Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 6232 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 6232 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/03/2025
Dott.
NOME COGNOME
Presidente
–
Dott. NOME COGNOME
Consigliere rel. –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
Dott. COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7232/2024 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE PUGLIA RAGIONE_SOCIALE‘ RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore legale rappresentante pro tempore , domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME con diritto di ricevere le comunicazioni all ‘ indirizzo pec dei Registri di Giustizia;
– ricorrente –
contro
–
Oggetto:
Operai
forestali
straordinario – Autorizzazione –
COGNOME, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 2396/2023 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 20/12/2023 R.G.N. 58/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
09/01/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
NOME COGNOME già dipendente della Regione Puglia quale operaio a tempo indeterminato, giusta contratto individuale di lavoro stipulato in data 6.12.2005, con qualifica di operaio specializzato categoria A, posizione economica A4, CCNL di settore, sul presupposto di essere stato trasferito all ‘ ARIF Puglia ai sensi della L.R. n. 3/2010, dal 17 maggio 2010, ha chiesto al Tribunale di Foggia di accertare l ‘ inadempimento dell ‘ ARIF, sua datrice di lavoro, e chiesto la condanna della stessa a pagare, ai sensi dell’art. 54 del CCNL per gli addetti ai lavori di sistemazione idraulico forestale del 7/12/2010 e dell’ art. 23 del CIRL per gli addetti ai lavori di sistemazione idraulico-forestale e idraulico-agraria della Regione Puglia del 5.10.2009, per il periodo tra il mese di maggio dell ‘ anno 2010 e il 15 novembre 201 5 , la somma di euro 4.736,09 a titolo di remunerazione delle ore spese per il tragitto casa lavoro e viceversa.
Il Tribunale di Bari, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 3765/2021, ha accolto il ricorso e condannato l ‘ ARIF al pagamento in favore del ricorrente della somma di euro 4.736,0911.
La Corte d ‘ appello di Bari, decidendo sull ‘ impugnazione dell ‘ ARIF, ha confermato la pronuncia di primo grado (ancorché con una motivazione in parte diversa).
Ha rilevato che il dipendente rientrava tra quelli trasferiti dalla Regione all ‘ Agenzia Regionale ai sensi dell ‘ art. 12, comma 2, lett. a) della L.R. n. 3/2010 istitutiva dell ‘ ARIF.
Rilevava che il dipendente aveva anche esercitato l ‘ opzione per l ‘ inquadramento nel CCNL per gli addetti ai lavori di sistemazione idraulico-forestale con conseguente applicazione del relativo trattamento giuridico-economico.
Evidenziava che avrebbe dovuto l ‘ ARIF provare il fatto dedotto (ossia che nonostante la delibera adottata dalla Giunta Regionale, il Sevizio Personale dello stesso Ente avrebbe omesso, o comunque ritardato rispetto al periodo di tempo oggetto di causa, l ‘ adozione degli atti necessari per assicurare il transito), tanto più che, a distanza di oltre dieci anni dall ‘ adottata delibera non si comprendeva quale ulteriore atto amministrativo avrebbe dovuto essere emanato per il perfezionamento di un transito già deliberato dagli organi competenti mediante l ‘ analita indicazione degli operai transitati.
Aggiungeva che l ‘ ARIF, in sede di note conclusive (non autorizzate) del 7.12.2023 aveva ammesso che l ‘ istante rientrava tra gli operai a tempo indeterminato alle dipendenze della Regione Puglia di cui all ‘ art. 12, comma 2, lett. a) della L.R. n. 3/2010 (ossia tra quelli poi transitati all ‘ ARIF).
Richiamava la pronuncia di questa Corte n. 10811/2023.
Riteneva che nella presente causa la contrattazione collettiva privatistica rilevasse con riferimento ad aspetti relativi al trattamento economico del rapporto.
Confermava quanto evidenziato dal Tribunale in ordine all ‘ essere del tutto pacifiche le circostanze fattuali sulle quali si fondava la pretesa creditoria fatta valere in giudizio.
L ‘ ARIF ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
6. Entrambe le parti hanno depositato memorie.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 2 e comma 5 della L.R. Puglia n. 3 del 2010, dell’art. 31 del d.lgs. n. 165/2001; violazione dell’art. 2967 cod. civ.
Sostiene che, nella specie, non vi era stato alcun trasferimento in quanto il ricorrente, assunto originariamente dalla Regione Puglia ed inquadrato nei ruoli regionali con contratto a tempo indeterminato del 6./12.2005 era stato, in seguito dislocato in regime di ‘avvalimento’ presso l’ARIF in sede di prima istituzione dell’Agenzia..
Assume che, pur risultando il predetto inserito tra il personale da trasferire ai sensi di cui all’elenco allegato alla delibera di della Giunta Regionale pugliese n. 863 del 23.3.2010 ai sensi dell’art. 12, comma 2, lett. a) della L.R. n. 3/2010, in realtà nessun trasferimento era avvenuto non essendo stato adottato alcun provvedimento da parte della Regione Puglia successivo suddetta alla delibera n. 863/2010, con la conseguenza che mancava il presupposto di legge previsto dal citato art. 12, comma 5.
Assume che la Corte territoriale avrebbe errato nell’attribuire rilevanza alla raccomandata A/R del 7 luglio 2011 con la quale il dipendente avrebbe esercitato il diritto di opzione (atto unilaterale irrilevante).
Sostiene che il lavoratore avrebbe dovuto fornire la prova dell’avvenuto trasferimento, e tanto non era avvenuto.
Il motivo è inammissibile là dove la ricorrente oppone all’accertamento del giudice di merito una diversa valutazione delle risultanze documentali, anche sulla base di eccezioni che non risultano mai formulate prima.
Nella parte in cui il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. senza, però, censurare l’erronea
applicazione da parte del giudice di merito della regola di giudizio fondata sull’onere della prova e dunque per avere attribuito l’ onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata, il rilievo si colloca al di fuori del novero di quelli spendibili ex art. 360, co. 1, cod. proc. civ. perché, nonostante il richiamo normativo in esso contenuto, sostanzialmente sollecita una rivisitazione nel merito della vicenda (non consentita in sede di legittimità) affinché si fornisca un diverso apprezzamento delle prove (Cass., Sez. Un., 10 giugno 2016, n. 11892).
Rispetto al ragionamento della Corte di merito, la ricorrente, che evoca nel presente giudizio, in luogo del ritenuto trasferimento, la diversa fattispecie dell ‘ avvalimento, oltre a non precisare quando ed in che termini la questione (evidentemente comportante accertamenti in fatto e, dunque, la necessità del contraddittorio) sia stata posta già nel giudizio di primo grado, scivola nell ‘ ambito dell ‘ accertamento in fatto che il giudice di appello, come evidenziato nello storico di lite, ha risolto sulla base della complessiva valutazione del materiale documentale a sua disposizione (elenco del personale allegato alla delibera di Giunta n. 863 del 23.3.2010 e formato ai sensi dell’art. 12, comma 2, lett. a) della L.R. n. 3/2010; esercizio del diritto di opzione).
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 54 CCNL per gli addetti ai lavori di sistemazione idraulico -forestale e idraulico -agraria del 7/12/2010 e dell’art. 1362 cod. civ. in relazione all’art. 23 del CIRL Puglia di categoria del 10.6.2014. Violazione dell’art. 117, comma 2, lett. L, Cost.; violazione degli artt. 1, 2 e 3 del d.lgs. n. 165/2001.
Sostiene che la Corte territoriale abbia errato nel ritenere applicabili alla fattispecie in esame il CCNL per gli addetti ai lavori di sistemazione idraulico -forestale e idraulico -agraria del 7.12.2010 e il relativo CIRL Puglia di categoria, perché la disciplina del rapporto di lavoro pubblico privatizzato è rimessa alla legislazione esclusiva dello Stato a norma dell’art. 117, comma 2, lett. L, Cost., essendo riconducibile alla materia
«ordinamento civile» e vincolando anche i rapporti alle dipendenze degli enti regionali ad autonomia differenziata. Ribadisce che RAGIONE_SOCIALE è un ente pubblico non economico, il che determina l’applicazione della disciplina dettata dal d.lgs. n. 165 del 2001, applicabile a tutte le pubbliche amministrazioni, in forza di quanto espressamente disposto all’art. 1, mentre il comma 2 specifica che per pubbliche amministrazioni si intendono anche «gli enti pubblici non economici regionali».
In definitiva, secondo la ricorrente, i rapporti di lavoro in esame sono riconducibili allo schema del rapporto di lavoro pubblico in quanto intercorrono con un ente pubblico e sono posti in essere al fine di soddisfare fini istituzionali dell’Ente.
Strettamente connesso al secondo è il terzo motivo, con il quale la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 comma 1, n. 3, c.p.c.: la violazione degli artt. 2, comma 2, 40 e 40 -bis del d.lgs. n. 165/2001. Violazione e falsa applicazione dell’art. 54 del CCNL per gli addetti ai lavori di sistemazione idraulico -forestale e idraulico -agraria del 7.12.2010 e dell’art. 1362 c.c. in relazione all’art. 23 del CIRL Puglia di categoria del 10.6.2014.
ARIF sostiene che la natura pubblicistica del rapporto non consente di applicare l’invocato istituto dell’attribuzione di una indennità di percorrenza chilometrica, in quanto previsto da una contrattazione di secondo livello privatistica ed in violazione dei principi fondamentali dettati dagli artt. 2, 40 e 40 -bis del d.lgs. n. 165 del 2001 in materia di contrattazione collettiva di diritto pubblico, in cui la rappresentanza della parte datoriale è riservata all’ARAN.
I suddetti secondo e terzo motivo, da esaminare congiuntamente per la stretta connessione tra di loro, sono infondati (si vedano le decisioni di legittimità rese in vicende analoghe Cass. n. 25112/2024; Cass. n. 23894/2024; Cass. n. 23871/2024; Cass. n. 23760/2024; Cass. n. 23716/2024).
5.1. Questa Corte ha già avuto modo di ricordare che l’applicazione della contrattazione collettiva del settore privato agli addetti ai lavori di sistemazione idraulico -forestale e idraulico -agraria dipendenti delle pubbliche amministrazioni « affonda le sue radici nella legge n. 124 del 1985, con la quale era stato previsto che il ‘Ministero dell’agricoltura e delle foreste, per fronteggiare le esigenze relative all’esecuzione dei lavori condotti in amministrazione diretta per la conservazione e la protezione dei beni indicati negli articoli 68 e 83 del citato decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, può ricorrere ad assunzioni di personale operaio con contratto a tempo indeterminato e a tempo determinato’ ed era stato stabilito che ‘Le assunzioni e il trattamento economico sono regolati dalle norme sulla disciplina del contratto collettivo nazionale di lavoro e da quelle sul collocamento’. » (Cass. n. 6193/2023).
E tale disciplina si poneva a sua volta in continuità con le previsioni della legge n. 205 del 1962, che già in precedenza aveva consentito all’amministrazione forestale di assumere, sia pure solo a tempo determinato, operai con contratti di diritto privato (Cass. S.U. nn. 3465/1998 e 24670/2009).
A seguito del trasferimento delle competenze dallo Stato alle Regioni, anche queste ultime si sono dotate di normative analoghe, tra le quali rientra la L.R. della Puglia n. 3 del 2010, istitutiva della «Agenzia regionale per le attività irrigue e forestali», e, in particolare, il suo art. 12, comma 3, secondo cui: « Al personale operaio dell’Agenzia si applica il contratto collettivo nazionale per gli addetti ai lavori di sistemazione idraulico -forestale e idraulico -agraria con conseguente applicazione del relativo trattamento giuridico -economico e assicurativo -previdenziale ai sensi dell’articolo 1, comma 14, del decreto legge 1 ottobre 1996, n. 510 (Disposizioni urgenti in materia di lavori socialmente utili, di interventi a sostegno del reddito e nel settore previdenziale), convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608. Al restante
personale dell’Agenzia, ivi inclusi gli operai già inquadrati nei ruoli regionali di cui alla lettera a) del comma 2 e salvo quanto disposto dal comma 5, si applica lo stato giuridico e la disciplina contrattuale per i dipendenti di regioni e autonomie locali e viene confermato il diritto al rientro in casi di mutamento della natura giuridica dell’Agenzia ».
In sostanza, mentre agli operai già dipendenti della Regione a tempo indeterminato (« operai già inquadrati nei ruoli regionali di cui alla lettera a) del comma 2 ») « si applica lo stato giuridico e la disciplina contrattuale per i dipendenti di regioni e autonomie locali », agli operai assunti dall’ARIF, di cui alla lettera b) del precedente comma 2 (tra i quali, come accertato in sentenza, l’attuale controricorrente), « si applica il contratto collettivo nazionale per gli addetti ai lavori di sistemazione idraulico -forestale e idraulico -agraria ».
Ma anche a livello nazionale è stata più di recente, e in termini ben più ampi, ribadita la tradizionale possibilità di ricondurre questo settore del lavoro pubblico alla contrattazione collettiva privatistica con l’art. 7 -bis , del d.l. n. 120 del 2021, convertito in legge n. 155 del 2021, il quale prevede: « per gli addetti ai lavori agricoli e forestali assunti con contratti di diritto privato dalle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per l’esecuzione in amministrazione diretta dei lavori concernenti le opere di bonifica, idraulico -forestali, idraulico -agrarie, di gestione forestale, di prevenzione ed estinzione degli incendi boschivi e in zone di interfaccia urbano -rurale, di forestazione e agrarie -florovivaistiche si applicano, nei limiti di spesa previsti a legislazione vigente e nel rispetto dei vincoli finanziari previsti per le spese del personale delle pubbliche amministrazioni, i relativi contratti o accordi collettivi nazionali, regionali e provinciali. Per le amministrazioni pubbliche partecipa al tavolo di contrattazione nazionale e a livello territoriale per la stipulazione del contratto collettivo nazionale di lavoro privatistico un rappresentante delle regioni ».
Tale disposizione, con il riferimento ai vincoli di spesa e integrando la compagine datoriale in ambito sindacale con un rappresentante degli enti pubblici di riferimento, si è fatta carico di allineare il modello, pur nella sua confermata specificità, a quello generale proprio del d.lgs. n. 165 del 2001.
5.2. Più precisamente, sui limiti della compatibilità tra siffatta disciplina speciale per gli addetti ai lavori di sistemazione idraulico -forestale e idraulico -agraria dipendenti degli enti pubblici non economici e i principi che regolano il pubblico impiego contrattualizzato questa Corte si è recentemente pronunciata proprio con riguardo a un dipendente dell’ARIF e, quindi, alla legislazione speciale della Regione Puglia (Cass. n. 10811/2023; conf. Cass. n. 21006/2023).
Si è quindi statuito – e qui si intende ribadire – che « l’applicazione del CCNL di diritto privato non osta alla qualificazione del rapporto in termini di lavoro pubblico ». Di conseguenza, « il richiamo dell’art. 12, comma 3, prima parte al ‘contratto collettivo nazionale per gli addetti ai lavori di sistemazione idraulico -forestale e idraulico -agraria’ ed al relativo ‘trattamento giuridico -economico e assicurativo -previdenziale’ va inteso come strettamente inerente … alle qualifiche di inquadramento dei lavoratori ed alle mansioni esigibili, nonché al trattamento economico ivi previsto. … Viceversa, non può operare, per la prevalenza delle regole comuni del lavoro privatizzato ed in specie dell’art. 52 d.lgs. 165/2001, la disciplina di acquisizione del diritto all’inquadramento per effetto dell’esercizio di fatto delle corrispondenti mansioni superiori ».
5.3. Ebbene, nel caso di specie, il lavoratore invoca – sulla base di una legge regionale che la prevede – l’applicazione della contrattazione collettiva di diritto privato con riferimento a una norma che riguarda il « trattamento economico ivi previsto » (rimborso chilometrico). Sicché, sulla scorta della richiamata giurisprudenza, non sussiste alcun impedimento all’applicazione di quella contrattazione collettiva, che « si
giustifica in ragione del particolare settore nel quale gli operai forestali operano » (Cass. n. 6193/2023 cit.).
5.4. Sebbene nel ricorso non si faccia riferimento in alcun modo alla relativa questione, è opportuno rilevare che la fondatezza dei sopra esposti argomenti non viene meno per effetto dell’abrogazione dell’art. 12, comma 3, della L.R. n. 3 del 2010 da parte dell’art. 32 della L.R. n. 45 del 2012.
Infatti, l’art. 23 della L.R. n. 36 del 2017, ha poi inserito, nel testo dell’art. 12 della L.R. n. 3 del 2010, un comma (2 -quinquies ), il quale nuovamente prevede che: « Al personale forestale/agricolo, impiegato, ovvero operaio, dell’agenzia si applica il contratto collettivo nazionale per gli addetti ai lavori di sistemazione idraulico -forestale e idraulico -agraria, con conseguente applicazione del relativo trattamento giuridico -economico e assicurativo -previdenziale ».
Ma anche per quanto riguarda il periodo intermedio tra il 2012 (anno di abrogazione del comma 3 dell’art. 12 della legge n. 3 del 2010) e il 2017 (anno di introduzione nel medesimo art. 12 dell’analogo comma 2 -quinquies ), occorre considerare che il citato art. 32 della L.R. n. 45, nell’abrogare l’esplicito riferimento alla contrattazione collettiva di diritto privato, dispose anche che « al fine di garantire ai propri dipendenti parità di trattamento contrattuale, l’Agenzia regionale per le attività irrigue e forestali avvia, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un’apposita procedura di informazione e di consultazione delle organizzazioni sindacali sottoscrittrici dei Contratti collettivi nazionali dalla stessa applicati e delle confederazioni alle quali esse aderiscono ».
Dunque, con la previsione di una nuova procedura di informazione e di consultazione con le medesime organizzazioni sindacali sottoscrittrici dei Contratti collettivi nazionali precedentemente applicati, anche la norma introdotta nel 2012 implicava la perdurante applicazione dei contratti collettivi di diritto privato.
Con il quarto motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.: violazione dell’art. 6 d.lgs. n. 78/2010; violazione dell’art. 1, comma 3, legge n. 196/2009; violazione dell’art. 14 preleggi.
Assume che la sentenza impugnata viola l’art. 6, comma 12, del d.lgs. n. 78 del 2010, secondo cui « gli articoli 15 della legge 18 dicembre 1973, n. 836 e 8 della legge 26 luglio 1978, n. 417 e relative disposizioni di attuazione, non si applicano al personale contrattualizzato di cui al d.lgs. 165 del 2001 e cessano di avere effetto eventuali analoghe disposizioni contenute nei contratti collettive ».
7.1. Il motivo – che pone una questione che non risulta in alcun modo sollevata o trattata nei due gradi di merito – è comunque infondato, perché non tiene conto del fatto che le disposizioni dell’art. 6 del d.lgs. n. 78 del 2010 « non si applicano in via diretta alle regioni, alle province autonome e agli enti del Servizio sanitario nazionale, per i quali costituiscono disposizioni di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica », come si legge nel successivo comma 20 del medesimo articolo. Pertanto, « il vincolo per le Regioni non è diretto ma va inserito nella determinazione complessiva del tetto massimo dei risparmi di spesa che esse devono conseguire » (v., sul punto, Cass. n. 31881/2018, alla cui più ampia motivazione – anche con riguardo ai pertinenti richiami della giurisprudenza della Corte costituzionale – si rinvia ai sensi dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ.).
In definitiva, la semplice invocazione del contenuto dell’art. 6, comma 12, del d.l. n. 78 del 2010 non basta per dare fondamento dalla censura secondo cui la Corte d’appello avrebbe dato applicazione a una clausola della contrattazione collettiva divenuta inefficace in forza di quella disposizione di legge.
Rigettato il ricorso, le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Occorre dare atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass., S.U., n. 4315/2020, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dall ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese generali al 15%, ad euro 200,00 per esborsi e agli accessori di legge, con attribuzione in favore dell ‘ avv. NOME COGNOME antistatario.
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro