Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. L Num. 5798 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 5798 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/03/2025
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 19328-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
ricorrente –
contro
COGNOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
contro
ricorrente –
nonché contro
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE (già RAGIONE_SOCIALE);
– intimata –
avverso la sentenza n. 1004/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 08/01/2019 R.G.N. 724/2016;
Oggetto
Previdenza avvocati con funzioni di g.o.t.
R.G.N. 19328/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 14/01/2025
PU
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/01/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME udito il P .M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito l’avvocato NOME COGNOME udito l’avvocato NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Bologna confermava la pronuncia di primo grado che aveva accolto l’opposizione proposta dall’avv. COGNOME Giuseppe avverso una cartella di pagamento emessa dalla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense e notificata dal concessionario Equitalia Centro s.p.aRAGIONE_SOCIALE ora Agenzia delle EntrateRiscossione (AdER), avente ad oggetto il pagamento dei contributi dovuti per il periodo 2007-2010 in relazione all’attività di giudice onorario di tribunale (G.O.T.).
Riteneva la Corte che non potesse applicarsi per analogia la l. n.276/97 (art.8) relativa ai giudici onorari aggregati (G.O.A.) i quali esercitino la professione di avvocato, e iscritti alla Cassa forense. Andava invece richiamata la pronuncia delle sezioni unite di questa Corte (n.13721/17) che aveva escluso la contribuzione alla Cassa forense da parte dell’avvocato esercente la funzione di Giudice di pace.
Avverso la sentenza, la Cassa ricorre per un motivo illustrato da memoria.
COGNOME NOME resiste con controricorso illustrato da memoria.
AdER è rimasta intimata.
L’ufficio della Procura Generale ha depositato nota scritta concludendo per il rigetto del ricorso.
In sede di camera di consiglio il collegio riservava termine di 90 giorni per il deposito del provvedimento.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso, la Cassa deduce falsa applicazione degli artt.50, lett. f) d.P.R. n.917/86 in combinato disposto con l’art.10 l. n.576/80. Viene riproposto l’argomento in base al quale dovrebbe applicarsi ai G.O.T. la disciplina previdenziale prevista per i G.O.A. dalla l. n.276/97.
Il collegio osserva innanzitutto che, per il periodo in esame, 2007-2010, mancava una previsione normativa puntuale che disciplinasse il regime previdenziale della magistratura onoraria, e in particolare dei G.O.T. iscritti all’albo degli avvocati.
La disposizione istitutiva dei G.O.T. (art.35, co.1 d.lgs. n.51/98) si limitò a stabilire che costoro (insieme ai vice procuratori onorari) prendessero il posto dei vice pretori e dei vice procuratori.
In precedenza, ovvero nel 1997, la legge n.276 aveva invece disciplinato il regime previdenziale per una particolare categoria di giudici onorari, ovvero i giudici onorari aggregati, stabilendo (art.8) che l’attività dei G.O.A. svolta dagli avvocati iscritti all’albo fosse attività professionale ex l. n.576/80 e che sull’indennità percepita in relazione ad essa sussistesse obbligo di versamento alla Cassa di categoria.
Nel 2012, l’art.21, co.8 l. n.247/12 ha imposto l’iscrizione alla Cassa forense di tutti gli avvocati iscritti
all’albo. Dal 2012 gli avvocati che esercitino le funzioni di G.O.T. devono dunque essere iscritti alla Cassa, e l’indennità percepita nell’esercizio di tale funzione viene considerata quale reddito professionale su cui calcolare i contributi.
Infine, nel 2017, l’art.25, co.3 e 4 d.lgs. n.116/17 ha stabilito che i giudici di pace e i vice procuratori onorari siano iscritti alla Gestione Separata costituita presso l’Inps, salvo che per gli iscritti all’albo degli avvocati, rispetto ai quali continua a vigere la copertura assicurativa presso la Cassa forense ai sensi dell’art.21 l. n.247/12.
Tanto premesso sul quadro normativo, occorre soffermarsi sull’assunto della Cassa, secondo cui, in caso di rigetto del ricorso, si avrebbe un vuoto di copertura previdenziale.
In effetti, agli avvocati iscritti all’albo che abbiano svolto le funzioni di G.O.T prima dell’entrata in vigore della l. n.247/12, non si potrebbe applicare retroattivamente tale regime; né la copertura assicurativa presso la Cassa previdenziale di categoria potrebbe derivare dalla l. n.276/97 ove si dovesse condividere l’assunto, fatto proprio dalla sentenza impugnata, di una sua inapplicabilità in via analogica.
Infine, neppure potrebbe affermarsi una loro tutela previdenziale mediante iscrizione alla Gestione separata. Invero, ai sensi dell’art.2, co.26 l. n.335/95, devono essere iscritti alla Gestione separata innanzitutto i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all’art.49, co.2, lett. a) d.P.R. n.917/86 – oggi art.50, co.1, lett. c-bis) – mentre i redditi percepiti dai giudici
onorari sono stati ricondotti dalla giurisprudenza di questa Corte alla lettera f) del medesimo art.50, relativo a ‘le indennità, i gettoni di presenza e gli altri compensi corrisposti dallo Stato, dalle regioni, dalle province e dai comuni per l’esercizio di pubbliche funzioni’ (Cass.15237/04 relativamente ai vice procuratori onorari; Cass.10235/05 e Cass. S.U. 13721/17 relativamente ai giudici di pace). In secondo luogo, devono essere iscritti alla Gestione separata, sempre ai sensi dell’art.2, co.26 l. n.335/95, i soggetti che esercitano in forma abituale, anche se non esclusiva, attività di lavoro autonomo ai sensi dell’art.49 d.P.R. n.917/86 – oggi art.53 d.P.R. n.917/86 -. Le sezioni unite di questa Corte, nella citata sentenza n.13721/17, hanno però escluso che l’indennità percepita dai giudici di pace iscritti all’albo professionale degli avvocati vada configurata quale reddito da lavoro autonomo.
L’esito cui si arriverebbe sarebbe dunque di assenza di qualsiasi tutela previdenziale in capo ai G.O.T. iscritti all’albo degli avvocati prima dell’entrata in vigore della l. n.247/12.
Un tale esito non può non confrontarsi con una riflessione di fondo circa il principio di universalizzazione della copertura previdenziale che questa Corte ha affermato con particolare riguardo all’iscrizione alla Gestione separata per gli avvocati, i quali, nel regime anteriore alla l. n.247/12, potevano non essere iscritti alla Cassa di categoria (tra le tantissime, v. ad es. Cass. 3216/18, Cass.5826/21, Cass.24047/22), o per gli ingegneri che, svolgendo altra attività oltre quella professionale, non possono essere iscritti ad Inarcassa (tra le tante, v. Cass.20288/22) o, ancora, per i commercialisti
(Cass.32508/18); principio di universalizzazione poi condiviso dalla Corte Costituzionale (sent. nn.104/22 e 55/24).
Gli stessi interventi legislativi posteriori, della l. n.247/12 e del d.lgs. n.116/17, sono andati nella direzione di affermare la copertura assicurativa (presso la Cassa o presso la Gestione separata) della magistratura onoraria, così come aveva già fatto la l. n.276/97 riguardo ai G.O.A.
In questo quadro di riferimento deve essere considerata la citata pronuncia resa a sezioni unite n.13721/17.
Essa ha riguardato il caso di un giudice di pace iscritto all’albo degli avvocati. La Corte ha innanzitutto negato che alla figura del giudice di pace fosse riferibile l’inciso contenuto nell’art.50, co.1, lett. f) d.P.R. n.916/87 ‘semprechè le prestazioni non siano rese da soggetti che esercitano un’arte o professione’, siccome collocato nel testo della norma prima della menzione dei giudici di pace, menzione priva di una relazione sintattica diretta con la proposizione incidentale, subordinata alla sola parte iniziale della lettera f).
Ebbene, merita domandarsi se tale argomento debba essere riconsiderato riguardo alla figura dei G.O.T. Questi non sono espressamente menzionati dalla lettera f), e potrebbero dirsi ricompresi nella parte generale della disposizione, ovvero quella iniziale, precedente l’inciso suindicato, e relativa a ‘le indennità, i gettoni di presenza e gli altri compensi corrisposti dallo Stato, dalle regioni, dalle province e dai comuni per l’esercizio di pubbliche funzioni’.
La stessa sentenza n.13721/17 sviluppa poi un secondo argomento, in base al quale il reddito percepito dall’avvocato per le funzioni svolte quale giudice di pace non può dirsi di lavoro autonomo, trattandosi di una indennità correlata all’esercizio di pubblica funzione anziché di un corrispettivo avente carattere sinallagmatico come quello proprio dell’attività professionale.
Sul punto merita interrogarsi sul fatto che già la l. n.276/97, relativamente ai G.O.A., aveva considerato reddito da attività professionale di avvocato ex l. n.576/80 l’indennità percepita per le funzioni di giudice onorario. Nello stesso senso è andato il legislatore in seguito, con l’art.21 l. n.247/12: nel momento in cui ha imposto l’iscrizione alla cassa per tutti gli avvocati iscritti all’albo, e quindi anche per coloro che esercitino attività di G.O.T., ha considerato reddito da attività professionale l’indennità percepita per le funzioni di G.O.T. Più in generale, occorre riflettere se non sia lo stesso art.50, co.1, lett. f) d.P.R. n.917/86 ad ammettere che qualsiasi indennità percepita dallo Stato per ‘l’esercizio di pubbliche funzioni’ configuri non più un reddito assimilato a quello di lavoro dipendente, bensì un reddito da lavoro autonomo quando le pubbliche funzioni siano svolte ‘da soggetti che esercitano un’arte o professione di cui all’articolo 49, comma 1’ (ora art.53).
Una riconduzione dell’indennità percepita alla natura di reddito da lavoro autonomo porterebbe alla copertura assicurativa dei G.O.T. iscritti all’albo: o presso la Cassa, oppure presso la Gestione separata le volte in cui, in base alle disposizioni regolamentari della Cassa tale reddito fosse insufficiente a far sorgere l’obbligo di contribuzione
soggettiva rimanendo solo quella integrativa – ciò che non sarebbe nel caso di specie in base alla narrativa della sentenza impugnata -alla luce del già citato orientamento di questa Corte sorto riguardo agli avvocati tenuti al versamento del solo contributo integrativo e non obbligati, per limiti di reddito, all’iscrizione alla Cassa.
Vista la rilevanza e problematicità sistematica anche in punto di analogia iuris , la questione giuridica sottesa al ricorso richiede ad avviso del collegio una disamina da parte delle sezioni unite.
P.Q.M.
La Corte rimette gli atti alla Prima Presidente per l’eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della