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Contributo addizionale: università private obbligate

Una nota università privata si era opposta a due avvisi di addebito dell’Ente Previdenziale relativi al contributo addizionale per contratti a tempo determinato. La Corte d’Appello aveva dato ragione all’ateneo, equiparandolo alle università statali esenti. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, affermando che la normativa specifica e successiva sul contributo addizionale prevale sulla legge generale più vecchia. Di conseguenza, le università private, non essendo pubbliche amministrazioni, sono tenute al versamento del contributo.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Contributo Addizionale: Anche le Università Private Devono Pagare

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito un importante aspetto del diritto del lavoro e della previdenza sociale, stabilendo che anche le università private legalmente riconosciute sono tenute al versamento del contributo addizionale per i contratti di lavoro a tempo determinato. Questa decisione ribalta un precedente orientamento della Corte d’Appello e delinea in modo netto la distinzione tra atenei privati e pubbliche amministrazioni.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine dall’opposizione di una nota università privata commerciale a due avvisi di addebito emessi dall’Ente Previdenziale. Tali avvisi richiedevano il pagamento del contributo addizionale ASpI (e successivamente NASpI) per alcuni rapporti di lavoro a tempo determinato.
Inizialmente, la Corte d’Appello aveva accolto le ragioni dell’ateneo. I giudici di secondo grado avevano ritenuto che la contribuzione non fosse dovuta, basandosi su una legge del 1991 (l. n. 243/91) che equipara le università non statali a quelle statali ai fini dell’assicurazione contro la disoccupazione involontaria. Poiché le università statali, in quanto pubbliche amministrazioni, sono escluse dal pagamento del contributo, la Corte d’Appello aveva esteso tale esenzione anche all’università privata.
Contro questa decisione, l’Ente Previdenziale ha presentato ricorso in Cassazione, basandolo su due motivi principali.

La Decisione sul Contributo Addizionale e le Università Private

La Corte di Cassazione ha accolto il primo motivo del ricorso dell’Ente Previdenziale, ritenendolo fondato e assorbendo il secondo. La Suprema Corte ha cassato la sentenza d’appello e, decidendo nel merito, ha rigettato l’originaria opposizione dell’università, confermando di fatto l’obbligo di pagamento.

Le Motivazioni

Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione e nel coordinamento di diverse norme succedutesi nel tempo. La Corte ha applicato il principio giuridico secondo cui la legge speciale e successiva prevale sulla legge generale e precedente (lex specialis derogat legi generali).

1. La Norma Generale del 1991: La legge n. 243/91, invocata dalla Corte d’Appello, è stata definita come una norma di carattere generale, risalente a un’epoca in cui l’istituto del contributo addizionale ASpI non esisteva ancora.

2. La Normativa Specifica Successiva: Il contributo addizionale è stato introdotto con la legge n. 92/2012. Questa normativa disciplina in modo specifico e dettagliato l’istituto, elencando tassativamente le categorie di lavoratori e datori di lavoro escluse dall’obbligo di versamento. Tra queste figurano i lavoratori a tempo determinato delle pubbliche amministrazioni, categoria nella quale rientrano le università statali ma non quelle private.

3. La Natura dell’Università Privata: La Cassazione ha sottolineato che un’università non statale, pur essendo legalmente riconosciuta, non può essere qualificata come pubblica amministrazione ai sensi del d.lgs. n. 165/2001. Pertanto, non rientra nell’ipotesi di esclusione prevista dalla legge n. 92/2012.

La Corte ha quindi concluso che la normativa specifica del 2012, che regola il contributo addizionale, prevale sulla norma generale e antecedente del 1991. L’equiparazione tra università statali e non statali, valida per l’assicurazione generale contro la disoccupazione, non si estende automaticamente a questo specifico istituto contributivo, che ha una sua disciplina autonoma e compiuta.

Le Conclusioni

Con questa sentenza, la Corte di Cassazione stabilisce un principio chiaro: le università private legalmente riconosciute sono soggette al pagamento del contributo addizionale per i contratti a tempo determinato. La decisione ha importanti implicazioni pratiche per tutti gli atenei non statali, che dovranno conformarsi a tale obbligo contributivo. Viene così rafforzata la distinzione tra il settore pubblico e quello privato in materia previdenziale, anche quando si tratta di enti che svolgono un servizio di pubblica utilità come l’istruzione universitaria. La sentenza chiarisce che le esenzioni contributive sono di stretta interpretazione e non possono essere estese per analogia oltre i casi espressamente previsti dal legislatore.

Le università private sono tenute a versare il contributo addizionale per i contratti a tempo determinato?
Sì, secondo la sentenza della Corte di Cassazione, le università private legalmente riconosciute sono obbligate a versare il contributo addizionale, in quanto non sono qualificabili come pubbliche amministrazioni ai fini della specifica normativa che regola tale contributo.

Perché la legge che equipara le università private a quelle statali ai fini dell’assicurazione contro la disoccupazione non si applica in questo caso?
Perché quella legge (l. n. 243/91) è considerata una norma generale e precedente. La normativa che ha introdotto il contributo addizionale (l. n. 92/12) è invece una norma speciale e successiva che prevale sulla prima, disciplinando in modo autonomo e specifico l’obbligo contributivo e le relative esclusioni.

Qual è la differenza tra università private e pubbliche amministrazioni ai fini del pagamento di questo contributo?
Ai fini del pagamento del contributo addizionale, le pubbliche amministrazioni (incluse le università statali) sono esentate per legge. Le università private, anche se legalmente riconosciute, non rientrano in questa categoria e, pertanto, non beneficiano della stessa esenzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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