Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 13475 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 13475 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 28556-2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMAINDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
NOME, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 403/2020 della CORTE D’APPELLO di RAGIONE_SOCIALE, depositata il 29/04/2020 R.G.N. 1224/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/02/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME.
R.G.N. 28556/2020
COGNOME.
Rep.
Ud. 28/02/2024
CC
Rilevato che:
1. La Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE ha respinto l’appello della società RAGIONE_SOCIALE, confermando la sentenza di primo grado che, accogliendo la domanda di NOME COGNOME, dipendente con mansioni di esattore pedaggi e contratto part time (di 80 ore mensili, divenute 96 dall’1.7.2015), aveva dichiarato illegittime le clausole contrattuali sulla collocazione oraria della prestazione lavorativa, ai sensi dell’art. 8, comma 2, del d.lgs. n. 61 del 2000, aveva determinato le modalità temporali nella turnazione dalle 8.30 alle 12,30 e dalle 13.30 alle 17.30 nei giorni 1, 2, 3, 4, 7, 8, 9, 10, 13, 14, 15 e 16 di ogni mese dell’anno e condannato la società al risarcimento del danno pari al 5% della retribuzione per il periodo di riferimento e fino al deposito del ricorso, oltre accessori.
2. La Corte territoriale ha premesso che il lavoratore era stato assunto il 21.4.2011 e nel contratto era riportata l’indicazione ‘tempo parziale verticale ore settimanali medie 19 ore’; che con lettera del 24.4.2012 il predetto è stato assegnato alla gestione riscossione automatica pedaggio, con orario mensile di 80 ore, poi aumentate a 96 ore, e l’indicazione del turno diurno dalle 8.30 alle 12.30 e dalle 13.30 alle 17.30, con programmazione semestrale e dal 2012 annuale. Ha osservato che, in base alla disciplina legale (d.lgs. 61 del 2000 applicabile ratione temporis) e contrattuale (artt. 3 e 9 del c.c.n.l.), la collocazione temporale dell’orario deve risultare dal contratto di lavoro e riguardare pure l’articolazione dei turni (giorno, settimana e mese dell’anno), affinché gli stessi siano conosciuti ex ante dal dipendente e non possano essere modificati unilateralmente dal datore di lavoro. Ha ritenuto non rispettosa della disciplina legale e contrattuale non solo la prima lettera di assunzione, del tutto
priva di indicazioni sulla collocazione temporale dell’orario con riferimento ai giorni, alle settimane, ai mesi e all’anno, ma anche la successiva integrazione del 24.4.2012, che indica solo il tetto delle ore mensili e il turno da osservare. Ha respinto la censura in ordine al risarcimento del danno sottolineando la natura sanzionatoria del risarcimento previsto dall’art. 8, comma 2, d.lgs. 61 del 2000, legato al disagio subito dal lavoratore per l’unilaterale determinazione da parte datoriale delle modalità temporali della prestazione, e la legittimità del ricorso alla liquidazione equitativa, espressamente contemplata dal citato art. 8, comma 2.
Avverso tale sentenza la società RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo. NOME ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Il Collegio si è riservato di depositare l’ordinanza nei successivi sessanta giorni, ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c., come modificato dal d.lgs. n. 149 del 2022.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell’art. 2, comma 2, d.lgs. n. 61 del 2000 e dell’art. 5, d.lgs. n. 81 del 2015 nonché degli artt. 3, comma 4, 9, commi 4 e 10 del c.c.n.l. di settore, in punto di criteri di predeterminazione dei turni nel rapporto di lavoro a tempo parziale.
Con una prima censura la società ricorrente critica la sentenza d’appello per aver ritenuto la fattispecie oggetto di causa disciplinata dal d.lgs. 61 del 2000 anziché dal d.lgs. 81 del 2015; sostiene che, a partire da giugno 2015, quest’ultimo decreto legislativo regola tutti i contratti part time, compresi quelli precedentemente stipulati e in corso, data l’assenza di norme transitorie e l’avvenuta abrogazione
del d.lgs. 61 del 2000; rileva che l’art. 5 del d.lgs. 81 del 2015 contempla espressamente la possibilità, in caso di lavoro su turni, di assolvere all’obbligo (previsto dal comma 2) di indicare nel contratto la collocazione temporale della prestazione att raverso un ‘rinvio a turni programmati di lavoro articolati su fasce orarie prestabilite’, senza una rigida predeterminazione e specifica indicazione dei turni in cui sarà inserito il dipendente; afferma che anche sotto la previgente normativa (d.lgs. 61 del 2000) era possibile (in quanto non vietato) indicare la collocazione temporale della prestazione mediante rinvio a turni programmati di lavoro articolati su fasce orarie prestabilite, mancando qualsiasi elemento di tipo letterale o sistematico che deponesse per la necessità di una rigida predeterminazione dei turni medesimi.
Con una seconda censura la società datoriale ribadisce la legittimità del contratto individuale anche rispetto al contratto collettivo di settore e sostiene che la Corte di merito ha errato nel ritenere necessaria, in base al c.c.n.l., una rigida predeterminazione dei turni e nel considerare non applicabili i commi 4 e 10 dell’articolo 9 del c.c.n.l. Sostiene che tali disposizioni consentono, in caso di part time su turni, di inserire nel contratto un rinvio a schemi di turno in cui la prestazione a tempo parziale verrà programmata in un secondo momento rispetto alla stipulazione del contratto, secondo le fasce orarie previste dallo stesso c.c.n.l., e che saranno comunicati al lavoratore su base mensile.
Il ricorso non è fondato.
In via di premessa, si ribadisce che il rapporto di lavoro a tempo parziale si distingue da quello a tempo pieno per il fatto che, in dipendenza della riduzione quantitativa della prestazione lavorativa (e, correlativamente, della retribuzione), lascia al lavoratore un largo spazio per altre eventuali attività, la cui programmabilità, da parte del
medesimo, deve essere salvaguardata, anche all’ovvio fine di consentirgli di percepire, con più rapporti a tempo parziale, una retribuzione complessiva che sia sufficiente (art. 36, primo comma, della Costituzione) a realizzare un’esistenza libera e dignitosa (v. Cass. n. 2382 del 1990; n. 17009 del 2014).
10. La Corte costituzionale, con la sentenza n. 210 del 1992, ha sottolineato che la disciplina del part-time è finalizzata a garantire al lavoratore una duplice possibilità: sia di programmare e conciliare più lavori a orario ridotto, allo scopo di ottenere una retribuzione complessiva sufficiente a realizzare un’esistenza libera e dignitosa e precostituire un’adeguata posizione pensionistica, ai sensi degli artt. 36 e 38 Cost., sia di conciliare il lavoro con la dimensione esistenziale extra-lavorativa, in modo da avere disponibilità del proprio tempo di vita. La Corte Cost. ha interpretato il dato normativo all’epoca vigente l’art. 5, comma 2, decreto-legge. n. 726/1984 -in modo da renderlo esente da censure di costituzionalità, affermando che non vi è ‘alcuna ragione né alcuna possibilità di attribuire alla norma un’interpretazione tale da consentire la pattuizione di contratti di lavoro a tempo parziale nei quali la collocazione temporale della prestazione lavorativa nell’ambito della giornata, de lla settimana, del mese e dell’anno non sia determinata -o non sia resa determinabile in base a criteri oggettivi -ma sia invece rimessa allo jus variandi del datore di lavoro». Ed ha categoricamente aggiunto che il legislatore ha escluso «l’ammissibilità di qualunque forma di contratto c.d. a chiamata o a comando (ove, con tali formule si intenda far riferimento a rapporti nei quali il contratto individuale consente al datore di lavoro di decidere in modo unilaterale quando utilizzare il singolo dipenden te)’.
L’impianto argomentativo di questa pronuncia rappresenta un riferimento imprescindibile anche nella interpretazione del d.lgs. n. 61 del 2000, applicabile ratione temporis alla fattispecie oggetto di causa, il cui art. 2, comma 2, al pari dell’art. 5, comma 2, della legge n. 863 del 1984, prescrive che ‘nel contratto di lavoro a tempo parziale è contenuta puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa e della collocazione temporale dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, a l mese e all’anno’.
Con la sentenza n. 17009 del 2014 questa S.C., esaminando una fattispecie regolata dal d.lgs. n. 61 del 2000 e relativa al lavoro in turni, ha definito ‘legittima … la proposta contrattuale che fin dall’origine determini su turni l’articolazione dell’orario, entro coordinate temporali contrattualmente predeterminate od oggettivamente predeterminabili’ ed ha statuito che il contratto deve ritenersi validamente stipulato ‘ove il rapporto di lavoro part -time preveda una precisa e predeterminata articolazione della prestazione su turni, sì che il lavoratore sia posto in grado di conoscere con esattezza il tempo del suo impegno lavorativo… rimanendo escluso il potere del datore di lavoro di variare l’orario lavorativo a suo arbitrio, senza alcuna preventiva concertazione, ovvero al di fuori delle modalità fissate dal d.lgs. n. 61 del 2000, art. 3…’.
Nel caso in esame, è pacifico che il lavoratore prestasse attività in virtù di un contratto di lavoro part-time di tipo verticale che, nel testo originario del 21.4.2011 conteneva l’indicazione ‘tempo parziale verticale ore settimanali medie 19 ore’ e nel testo del 24.4.2012 la specificazione del numero di ore mensili (80 poi divenute 96) e la tipologia del turno (diurno: 8.30/12.30 -13.30/17.30).
14. In via preliminare, non può condividersi la tesi della società ricorrente che vorrebbe il rapporto di lavoro in esame, sorto nel 2011, disciplinato dall’art. 5, d.lgs. 81 del 2015.
Questa Corte ha da tempo evidenziato che, in caso di successione di leggi non espressamente dichiarate retroattive, trova applicazione la regola generale dettata dall’art. 11 delle preleggi e, pertanto, occorre fare riferimento alla normativa vigente alla data della stipulazione del contratto e non a quella in vigore al momento della decisione (v. Cass. n. 24330 del 2009; n. 21724 del 2018; n. 25080 del 2018; n. 19418 del 2020; v. recentemente Cass., S.U. n. 5542 del 2023, tutte in tema di contratto a tempo determinato). Nel caso di lavoro a tempo parziale, ai fini della decisione sui requisiti di legittimità della clausola e sugli effetti che dal mancato rispetto degli stessi derivano, occorre fare riferimento alla legge applicabile all’epoca di conclus ione per iscritto del contratto.
16. Il rapporto di lavoro per cui è causa è quindi disciplinato dalle previsioni del d.lgs. n. 61 del 2000, il cui art. 2, comma 2, prescrive: ‘Nel contratto di lavoro a tempo parziale è contenuta puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa e della collocazione temporale dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno’.
La Corte di merito, interpretata la disciplina legale in consonanza ai principi di diritto sopra richiamati, ha giudicato non conforme alla stessa ‘non solo la lettera di assunzione del Lia, del tutto priva di indicazioni sulla collocazione temporale d ell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno (dato che precisa unicamente il numero complessivo delle ore da osservare alla settimana), ma anche la successiva integrazione del 24.4.2012 che, al tetto delle ore mensili, aggiunge il turno da osservare (diurno)’, (sentenza d’appello, p. 7, terzo cpv.).
Parimenti corretta è l’interpretazione data dai giudici di merito alla disciplina dettata dal contratto collettivo.
È vero che il c.c.n.l. introduce una compatibilità del lavoro part time con la prestazione secondo turni e detta una puntuale disciplina agli artt. 3 e 9.
L’art. 3 (la cui rubrica concerne la ‘assunzione a tempo parziale’), al punto 1 prevede che ‘il personale assunto con contratto di lavoro a tempo parziale può essere impiegato anche in attività lavorative in turno’. Il medesimo articolo, al punto 4, pr escrive: ‘nella lettera di assunzione è contenuta puntuale indicazione della durata della prestazione a tempo parziale e della collocazione temporale dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno Nel caso di prestazioni lavorative in turni tale indicazione riguarderà la collocazione dell’orario nell’ambito del turno e secondo l’andamento dello stesso, ovvero gli schemi di turno in cui verrà programmata, ai sensi del punto quattro dell’art 9, la prestazione al tempo parziale’.
L’art. 9 (con rubrica: ‘orario di lavoro’), al punto 4 si occupa del ‘personale turnista’ che ‘svolge di norma le proprie prestazioni in turni continui ed avvicendati’ e il cui ‘orario contrattuale di 40 ore settimanali viene realizzato come segue: quattro giorni lavorativi e riposo al quinto e al sesto (4+2) con prestazione di 8 ore giornaliere, secondo il seguente orario: 22-06; 06-14; 1422’.
Se è quindi legittimo, in base alle disposizioni finora richiamare, l’impiego del personale part time secondo turni, tuttavia, occorre che nella lettera di assunzione sia contenuta puntuale indicazione della ‘collocazione dell’orario nell’ambito del tu rno ovvero gli schemi di turno in cui verrà programmata, ai sensi del punto quattro dell’art 9, la prestazione al tempo parziale’.
23. Come rilevato nella sentenza d’appello, gli schemi di turno di cui al punto 4 dell’art. 9 del c.c.n.l. sono quelli ‘continui ed avvicendati’ in cui l”orario contrattuale di 40 ore settimanali viene realizzato come segue: quattro giorni lavorativi e riposo al quinto e al sesto (4+2) con prestazione di 8 ore giornaliere, secondo il seguente orario: 22-06; 0614; 1422′ e in nessun modo il contratto del lavoratore NOME si inserisce in questo schema, essendo strutturato come ‘part time 80 schema libero’ (così indicato nella lettera del 24.4.2012, riportata a p. 7, ultimo cpv. della sentenza d’appello). Né è pertinente il richiamo della società al punto 10 dell’art. 9 del c.c.n.l., concernente la ‘turnazione dei riposi’, che non riguarda il personale part time, mancando qualsiasi rinvio a tale disposizione nell’art. 3 che regolamenta il lavoro a tempo parziale, anche attraverso specifici rinvii ad altre disposizioni del contratto collettivo.
24. Difettano quindi i dati necessari che dovevano essere inseriti nella lettera di assunzione quale ‘momento preclusivo per la indicazione della collocazione della prestazione’ (sentenza d’appello, p. 7, quinto cpv.), in merito alla ‘collocazione temporal e dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno’.
25. Le considerazioni svolte conducono al rigetto del ricorso. 26. La regolazione delle spese del giudizio di legittimità segue in
il criterio di soccombenza, con liquidazione come dispositivo.
27. Il rigetto del ricorso costituisce presupposto processuale per il raddoppio del contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 (cfr. Cass. S.U. n. 4315 del 2020).
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in
euro 3.000,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge, da distrarsi in favore dell’AVV_NOTAIO e dell’AVV_NOTAIO, antistatari.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nell’adunanza camerale del 28 febbraio 2024