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Contratto di lavoro intermittente: requisiti alternativi

Una lavoratrice ha contestato la legittimità del suo contratto di lavoro intermittente, chiedendone la conversione in un rapporto a tempo indeterminato. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che i requisiti soggettivi (età) e oggettivi (discontinuità dell’attività) per questo tipo di contratto sono alternativi e non cumulativi. Inoltre, la Corte ha precisato che la mancata valutazione dei rischi da parte del datore di lavoro non comporta automaticamente la conversione del rapporto.

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Pubblicato il 25 agosto 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Contratto di lavoro intermittente: la Cassazione chiarisce i requisiti

Il contratto di lavoro intermittente, o ‘a chiamata’, è una forma contrattuale flessibile che solleva spesso dubbi interpretativi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su due aspetti cruciali: i requisiti per la sua stipulazione e le conseguenze della mancata valutazione dei rischi. La Corte ha stabilito che i presupposti soggettivi (età) e oggettivi (discontinuità) sono alternativi e non devono coesistere, rigettando la richiesta di una lavoratrice di convertire il suo rapporto in un contratto a tempo indeterminato.

I fatti di causa

Una dipendente di una nota azienda del settore retail aveva impugnato i suoi contratti di lavoro intermittente, sostenendone l’illegittimità e chiedendo la conversione in un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato, con le relative conseguenze economiche. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano respinto le sue richieste. La lavoratrice ha quindi presentato ricorso in Cassazione, basandolo su due motivi principali: l’errata interpretazione dei requisiti previsti dall’art. 13 del D.Lgs. 81/2015 e la violazione dell’obbligo di valutazione dei rischi.

L’analisi della Corte sul contratto di lavoro intermittente

La Corte di Cassazione ha esaminato entrambi i motivi di ricorso, fornendo chiarimenti importanti per datori di lavoro e dipendenti.

Requisiti soggettivi e oggettivi: un’alternativa, non un cumulo

Il primo motivo di ricorso si concentrava sulla presunta necessità che, per stipulare un contratto di lavoro intermittente, dovessero sussistere contemporaneamente sia il requisito soggettivo (legato all’età del lavoratore, ovvero meno di 24 anni o più di 55) sia quello oggettivo (la natura discontinua dell’attività lavorativa).

La Corte ha rigettato questa interpretazione, confermando un proprio precedente orientamento (Sentenza n. 22086/2023). I giudici hanno specificato che il legislatore ha previsto due distinte e autonome ipotesi che legittimano il ricorso al lavoro a chiamata: una basata sull’età del prestatore di lavoro e l’altra sulla tipologia di attività. Pertanto, è sufficiente che ricorra una sola delle due condizioni per rendere il contratto valido.

La mancata valutazione dei rischi e le sue conseguenze

Con il secondo motivo, la ricorrente lamentava che la mancata adozione del documento di valutazione dei rischi da parte del datore di lavoro dovesse comportare la nullità del contratto e la sua conseguente conversione in un rapporto a tempo indeterminato.

Anche su questo punto, la Cassazione ha dato torto alla lavoratrice. In primo luogo, ha dichiarato il motivo inammissibile, poiché la questione non era stata specificamente sollevata e affrontata nelle precedenti fasi di giudizio. In ogni caso, entrando nel merito, la Corte ha ribadito (richiamando l’Ordinanza n. 378/2024) che la violazione dell’obbligo di valutazione dei rischi non determina la conversione del rapporto. Sebbene comporti una forma di nullità, questa non ha effetto retroattivo ai sensi dell’art. 2126 c.c. e, in assenza di una specifica previsione di legge, non può portare alla trasformazione del contratto in un tempo pieno e indeterminato.

Le motivazioni della decisione

La decisione della Suprema Corte si fonda su un’interpretazione letterale e sistematica della normativa sul contratto di lavoro intermittente. Il legislatore ha inteso creare due binari paralleli per l’accesso a questa forma contrattuale: uno per favorire l’inserimento lavorativo di fasce di età considerate ‘deboli’ (molto giovani o vicini alla pensione) e uno legato alle esigenze produttive oggettive di determinate attività. Considerarli cumulativi snaturerebbe la finalità della norma. Per quanto riguarda la valutazione dei rischi, la Corte applica un principio di specificità delle sanzioni: in assenza di una norma che preveda espressamente la conversione del contratto come conseguenza di tale omissione, non è possibile applicare una sanzione così gravosa, che rimane invece confinata ad altre tipologie di illeciti contrattuali.

Le conclusioni

Questa ordinanza consolida un indirizzo giurisprudenziale chiaro e offre importanti certezze agli operatori del settore. Per i datori di lavoro, viene confermata la possibilità di utilizzare il lavoro intermittente facendo leva o sulle caratteristiche anagrafiche del lavoratore o sulla natura dell’attività, senza dover dimostrare la compresenza di entrambi i requisiti. Per i lavoratori, si chiarisce che, sebbene la mancata valutazione dei rischi sia una violazione grave, la via per contestarla non è la richiesta di conversione del rapporto di lavoro, ma eventualmente altre forme di tutela previste dall’ordinamento.

Per stipulare un contratto di lavoro intermittente, devono essere presenti sia il requisito dell’età del lavoratore che quello della discontinuità dell’attività?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che i due requisiti sono alternativi. È sufficiente che sia presente o il requisito soggettivo (relativo all’età del lavoratore) oppure quello oggettivo (relativo alla natura discontinua dell’attività lavorativa).

Cosa succede se il datore di lavoro non effettua la valutazione dei rischi per un lavoratore intermittente?
Secondo la sentenza, la mancata adozione del documento di valutazione dei rischi non comporta la conversione del contratto intermittente in un contratto a tempo indeterminato. Pur costituendo una violazione che può rendere nullo il contratto, tale nullità non ha effetto retroattivo e non determina la trasformazione del rapporto di lavoro.

Il contratto di lavoro intermittente può essere legittimo anche se l’attività non è oggettivamente discontinua?
Sì, può essere considerato legittimo se è soddisfatto il requisito soggettivo, ovvero se il lavoratore ha meno di 24 anni di età oppure più di 55. La Corte ha stabilito che l’ipotesi soggettiva basata sull’età è un’alternativa a quella oggettiva basata sulla discontinuità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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