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Contributi sport dilettantistico: no INPS sotto 7.500€

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un ente previdenziale contro un’associazione sportiva, confermando che i compensi erogati per attività sportiva amatoriale non sono soggetti a contributi se inferiori a 7.500 euro annui. La Corte ha chiarito che tali somme, qualificate come ‘redditi diversi’ e prive del carattere della professionalità, non rientrano nell’obbligo contributivo ex ENPALS. Questo principio si applica quando l’attività è effettivamente dilettantistica e non si configura come quella di ‘animatore turistico’, stabilendo un importante precedente sui contributi sport dilettantistico.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Contributi Sport Dilettantistico: la Cassazione fissa i paletti

Un’importante ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini dell’obbligo contributivo per le associazioni sportive dilettantistiche. La questione centrale riguarda se i compensi erogati ai collaboratori per attività sportive amatoriali debbano essere assoggettati ai contributi sport dilettantistico dovuti alla gestione ex ENPALS. La Suprema Corte ha fornito una risposta chiara, stabilendo che al di sotto di una certa soglia e in assenza di professionalità, l’obbligo non sussiste.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un avviso di addebito emesso da un ente previdenziale nazionale nei confronti di un’associazione sportiva dilettantistica. L’ente contestava il mancato versamento di contributi per 147 collaboratori impiegati in servizi di animazione turistico-sportiva. Secondo l’ente, tali attività rientravano in quelle soggette alla contribuzione presso la gestione ex ENPALS.

L’associazione si è opposta all’avviso, ottenendo ragione sia in primo grado che in appello. I giudici di merito avevano infatti ritenuto che l’associazione avesse fornito prova sufficiente per escludere l’obbligo contributivo. L’ente previdenziale, non soddisfatto della decisione, ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando un’errata applicazione delle norme e sostenendo che l’attività svolta dai collaboratori fosse di natura professionale e quindi soggetta a contribuzione.

La Decisione della Corte: niente contributi sport dilettantistico sotto soglia

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’ente previdenziale, confermando integralmente le decisioni dei gradi precedenti. La Corte ha stabilito che i compensi corrisposti dall’associazione ai suoi collaboratori non erano soggetti a contribuzione.

I giudici hanno basato la loro decisione su tre punti cardine:

1. Natura dell’attività: L’attività svolta non era quella di ‘animatori turistici’ in strutture ricettive, ma si inseriva in un progetto di promozione sportiva/motoria (es. acquagym, zumba, scuola di ballo, risveglio muscolare).
2. Mancanza di professionalità: Le prestazioni erano rese per periodi non continuativi e di breve durata, e mancava il requisito della professionalità.
3. Importo dei compensi: I compensi percepiti erano inferiori alla soglia di 7.500,00 euro annui, limite allora vigente per la cosiddetta ‘no tax area’ per i redditi diversi derivanti da attività sportiva dilettantistica.

L’importanza della soglia dei 7.500 euro

Il fulcro della decisione risiede nell’interpretazione del trattamento fiscale e previdenziale dei compensi per attività sportiva dilettantistica. La Corte ha ribadito un principio consolidato: i compensi che rientrano nella nozione fiscale di ‘redditi diversi’ e che non superano la soglia prevista dalla legge (all’epoca dei fatti, 7.500,00 euro annui) non generano l’obbligo di versare i contributi sport dilettantistico.

Questa esenzione è valida a due condizioni:
* I compensi devono essere corrisposti nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche.
* Le prestazioni non devono avere carattere di professionalità.

Poiché nel caso di specie entrambe le condizioni erano soddisfatte, come accertato dai giudici di merito, la Corte ha concluso che la pretesa dell’ente previdenziale era infondata.

Le Motivazioni

Nelle motivazioni, la Suprema Corte ha chiarito che non è corretto applicare in modo automatico le normative fiscali a quelle previdenziali, ma in questo specifico contesto esiste una connessione voluta dal legislatore. La qualificazione di un compenso come ‘reddito diverso’ ai sensi del T.U.I.R. (Testo Unico delle Imposte sui Redditi) e la sua neutralità fiscale sotto una certa soglia sono elementi decisivi per escludere anche l’obbligo contributivo.

I giudici hanno sottolineato che l’istruttoria svolta nei gradi di merito aveva dimostrato che l’attività dei collaboratori era genuinamente sportiva e dilettantistica. Si trattava di iniziative come ‘camminata sulla sabbia’, ‘giro in bici’, ‘giochi dinamici’, attività finalizzate alla promozione del benessere e non all’intrattenimento turistico professionale. Pertanto, l’inquadramento corretto dei collaboratori non era quello di ‘animatori in strutture ricettive’, categoria per cui la legge prevede l’obbligo contributivo, ma quello di prestatori di attività sportiva dilettantistica.

Le Conclusioni

L’ordinanza rappresenta un punto fermo per tutte le associazioni e società sportive dilettantistiche. Essa conferma che, nel rispetto dei limiti normativi, è possibile erogare compensi ai propri collaboratori senza che scatti l’obbligo di versamento dei contributi previdenziali. La chiave è la corretta qualificazione dell’attività come genuinamente sportiva e dilettantistica e il rispetto della soglia di reddito che, sebbene aggiornata nel tempo dalla normativa, funge da spartiacque tra la prestazione amatoriale e quella potenzialmente professionale ai fini previdenziali. Per le associazioni, è fondamentale documentare accuratamente la natura delle attività svolte e la tipologia dei compensi erogati per poter resistere a eventuali pretese contributive infondate.

I compensi per attività sportiva dilettantistica sono sempre soggetti a contributi INPS?
No. Secondo la Corte di Cassazione, i compensi per attività sportiva dilettantistica non sono soggetti a contribuzione alla gestione ex ENPALS se sono qualificabili come ‘redditi diversi’, non superano la soglia di esenzione fiscale (all’epoca dei fatti 7.500 euro annui) e la prestazione non ha carattere di professionalità.

Qual è la differenza tra un animatore sportivo dilettante e un animatore turistico ai fini contributivi?
La differenza è sostanziale. L’animatore turistico che opera in strutture ricettive è una figura professionale per cui la legge prevede l’obbligo di contribuzione. L’istruttore o animatore sportivo dilettante, invece, svolge attività finalizzate alla promozione dello sport amatoriale e, se i suoi compensi rientrano nei limiti di legge, non è soggetto a tale obbligo.

Cosa deve dimostrare un’associazione sportiva per non pagare i contributi sui compensi?
L’associazione deve dimostrare che l’attività svolta dai collaboratori è effettivamente sportiva dilettantistica, che non ha carattere professionale (ad esempio, è svolta in modo non continuativo e per brevi periodi) e che i compensi erogati a ciascun collaboratore non superano la soglia annua di esenzione fiscale e contributiva prevista dalla normativa vigente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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