Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 2345 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 2345 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26025/2019 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l ‘Avvocatura centrale dell’Istitut o, rappresentato e difeso da ll’avvocato NOME COGNOME unitamente agli avvocati COGNOME COGNOME
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO TRIESTE n. 84/2019 pubblicata il 14/05/2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/01/2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Trieste, con la sentenza n.84/2019 pubblicata il 14/05/2019, ha rigettato il gravame proposto dall’RAGIONE_SOCIALE nella controversia con NOME COGNOME
La controversia ha per oggetto l’accertamento negativo della pretesa contributiva di assoggettare all’imponibile contributivo ex art.3 bis d.l. 384/1992 (convertito con modificazioni dalla legge 438/1992) i redditi derivanti dalla qualità di socio e amministratore di una società di capitali, la RAGIONE_SOCIALE
Il Tribunale di Udine accoglieva le domande proposte dal COGNOME.
La Corte territoriale ha ritenuto che i redditi derivanti dalla mera partecipazione ad una società di capitali non potessero qualificarsi come redditi d’impresa ai fini dell’obbligo contributivo .
Per la cassazione della sentenza ricorre l’Istituto previdenziale, con ricorso affidato ad un unico motivo. COGNOME resiste con controricorso, illustrato da memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art.3 bis del d.l. 384/1992, in connessione con la legge n.233/1990 e riferimento all’art.360 comma primo n.3 cod. proc. civ.. Deduce che alla luce di una lettura costituzionalmente orientata del parametro di legittimità la base imponibile della obbligazione contributiva è costituita dalla totalità dei redditi d’impresa denunciati ai fini IRPEF, a prescindere che essi siano il frutto della partecipazione del lavoratore autonomo a una società di persone o a una società di capitali.
2. Il ricorso è infondato.
3. Sulla questione di diritto sollevata dalla parte ricorrente si intende dare continuità all’orientamento di questa Corte, nei termini che seguono: «la questione sottoposta al vaglio di questa Corte attiene al fatto se il lavoratore autonomo, iscritto alla gestione previdenziale in quanto svolgente un’attività lavorativa per la quale sussistono i requisiti per il sorgere della tutela previdenziale obbligatoria, debba parametrare o meno il proprio obbligo contributivo a tutti i redditi percepiti nell’anno di riferimento, tenendo conto anche di quelli da partecipazione a società di capitali nella quale egli non svolge attività lavorativa. Si tratta di questione recentemente affrontata e risolta da questa Corte ( cfr. Cass. n. 21540 del 2019, Cass. n. 18594 del 2020, n. 19001 del 2020) ai cui principi si intende dare continuità. 4.2. Nelle sentenze sopra richiamate è stato rilevato che il D.L. 19 settembre 1992, nr. 384, art. 3 bis, convertito con modificazioni dalla legge 14 novembre 1992 nr. 438, ha previsto che a decorrere dall’anno 1993, l’ammontare del contributo annuo dovuto per i soggetti di cui alla L. 2 agosto 1990, n. 233, art. 1, è rapportato alla totalità dei redditi d’impresa denunciati ai fini IRPEF per l’anno al quale i contributi stessi si riferiscono e che con la nuova disposizione rileva «la totalità» dei redditi d’impresa denunciati ai fini IRPEF, non parlandosi più della sola attività che dà titolo all’iscrizione alla gestione della legge n. 233 del 1990, ex art. 1, con una formulazione che realizza un ampliamento della base imponibile contributiva. È stato precisato, altresì, che al fine di individuare quale sia il reddito di impresa rilevante ai fini contributivi, occorre fare riferimento alle norme fiscali e, dunque, in primo luogo al testo unico delle imposte sui redditi, D.P.R. 22 dicembre 1986, nr. 917. Il citato D.P.R. contiene distinte disposizioni onde qualificare i redditi d’impresa rispetto ai redditi di capitale: i primi, a mente dell’art. 55 (nel testo post riforma del 2004), sono quelli che derivano
dall’esercizio di attività imprenditoriale mentre l’art. 44, lett e) (nel testo post riforma del 2004), ricomprende tra i redditi di capitale gli utili da partecipazione alle società soggette ad IRPEG (ora IRES). Poiché la normativa previdenziale individua, come base imponibile sulla quale calcolare i contributi, la totalità dei redditi d’impresa così come definita dalla disciplina fiscale e considerato che secondo il testo unico delle imposte sui redditi gli utili derivanti dalla mera partecipazione a società di capitali, senza prestazione di attività lavorativa, sono inclusi tra i redditi di capitale, ne consegue che questi ultimi non concorrono a costituire la base imponibile ai fini contributivi. Sono stati poi messi in evidenza il diverso regime dettato per i soci di società di persone e le ragioni di coerenza del sistema alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale, nella sentenza n. 354 del 2001. 4.3. In definitiva va riaffermato che il lavoratore autonomo, iscritto alla gestione previdenziale in quanto svolgente un’attività lavorativa per la quale sussistono i requisiti per il sorgere della tutela previdenziale obbligatoria, deve includere nella base imponibile sulla quale calcolare i contributi la totalità dei redditi d’impresa così come definita dalla disciplina fiscale, vale a dire quelli che derivano dall’esercizio di attività imprenditoriale (art. 55 del d.P.R. n. 917 del 1986), restando esclusi i redditi di capitale, quali quelli derivanti dalla mera partecipazione a società di capitali, senza prestazione di attività lavorativa (art. 44, lett. e, del d.P.R. n. 917 del 1986) (in questi termini Cass. n. 21540 del 2019 e anche n. 18892 del 2023. e n. 805 del 2021)» (Cass. Sez. Lav. 19/08/2024 n. 22901).
4. Nel caso esaminato dalla Corte territoriale è incontestato che il reddito ritratto da NOME COGNOME quale socio ed amministratore della RAGIONE_SOCIALE fosse un reddito da mera partecipazione, non risultando dedotto né tantomeno provato lo svolgimento di una prestazione lavorativa.
Deve pertanto ritenersi che il giudice di appello abbia fatto corretta applicazione dell’art.3 bis d.l. 384/1992 al caso in esame e che pertanto non sussista la paventata violazione di norme giuridiche.
Per questi motivi il ricorso deve essere rigettato. La decisione sulla base di un principio di diritto formatosi dopo la notifica del ricorso giustifica la compensazione delle spese dell’intero processo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Compensa le spese dell’intero processo
.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 16/01/2025.