LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Contributi cassa professionale: obbligo per dipendenti?

Un geometra, lavoratore dipendente, si è opposto alla richiesta di pagamento di contributi minimi da parte della sua cassa professionale, sostenendo di essere già coperto da altra previdenza. La Corte di Cassazione, rilevando un contrasto giurisprudenziale e la complessità della questione sulla doppia imposizione contributiva per la medesima attività, ha rinviato il caso alle Sezioni Unite per una decisione definitiva. Il caso è cruciale per definire l’obbligo di versamento dei contributi cassa professionale per i professionisti impiegati.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 19 agosto 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Professionista Dipendente: Obbligo di Versare i Contributi alla Cassa Professionale? La Cassazione Rimette la Decisione alle Sezioni Unite

L’obbligo di versare i contributi cassa professionale è una questione che tocca da vicino migliaia di professionisti iscritti a un albo che svolgono la loro attività come lavoratori dipendenti. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ha riacceso il dibattito, evidenziando la complessità e le implicazioni sistemiche di questo tema. Con un’ordinanza interlocutoria, la Sezione Lavoro ha deciso di rimettere la questione alle Sezioni Unite, il massimo organo della giurisprudenza di legittimità, per ottenere un verdetto definitivo. Analizziamo insieme i dettagli di questo caso emblematico.

I Fatti del Caso: Un Geometra Contro la Propria Cassa

Un geometra, regolarmente iscritto al proprio albo professionale, lavorava come dipendente ricoprendo il ruolo di responsabile dell’ufficio tecnico per un’impresa. Le sue mansioni erano quelle tipiche della sua professione, ma svolte nell’esclusivo interesse del suo datore di lavoro. L’ente di previdenza e assistenza della sua categoria gli ha ingiunto il pagamento dei contributi minimi per gli anni 2013 e 2014, sostenendo che la sola iscrizione all’albo fosse sufficiente a far sorgere l’obbligo contributivo.
Il professionista si è opposto, affermando che mancavano i presupposti per tale obbligo, dato che la sua unica attività era quella di lavoratore subordinato, per la quale già versava i contributi a un’altra gestione previdenziale (INPS).

Il Percorso Giudiziario e l’obbligo sui contributi cassa professionale

Sia in primo grado che in appello, i giudici hanno dato ragione al professionista. La Corte d’Appello, in particolare, ha confermato la decisione precedente, seppur con una diversa motivazione. I giudici di merito hanno accertato che l’attività svolta era di natura puramente subordinata e che imporre un’ulteriore contribuzione alla cassa professionale violerebbe il divieto di doppia imposizione contributiva sulla medesima attività lavorativa.
Secondo i giudici, l’interpretazione restrittiva data dall’ente previdenziale, che escludeva dall’obbligo di iscrizione solo i dipendenti inquadrati in specifici ruoli professionali previsti da contratti collettivi, non era sostenibile. L’ente di previdenza, non soddisfatto della decisione, ha proposto ricorso per Cassazione.

La questione dei contributi cassa professionale alle Sezioni Unite

La Corte di Cassazione si è trovata di fronte a un quadro normativo e giurisprudenziale complesso e frammentato. Da un lato, l’orientamento consolidato che lega l’obbligo contributivo alla semplice iscrizione all’albo, in un’ottica solidaristica del sistema previdenziale di categoria. Dall’altro, il principio fondamentale, sancito dalla legge (art. 22 della L. n. 773/1982), che sembra rendere facoltativa l’iscrizione alla cassa per chi svolge un’attività diversa o è già coperto da altra previdenza obbligatoria.
Il cuore del problema risiede nel capire se l’autonomia regolamentare concessa alle casse professionali privatizzate (con il D.Lgs. 509/1994) possa spingersi fino a derogare a questo principio, imponendo di fatto una presunzione assoluta di esercizio della libera professione basata sulla mera iscrizione all’albo.

Le Motivazioni

La Corte, nella sua ordinanza, sottolinea le “rilevanti difficoltà applicative” che emergono quando un professionista iscritto all’albo svolge l’attività tipica della sua professione, ma in modo esclusivo come lavoratore subordinato. In questo scenario, vengono a mancare sia il presupposto della diversità delle attività (una autonoma e una subordinata), sia la necessità di assicurare una copertura previdenziale, che è già garantita dal rapporto di lavoro dipendente.
I giudici evidenziano che il principio della “doppia contribuzione”, pur non essendo in assoluto incostituzionale, trova la sua giustificazione nel rafforzamento della tutela previdenziale e nella solidarietà di categoria. Tuttavia, quando l’attività è unica e interamente subordinata, tale giustificazione appare debole. Per queste ragioni, considerata la molteplicità dei casi simili e le importanti implicazioni per il sistema, la Corte ha ritenuto opportuno un intervento chiarificatore delle Sezioni Unite.

Le Conclusioni

L’ordinanza interlocutoria non decide la controversia, ma la sospende in attesa del pronunciamento delle Sezioni Unite. Questa decisione rappresenta un momento cruciale per tutti i professionisti che si trovano nella stessa situazione. La sentenza che verrà emessa avrà il compito di tracciare una linea chiara sui limiti dell’autonomia delle casse professionali e sul corretto bilanciamento tra il principio di solidarietà di categoria e il divieto di duplicazione dei contributi per la stessa attività lavorativa. L’esito di questo giudizio influenzerà profondamente la gestione previdenziale di migliaia di lavoratori dipendenti iscritti a un albo professionale.

Un professionista iscritto all’albo ma che lavora come dipendente è sempre obbligato a pagare i contributi minimi alla sua cassa professionale?
La questione è controversa. Secondo l’orientamento dell’ente previdenziale e una parte della giurisprudenza, la sola iscrizione all’albo è sufficiente a generare l’obbligo. Tuttavia, l’ordinanza in esame evidenzia forti dubbi su questa interpretazione, specialmente quando l’attività professionale è svolta esclusivamente come lavoro subordinato, e rimette la decisione finale alle Sezioni Unite.

Perché la Corte di Cassazione ha rimesso la decisione alle Sezioni Unite?
La Corte ha riscontrato un contrasto giurisprudenziale e delle “rilevanti difficoltà applicative” nella normativa. Data la molteplicità dei casi simili e le importanti implicazioni sistemiche della questione, ha ritenuto necessario un intervento delle Sezioni Unite per garantire un’interpretazione uniforme della legge e risolvere la questione di principio.

Qual è il principio in discussione riguardo alla “doppia contribuzione”?
Il principio in discussione è se sia legittimo imporre un doppio versamento di contributi (alla cassa professionale e alla gestione previdenziale dei lavoratori dipendenti) per un’unica attività lavorativa. L’ordinanza solleva dubbi sulla legittimità di tale doppia imposizione quando l’attività professionale tipica viene svolta interamente all’interno di un rapporto di lavoro subordinato, mancando quindi un’effettiva attività di libera professione da assicurare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati