SENTENZA CORTE DI APPELLO DI BARI N. 1175 2025 – N. R.G. 00000653 2024 DEPOSITO MINUTA 01 12 2025 PUBBLICAZIONE 01 12 2025
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte di Appello di Bari – Sezione per le controversie in materia di lavoro, previdenza e assistenza – composta dai Magistrati:
Dott. ssa NOME COGNOME
Presidente
Dott. NOME COGNOME Consigliere
Dott. ssa NOME COGNOME Consigliere rel.
ha emesso la seguente
S E N T E N Z A
nella controversia iscritta nel R.G. al numero sopra indicato; T R A
(DATA_NASCITA– Adelfia -Bari), rappresentato e difeso in proprio e dall’
AVV_NOTAIO;
-Appellante-
E
in persona del Presidente e legale rappresentate pro tempore , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO;
-Appellata-
E
, non costituita;
rappresentante pro tempore
-Appellata contumace-
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.1. Con ricorso depositato in data 13.02.2020 , l’AVV_NOTAIO to adiva il Tribunale di Bari, in funzione di giudice del lavoro, proponendo opposizione avverso la cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA, notificata il 24.01.2020, nonché avverso il ruolo ordinario n. 2019/007751, reso esecutivo in data 18.10.2019 , per un importo complessivo di € 74.038,76, emesso per irregolarità contributive nei confronti della
negli anni 2012, 2013, 2015 e 2018.
Il esponeva in fatto e diritto quanto segue: · di essere stato dip endente dell’ dal 23. 02.1969 al 31.01.1983, data di risoluzione del rapporto per dimissioni volontarie; · di essere stato iscritto alla RAGIONE_SOCIALE (d’ora in avanti , , come avvocato del libero Foro, senza soluzione di continuità, dal 01.03.1984; · di
, in persona del legale essere pensionato (cat. VO n. NUMERO_DOCUMENTO), a seguito della totalizzazione dei contributi, dal 01.04.2003, sulla base di un numero di settimane pari ad oltre 1950, tenendo conto dei contributi RAGIONE_SOCIALE versati dal 01.01.1984 in poi; · di avere ricevuto la cartella esattoriali dianzi indicata, per asserite irregolarità contributive nei confronti della negli anni 2012, 2013, 2015 e 2018; · di essere tale cartella illegittima per 1) inesistenza/nullità della notificazione della stessa, in quanto il documento inviato era una copia informatica dell’originale o al limite del documento analogico, privo dell’attestazione di conformità all’originale rilasciata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato; 2) inesistenza/ nullità della notificazione della cartella in quanto proveniente da un indirizzo di posta elettronica certificata non inserito nei pubblici elenchi; 3) inutilizzabilità, da parte delle casse di previdenza privatizzate, delle n orme del D.Lgs. n. 46/1999 ai fini dell’iscrizione a ruolo dei crediti previdenziali, in assenza di un titolo esecutivo; 4) intervenuta decadenza ex art. 25 D.Lgs. n. 46/1999, secondo cui i contributi o premi non versati dal debitore sono iscritti nei ruoli esecutivi entro il 31 dicembre dell’anno successivo al termine fissato per il pagamento; 5) inesistenza della cartella di pagamento in quanto priva di motivazione, anche in ordine ad interessi e sanzioni; 6) intervenuta prescrizione quinquennale dei contributi relativi all’anno 2012 , ai sensi dell’art . 3, comma 9, l. n. 335/1995, risultando inapplicabile il termine prescrizionale decennale, in quanto la l. 247/2012 era entrata in vigore successivamente; 7 ) violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., atteso che spettava all’ente previdenziale l’onere di provare i fatti costitutivi dell’obbligo contributivo; 8) violazione o falsa applicazione degli artt. 2, comma 4, e 6, comma 8, dei regolamenti dei contributi vigenti fino al 31.12.2012 e dall’1.1.2 013 in poi, che prevedevano una particolare disciplina per gli avvocati titolari di pensione di vecchiaia, secondo la quale, a partire dall’anno successivo a quello di maturazione del diritto a pensione, i contributi erano dovuti in misura ridotta, con la conseguenza che il medesimo era tenuto a versare, dal 01.01.2004 in poi, i contributi dovuti in misura ridotta, tenendo conto, ai fini della regolarizzazione contributiva, delle somme versate in eccedenza per gli anni 2004 e 2005 nonché conguagliare detti importi con quelli eventualmente dovuti per gli anni 2012 e 2013; · di avere, pertanto diritto ad ottenere l’accoglimento delle seguenti conclusioni: ‘ 1. previa sospensione, anche inaudita altera parte, vengano revocati e/o annullati il ruolo n. NUMERO_DOCUMENTO, reso esecutivo in data 18.10.2019, nonché la relativa cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA, comunicata il 24.1.2020, dell’importo complessivo pari ad € 74.038,76 comprensivi di oneri di riscossione e di diritti di notific a; 2. accertato e dichiarato lo status di pensionato del ricorrente, valido ed efficace ai fini del versamento contributivo ridotto a favore della
, determini quanto eventualmente dovuto dallo stesso a titolo di contributi, tenendo conto di quanto versato dal ricorrente in eccedenza, dalla data di pensionamento, 1°.4.2003 in poi, o relativamente ad altra data che sarà ritenuta di giustizia, dando, altresì, atto che in tale periodo non è stato
corrisposto al medesimo ricorrente alcun importo a titolo di supplemento di pensione; 3. accerti e dichiari se quanto eventualmente dovuto all’esito delle attività sub 2) del presente ricorso dovrà esser corrisposto a
o ad 4. in via del tutto gradata, non venga irrogata alcuna sanzione e/o applicata qualunque forma di interessi, data la particolare rilevanza della questione nonché in considerazione del fatto che la predetta RAGIONE_SOCIALE non ha mai inteso fornire riscontro alle richieste del 1°.10.2007, del 29.8.2011 e alle osservazioni dell’8.2.2016 formulate dall’esponente, ed allegate al presente ricorso; 5. in ogni caso, condannare i convenuti al pagamento delle spese, diritti ed onorari del presente giudizio ‘.
1.2. Si costituiva in giudizio l’ con memoria depositata in data 25.09.2020, con la quale, con ampie e diffuse argomentazioni atte ad invocare il rigetto della spiegata opposizione, replicava:
essere infondata l’eccezione di inesistenza della notificazione effettuata a mezzo pec della cartella n°01420190052568607000 poiché il aveva impugnato l’atto notificato in data 24.01.2020;
essere infondato quanto sostenuto dal in riferimento al formato della cartella di pagamento notificata essendo la cartella allegata al messaggio PEC l’originale e non una copia foto -riprodotta;
essere applicabile, pur dopo la privatizzazione di RAGIONE_SOCIALE avvenuta in forza del d.lgs. n. 509/94, la disciplina prevista dal D.Lgs. n. 46/1999, potendo dunque fare ricorso al ruolo esattoriale per la riscossione dei contributi;
essere infondata la censura relativa alla nullità della notifica avvenuta a mezzo EMAIL per avvenuta violazione del D.L. 82/2005 essendo piuttosto, la disciplina a cui far riferimento, quella contenuta nell’art. 26 del D.P.R. n.602/1973 in base al quale per la notificazione della cartella di pagamento è prevista espressamente quella a mezzo posta elettronica certificata, declinandone espressamente le modalità di esecuzione;
essere infondata l’eccezione di prescrizione, risultando il decorso del tempo ritualmente interrotto con atti di riscossione notificati medio tempore al contribuente;
essere stata, la cartella di pagamento, adeguatamente motivata, risultando sufficiente, per costante giurisprudenza di legittimità, che la cartella faccia riferimento al precedente atto impositivo portato a conoscenza del destinatario;
essere legittimo il calcolo delle sanzioni ed interessi, con conseguente infondatezza della invocata nullità della cartella impugnata;
essere l’azione inammissibile per difetto di legittimazione passiva con riferimento a tutte le eccezioni relative al merito della pretesa creditoria.
1.3. In data 28.09.2020 si costituiva in giudizio, altresì, la RAGIONE_SOCIALE spiegando memoria difensiva con domanda riconvenzionale, deducendo:
di essere stati iscritti, nel ruolo 2019, i contributi soggettivi e integrativi dovuti per gli anni 2012 e 2013, oltre interessi e sanzioni, per un importo
complessivo di € 73.299,69; 2) di rinviarsi per il relativo quantum (pur trattandosi di somma non contestata) ai prospetti contabili allegati, dai quali risultava la contribuzione dovuta e quella effettivamente versata, nonché alle dichiarazioni reddituali in atti del ricorrente, ai regolamenti ed alle delibere del Consiglio di Amministrazione che avevano determinato gli importi della contribuzione minima e di maternità per gli anni in questione; 3) di essere, l’obbligo di contribuzione alla sancito dalla legge a carico di tutti gli iscritti alla e agli Albi professionali (artt. 10 e 11 l. 576/80 e art. 5 l. 379/90) indipendentemente dal fatto che la suddetta contribuzione fosse idonea a costituire fondamento per la futura corresponsione del trattamento pensionistico; 4) di essere, l’iscrizione alla obbligatoria per tutti gli iscritti all’Albo che esercit avano con continuità la professione forense e che, in presenza dei requisiti di continuità, il professionista, che pure versi contributi ad altra gestione pensionistica o anche sia titolare di altra pensione, era tenuto ad iscriversi alla a titolo pieno, e cioè con il versamento dei contributi sia a fini previdenziali che assistenziali; 5) di prevedere, l’art. 10 della l. n. 576/80 e l’art. 2 del Regolamento dei Contributi , un diverso regime contributivo soltanto per i pensionati della che, dopo il pensionamento, rimangono iscritti all’Ente, i quali sono esonerati dalla corresponsione dei contributi minimi a partire dall’anno solare successivo a quello di maturazione de lla pensione e sono esonerati dalla corresponsione della contribuzione nella misura intera soltanto a partire dall’anno solare successivo alla maturazione dell’ultimo sup plemento di pensione; 6) di dovere versare, i pensionati di altri enti, integralmente la contribuzione, in quanto la contribuzione soggettiva versata fino al tetto risulta utile ai fini della determinazione del trattamento pensionistico; 7) di avere, in data 17.06.1996, il presentato alla domanda di ricongiunzione dei periodi di contribuzione maturati presso l’ e l’ poi respinta, avendo l’ liquidato la pensione con decorrenza 04/03 e di non risultare aperta alcuna istruttoria di pensione con totalizzazione; 8) di essere, l’eccezione relativa alla riscossione a mezzo ruoli infondata, rappresentando esso un congruo strumento anche dopo l’intervenuta privatizzazione di 9) di essere l’eccezione di prescrizione sollevata dal infondata essendo i contributi soggetti a prescrizione decennale; 10) di essere l’eccezione di decadenza dall’iscrizione a ruolo ex art. 25 D.lgs. n.46/1999 errata, avendo la contestato il mancato pagamento della contribuzione oggetto di causa con nota pec del 10.12.2018 e del 16.07.2018 e avendo iscritto la contribuzione dovuta nel ruolo 2019; 11) di essere, altresì, infondata l’eccezione relativa alla violazione della L. n. 689/81, poiché tale normativa riguarda la materia delle sanzioni amministrative e non risulta applicabile ai contributi non versati e ai relativi interessi e sanzioni accessorie: 11) di avere interesse a spiegare domanda riconvenzionale, nell’ipotesi d i annullamento della iscrizione a ruolo e/o della cartella esattoriale per vizi attinenti al procedimento esattoriale, con conseguente condanna del professionista al pagamento diretto all’Ente delle somme iscritte nel ruolo 2019, oltre interessi, per l’importo totale di € 73.299.69.
1.3. Il Tribunale del lavoro di Bari, con sentenza n. 303/2024 pubblicata il 25.01.2024, a) rigettava l’opposizione avverso la cartella esattoriale, b) condannava l ‘opponente al pagamento delle spese di lite, liquidate complessivamente in € 5.880,00 per ciascuna parte, oltre accessori di legge.
Poneva a fondamento di tale decisione le seguenti argomentazioni:
– priva di pregio doveva ritenersi l’eccezione relativa alla nullità/ illegittimità della notifica della cartella di pagamento ‘ in quanto coincisa nella trasmissione a mezzo pec di una copia informatica (scansione in formato ‘pdf’) del documento in originale analogico e priva di firma digitale ‘ , in quanto la cartella risultava validamente mediante pec , non sussistendo la necessità di sottoscrizione dell’atto, in quanto la certificazione della provenienza ben poteva soddisfare il concetto di riconducibilità al mittente; peraltro, le firme digitali di RAGIONE_SOCIALE ‘CAdES’ e di RAGIONE_SOCIALE ‘PAdES’ erano entrambe ammesse ed equivalenti, sia pure con le differenti estensioni ‘.p7m’ e ‘.pdf’ e, in ogni caso, l ‘ irritualità della notificazione di un atto a mezzo di posta elettronica certificata non ne comportava la nullità, qualora la consegna, come nel caso di specie, aveva comunque prodotto il risultato della sua conoscenza, determinando il raggiungimento dello scopo legale;
infondata doveva ritenersi l’eccezione di nullità della notificazione , perché effettuata dall’ da un indirizzo telematico diverso da quello presente nei pubblici registri, non potendo ‘ residuare dubbi sulla riferibilità dell’atto all’agente della riscossione ed alla provenienza di questo da tale soggetto e, dall’altro lato, che l ha registrato il dominio EMAIL contenente l’estensione .gov.it, sicché gli indirizzi pec contenenti tale dicitura sono alla stessa riferibili ed assicurano la provenienza dell’atto dall’agente della riscossione ‘;
infondata, altresì, doveva ritenersi l’eccezione di inutilizzabilità dei ruoli da parte delle RAGIONE_SOCIALE privatizzate in quanto la RAGIONE_SOCIALE, pur dopo la privatizzazione in forza del d.lgs. n. 509 del 1994, conservava il potere di riscuotere i contributi insoluti a mezzo ruoli da essa compilati secondo le norme per la riscossione delle imposte dirette;
infondata doveva ritenersi anche la presunta decadenza dall’iscrizione a ruolo, ex art. 25 d. lgs. 46/99, per cui le somme sono da iscrivere nei ruoli esecutivi entro il 31 dicembre dell’anno successivo al termine fissato per il pagamento, in quanto la norma in esame si riferiva ai crediti degli enti pubblici previdenziali, mentre la era un ente di diritto privato;
ancora, infondata doveva ritenersi l’eccezione mossa in ordine all’asserita omessa motivazione degli importi riportati sulla cartella a titolo di interessi e sanzioni in quanto ‘ la cartella indica analiticamente gli importi richiesti in pagamento sia a titolo di interessi sia a titolo di sanzioni per ciascuna delle poste contributive ivi riportate e, per altro verso, che il regolamento per la disciplina delle sanzioni dell’ente re sistente (cui evidentemente rimanda la cartella) riporta la pertinente disciplina ‘;
nel merito, legittima doveva ritenersi la pretesa della
quanto, come stabilito dagli artt. 10 e 11, l. n. 576/80 e dall’art. 5, l. n. 379/90, l’obbligo di contribuzione alla era sancito per tutti gli iscritti alla e agli Albi professionali indipendentemente dal fatto che la suddetta contribuzione risultava idonea a costituire fondamento per la futura corresponsione del trattamento pensionistico;
-l’art. 10 della l. n. 576/80, nonché l’art. 2 del Regolamento dei contributi, prevedevano un diverso regime contributivo soltanto per i pensionati della che, dopo il pensionamento, rimanevano iscritti all’Ente, i quali erano esonerati dalla corresponsione dei contributi minimi (soggettivo e integrativo) a partire dall’anno solare successivo a quello di maturazione della pensione e erano esonerati dalla contribuzione nella misura intera soltanto a partire dall’anno solare successivo alla maturazione dell’ultimo supplemento di pensione ; riduzione giustificata dal fatto che la contribuzione soggettiva versata dai professionisti pensionati ancora iscritti alla non era più utile ai fini della corresponsione di importi aggiuntivi di pensione e, pertanto, andava pagata soltanto nella minor misura prevista a fini di solidarietà;
i pensionati di altri enti, invece, dovevano versare integralmente la contribuzione alla in quanto la contribuzione soggettiva versata fino al tetto era utile ai fini della determinazione del trattamento pensionistico;
infine, priva di fondamento doveva ritenersi l’eccezione di prescrizione in quanto la legge n. 247/2012 (entrata in vigore il 02.03.2012) ed il conseguente regime di prescrizione decennale si applicavano unicamente per il futuro, nonché ai contributi anteriori all’entrata in vigore della disposizione appena citata e non ancora prescritti secondo il regime precedente e, nella specie, nessuno dei contributi oggetto di causa, all’entrata in vigore dell’art. 66 della l. 247/2012, risultava prescritto, con la conseguenza che, per tutte le poste oggetto di causa, risultava applicabile il termine prescrizionale decennale e che, quindi, alcuna delle medesime poste risultava estinta per prescrizione alla data di notifica della cartella impugnata.
2.1. Con ricorso depositato in data 24.07.2024, proponeva appello avverso tale statuizione, per i motivi che di seguito si riepilogano e si valutano , invocando l’accoglimento delle conclusioni come rassegnate in prime cure, con vittoria di spese del doppio grado del giudizio.
2.2. La resisteva in giudizio con apposita comparsa depositata in data 28.03.2025 insistendo per il rigetto del gravame.
2.3. L’ pur ritualmente evocata in giudizio, rimaneva contumace.
Acquisiti i documenti prodotti dalle parti, nonché il fascicolo del giudizio di primo grado, a ll’udienza odierna la causa è stata decisa come da dispositivo letto in udienza e in calce trascritto.
MOTIVI DELLA DECISIONE
3. oppone alla statuizione gravata tre motivi di doglianza.
3.1. Con il primo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 17 e 25 del D.Lgs. n. 46/1999, nonché dell’artt. 18, comma 6, l. n. 576/1980 e la mancata applicazione dell’art. 2, comma 3, D.L. n.338/1989.
Evidenzia che, a seguito dell’abrogazione dell’art. 2, comma 3, del d.l. n. 338/1989 -disposta dall’art. 37 del d.lgs. n. 46/1999 la non dispone più di strumenti alternativi alla riscossione mediante ruolo e, di conseguenza, è soggetta alla decadenza prevista dall’art. 25 del d.lgs. n. 46/1999, che impone che i contributi o premi dovuti agli enti pubblici previdenziali siano iscritti in ruoli resi esecutivi entro il 31 dicembre dell’anno successivo a l termine fissato per il versamento. Ritiene che, di conseguenza, la mancata iscrizione tempestiva a ruolo determina la definitiva non riscuotibilità del credito, non essendo ammissibile che l’ente previdenziale possa sottrarsi alla disciplina decadenziale pur avvalendosi della riscossione tramite ruolo.
Sostiene, ancora, che avrebbe errato il primo giudice nel valutare come soggetto di diritto privato poiché svolge invece ‘ attività di natura pubblica, di pubblico interesse, come sancito in modo espresso dall’art. 2, comma 1, D.Lgs. n 509/1994 e rientra nella definizione di ‘pubblica amministrazione’ ; diverse pronunce della giurisprudenza costituzionale e amministrativa avrebbero chiarito, a suo dire, il carattere ibrido delle RAGIONE_SOCIALE previdenziali che sono ‘ soggetti pubblici, formalmente privati, ma sempre funzionali alla cura di interessi generali, così come le fondazioni RAGIONE_SOCIALE, associazioni e organizzazioni civiche, ed al pari di queste devono essere sottoponibili ad una medesima disciplina gi uridica ‘mista’ tra pubblico e privato, una terza via tra enti pubblici e privati ‘ ; tanto imporrebbe l’assoggettamento di alle norme di cui al D.lgs. n. 46/1999 e quindi all’intervenuta decadenza di cui all’art. 25 .
3.2. Con il secondo motivo deduce violazione e/o falsa applicazione dei principi affermati dalla Corte costituzionale nn. 61/1999 e 244/2000 -Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 71 e 72 legge 388/2000, avendo il medesimo p roposto domanda di pensione in ragione dell’orientamento più recente in tema di totalizzazione contributiva e delle relative disposizioni normative di attuazione, come quelle, applicabili al caso di specie, di cui agli artt. 71 e 72 della legge n. 388/2000 e dell’art. 44 della succe ssiva legge n. 289/2002; disposizioni, non abrogate, poi seguite dall’art. 19 del D.L. n. 112 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 133 dell’anno 2008, che parificano il trattamento pensionistico a carico dell’assicurazione generale obbligatoria e quelli a carico delle forme sostitutive, esclusive ed esonerative della medesima, gestite anche da enti privatizzati, quale è ; intervento legislativo che ha precisato le modalità di attuazione del principio della totalizzazione dei periodi assicurativi, intesa come alternativa alla ricongiunzione che risulti eccessivamente onerosa per il soggetto che non abbia maturato i requisiti di accesso alla prestazione pensionistica in nessuno degli ordinamenti previdenziali ai quali ha contribuito nel corso della sua vita lavorativa, con la conseguenza, del tutto evidente, che il legislatore, nel
disciplinare la materia, ha evitato che, a causa dell’eccessiva onerosità del sistema, risulti di fatto vanificato il diritto dell’assicurato di avvalersi dei periodi assicurativi pregressi.
3.3. Con il terzo motivo di gravame contesta la violazione o falsa applicazione, da parte del Tribunale, dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 67/2018 del 30 marzo 2018, che disciplina una fattispecie del tutto diversa da quella dedotta in giudizio, precisando che ‘ la prima, riguarda il caso di un Avvocato, il quale, già pensionato si iscriveva a chiedendo nel giudizio a quo di pagare i contributi in misura ridotta; l’altra, quella del ricorrente, riguarda il pensionato in totalizzazione contributiva il quale, ha domandato a nell’anno 2007 di pagare i contributi previdenziali come un pensionato , che continua ad esercitare l’attività forense, senza ricevere alcun riscontro ‘ , con la conseguenza che, essendo del tutto differente il caso del medesimo, che ha risolto volontariamente il rapporto di lavoro con l’ , senza domandare alcun relativo trattamento pensionistico, in data 1° gennaio 1984, iscrivendosi alla , ‘ vale a dire, nel momento in cui era ‘altamente probabile’, anzi certo, che avrebbe conseguito un’unica pensione, in totalizzazione contributiva come effettivamente avvenne, con decorrenza 1° aprile 2003 ‘, l’analogia operata dal primo giudice si appalesava del tutto errata .
In conclusione, prosegue l’appellante , essendo il medesimo pensionato di vecchiaia in totalizzazione contributiva, avrebbe diritto a beneficiare del pagamento contributivo in maniera ridotta, atteso che, come specificato dalla nota Ministeriale n. 7/60012/A.G. del 09.01.2004 richiamata nella circolare n.23 del 06.02.2004, ‘ la pensione totalizzata, una volta liquidata, è un trattamento pensionistico a tutti gli effetti, al quale si applicano tutti gli istituti di carattere generale, in quanto non espressamente derogati dalla disciplina speciale ‘ .
Evidenzia, ancora, l’appellante avere la riconosciuto, in proprio favore, il diritto alla pensione di vecchiaia in totalizzazione contributiva dal 01.08.2013, giusta delibera della Giunta esecutiva della stessa n. 1225 del 20 ottobre 2021, documento formatosi nel corso del giudizio di primo grado (deposito datato 23.01.2024), quindi ammissibile. Né mai la avrebbe eccepito che i contributi del pensionato di vecchiaia in totalizzazione contributiva vadano versati nella misura intera e che ‘ se da un lato la stessa ha riconosciuto al ricorrente con decorrenza 1° agosto 2013 il diritto alla pensione di vecchiaia in totalizzazione contributiva, dall’altro, gliel’ha negato ‘per assenza di regolarità contributiva e per la presenza di contenz iosi contributivi a tutt’oggi pendenti ‘.
Specifica, infine, il non riguardare l’impugnazione la misura dei contributi dovuti a dal 01.01.2014, in quanto i contributi 2015 e 2018 riguardano i contributi minimi e non quelli soggettivi, come sono quelli delle annualità 2012 e 2013, antecedenti lo status di pensionato.
—-
L’appello è infondato, dovendosi confermare la sentenza impugnata.
4.1. Preliminarmente va disattesa, perché non fondata, la censura d’inammissibilità dell’atto di appello, in forza del disposto dell’art. 342 c.p.c., proposta dalla
Secondo la giurisprudenza di legittimità, la specificità dei motivi esige che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengano contrapposte quelle dell’appellante, volte ad incrinare il fondamento logico-giuridico delle prime, non essendo le statuizioni di una sentenza separabili dalle argomentazioni che le sorreggono; ragion per cui, alla parte volitiva dell’appello, deve sempre accompagnarsi una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice (cfr., ex plurimis, Cass., 9 novembre 2011, n. 23299; Cass., 13 aprile 2010, n. 8771; Cass., 18 aprile 2007, n. 9244; Cass., 31 maggio 2006, n. 12984, cit.; Cass., 2 febbraio 2005, n. 2041; Cass., 11 maggio 2004, n. 8926; Cass., 28 novembre 2003, n. 18229; Cass. S.U. 29 gennaio 2000 n. 16, cit.).
Tuttavia, la necessità che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengano contrapposte quelle dell’appellante, in modo da incrinarne il relativo fondamento logico-giuridico, va correlata al tenore della motivazione della sentenza impugnata (v. Cass., 31 maggio 2006, n. 12984, cit.; Cass., 29 ottobre 2004, n. 20987; Cass., 23 ottobre 2003, n. 15936; Cass., 15 aprile 1998, n. 3805; Cass., 1 settembre 1997, n. 8297; Cass., 30 maggio 1995, n. 6066).
Se, pertanto, l’onere di specificazione in discorso non consente il rinvio per relationem alle difese svolte in primo grado, ciò non di meno il gravame può consistere (anche) nella «prospettazione delle medesime ragioni addotte nel giudizio di primo grado», allorquando una siffatta prospettazione (così assolvendo all’onere di specificità) «det ermini una critica adeguata e specifica della decisione impugnata e consenta al giudice del gravame di percepire con certezza il contenuto delle censure, in riferimento alle statuizioni adottate dal primo giudice» (Cass. S.U., 25.11.2008, n. 28057; Cass., 29.11.2011, n. 25218).
La disciplina processuale dei motivi di appello -che ha dato luogo all’elaborazione giurisprudenziale di cui s’è appena dato conto è stata, peraltro, più di recente riveduta, mediante la novella dell’art. 434, c. 1, c.p.c. apportata dall’art. 54, c. 1, lett. c-bis, d.l. n. 83/2012, conv. in L. n. 134/2012.
L’atto di gravame, comunque, soddisfa anche la regola processuale novellata nel 2012, quanto meno, alla stregua del criterio elaborato da Cass. 5.2.2015, n. 2143, secondo cui : ‘ l’art. 434, 1° co., c.p.c., nel testo introdotto dall’art. 54, 1° co., lett. ‘c’ bis d.l. 22.6.2012, n. 83, convertito, con modificazioni, in l. 7.8.2012, n. 134, in coerenza con il paradigma generale contestualmente introdotto nell’art. 342 c.p.c., non richiede che le deduzioni della parte appellante assumano una determinata forma o ricalchino la decisione appellata con diverso contenuto, ma impone al ricorrente in appello di individuare in modo chiaro ed esauriente il quantum appellatum, circoscrivendo il giudizio di gravame con riferimento agli specifici capi della sentenza impugnata nonché ai passaggi argomentativi che la sorreggono e formulando, sotto il profilo qualitativo, le ragioni di dissenso rispetto al percorso adottato dal primo
giudice, sì da esplicitare la idoneità di tali ragioni a determinare le modifiche della decisione censurata ‘ (massima).
Le Sezioni Unite della Suprema Corte con sentenza n. 27199 del 16.11.2017, hanno confermato che: ‘ L’individuazione di un «percorso logico alternativo a quello del primo giudice», però, non dovrà necessariamente tradursi in un «progetto alternativo di sentenza»; il richiamo, contenuto nei citati artt. 342 e 434, alla motivazione dell’atto di appello non implica che il legislatore abbia inteso porre a carico delle parti un onere paragonabile a quello del giudice nella stesura della motivazione di un provvedimento decisorio. Quello che viene richiesto – in nome del criterio della razionalizzazione del processo civile, che è in funzione del rispetto del principio costituzionale della ragionevole durata – è che la parte appellante ponga il giudice superiore in condizione di comprendere con chiarezza qual è il contenuto della censura proposta, dimostrando di aver compreso le ragioni del primo giudice e indicando il perché queste siano censurabili. Tutto ciò, inoltre, senza che all’appellante sia richiesto il rispetto di particolari forme sacramentali o comunque vincolate ‘ .
Alla stregua di tale accreditato parametro di cernita, l’atto di gravame si colloca con certezza al di sopra della soglia del vizio processuale a torto denunciato da parte appellata.
Infatti, l’impugnazione del non solo ha i requisiti formali prescritti dagli art. 342 e 434 c.p.c., ma contiene precise confutazioni delle ragioni decisionali esposte dal Tribunale, in conformità con quanto disposto dalla legge.
4.2. Priva di pregio risulta la censura afferente la potenziale decadenza dell’Ente impositore dal diritto di procedere alla riscossione coattiva del credito, già sollevata dall’opponente nel primo grado del giudizio e dal medesimo coltivata in appello, senza, tuttavia, confrontarsi con la motivazione resa sul punto dal Tribunale, il quale ha evidenziato la inapplicabilità alla fattispecie de qua della richiamata disposizione legislativa, in quanto riferita esplicitamente agli enti pubblici previdenziali, tra cui non rientra la essendo essa un ente di diritto privato, in conseguenza della riforma compiuta con il d.lgs. n. 509/1994.
L’art. 25 d.lgs. n. 46/1999, invero, individua espressamente e testualmente i destinatari della specifica disciplina negli ‘enti pubblici previdenziali’, ragion per cui non si può prescindere dalla valutazione circa la natura privata o pubblica dell’ente, muovendo dalla RAGIONE_SOCIALElogia di personalità giuridica formalmente attribuita dall’ordinamento, senza che possa rilevare la finalità sostanzialmente pubblica dell’attività da esso espletata; ciò anche perché trattasi di norma da interpretare in senso restrittivo, con esclusione di ogni applicazione analogica o estensiva, versandosi nell’ipotesi di una disposizione che configura una fattispecie decadenziale.
Ebbene, la specifica motivazione addotta dal Tribunale a sostegno del rigetto dell’eccezione di decadenza non è stata minimamente censurata dall’appellante, che si è limitato a riproporre l’eccezione sollevata in prime cure.
Osserva, in ogni caso, il Collegio, che il mancato rispetto del termine previsto
ai fini dell’iscrizione a ruolo non comporta quale conseguenza la decadenza dell’Istituto previdenziale dal diritto di chiedere l’accertamento in sede giudiziaria dell’esistenza e dell’ammontare del proprio credito, bensì unicamente l’impossibilità per il medesimo di avvalersi del titolo esecutivo, prevedendo l’art. 25 d.lgs. n. 46 del 1999 una decadenza processuale e non sostanziale (Cass. civ. Ord. n. 24134/2021; Cass. Ord. 29.10.2019, n. 27726; Cass., Sez. VI Civile, Ord. n. 5792/15).
Né l’eventuale illegittimità dell’iscrizione a ruolo esime il giudice dal valutare la fondatezza o meno della pretesa formulata attraverso la cartella di pagamento o l’avviso di addebito, avendo la Corte di RAGIONE_SOCIALEzione affermato il principio di diritto per cui ‘In tema di riscossione di contributi e di premi assicurativi, il giudice dell’opposizione alla cartella esattoriale che ritenga illegittima l’iscrizione a ruolo non può limitarsi a dichiarare tale illegittimità, ma deve esaminare nel merito la fondatezza della domanda di pagamento dell’istituto previdenziale, valendo gli stessi princìpi che governano l’opposizione a decreto ingiuntivo, che si è ritenuto dia luogo ‘ad un ordinario, autonomo giudizio di cognizione, che sovrapponendosi allo speciale e sommario procedimento monitorio (artt. 633, 644 e segg. cod. proc. civ.) si svolge nel contraddittorio delle parti secondo le norme del procedimento ordinario (art. 645 cod. proc. civ.), con la conseguenza che il giudice dell’opposizione è investito del poter e-dovere di pronunciare sulla pretesa fatta valere con la domanda di ingiunzione e sulle eccezioni proposte ‘ ex adverso ‘ (Cass. Ord. 21 febbraio 2022, n. 5653; Cass. Ord. 16.12.2021, n. 40416; Cass. n. 17858/2018).
4.3. Le ulteriori censure attengono al merito della questione controversa.
Il impugna la sentenza per non aver accertato e dichiarato il suo diritto al pagamento dei contributi, dovuti alla per gli anni 2012, 2013, 2015 e 2018 in misura ridotta, in quanto titolare di pensione di anzianità, in applicazione dell’art. 71 della L. n. 388/2000.
Con la cartella di pagamento n. 01420190052568607000, comunicata via pec il 24 gennaio 2020, sono stati richiesti i contributi soggettivi e integrativi dovuti per gli anni 2012, 2013, 2015 e 2018, oltre interessi e sanzioni, iscritti nel ruolo ordinario n. 2019/007751, per un importo complessivo di € 74.038,76.
Come correttamente statuito dal primo giudice, ai sensi degli artt. 10 e 11 L. 576/1980, sono obbligati al versamento del contributo soggettivo e integrativo gli iscritti alla e agli albi professionali.
Inoltre, l’art. 2 del Regolamento dei contributi del 2009, adottato da in attuazione della riforma del 2009, approvato con nota del 12.12.2009 del RAGIONE_SOCIALE e vigente nel periodo dal 2010 al 2015, prevedeva che: ‘ 1. Ogni iscritto alla ed ogni iscritto agli Albi professionali tenuto all’iscrizione alla è obbligato a versare, con le modalità stabilite dal presente Regolamento, un contributo soggettivo proporzionale al reddito professionale netto prodotto nell’anno, quale risulta dalla relativa dichiarazione ai fini dell’IRPEF e dalle successive definizioni.….3. Il contributo minimo di cui al comma precedente è escluso dall’anno solare successivo alla
maturazione del diritto a pensione di vecchiaia. 4. A partire dal primo anno solare successivo alla maturazione del diritto a pensione ovvero alla maturazione dell’ultimo supplemento ove previsto, i pensionati di vecchiaia devono corrispondere il contributo di cui al primo comma, sino al tetto reddituale fissato alla lettera a), in misura pari al 5% del reddito professionale netto ai fini IRPEF. Per la parte eccedente il tetto reddituale indicato al primo comma, lettera a) il contributo si riduce al 3%’ .
La Corte Costituzionale con sentenza n. 67/2018, pur pronunciandosi su fattispecie parzialmente difforme da quello che occupa il presente giudizio (perché relativa ad un professionista che, già pensionato , si era iscritto alla , ha statuito che solo per i pensionati di vecchiaia nella gestione previdenziale della stessa i quali proseguano l’attività professionale, la legge n. 576 del 1980 contempla, in via derogatoria ed eccezionale, un regime contributivo di favore: ‘…Infatti l’art. 10, terzo comma, prevede che il contributo soggettivo è sì dovuto anche dagli avvocati pensionati che restano iscritti all’albo; ma l’obbligo del contributo minimo è escluso dall’anno solare successivo alla maturazione del diritto a pensione ed il contributo è dovuto in misura pari al 3 per cento del reddito dell’anno solare successivo al compimento di cinque anni dalla maturazione del diritto a pensione. Questa fattispecie non può però essere evocata, quale tertium comparationis, per raffrontarla a quella dell’avvocato che sia titolare di un trattamento pensionistico di vecchiaia in altra gestione previdenziale, quale l’assicurazione generale obbligatoria nella gestione difettando il requisito dell’omogeneità. Lo speciale regime di favore, previsto per gli avvocati pensionati della , ha carattere eccezionale e derogatorio e si giustifica in ragione del fatto che si tratta di assicurati che hanno già ampiamente alimentato tale sistema previdenziale pagando per anni i dovuti contributi (soggettivo ed integrativo) fino a maturare il requisito contributivo sufficiente, in concorso con il requisito anagrafico, per conseguire la pensione di vecchiaia. Inoltre, tale regime di favore costituisce un complemento dello stesso trattamento prev idenziale in godimento.’ (cfr. Corte Costituzionale n. 67/2018).
Il regime contributivo di favore, di corresponsione dei contributi in misura ridotta, è, quindi, previsto esclusivamente per i pensionati della che restano iscritti all’albo, come statuito, con motivazione che la Corte condivide, dal giudice di prime cure.
Il , invece, sostiene di non essere tenuto al pagamento della contribuzione nella misura ordinaria, ma nella inferiore misura prevista per l’avvocato pensionato di vecchiaia nella stessa gestione previdenziale della in ragione della sua particolare situazione di pensionato di anzianità, in totalizzazione ex art. 71 della L. n. 388/2000.
Egli ritiene di dover versare i contributi in misura ridotta, in quanto il trattamento pensionistico gli sarebbe stato erogato dall’ sulla base del cumulo dei contributi versati all’ e, per la maggior parte, alla
Sennonché ‘ la L. n. 388 del 2000, art. 71 ha esteso l’ambito di applicazione della totalizzazione ai lavoratori le cui pensioni erano liquidate con il sistema retributivo, o misto, senza tuttavia abrogare le precedenti disposizioni, contenute nel D.Lgs. n. 184 del 1997, art. 1, valide per i lavoratori le cui pensioni erano liquidate, esclusivamente, con il sistema di calcolo contributivo; -agli effetti del diritto alla totalizzazione, anche per il legislatore del 2000 i periodi di contribuzione, da cumulare, non devono essere coincidenti, il lavoratore non deve aver maturato il diritto a pensione nel regime generale, nei regimi speciali sostitutivi, esclusivi o esonerativi di quello generale, ed anche nei regimi ‘privatizzati’ di cui al D.Lgs. n. 509 del 1994 e n. 103 del 1996, nei quali egli sia, o sia stato, iscritto (ulteriore fattispecie di totalizzazione non prevista per il conseguimento della pensione di anzianità, ma soltanto per il conseguimento delle pensioni di vecchiaia, di inabilità ed ai superstiti); -Corte Cost. n. 198 del 2002 ha chiarito che, nel nostro ordinamento, la totalizzazione dei periodi di contribuzione non costituisce un istituto di carattere generale; il precedente esaminato dalla sentenza n. 61 del 1999 della stessa Corte era delimitato al c aso specifico ‘del lavoratore che non abbia maturato il diritto ad un trattamento pensionistico in alcuna delle gestioni alle quali è stato iscritto’; per funzione e finalità, la totalizzazione era volta a consentire al lavoratore di cumulare, anche ai fini della misura della pensione, contributi versati, in ragione di percorsi lavoratori intrapresi, a diverse istituzioni previdenziali in corrispondenza con la crescente flessibilità dei rapporti di lavoro ‘ (cfr. Cass n. 2225 del 2019).
La facoltà di far ricorso alla totalizzazione prevista dall’art. 71 della L. n. 388 del 2000 era concessa solo ed esclusivamente con riferimento alla pensione di vecchiaia o ai trattamenti per inabilità, mentre restava esclusa la pensione di anzianità, prestazione invece attribuita al , come si evince dalla nota inviatagli dall’ il 17.3.2003 e avente ad oggetto ‘ Liquidazione di PENSIONE DI ANZIANITA’ n. NUMERO_DOCUMENTO cat. VO ‘, allegata al fascicolo di primo grado di parte appellante.
Infatti, l’ con nota del 24.1.2020, ha comunicato all’AVV_NOTAIO la revoca del trattamento pensionistico con la seguente motivazione ‘ alla data di presentazione della domanda amministrativa (03 marzo 2003) non poteva aver diritto alla pensione di anzianità nel FPLD perché non raggiungeva il requisito minimo dei 37 anni di contribuzione e non poteva aver diritto alla pensione di anzianità in totalizzazione ex art. 71 l. 388/2000 perché tale RAGIONE_SOCIALElogia di prestazione non è prevista dalla legge richiamata come emerso dalla verifica compiuta dall’ e definita con relazione del 12.12.2019 ‘ (cfr. nota Direzione di Gioia del Colle del 24.1.2020 allegata al fascicolo di primo grado di parte appellante).
Peraltro, l’art. 8 del decreto ministeriale n. 57 del 2003, per i casi di totalizzazione, poneva il pagamento degli importi liquidati dalle singole gestioni a carico della gestione cui era imputata la quota maggiore, pertanto, ciascuna gestione doveva anticipare la propria quota alla gestione erogatrice,
anteriormente alla data di pagamento.
Il RAGIONE_SOCIALE dellRAGIONE_SOCIALE , infatti, con Delibera n. 2022172 del 01.12.2020 ha rigettato il ricorso amministrativo presentato dal professionista appellante sulla base delle seguenti argomentazioni: ‘ ai sensi dell’art. 71 L. 388/2000 la domanda doveva essere presentata ed istruita dall’ente previdenziale, presso cui risultava l’ultima contribuzione e cioè, nel caso in esame, la È risultata assente qualsiasi comunicazione della predetta cassa che definisse, sia la contribuzione utile al diritto, che il pro-rata pensionistico maturato alla decorrenza della pensione. L’ non avrebbe potuto essere l’Ente istruttore della domanda di pensione, il cui provvedimento di concessione sarebbe invece dovuto spettare esclusivamente alla RAGIONE_SOCIALE. Il citato art. 71 della L. n. 388/2000 prevedeva il diritto alla totalizzazione esclusivamente per le prestazioni di vecchiaia, di inabilità ed ai superstiti e non anche per le pensioni di anzianità.
Alla data della liquidazione della pensione (1^ aprile 2003) oggi revocata, non esistevano disposizioni applicative per la liquidazione dei trattamenti ex art. 71 della L. n. 38 8/2000 (la prima circolare che disciplina l’applicazione della normativa è la n. 23 del 06/02/2004). La domanda originaria di pensione avrebbe dovuto considerarsi irricevibile e il provvedimento di accoglimento della stessa deve quindi ritenersi nullo’ .
Il , quindi, oltre a non essere pensionato di vecchiaia nella gestione previdenziale della unica condizione che gli avrebbe consentito il pagamento in misura ridotta dei contributi, non era, negli anni in contestazione (2012, 2013, 2015 e 2018), neppure pensionato di anzianità in totalizzazione, ex art. 71 della L. n. 388/2000, per intervenuta revoca, con efficacia ex tunc , del trattamento pensionistico erogato, sia perché tale regime era escluso per la pensione di anzianità, sia perché la non ha mai ricevuto la domanda, istruito la relativa pratica e provveduto al pagamento della relativa quota.
L’unica domanda di pensione di vecchiaia inoltrata alla è quella presentata solo in data 30 settembre 2020 (cfr. domanda di pensione di vecchiaia/anzianità in totalizzazione ai sensi del D.Lgs. n. 42/2006).
Pertanto, l’appellante è tenuto al pagamento in misura intera dei contributi dovuti alla contenuti nella cartella e nel ruolo impugnati.
4.4. Al rigetto della domanda relativa al pagamento in misura ridotta dei contributi consegue l’assorbimento delle domande contenute nelle conclusioni del ricorso introduttivo del giudizio sub n. 2 e 3 ‘ 2) accertato e dichiarato lo status di pensionato del ricorrente, valido ed efficace ai fini del versamento contributivo ridotto a favore della , determini quanto eventualmente dovuto dallo stesso a titolo di contributi, tenendo conto di quanto versato dal ricorrente in eccedenza, dalla data di pensionamento, 01.04.2003 , in poi, o relativamente ad altra data che sarà ritenuta di giustizia, dando altresì atto che in tale periodo non è stato corrisposto al medesimo ricorrente alcun importo a titolo di supplemento di pensione; 3) accerti e dichiari se quanto eventualmente dovuto all’esito dell’attività sub 2)
del presente ricorso dovrà essere corrisposto a RAGIONE_SOCIALE o ad , nonché del motivo di ricorso sub n. 8) in ordine alla violazione o falsa applicazione degli artt. 2, comma 4, e 6, comma 8, dei regolamenti dei contributi vigenti fino al 31.12.2012, nonché del regolamento successivo, che prevedono una particolare disciplina per gli avvocati titolari di pensione di vecchiaia.
Quanto alla domanda sub 4 del ricorso, ossia ‘ in via del tutto gradata, non venga irrogata alcuna sanzione e/o applicata qualunque forma di interessi, data la particolare rilevanza della questione nonché in considerazione del fatto che la predetta RAGIONE_SOCIALE non ha mai inteso fornire riscontro alle richieste del 1.10.2007, del 29.8.2011 e alle osservazioni dell’8.2.2016 formulate dall’esponente, ed allegate al presente ricorso ‘, anch’essa va rigettata, sia perché assorbita dalle precedenti argomentazioni, sia perché dalla documentazione allegata dalle parti risulta che, contrariamente a quanto sostenuto dal (secondo cui la non avrebbe riscontrato i suoi numerosi atti), ha motivatamente disatteso le richieste del professionista, relative agli anni in contestazione, con note del 7.1.2016 e del 26.7.2016. Pertanto, sono dovute anche le somme richieste a titolo di sanzioni e interessi.
—-
Concludendo, l ‘ appello spiegato dal va rigettato e la sentenza impugnata integralmente confermata.
Resta assorbita ogni altra questione.
Le spese del presente grado seguono la soccombenza e vanno poste a carico dell’appellante .
La liquidazione è affidata al dispositivo che segue. Essa è effettuata sulla scorta dei parametri di cui alle tabelle allegate al d.m. n. 55 del 2014 e successive modifiche (sostituite, da ultimo, con d.m. n. 147 del 2022), tenuto conto del valore della ca usa, della sua complessità e dell’attività processuale in concreto espletata.
Va dichiarato non luogo a provvedere sulle spese nei confronti dell’
, rimasta contumace in giudizio.
Deve, infine, darsi atto della sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 13, comma 1quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012.
Spetta, peraltro, all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo per l’inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (v. Cass. sez. un. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La Corte di Appello di Bari, sezione lavoro, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da , con ricorso depositato in data 24.07.2024, avverso la sentenza n. 303/2024 emessa in data 25.01.2024 dal Tribunale del RAGIONE_SOCIALE di Bari, nei confronti della
, così provvede: rigetta l’appello; conferma l’impugnata sentenza; condanna al pagamento, in favore della delle spese del presente giudizio di appello, che liquida in € 1.500,00, oltre rimborso forfetario per spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e c.p.a. come per legge; dichiara non dovute le spese nei confronti dell’ dichiara la sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 13, comma 1quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, in materia di versamento dell’ulteriore importo del contributo unificato nella misura ivi specificata, se dovuto.
Così deciso in Bari, il 18 novembre 2025
Il Presidente Dott. ssa NOME COGNOME
Il Consigliere Estensore
Dott. ssa NOME COGNOME