LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Contributi sport dilettantistico: quando si pagano?

La Corte di Cassazione ha stabilito che per l’esenzione dai contributi per lo sport dilettantistico non basta che la società sia formalmente tale. È necessario dimostrare che la prestazione del collaboratore, ad esempio un allenatore, non sia svolta con carattere di professionalità. La Corte ha cassato la sentenza d’appello che aveva concesso l’esenzione basandosi solo sulla natura dilettantistica del club, rinviando il caso per una nuova valutazione dei fatti alla luce di questo principio.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 19 agosto 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Contributi Sport Dilettantistico: La Professionalità dell’Allenatore è Decisiva

L’esenzione dal versamento dei contributi sport dilettantistico è un tema di grande interesse per migliaia di associazioni e società in Italia. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: la natura dilettantistica del club non è, da sola, sufficiente a garantire l’esonero contributivo per i compensi erogati ai propri collaboratori. Diventa cruciale valutare il carattere di professionalità della prestazione svolta.

Il Contesto: La Controversia tra Società Sportiva ed Ente Previdenziale

Il caso esaminato dalla Suprema Corte nasce da un avviso di addebito notificato da un ente previdenziale a una società calcistica dilettantistica. L’ente richiedeva il pagamento dei contributi sui compensi versati all’allenatore della squadra per il periodo tra il 2011 e il 2013.

La società sportiva si era opposta, ottenendo ragione in secondo grado. La Corte d’Appello aveva infatti ritenuto insussistente l’obbligo contributivo, basando la sua decisione sull’esenzione prevista dalla normativa fiscale (art. 69 del d.P.R. 917/1986) per i redditi percepiti nell’esercizio di attività sportive dilettantistiche.

Tuttavia, l’ente previdenziale ha impugnato la sentenza in Cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello avesse errato nel non considerare un elemento essenziale: la professionalità con cui l’allenatore svolgeva la sua attività.

La Decisione sui contributi nello sport dilettantistico

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’ente, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa a un nuovo esame. I giudici hanno chiarito che l’esenzione contributiva non è automatica e richiede la compresenza di diverse condizioni, che devono essere provate da chi invoca il beneficio.

I Principi di Diritto Affermati

La Corte ha specificato che, per non essere soggetti all’obbligo contributivo, i compensi sportivi devono soddisfare stringenti requisiti:
1. Natura del Prestatore: Le prestazioni non devono essere rese da lavoratori autonomi, imprese o società commerciali.
2. Natura del Sodalizio: L’associazione o società deve essere sostanzialmente dilettantistica, ossia operare senza scopo di lucro, e non solo formalmente affiliata a una federazione.
3. Mancanza di Professionalità: Il soggetto che riceve il compenso non deve svolgere l’attività con carattere di professionalità.

È proprio su quest’ultimo punto che si è concentrata la decisione della Corte.

Le Motivazioni: Oltre la Natura Dilettantistica della Società

Il cuore della motivazione risiede nella distinzione tra la natura del club e la natura della prestazione. La Corte d’Appello aveva erroneamente considerato sufficiente la qualifica dilettantistica della società calcistica. La Cassazione, al contrario, ha sottolineato che è necessario un accertamento in fatto sulla professionalità dell’attività dell’allenatore. Questa professionalità non è legata alla natura oggettiva dell’attività (allenare), ma alle modalità soggettive con cui viene svolta.

Secondo la Suprema Corte, indicatori di professionalità possono essere la preparazione e competenza specifica del soggetto, la continuità della prestazione e la misura del compenso. In altre parole, se un allenatore svolge il suo compito in modo continuativo, con competenze specifiche e ricevendo un compenso non meramente simbolico, la sua attività può essere considerata professionale, facendo così scattare l’obbligo di versare i contributi, a prescindere dal fatto che il club sia dilettantistico.

La Corte territoriale non aveva compiuto questa indagine, limitandosi a un’analisi superficiale. Pertanto, il suo giudizio è stato ritenuto incompleto e viziato da un errore di diritto.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per le Associazioni Sportive

Questa ordinanza rappresenta un monito importante per tutto il mondo dello sport dilettantistico. Le associazioni e società sportive devono prestare la massima attenzione non solo al proprio status, ma anche alle modalità con cui vengono strutturati i rapporti con i propri collaboratori (allenatori, istruttori, ecc.).

Per beneficiare dell’esenzione contributiva, non basta essere un’associazione dilettantistica. È indispensabile poter dimostrare che le prestazioni remunerate non siano svolte con i caratteri della professionalità. In caso di accertamento, l’onere della prova ricade sulla società. Sarà quindi necessario documentare che il rapporto è genuinamente amatoriale, per evitare di incorrere in pesanti richieste di arretrati contributivi da parte degli enti previdenziali.

È sufficiente che una società sportiva sia dilettantistica per essere esentata dal versamento dei contributi per i propri collaboratori?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la natura dilettantistica della società è una condizione necessaria ma non sufficiente. È indispensabile dimostrare anche che la prestazione del collaboratore non sia svolta con carattere di professionalità.

Cosa si intende per ‘professionalità’ nell’ambito delle prestazioni sportive dilettantistiche ai fini contributivi?
La professionalità si valuta in base a criteri soggettivi, come la preparazione e competenza specifica del prestatore, la continuità dell’attività e l’entità del compenso. Non si guarda alla natura oggettiva dell’attività, ma a come essa viene concretamente svolta.

Chi ha l’onere di provare la sussistenza dei requisiti per l’esenzione contributiva?
L’onere della prova ricade sulla parte che invoca l’esenzione, ovvero sull’associazione o società sportiva. Deve essere quest’ultima a dimostrare in modo concreto che sussistono tutte le condizioni previste dalla legge per non versare i contributi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati