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Contratto di lavoro intermittente: nullità e conversione

La Corte di Cassazione ha stabilito che la nullità di un contratto di lavoro intermittente, dovuta a vizi come la mancanza del documento di valutazione dei rischi o del requisito di età, non ne determina la conversione automatica in un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Si applica l’art. 2126 c.c., pertanto i contributi previdenziali sono dovuti solo per le giornate effettivamente lavorate.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Contratto di Lavoro Intermittente Nullo: No alla Conversione Automatica

L’ordinanza n. 626/2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sulle conseguenze della nullità di un contratto di lavoro intermittente. La pronuncia stabilisce un principio fondamentale: la nullità del contratto a chiamata, per vizi come la mancanza del documento di valutazione dei rischi o dei requisiti anagrafici, non comporta la sua automatica conversione in un rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato. La Corte ribadisce invece l’applicazione dell’articolo 2126 del codice civile, che tutela il lavoro effettivamente prestato.

I Fatti del Caso: Contributi non Versati e Contratto Nullo

Una società si era opposta a un avviso di addebito emesso da un ente previdenziale per il mancato versamento di contributi relativi a due lavoratrici assunte con contratto di lavoro intermittente. L’ente sosteneva che i contratti fossero nulli: in un caso, per la mancanza del documento di valutazione dei rischi; nel secondo, anche per l’assenza del requisito di età previsto dalla legge. Di conseguenza, secondo l’ente, i rapporti di lavoro avrebbero dovuto essere considerati come contratti subordinati a tempo indeterminato fin dall’origine, con l’obbligo di versare i contributi sull’intera retribuzione teorica e non solo sulle ore lavorate.

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano dato ragione alla società. I giudici di merito, pur riconoscendo la nullità dei contratti, avevano escluso la conversione automatica, ritenendo che i contributi dovessero essere calcolati unicamente sulle giornate di lavoro effettive, applicando i minimali retributivi del lavoro subordinato.

La Decisione della Corte sul contratto di lavoro intermittente

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’ente previdenziale, confermando la decisione della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno chiarito che la nullità di un contratto di lavoro intermittente a tempo indeterminato non si traduce automaticamente nella sua conversione in un rapporto di lavoro standard. La disciplina da applicare è quella dell’art. 2126 del codice civile, nota come principio della ‘prestazione di fatto’.

Secondo tale principio, la nullità del contratto non ha efficacia retroattiva. Il lavoro già svolto dal dipendente deve essere comunque protetto, garantendogli la retribuzione e la relativa copertura contributiva, ma limitatamente al periodo in cui la prestazione è stata effettivamente eseguita.

Le Motivazioni della Cassazione: Perché Non c’è Conversione

La Corte ha fondato la sua decisione su una distinzione cruciale tra le diverse tipologie di contratto intermittente e sulla specifica natura dei vizi contestati.

Distinzione tra Contratto a Termine e Indeterminato

I giudici hanno sottolineato come il legislatore abbia previsto conseguenze diverse a seconda della natura del contratto. Per il contratto di lavoro intermittente a tempo determinato, la legge (art. 20, co. 2, D.Lgs. n. 81/2015) stabilisce esplicitamente che la mancata adozione della valutazione dei rischi determina la nullità della clausola del termine e, di conseguenza, la conversione del rapporto in un contratto a tempo indeterminato.

Questa previsione, però, non esiste per il contratto di lavoro intermittente a tempo indeterminato. In questo caso, l’omissione del documento di valutazione dei rischi non incide su una clausola specifica (come quella del termine), ma rende nullo il contratto nel suo complesso. Tuttavia, non essendo prevista una sanzione specifica come la conversione, si applica la regola generale dell’art. 2126 c.c.

Il Principio della Prestazione di Fatto e il Requisito dell’Età

Anche per quanto riguarda la nullità dovuta alla mancanza del requisito soggettivo dell’età, la Corte ha ribadito che non consegue una conversione legale. La violazione di una norma imperativa determina la nullità (virtuale) del contratto, ma la regola generale rimane quella dell’art. 2126 c.c. Questa norma, come già affermato dalla Corte Costituzionale, si applica proprio ai casi in cui un contratto non avrebbe dovuto essere concluso, ad esempio per la mancanza dei limiti di età del lavoratore.

Di conseguenza, la Corte d’Appello ha agito correttamente riconoscendo la contribuzione dovuta solo per i giorni effettivamente lavorati. Non ha trattato il rapporto come un part-time verticale, come sostenuto dall’ente, ma come un contratto intermittente nullo che, tuttavia, ha prodotto effetti limitati al lavoro prestato.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La decisione della Cassazione delinea un quadro chiaro per datori di lavoro e professionisti. La nullità di un contratto di lavoro intermittente non comporta necessariamente la conseguenza più grave della conversione in un rapporto a tempo indeterminato, con i relativi oneri contributivi e retributivi. Le conseguenze della nullità vanno valutate caso per caso, distinguendo tra contratti a termine e indeterminati e applicando, in assenza di norme specifiche, il principio generale di tutela del lavoro effettivamente svolto previsto dall’art. 2126 c.c. Questo significa che, in caso di accertata nullità, i contributi sono dovuti, ma in misura proporzionale alle prestazioni lavorative effettivamente eseguite e documentate.

La nullità di un contratto di lavoro intermittente ne causa automaticamente la conversione in un contratto a tempo indeterminato?
No, secondo la Corte di Cassazione, la nullità del contratto di lavoro intermittente (ad esempio per mancanza del requisito di età o del documento di valutazione dei rischi) non comporta la sua conversione automatica in un rapporto a tempo pieno e indeterminato, se il contratto era originariamente a tempo indeterminato.

Se un contratto di lavoro intermittente è nullo, sono dovuti i contributi previdenziali?
Sì, i contributi sono dovuti, ma solo per le giornate in cui il lavoratore ha effettivamente prestato la sua attività. In applicazione dell’art. 2126 del codice civile, la nullità non ha effetto retroattivo e il lavoro svolto deve essere tutelato dal punto di vista retributivo e contributivo.

La mancanza del documento di valutazione dei rischi (DVR) ha sempre le stesse conseguenze sul contratto di lavoro intermittente?
No. La sentenza chiarisce che per il contratto intermittente a tempo determinato, la legge prevede espressamente la conversione in contratto a tempo indeterminato. Tale conversione, invece, non è prevista per il contratto intermittente a tempo indeterminato, per il quale la mancanza del DVR causa la nullità ma non la conversione automatica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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