Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 8482 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 8482 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 16529-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona dei legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
Oggetto
CONTRIBUTI MALATTIA LAVORATORI DELLO SPETTACOLO
R.G.N.16529/2019
COGNOME
Rep.
Ud.30/01/2025
CC
avverso la sentenza n. 1563/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 22/11/2018 R.G.N. 992/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/01/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE impugna la sentenza n. 1563/2018 della Corte d’appello di Milano che ha confermato la pronuncia del Tribunale della medesima sede che aveva rigettato il ricorso in opposizione ad avviso di addebito avente ad oggetto la contribuzione di malattia dovuta dalla società per i dipendenti assunti con qualifica di impiegato per il periodo dal marzo 2015 al settembre 2015 (pari al 2,22% della retribuzione mensile imponibile ai fini previdenziali), opposizione basata sull’allegazione: di svolgere attività di produzione e consulenza per la realizzazione di opere cinematografiche e video; di essere classificata dall’INPS, in ragione dell’attività effettivamente esercitata, nel settore Industria -ramo spettacolo; di applicare le norme di cui al d.lgs. n. 708/1947 ed il C.C.N.L. dipendenti da aziende dell’industria cineaudiovisiva del 7 marzo 2005; di non essere tenuta al pagamento della contribuzione di malattia per gli impiegati in quanto classificata ai fini contributivi nel settore industria, ove il d.lgs. n. 213/1946 prevede che i destinatari dell’indennità giornaliera di malattia sono i soli operai ed in quanto applica ai propri dipendenti un C.C.N.L. che disciplina espressamente il trattamento economico di malattia.
Propone tre motivi di ricorso, cui resiste INPS con controricorso.
Chiamata la causa all’adunanza camerale del 30 gennaio 2025, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (art.380 bis 1, secondo comma, cod. proc. civ.).
CONSIDERATO CHE
RAGIONE_SOCIALE censura la sentenza sulla base di tre motivi.
I)Violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., ossia degli artt. 7, 13 e ss del d.lgs. CPS n. 708/1947, avendo la Corte negato la sussistenza di una normativa speciale idonea a superare la regola generale inserita al comma 1bis dell’art. 20 del d.l. n. 112/2008 dall’art. 18 del d.l. n. 98/2011, in quanto l’art. 13 del d.lgs. n. 708/1947 costituisce norma speciale che consente al datore di lavoro operante nel settore dello spettacolo di non versare all’INPS la contribuzione di cui trattasi qualora ciò sia previsto, come nella specie, nel contatto collettivo applicato.
II)Violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., ossia dell’art. 49 della legge n. 88/1989 e degli artt. 2 e ss del d.lgs. lgt. n. 213/1946, per avere la Corte ritenuto irrilevante l’inclusione, ai fini dell’art. 49 della legge n. 88/1989, del settore dello spettacolo nella categoria ‘industria’, i cui lavoratori con qualifica di impiegati sono esclusi dall’assicurazione per le pr estazioni dovute in caso di malattia. III)In subordine, omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., per non aver la Corte tenuto conto della sopravvenuta circolare INPS n. 124 del 2017 depositata nel corso dell’udienza di discussione.
Con il primo motivo la società si duole che la Corte milanese abbia escluso la permanenza del diritto all’esonero dal pagamento della contribuzione previdenziale di malattia in favore dei propri dipendenti con qualifica di impiegato erroneamente interpreta ndo l’art. 13 del d.lgs. n. 708/1947.
Con il secondo lamenta che la Corte abbia ritenuto irrilevante l’inclusione, ai fini dell’art. 49 della legge n. 88/1989, del settore dello spettacolo nella categoria ‘industria’ , i cui lavoratori con qualifica di impiegati sono esclusi dall’assicurazione per le prestazioni dovute in caso di malattia.
Premesso che sono pacifici i fatti come sopra indicati così come è pacifico che la società assicuri i propri lavoratori nella Gestione dei lavoratori dello spettacolo istituita, dopo la soppressione dell’Enpals, presso l’INPS, i due motivi, che possono ess ere esaminati congiuntamente per l’intima connessione che li lega, sono infondati alla luce del complesso quadro normativo regolatore della materia, che il collegio meneghino ha correttamente ricostruito ed interpretato.
La legge n. 138/1943 aveva istituito l’Ente di mutualità fascista, stabilendo, all’art. 5, che lo stesso fosse deputato ‘all’assistenza per i casi di malattie, ad esclusione di quelle il cui rischio è coperto per legge da altre forme di assicurazione’ ed all’art. 6, comma 2, che ‘l’indennità non dovuta quando il trattamento economico di malattia è corrisposto per legge o per contratto collettivo dal datore di lavoro o da altri Enti in misura pari o superiore a quella fissata dai contratti collettivi ai sensi del presente articolo. Le prestazioni corrisposte da terzi in misura inferiore a quella della indennità saranno integrate dall’Ente sino a concorrenza’.
Il successivo d.lgs. n. 708/1947, istitutivo dell’Enpals, all’art. 2, aveva previsto che fosse il neocreato Ente a provvedere ‘nei
limiti e con le modalità previste dal presente decreto: a) all’assistenza in caso di malattia a favore degli iscritti e dei loro familiari; b) alla concessione di prestazioni per i casi di vecchiaia e di invalidità e per i superstiti’ e che ‘l’iscrizione a ll’Ente sostitui a tutti gli effetti, l’assicurazione obbligatoria di malattia di cui alla legge 11 gennaio 1943, n. 138, e successive modificazioni…’.
L’art 74 della legge n. 833/1978 ha trasferito all’INPS la competenza in materia, nei seguenti termini : ‘a decorrere dal 1 gennaio 1980 e sino all’entrata in vigore della legge di riforma del sistema previdenziale, l’erogazione delle prestazioni economiche per malattia e per maternità previste dalle vigenti disposizioni in materia già erogate dagli enti, casse, servizi e gestioni autonome estinti e posti in liquidazione ai sensi della legge 17 agosto 1974, n. 386, di conversione con modificazioni del decreto-legge 8 luglio 1974, n. 264, è attribuita all’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) che terrà apposita gestione’.
La legge n. 41/1986, all’art. 31, ha regolato l’aliquota dei contributi a carico dei datori di lavoro per i soggetti aventi diritto alle indennità economiche di malattia, aliquota che è stata fissata, con percentuali diverse a seconda del settore, nella Ta bella G richiamata dall’art. 31 stesso (tabella che contempla il settore ‘Lavoratori dello spettacolo’ per il quale prevede una aliquota del 2,2%).
Su tale impianto si è innestato il d.l. n. 112/2008, convertito nella legge n. 133/2008, che, dettando, all’art. 20, comma 1, una norma di interpretazione dell’art.6, comma 2, della legge n. 138/1943, ha stabilito che quest’ultimo dovesse interpretarsi nel senso che ‘i datori di lavoro che hanno corrisposto per legge o per contratto collettivo, anche di diritto comune, il trattamento
economico di malattia, con conseguente esonero dell’Istituto nazionale della previdenza sociale dall’erogazione della predetta indennità, non sono tenuti al versamento della relativa contribuzione all’Istituto medesimo’.
E’, infine, stato emanato il d.l. n. 98/2011, convertito nella legge n. 111/2011, che, all’art. 18, comma 6, ha introdotto un comma 1bis all’art. 20 di cui sopra, disponendo che, ‘a decorrere dal 1° maggio 2011, i datori di lavoro di cui al comma 1 sono comunque tenuti al versamento della contribuzione di finanziamento dell’indennità economica di malattia in base all’articolo 31 della legge 28 febbraio 1986, n. 41, per le categorie di lavoratori cui la suddetta assicurazione è applicabile ai sensi della normativa vigente’.
Come sopra detto, l’art. 31 della legge n. 41/1986 è la norma che, al comma 5, stabilisce che ‘i contributi dovuti dai datori di lavoro per i soggetti aventi diritto alle indennità economiche di malattia sono fissati nelle misure indicate nell’allegata tabella G’, tabella che contempla, tra gli altri, anche il settore dello spettacolo.
Non hanno, pertanto, pregio le doglianze della ricorrente, secondo la quale la Corte avrebbe errato nel ritenere applicabile il d.l. n. 98/2011, stante la specialità della disciplina che contraddistingue il settore dello spettacolo, poichè l’evoluzione del quadro normativo come sopra riportata dà conto del contrario: in un contesto di progressiva omogeneizzazione all’Ago delle distinte gestioni previdenziali, a decorrere dal 1 maggio 2011 anche i datori di lavoro che corrispondono per legge o contratto collettivo, anche di diritto comune, il trattamento economico di malattia e che in precedenza erano esonerati dall’obbligo contributivo di malattia, diventano ‘comunque’ tenuti al versamento della detta contribuzione ex
art. 31 della legge n. 41/1986 per le categorie di lavoratori cui detta assicurazione è applicabile, di talché detto obbligo sussiste anche per la società odierna ricorrente.
Stante il presupposto, qui pacifico, della sussistenza delle condizioni legislativamente stabilite per l’iscrizione all’Enpals dei lavoratori ai quali le pretese contributive si riferiscono, l’Inps è legittimato a richiedere, quindi, anche per i lavoratori interessati dall’accertamento, in quanto lavoratori dello spettacolo, i contributi per l’erogazione delle prestazioni economiche per malattia (Cass. n. 24945/2015, Cass. n. 21245/2014).
Si aggiunga, quanto al secondo motivo, che: il d.lgs. C.P.S. n. 708/1947 disciplina il diritto all’assicurazione obbligatoria di malattia nell’ambito dello spettacolo, stabilendo che detta assicurazione opera, ai sensi dell’art. 2, comma 2, in regime sostitutivo dell’assicurazione generale di malattia d i cui alla legge n. 138/1943 in favore degli ‘iscritti’ al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo; ‘l’iscrizione all’Ente sostituisce a tutti gli effetti, l’assicurazione obbligatoria di malattia di cui alla legge 11 gennaio 1943, n. 138 ‘; il d.lgs. luogot. n. 213/1946 riguarda i datori di lavoro del settore industria a cui si applica la legge n. 138/1943; il riferimento agli ‘iscritti’ contenuto nella lettera a) dell’art. 2 cit. fa sì che il diritto al trattamento economico di malattia sussista, in linea generale, in favore di tutti i lavoratori dello spettacolo identificati dall’obbligo assicurativo presso il Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo, senza che abbia rilievo la sussistenza o meno del vincolo di subordinazione (né, tanto meno, la qualifica), posto che con detta norma il legislatore ha individuato i soggetti per i quali è prevista l’assicurazione obbligatoria di malattia, che sono coloro che svolgono le attività artistiche, tecniche o amministrative analiticamente riportat e nell’art. 3 dello stesso
d.lgs.: di tal chè, ad esempio, per quel che qui rileva, anche per gli ‘impiegati amministrativi e tecnici dipendenti dalle imprese della produzione cinematografica, del doppiaggio e dello sviluppo e stampa’ – quali soggetti espressamente annoverati tra le qualifiche professionali assoggettate ad assicurazione dello spettacolo l’impresa è obbligata al versamento della contribuzione di finanziamento dell’indennità economica di malattia, ancorché sia inquadrata nel settore ‘industria’.
Il terzo motivo, con cui la società lamenta che la Corte non abbia tenuto in considerazione una sopravvenuta circolare INPS, è inammissibile, non integrando la doglianza gli estremi di omesso esame di fatto storico decisivo.
Giurisprudenza di legittimità uniforme afferma che -come ex multis Cass. n. 21672/2018 -«nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie».
Va inoltre rammentato che l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio deve intendersi riferito a un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni, sicché sono inammissibili le censure che,
irritualmente, estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo (Cass. n. 22397/2019; n. 26305/2018; n. 14802/2017). Ciò posto, nella specie non viene indicato un fatto storico specifico, che sia stato oggetto di discussione tra le parti, il cui vaglio sarebbe stato omesso, né si precisa quale ne sarebbe la decisività, anche alla luce del fatto che le circolari INPS costituiscono atti normativi interni non vincolanti, «che possono bensì tendere ad indirizzare ed a guidare in modo uniforme l’attività degli organi periferici dell’ente, ma non certo modificare la conformazione della disciplina del rapporto contributivo e previdenziale imperativamente dettata dalla legge» (Cass. n.27233/2024, n. 10728/2024).
Conclusivamente, il ricorso va rigettato, con compensazione delle spese del presente giudizio stante la novità sostanziale del profilo di cui al primo motivo di censura.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 30 gennaio