Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 4302 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 4302 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso 2693-2020 proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME
– controricorrenti –
Oggetto
R.G.N. 2693/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 13/11/2024
CC
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata – avverso la sentenza n. 686/2019 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 01/07/2019 R.G.N. 1287/2015; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
13/11/2024 dal Consigliere Dott. COGNOME
RITENUTO CHE
La Corte d’Appello di Lecce, in riforma della decisione di primo grado, rigettava il ricorso dell’odierna ricorrente avverso un avviso di addebito Inps per contributi omessi in relazione ad operai agricoli a tempo determinato;
per quanto qui rileva, la Corte territoriale ha osservato che l’azienda agricola aveva corrisposto contributi parametrati ad una retribuzione oraria inferiore a quella dovuta, una volta esaurito ogni termine per il cd. “riallineamento”, e comunque per aver calcolato l’ammontare retributivo giornaliero rapportato a sei ore e non a sei ore e 50 come invece previsto dalla contrattazione di settore;
avverso la decisione, ha proposto ricorso per cassazione la parte in epigrafe indicata, con due motivi, successivamente illustrati con memoria;
l’INPS ha resistito, con controricorso; è rimasta intimata l’Equitalia Sud Spa;
il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale;
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo, deducendo la violazione di numerosissime disposizioni di legge e di contratti collettivi (art. 39 Cost., art. 1D.L. nr. 2 del 2006; art. 20 D.Lgs. nr. 375 del 1993; art. 1 della legge nr. 389 del 1989; art. 5,
comma 4, D.L. nr. 510 del 1996; art. 28 CCNL 10 luglio 2002; art. 28 CCNL 6 luglio 2006; art. 19 C.P.L. della Provincia di Brindisi del 20 settembre 2004) nonché della Delibera CIPE nr. 42 del 2000, la ricorrente imputa alla sentenza impugnata di averle erroneamente negato il diritto alle agevolazioni contributive previste per le Aziende ubicate in zone svantaggiate;
il motivo va disatteso in continuità con altri precedenti di questa Corte (per tutti, Cass. n.28681/2024);
le censure, – carenti di specificità quanto al richiamo degli accordi collettivi – sono comunque infondate perché, nella sostanza, pretendono di accreditare la tesi della legittimità dell’Accordo territoriale di riallineamento del 2004, la cui invalidità è, invece, posta a base dell’accertamento di inadempimento retributivo e, di conseguenza, dell’inadempimento contributivo, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1 del D.L. nr. 338 del 1989, convertito nella legge nr 389 del 989;
a tale riguardo, va osservato che il giudizio della Corte di appello di illegittimità dell’accordo di riallineamento del 2004 è conforme agli indirizzi di questa Corte che, in diverse pronunce (Cass., nr. 3798 del 2019, punto 6 delle “Ragioni della decisione”; negli stessi termini, Cass. nr. 6868 del 2019, punto 22 delle “Ragioni della decisione”; Cass. nr. 24635 del 2023, punti 3.1. e ss. delle “Ragioni della decisione”. In ultimo, Cass. nr. 11343 del 2024, punto 10), ha giudicato l’accordo invalido perché sottoscritto tre anni dopo il termine ultimo di efficacia dell’istituto del riallineamento invocato ai fini dei pretesi sgravi contributivi;
per grosse linee, in questa sede è sufficiente ricordare che l’art. 5 del DL nr. 510 del 1996 (decreto convertito con modificazioni in legge nr. 608 del 1996) introduceva una disciplina volta ad estendere i vantaggi derivanti dalla corretta applicazione dei CC.CC.NN.LL., a quei soggetti che, invece, non ne avevano fatto applicazione. Con i cd. “contratti di riallineamento retributivo” si è, cioè, consentito ai datori di lavoro di uscire da una situazione di illegalità, in modo graduale, ed accedere ai benefici previsti dall’ordinamento, purché si rispettassero determinate tempistiche; nella fattispecie, l’accordo invocato è stato, invece, tardivamente stipulato;
con il secondo motivo, argomentato sempre in termini di violazione di norme di legge e dei contratti collettivi (artt. 10,14, 27, 30, 40 e 45 CCNL per gli operai agricoli e florovivaisti del 6 luglio 2006; art. 3 e 16 D.Lgs. nr. 66 del 2003; direttive comunitarie nr. 93/104/CE e 2000/34/CE, Decreto Interministeriale 28 dicembre 1995; art. 5, comma 4, D.L. nr. 510 del 1996; art. 115 cod. proc. civ.), è censurata la decisione della Corte di appello per avere erroneamente calcolato gli oneri contributivi sulla base di un orario giornaliero diverso e maggiore rispetto a quello effettivamente osservato, senza tener conto della peculiarità del settore agricolo, in modo specifico con riferimento ai rapporti di lavoro a tempo determinato;
il secondo motivo è invece fondato nei termini che seguono in continuità con altri precedenti di questa Corte (per tutti, Cass. n.28681/2024);
la sentenza impugnata nel ritenere che la contribuzione vada fissata in relazione all’orario di lavoro settimanale stabilito dalla contrattazione collettiva provinciale, a
prescindere dalle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, non ha fatto corretta applicazione del principio di questa Corte in base al quale “In tema di imponibile contributivo, i contributi dovuti dal datore di lavoro agricolo sui corrispettivi corrisposti agli operai agricoli a tempo determinato vanno calcolati, ai sensi del combinato disposto del D.L. n. 338 del 1989, art. 1, comma 1, conv. dalla L. n. 389 del 1989, e dell’art. 40 del c.c.n.l. per gli operai agricoli e florovivaisti del 6.7.2006, esclusivamente sulla base delle ore effettivamente lavorate, salvo risulti in concreto che, in occasione di interruzioni dovute a causa di forza maggiore, il datore di lavoro abbia disposto la permanenza dell’operaio in azienda a sua disposizione” (Cass. nr. 13185 del 2022, Cass. nr. 14062 del 2022; Cass. nr. 30052 del 2022);
pertanto, va accolto il secondo motivo, per quanto di ragione, rigettato il primo;
la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e rinviata alla Corte di appello di Lecce, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di appello di Lecce, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 13 novembre 2024
Il Presidente NOME COGNOME