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Contratto part-time: l’orario deve essere preciso

La Corte di Cassazione ha confermato l’illegittimità delle clausole di un contratto part-time che non specificavano in modo puntuale la collocazione temporale della prestazione lavorativa. In un caso riguardante un esattore di pedaggio, la Corte ha stabilito che la mera indicazione del monte ore mensile e della fascia oraria giornaliera non è sufficiente. Il contratto part-time deve definire con precisione giorni, settimane e mesi di lavoro per permettere al dipendente di organizzare la propria vita e altre eventuali attività lavorative, escludendo la possibilità per il datore di lavoro di decidere unilateralmente la programmazione dei turni. La decisione si fonda sulla normativa vigente al momento della stipula del contratto (D.Lgs. 61/2000).

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Contratto Part-Time: la Cassazione ribadisce la necessità di un orario predeterminato

Con l’ordinanza n. 13475/2024, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto del lavoro: la corretta stesura del contratto part-time. La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale a tutela del lavoratore: l’orario di lavoro non può essere lasciato alla discrezione dell’azienda ma deve essere indicato in modo puntuale e predeterminato nel contratto. Questa decisione sottolinea l’importanza della prevedibilità della prestazione lavorativa, essenziale per consentire al dipendente di conciliare vita privata e professionale, inclusa la possibilità di svolgere un secondo lavoro.

I Fatti del Caso

Il caso analizzato riguarda un lavoratore assunto con un contratto part-time verticale con mansioni di esattore di pedaggio autostradale. Il contratto iniziale e una successiva integrazione specificavano il numero di ore mensili e la fascia oraria del turno diurno, ma omettevano di indicare con precisione i giorni, le settimane e i mesi in cui la prestazione doveva essere svolta. Di fatto, la programmazione dei turni veniva comunicata mensilmente dall’azienda, lasciando il lavoratore in uno stato di incertezza sulla distribuzione del proprio orario di lavoro.

Ritenendo illegittima tale prassi, il lavoratore si è rivolto al Tribunale, che ha accolto la sua domanda, dichiarando nulle le clausole contrattuali relative alla collocazione dell’orario e condannando la società a un risarcimento del danno. La decisione è stata confermata anche dalla Corte d’Appello.

Le Argomentazioni della Società e la Decisione della Cassazione

La società datrice di lavoro ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo principalmente due tesi:
1. L’applicabilità della normativa più recente (D.Lgs. 81/2015), più flessibile, anche ai contratti stipulati in precedenza.
2. La legittimità della prassi in base alle previsioni del contratto collettivo nazionale di settore (CCNL).

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, confermando le sentenze dei gradi precedenti e chiarendo in modo definitivo i principi applicabili.

Le Motivazioni della Sentenza sul Contratto Part-time

La Suprema Corte ha basato la sua decisione su argomentazioni solide e coerenti con il suo orientamento consolidato. Anzitutto, ha chiarito che la validità di una clausola contrattuale deve essere valutata sulla base della legge in vigore al momento della firma del contratto (principio tempus regit actum). Nel caso specifico, essendo il contratto del 2011, si applica il D.Lgs. 61/2000 e non il successivo D.Lgs. 81/2015.

Il D.Lgs. 61/2000, all’art. 2, comma 2, impone una “puntuale indicazione” della collocazione temporale dell’orario “con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno”. Questo requisito non è un mero formalismo, ma una garanzia sostanziale. Esso tutela la duplice finalità del contratto part-time: permettere al lavoratore di programmare altre attività lavorative per raggiungere una retribuzione dignitosa e di conciliare il lavoro con la propria vita personale.

La Corte ha specificato che lasciare la determinazione dei turni al datore di lavoro equivale a concedergli un illegittimo jus variandi, ovvero il potere di modificare unilateralmente un elemento essenziale del contratto. Questo è contrario alla natura stessa del lavoro a tempo parziale. Anche l’analisi del CCNL di settore non ha aiutato la tesi aziendale: sebbene il contratto collettivo preveda la possibilità di lavoro a turni per il personale part-time, richiede comunque che la lettera di assunzione contenga l’indicazione degli schemi di turno o della collocazione dell’orario. Il contratto del lavoratore, definito come “part time 80 schema libero”, non rientrava in nessuno degli schemi predeterminati dal CCNL.

Le Conclusioni

L’ordinanza ribadisce con forza che la prevedibilità è un elemento essenziale del contratto part-time. I datori di lavoro devono assicurarsi che i contratti a tempo parziale definiscano in modo chiaro e inequivocabile non solo il monte ore, ma anche la sua distribuzione nell’arco del giorno, della settimana, del mese e dell’anno. Qualsiasi clausola che rimetta la programmazione dei turni alla decisione unilaterale e successiva dell’azienda è da considerarsi illegittima, con conseguente diritto del lavoratore a ottenere un risarcimento del danno per il disagio subito. Questa pronuncia rappresenta un importante monito per le aziende e una fondamentale riaffermazione dei diritti dei lavoratori a tempo parziale.

È valido un contratto part-time che non specifica i giorni e le settimane di lavoro, ma solo l’orario giornaliero e il monte ore mensile?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il contratto part-time, per essere valido, deve contenere una puntuale indicazione della collocazione temporale della prestazione con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno. Ciò è necessario per tutelare il diritto del lavoratore di programmare la propria vita e altre attività.

Quale legge si applica a un contratto part-time stipulato prima del 2015: il D.Lgs. 61/2000 o il più recente D.Lgs. 81/2015?
Si applica la legge in vigore al momento della stipulazione del contratto. La Corte ha chiarito che, in base al principio tempus regit actum, per un contratto stipulato nel 2011 la disciplina di riferimento è il D.Lgs. 61/2000, anche se la controversia viene decisa dopo l’entrata in vigore della nuova normativa.

Il datore di lavoro può decidere unilateralmente i turni di un lavoratore part-time se il contratto lo prevede in modo generico?
No. La Corte ha escluso il potere del datore di lavoro (jus variandi) di decidere in modo unilaterale e arbitrario i turni di lavoro. La programmazione della prestazione deve essere predeterminata nel contratto o, quantomeno, predeterminabile sulla base di criteri oggettivi e conosciuti ex ante dal lavoratore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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