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Contratto part-time: l’orario va indicato subito

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 11333/2024, ha stabilito che un contratto part-time è illegittimo se non contiene una puntuale indicazione della collocazione temporale dell’orario di lavoro. Nel caso esaminato, un’azienda aveva indicato solo il monte ore annuo e il numero di turni e mesi lavorativi, senza specificare la distribuzione. La Corte ha confermato l’illegittimità del contratto, rigettando il ricorso dell’azienda, e ha accolto quello del lavoratore, affermando che il giudice ha il potere-dovere di determinare le modalità temporali della prestazione qualora il contratto sia omissivo, a tutela della certezza e della capacità del dipendente di organizzare la propria vita.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Contratto Part-Time: L’Orario Deve Essere Chiaro Fin dall’Inizio

Un contratto part-time deve garantire al lavoratore la certezza della propria organizzazione di vita e lavoro. Con la recente ordinanza n. 11333/2024, la Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: l’indicazione precisa dell’orario di lavoro non è un dettaglio facoltativo, ma un requisito essenziale del contratto. La sua mancanza non solo rende illegittima la pattuizione, ma conferisce al giudice il potere di intervenire per definire la collocazione della prestazione.

I Fatti di Causa: Un Contratto Part-Time Senza Orari Definiti

Il caso riguarda un lavoratore assunto con un contratto part-time di tipo verticale. Il contratto si limitava a specificare dati aggregati: un totale di 1008 ore annuali, 8 ore giornaliere, 18 turni mensili per un totale di 7 mesi all’anno. Mancava, tuttavia, qualsiasi indicazione sulla distribuzione di questi turni e mesi nell’arco dell’anno, demandando tale specificazione a una successiva comunicazione annuale da parte dell’azienda.

Il lavoratore ha impugnato il contratto, sostenendone l’illegittimità per la mancata indicazione della collocazione temporale della prestazione. La Corte d’Appello gli ha dato ragione, condannando l’azienda a un risarcimento del danno. Tuttavia, i giudici di secondo grado avevano respinto la richiesta del lavoratore di far determinare al tribunale l’esatto orario di lavoro, ritenendola una materia di esclusiva competenza dell’autonomia negoziale delle parti.
Contro questa decisione sono stati presentati due ricorsi in Cassazione: uno principale da parte dell’azienda e uno incidentale da parte del lavoratore.

L’Analisi della Corte di Cassazione e la chiarezza sul contratto part-time

La Suprema Corte ha esaminato entrambi i ricorsi, giungendo a una decisione che rafforza significativamente la tutela dei lavoratori part-time.

La Violazione della Normativa sul Contratto Part-Time

La Corte ha rigettato il ricorso dell’azienda, la quale sosteneva che la normativa (in particolare il D.Lgs. 61/2000, applicabile all’epoca della stipula) e il contratto collettivo di riferimento consentissero una programmazione flessibile dei turni. Secondo i giudici, la legge richiede una “puntuale indicazione” della durata e della collocazione temporale dell’orario (con riferimento a giorno, settimana, mese e anno) all’interno del contratto scritto.

Questa esigenza di certezza non può essere superata da una successiva comunicazione unilaterale del datore di lavoro. La ratio della norma è proprio quella di permettere al lavoratore di programmare il proprio tempo libero e, eventualmente, di cercare e svolgere altre attività lavorative. Lasciare l’azienda libera di decidere l’orario anno per anno equivarrebbe a concederle un illegittimo ius variandi non concordato e contrario alla natura protettiva della disciplina del part-time.

Il Potere-Dovere del Giudice di Determinare l’Orario

Accogliendo il ricorso del lavoratore, la Cassazione ha censurato la decisione della Corte d’Appello di non voler determinare l’orario di lavoro. La normativa di riferimento (prima l’art. 8 del D.Lgs. 61/2000 e oggi l’art. 10 del D.Lgs. 81/2015) prevede esplicitamente che, in caso di omissione della collocazione temporale dell’orario, il giudice, su domanda del lavoratore, determina le modalità di svolgimento della prestazione.

Questo intervento del giudice non è una violazione dell’autonomia delle parti, ma un rimedio surrogatorio previsto dalla legge proprio per sanare la patologia del contratto e ripristinare la certezza venuta a mancare. Nel farlo, il giudice deve tenere conto delle responsabilità familiari del lavoratore, della sua necessità di integrare il reddito e delle esigenze produttive del datore di lavoro.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte si fondano sulla necessità di interpretare la normativa in modo coerente con la sua finalità protettiva. La possibilità, prevista anche dalle norme più recenti, di organizzare il lavoro part-time per turni non elimina l’obbligo di indicare tali turni programmati nel contratto. Un rinvio generico a una futura comunicazione svuota di significato la tutela voluta dal legislatore. Anche il richiamo al Contratto Collettivo Nazionale non è stato ritenuto sufficiente. Sebbene il CCNL prevedesse la possibilità di lavoro a turni anche per il personale part-time, non autorizzava affatto a omettere l’indicazione di tali turni nel contratto individuale. La Corte sottolinea che le norme che consentono una comunicazione successiva dei turni (come la dichiarazione a verbale all’art. 9 del CCNL) si riferiscono ai lavoratori a tempo pieno, per i quali non sussiste la stessa esigenza di certezza per organizzare il tempo non lavorativo.

Conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione invia un messaggio chiaro ai datori di lavoro: il contratto part-time richiede precisione e trasparenza fin dalla sua stipulazione. Non è possibile lasciare il lavoratore nell’incertezza sulla distribuzione del suo orario di lavoro, demandandola a decisioni unilaterali future. In caso di contratto vago, il lavoratore ha diritto non solo a un risarcimento del danno, ma anche a chiedere al giudice di stabilire una collocazione certa e prevedibile della sua prestazione lavorativa, bilanciando le esigenze di entrambe le parti come previsto dalla legge.

Un contratto part-time è valido se indica solo il monte ore totale ma non la specifica distribuzione giornaliera, settimanale e mensile?
No, secondo la Corte di Cassazione un contratto di questo tipo è illegittimo. La legge richiede una ‘puntuale indicazione’ della collocazione temporale dell’orario di lavoro (giorno, settimana, mese, anno) direttamente nel contratto scritto per garantire certezza al lavoratore.

Se un contratto part-time non specifica l’orario di lavoro, cosa può fare il lavoratore?
Il lavoratore può rivolgersi al giudice per far accertare l’illegittimità del contratto e chiedere un risarcimento del danno. Inoltre, può chiedere al giudice stesso di determinare le modalità temporali di svolgimento della prestazione lavorativa, tenendo conto delle esigenze di entrambe le parti.

Il datore di lavoro può richiamare il contratto collettivo (CCNL) per giustificare la mancata indicazione dell’orario nel contratto individuale part-time?
No. La Corte ha chiarito che, sebbene il CCNL possa disciplinare il lavoro a turni, non può derogare all’obbligo di legge di specificare la collocazione dell’orario nel contratto individuale. L’esigenza di certezza per il lavoratore part-time è un principio fondamentale che non può essere eluso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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