Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 626 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 626 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 35403-2018 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrenti –
Oggetto
Contratto di lavoro intermittente
R.G.N. 35403/2018
COGNOME
Rep.
Ud. 30/11/2023
CC
contro
RAGIONE_SOCIALE NOME RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME
– controricorrente –
nonchè contro
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE;
– intimata –
avverso la sentenza n. 52/2018 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, depositata il 25/05/2018 R.G.N. 74/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/11/2023 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO CHE:
Con sentenza n.52/18, la Corte d’appello di Trieste confermava la pronuncia di primo grado che aveva accolto l’opposizione di RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME RAGIONE_SOCIALE avverso un avviso di addebito emesso dall’Inps, e notificato dall’Agenzia del le Entrate -Riscossione, avente ad oggetto i contributi omessi relativamente a due lavoratrici assunte con contratto di lavoro intermittente.
I contributi erano conteggiati dall’Inps come se i rapporti fossero stati di lavoro subordinato dall’inizio dell’assunzione (2010, 2011, 2012), essendo il contratto di lavoro intermittente nullo per mancanza del documento di valutazione dei rischi e, per altra lavoratrice, anche per mancanza del requisito dell’età. La nullità doveva determinare l’applicazione de lle regole del contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
Secondo la Corte d’appello, invece, la nullità non poteva determinare la conversione in contratti di lavoro subordinato a tempo pieno, bensì, in applicazione dell’art.2126 c.c., il conteggio dei contributi relativamente ai soli giorni lavorati, applicando i minimali retributivi del lavoro subordinato.
Avverso la pronuncia, l’Inps, in proprio e quale procuratore speciale della Società RAGIONE_SOCIALE, ricorre per un motivo.
Con.RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso, mentre è rimasta intimata l’Agenzia delle Entrate-Riscossione.
All’adunanza il collegio si riservava il termine di 60 giorni per il deposito dell’ordinanza.
CONSIDERATO CHE:
Con l’unico motivo di ricorso, l’Inps deduce violazione e falsa applicazione degli artt.34, co.1 e 3 lett. c), d.lgs. n.276/03, nonché degli artt.1339 e 1419, co.2 c.c. Sostiene che, di fronte alla denunciata nullità, la clausola dell’intermittenza è nulla e il rapporto deve essere considerato di natura subordinata, come già statuito da questa Corte per il contratto di lavoro a termine. Inoltre,
la Corte avrebbe considerato il contratto intermittente come un contratto part-time di tipo verticale, senza verificare che sussistessero i requisiti di forma, di durata della prestazione e di collocazione temporale dell’orario di lavoro, previsti dall’art .2 d.lgs. n.61/00.
Il motivo è infondato.
Il contratto di lavoro intermittente, disciplinato dagli artt.33 e ss. d.lgs. n.276/03 applicabili ratione temporis, si caratterizza rispetto al contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato per un proprio peculiare schema causale: la messa a disposizione della prestazione lavorativa in favore del datore di lavoro il quale, non avendo una necessità continuativa bensì un bisogno intermittente e flessibile di forza lavoro, orienta la collocazione temporale di svolgimento della prestazione. Il lavoratore, come corrispettivo della continuativa messa a disposizione, ha diritto a un’indennità di disponibilità durante i periodi non lavorati.
Nel 2013, con il
tra la disciplina del rapporto
pattuita dalle parti rispetto a quella dettata dalla legge. In tutti questi casi, la conversione è l’effetto della eterointegrazione del regolamento negoziale con il regime imperativo legale, secondo il modello dell’art.1419, co.2 c.c.
Il legislatore ha mostrato di ribadire tale assetto nel 2015, con l’art.20, co.2 d.lgs. n.81/15, ove è stabilito che nel contratto di lavoro intermittente a tempo determinato la mancata adozione della valutazione dei rischi determina la nullità della clausola appositiva del termine, e alla nullità parziale, ex art.1419, co.2 c.c., segue la conversione in contratto di lavoro a tempo indeterminato.
Una tale conversione non è stata prevista per il contratto di lavoro intermittente a tempo indeterminato, perché il legislatore ha ritenuto che l’omessa adozione del documento di valutazione dei rischi non incidesse su alcuna clausola del contratto determinandone la deviazione dal tipo legale, e nemmeno ne alterasse lo schema causale.
Risulta, dunque, inconferente il richiamo alla giurisprudenza (v. Cass.8385/19, Cass.24330/09) sulla conversione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato per effetto della nullità parziale della clausola, giacché per la mancata adozione del documento di valutazione dei rischi, non venendo in rilievo, per quanto sin qui detto, una nullità parziale del contratto, l’effetto dell’inadempimento datoriale è quello caducatorio non retroattivo, ai sensi dell’art.2126 c.c.
Né, una volta esclusa la conversione in contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, può
predicarsi la conversione ai soli effetti del rapporto previdenziale: non si rinvengono, invero, disposizioni normative che, per il contratto di lavoro intermittente, giustifichino direttrici diverse per il rapporto previdenziale – nel segno della conversione -e, per il rapporto di lavoro, nell’alveo dell’art.2126 c.c.
Quando la giurisprudenza di legittimità (Cass., Sez. Un. n.12269 del 2004) ha escluso l’applicazione dell’art.2126 c.c. al rapporto previdenziale, lo ha fatto in ragione della presenza di una norma espressa, dettata per il rapporto previdenziale: così è accaduto rispetto alla nullità del contratto di lavoro a tempo parziale, allorché fu applicato l’art. 1 d.l. n. 338/89, conv. in l. n.389/89 in luogo dell’art. 5, co.5, d.l. n. 726/94, conv. in l. n.863/84; fermo restando che nel caso di specie si è applicato il minimale giornaliero dell’art.1 d.l. n.338/89, in conformità a Cass. S.U. n.12269/04, anche se riguardo ai soli giorni lavorati, essendo esclusa, come sopra detto, la conversione in contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
In secondo luogo, la conversione in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato nemmeno può discendere dalla nullità riferita al requisito soggettivo rispetto ad una delle due lavoratrici, la quale, al tempo della conclusione del contratto di lavoro intermittente, non aveva più di 55 anni né meno di 24 anni, come richiesto dall’art.34, co.2 d.lgs. n.276/03.
Questa Corte (Cass.28345/20) ha già affermato che il requisito soggettivo dell’età è un presupposto per la conclusione di un valido contratto di lavoro intermittente, la cui mancanza determina la nullità (virtuale) del contratto per contrarietà a norma imperativa. A tale
nullità però non consegue la conversione legale in contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, bensì, si è aggiunto, la conversione del contratto alle condizioni dell’art.1424 c.c. , con conseguente rilevanza della volontà delle parti da accertarsi dal giudice di merito.
La regola generale resta quindi quella dell’art.2126 c.c., ancora in conformità a quanto rilevato dalla Corte Costituzionale nella citata sentenza n.210/92: l’art.2126 c.c. ben si attaglia ai casi in cui il contratto non doveva essere concluso, ad esempio per mancanza dei limiti di età del lavoratore.
In conclusione il ricorso va respinto, restando solo da aggiungere che il riferimento fatto in ricorso alla violazione dell’art.2 d.lgs. n.61/00 la Corte d’appello avrebbe considerato il contratto intermittente come un contratto part-time di tipo verticale senza verificare che sussistessero i requisiti di forma, di durata della prestazione e di collocazione temporale dell’orario di lavoro -non può essere accolto: la Corte ha applicato l’art.2126 c.c. riconoscendo la contribuzione dovuta per i giorni effettivamente lavorati, in conformità alla norma che esclude la retroattività della nullità rispetto al contratto di lavoro. La Corte non ha dunque trattato il contratto come un part-time verticale privo dei requisiti di legge, bensì come un contratto di lavoro intermittente nullo ma produttivo di effetti fino alla declaratoria di nullità.
Le spese di lite del presente processo sono compensate attesa la peculiarità della questione trattata.