere proposta in via riconvenzionale nel primo grado, con richiesta di differimento della udienza di discussione ex art. 418 c.p.c. Si deduce che non si trattava di una domanda riconvenzionale: la CASSA, in relazione agli anni 2012 e 2013, aveva chiesto di limitare l’eventuale condanna alla restituzione delle trattenute, secondo il meccanismo della cd. compensazione impropria o atecnica, sul rilievo che, a tenore della disposizione di legge citata, nel biennio considerato era legittimo il prelievo a titolo di contributo di solidarietà, nella misura dell’1%.
3.Il terzo motivo, egualmente proposto in via subordinata, addebita alla sentenza impugnata la violazione o falsa applicazione -ai sensi dell’art. 360, comma 1, nr. 3, cod. proc. civ.- dell’art. 19, comma 3, della legge nr. 21 del 1986, dell’art. 2948, nr. 4 cod. civ., dell’art. 47 bis del D.P.R. nr. 639 del 1947 e degli articoli 3 e 38 Cost., per avere la Corte territoriale ritenuto applicabile il termine di prescrizione decennale in luogo di quello quinquennale.
4. Come già evidenziato nella proposta di definizione accelerata ex art. 380-bis c.p.c., trattasi di censure che la costante e consolidata giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto infondate (si vedano tra le tantissime, con riferimento al primo ed al secondo motivo, Cass. nn. 31875 del 2018, 603 del 2019, 35986 e 36096 del 2022 nonché 3088, 9842, 9914, 10047 e 12122 del 2023, 6170 del 2024; in relazione al terzo, Cass. nn. 31527 del 2022, 4362, 4363,4604, 4349 del 2023).
5.Quanto alla legittimità del contributo di solidarietà, dedotta nel primo motivo di ricorso, questa Corte ha ribadito a più riprese che il potere d’imporlo deve trovare il suo univoco fondamento nella legge, alla stregua dell’art. 23 Cost. (Corte costituzionale, sentenza n. 173 del 2016); si tratta di un prelievo riconducibile al genus delle prestazioni patrimoniali imposte, che spetta al legislatore fissare nei suoi elementi essenziali
(Cass., sez. lav., 10 dicembre 2018, n. 31875), in quanto non si annovera tra i provvedimenti che le Casse, per espressa previsione di legge, possono adottare.
6.Dalla scelta del legislatore di temperare il sistema del pro rata (legge 296 del 2006) non si può evincere alcun fondamento per il potere della Cassa di imporre un contributo che interferisce con aspetti diversi. Nè induce a diverse conclusioni il potere della Casse -secondo la formulazione dell’art. 3, comma 12 l. n. 335/1995, vigente dall’anno 2006 -di adottare tutti gli atti necessari a raggiungere l’equilibrio finanziario di lungo termine, in quanto tale finalità non rappresenta un connotato del contributo straordinario di solidarietà, proprio perché di carattere provvisorio e limitato nel tempo, così come affermato dalla stessa parte ricorrente (sentenza n. 31875 del 2018, cit., punto 7 delle Ragioni della decisione).
7.Tali considerazioni sono avvalorate dalle stesse previsioni dell’art. 24, comma 24, del D.L. n. 201 del 2011, che la CASSA, anche nella memoria illustrativa, richiama a sostegno delle censure.
8.Anzitutto, è il legislatore che, in quel frangente, ha delimitato i presupposti applicativi del contributo di solidarietà e ne ha stabilito in via imperativa la misura, fornendo una precisa base legale al prelievo in esame.
9.In secondo luogo, il legislatore, con lo strumento della decretazione d’urgenza, ha mostrato di attribuire rilievo primario alle misure di riequilibrio di lungo periodo, con ciò differenziandole, all’evidenza, dal contingente contributo imposto dalla Cassa commercialisti in virtù delle delibere qui contestate.
10.Quanto al secondo motivo, è fondato il rilievo della CASSA secondo cui la richiesta (proposta dall’ente nei due gradi di merito) di applicare sui ratei di pensione in discussione il contributo di solidarietà dell’1%, ai sensi del d.l. n. 201/2011, non costituiva domanda riconvenzionale; si trattava di una mera difesa, diretta, in via gradata, a ridurre l’importo delle trattenute da restituire a controparte.
11.Tuttavia, secondo la giurisprudenza di questa Corte, una lettura dell’attuale art. 384 c.p.c. ispirata ai principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, come costituzionalizzati nell’ art. 111, comma 2, conduce ad affermare che in caso di vizi processuali la Suprema Corte può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere nel merito la questione pretermessa allorquando essa risulti infondata, di modo che la statuizione da rendere viene a confermare il dispositivo del provvedimento impugnato, determinando l’inutilità di un ritorno della causa in fase di merito. Detta giurisprudenza, che si è consolidata in relazione al vizio di omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c. (per tutte: Cassazione civile, sez. I, 25/07/2023 n. 22409 e giurisprudenza ivi citata), è parimenti riferibile all’ipotesi in cui la pronuncia sia mancata in conseguenza di un vizio processuale diverso, come, nella specie, la erronea dichiarazione di inammissibilità della questione.
12.Tanto premesso, si rileva che questa Corte ha ripetutamente ritenuto infondate quelle stesse difese che il giudice dell’appello non ha esaminato per effetto dell’errore commesso nella applicazione delle norme processuali.
13. Si è evidenziato che il contributo di solidarietà previsto dal D.L. n. 201 del 2011 richiede la sussistenza di condizioni specifiche, che vanno allegate e dimostrate, consistenti nella mancata adozione di misure strutturali di riequilibrio, destinate a proiettarsi in un arco temporale di cinquanta anni ovvero nella valutazione negativa di quelle stesse misure da parte dei Ministeri vigilanti. E’ stata, invece, respinta la pretesa della CASSA, coltivata in questa sede con il secondo motivo di ricorso e con la memoria, di equiparare sic et simpliciter l’adozione di delibere illegittime all’inerzia prevista dal decreto legge in considerazione.
Non si può, invero, conferire ex post alcun crisma di legittimità ad un contributo imposto per effetto di autonome scelte della CASSA, estranee al suo potere regolativo e con requisiti diversi da quelli definiti dalla legge.
La pretesa di applicazione del contributo di solidarietà dell’ 1%, di cui al decreto legge citato, deve essere dunque respinta per mancata allegazione dei presupposti di legge.
Deve essere ribadita, infine, l’applicabilità della prescrizione decennale, che il terzo motivo contesta.
In coerenza con i princìpi enunciati dalle Sezioni Unite (Cass., S.U., 8 settembre 2015, n. 17742), questa Corte è costante nell’affermare che la prescrizione quinquennale, invocata dalla Cassa commercialisti, richiede la liquidità ed esigibilità del credito. Il credito, dunque, deve essere posto a disposizione dell’assicurato. Tali requisiti non si risultano integrati allorché «il pensionato è stato in condizione di riscuotere solo i ratei della pensione nella misura decurtata del contributo di solidarietà, e non anche nel superiore importo spettante senza l’applicazione del medesimo» (Cass., sez. lav., 25 ottobre 2022, n. 31527, punto 15 delle Ragioni della decisione).
Non è conferente, in senso contrario, il richiamo all’art. 47bis del D.P.R. n. 639 del 1970, dettato nell’àmbito delle prestazioni erogate dall’INPScome la stessa collocazione sistematica della disciplina conferma- e concernente la disciplina dei «trattamenti pensionistici, nonché delle prestazioni della gestione di cui all’articolo 24 della legge 9 marzo 1989, n. 88».
Tale orientamento è stato confermato anche nello scrutinio degli argomenti critici sviluppati dalla Cassa commercialisti a sostegno delle istanze di decisione (Cass., sez. lav., 28 agosto 2024, n. 23257) e la memoria illustrativa non apporta argomenti che possano indurre a rimeditare la giurisprudenza oramai consolidata.
In sostanza, nemmeno nella memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c. parte ricorrente ha prospettato argomenti che inducono a rimeditare l’indirizzo univocamente assunto dalla giurisprudenza di questa Corte.
21.Il ricorso, pertanto, va respinto, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, da porsi a carico di parte ricorrente,
giusta il criterio della soccombenza e da distrarsi in favore del difensore di parte controricorrente, dichiaratosi antistatario.
22.Poiché il secondo motivo di ricorso denuncia correttamente il vizio processuale commesso dal giudice dell’appello ed al suo rigetto il Collegio è pervenuto all’esito della correzione della motivazione della sentenza impugnata, non si ravvisano i presupposti per la applicazione dell’art. 96, co. 3 e 4, c.p.c., come richiamato dall’articolo 380 bis c.p.c. (cfr. Cass., Sez. Un., n. 36069 del 2023, che ha chiarito come la nuova disposizione codicistica non preveda la applicazione automatica delle sanzioni ivi contemplate, che resta affidata alla valutazione delle caratteristiche del caso concreto).
23.Va infine dichiarata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente a rifondere le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre al rimborso delle spese generali in misura del 15% ed accessori di legge, da distrarsi in favore del difensore di parte controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, D.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale del 28 febbraio 2025